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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE
DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2011

   

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PETER KODWO APPIAH TURKSON

INTERVENTO DI S.E. MONS. MARIO TOSO, S.D.B.

 

INTERVENTO DELL'EM.MO CARD. PETER KODWO APPIAH TURKSON, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

Aula Giovanni Paolo II
Giovedì 16 dicembre 20
10

   

1. INTRODUZIONE

Il Santo Padre Papa Benedetto XVI celebrerà la XLIV Giornata Mondiale della Pace del prossimo anno (2011) con un messaggio sulla libertà religiosa. Il messaggio è composto di un Saluto per il Nuovo Anno, un riferimento introduttivo sull'attacco contro i cristiani in Iraq, il corpo principale del messaggio, che presenta il significato di libertà religiosa e le varie modalità in cui esso modella la pace e le sue esperienze, e da una conclusione di riflessione sulla pace come un dono di Dio e al tempo stesso opera degli uomini e delle donne di buon volontà, e dei credenti in primis.

La libertà religiosa è il tema del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace, non solo perché questo argomento è al centro della dottrina sociale della Chiesa, ma anche perché la vita della libertà religiosa – una vocazione fondamentale dell'uomo, un diritto umano inalienabile e universale e una chiave per la pace –continua ad essere oggetto di minaccia:

  • da parte del secolarismo aggressivo, che è intollerante verso Dio e verso ogni forma di espressione della religione,
  • dal fondamentalismo religioso, della politicizzazione della religione e dell’imposizione di religioni di Stato;
  • dalla nascita di un relativismo culturale e religioso che si sta facendo sempre più presente e pressante ai nostri giorni. La stessa globalizzazione (che aumenta l'interdipendenza e le nuove forme di relazioni, la maggiore mobilità delle persone, il confronto tra culture e religioni) viene strumentalizzata soprattutto nel campo della religione, per ottenere l'effetto opposto di impoverire la cultura umana e di suscitare intolleranza, il rifiuto e la negazione del diritto di libertà religiosa.

Il Santo Padre, nel suo Messaggio, vede la tutela della libertà religiosa nel nostro mondo multi-culturale, multi-religioso e secolarizzato come uno dei modi per salvaguardare la sua pace.

2. CONTESTO

Come ricorderete, uno dei compiti importanti che il nostro mondo si è proposto dopo la seconda guerra mondiale è stata l'elaborazione, l'adozione e la promulgazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Sullo sfondo di intolleranti ideologie totalitaristiche, ingiustizie, orrori della guerra, la Dichiarazione Universale rappresenta la magna charta per la tolleranza, il rispetto reciproco, la giustizia, la pace. Il bene comune dell’umanità. L'articolo 18 della Dichiarazione sancisce la libertà religiosa come: "il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione", un diritto che "include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti"!

Papa Benedetto XVI ha lodato la Dichiarazione Universale per "aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti", ma anche lui si è dimostrato preoccupato per l'aumento delle istanze di negazione dell’universalità di questi diritti in nome di differenti visioni culturali, politiche, sociali e persino religiose.[1]

Si considerino il caso Lautsi giunto dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo e relativo all’affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, il caso di Asia Bibi in Pakistan, il caso del Sudan meridionale, i cristiani del Medio Oriente, quello dei medici a cui viene negata la licenza di operare perché non vogliono interrompere le gravidanze, o quello di Paesi in via di sviluppo chi si rifiutano di ricevere aiuti che contengono condizioni di soccorso che vanno contro le loro convinzioni religiose e morali, ecc.

Ebbene, il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Pace del 2011, rivolto agli uomini e le donne di buona volontà, si trova all'interno di questo contesto e si riferisce agli episodi di negazione del diritto universale della libertà religiosa spesso basati su una manipolazione della cultura, della politica (politiche dello Stato) e della religione ... anche da parte di Paesi che hanno approvato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Queste negazioni oscurano la verità della persona umana, ne disprezzano la dignità delle persone, compromettono il rispetto per gli altri diritti, e minacciano, in definitiva, la pace del mondo.

3. TEMI PRINCIPALI DEL MESSAGGIO

3.1. Natura della libertà religiosa. La libertà religiosa è una via per la pace a motivo di quello che è. Radicata nella dignità della persona umana (corpo e spirito), che ha una vocazione alla trascendenza, la libertà religiosa esprime la capacità e il desiderio di ogni persona a cercare di realizzare se stessa completamente in relazione, aprendosi a Dio e agli altri. Essa esprime la ricerca di un significato nella vita e di una scoperta di valori e principi che rendono la vita, da sola o in comunità, piena di senso. La libertà religiosa, in definitiva, è l’espressione della capacità dell'uomo di cercare la verità di Dio e la verità su se stesso, in quanto "costruttore di una città terrena che anticipa la città celeste", città di giustizia, pace e felicità.

3.2. Il diritto alla libertà religiosa. La libertà religiosa non è considerata un diritto umano solo perché la Dichiarazione universale delle Nazioni Unite lo afferma. La libertà religiosa non è un diritto concesso dallo Stato. La sua fondazione non è da cercare in una disposizione soggettiva della persona.[2] Con gli altri diritti dell'uomo, il diritto di libertà religiosa è derivato, come Papa Giovanni XXIII e le successive dottrine della Chiesa hanno insegnato, dalla legge morale naturale e dalla dignità della persona, che sono parte della creazione. Lo Stato e le altre istituzioni pubbliche, ricorda Benedetto XVI nel Messaggio (cfr. n. 8), necessitano di riconoscerlo come intrinseco alla persona umana, come elemento indispensabile per la sua integrità e pace.

3.3. La libertà religiosa e il compito dell’Autorità pubblica. Sebbene la libertà religiosa per essere fondata non ha bisogno dello Stato, e anche la Dichiarazione Universale lo stabilisce, esso non è un diritto illimitato. Per garantire che la libertà religiosa sia per la pace e non sia abusata, come nel caso del pastore Jim Jones e il suo gruppo in Guyana, "il giusto limite dell'esercizio della libertà religiosa deve essere determinato in ogni situazione sociale con prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune"[3]. (Cfr. anche il n. 10 del Messaggio).

3.4. Libertà religiosa e ricerca della verità. La libertà religiosa è quindi libertà dalla coercizione e libertà per la verità, rammenta Benedetto XVI nel n. 3: la verità religiosa è orientata alla ricerca del Dio creatore.[4] E' la verità assoluta di Dio, il desiderio del cuore dell’uomo, che suscita in lui una risposta di adesione libera ad essa. La libertà religiosa si riferisce al diritto dell'uomo di esprimere il suo essere capax Dei: la sua libertà di rispondere alla verità della sua natura in quanto creato da Dio e creato per la vita con Dio, senza coercizione o impedimenti.[5] È in questo che l'uomo trova la sua pace, e diviene uno strumento di pace.

3.5. Libertà religiosa e identità. La libertà religiosa, precisa il Pontefice nel n. 11, non implica che tutte le religioni siano uguali. Non è neppure un motivo di relativismo religioso o indifferentismo.[6] La libertà religiosa è compatibile con la difesa della propria identità religiosa contro il relativismo, il sincretismo e il fondamentalismo: tutte forme abusate della libertà religiosa.

3.6. Dimensione comunitaria della libertà religiosa. La libertà religiosa è anche espressione di una persona che è al tempo stesso essere individuale e comunitario (cfr. Messaggio n. 6). La libertà religiosa non si limita al libero esercizio del culto. Ha una dimensione pubblica, il che consente ai credenti di dare il loro contributo nella costruzione dell'ordine sociale. Ricordiamo qui i quattro architetti dell'Unione europea (Adenauer, De Gasperi, Schuman, Monnet), i centri di formazione e cultura della Chiesa, i moltissimi progetti di sviluppo, di assistenza sanitaria ed educativa della Chiesa nei Paesi di missione, ecc.

Come direbbe Papa Benedetto XVI, la dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare lo statuto di cittadinanza per la religione cattolica. Negare il diritto di professare la propria religione in pubblico e il diritto di portare la verità della fede a supporto della vita sociale comporta conseguenze negative sul vero sviluppo.[7] Allo stesso modo, "il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell'Assoluto - per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone – privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l'unità della persona."[8]

L'esercizio del diritto di libertà religiosa come via per la pace implica, dunque, il riconoscimento dell’armonia che deve esistere tra le due aree e forme di vita: privato e pubblico, individuo e comunità. Un cattolico (credente), dunque, non è solo un soggetto della libertà religiosa, è anche membro di un "corpo". Sottomettersi, quindi, a questo corpo non è una perdita di libertà. Diventa espressione di fedeltà al "corpo" e la fedeltà è lo sviluppo della libertà.

Inoltre, vi è una unità di reciproca relazione tra l'individuo e la comunità, tra la persona e la società. Una persona è nata e vive nelle relazioni, e lo scopo della vita comune è quello di promuovere la vita di una persona. Di conseguenza, lo sviluppo e l'esercizio della propria libertà religiosa, è anche il compito della propria comunità. Famiglie e scuole sono spesso i primi artefici della formazione alla libertà religiosa. Nelle comunità multi-culturali e multi-religiose, le scuole e le istituzioni sono anche i luoghi privilegiati di formazione alla tolleranza e al dialogo, di esercizio della libertà religiosa per la coesistenza pacifica.[9]

3.7. Libertà religiosa e dialogo. Per Benedetto XVI, il dialogo tra religioni, condotto secondo carità e verità, è risorsa al servizio del bene comune (cfr. Messaggio n. 11). Il dialogo dovrebbe essere riconosciuto quale mezzo mediante il quale diversi soggetti possono articolare il proprio punto di vista e costruire il consenso attorno alla verità riguardante valori od obiettivi particolari. È proprio della natura delle religioni, liberamente praticate, il fatto che possano autonomamente condurre un dialogo di pensiero e di vita, con la prospettiva di mettere la loro esperienza al servizio del bene comune.[10] Proprio questo dialogo è l'obiettivo dei gruppi di dialogo ufficiali nella Chiesa, ma anche di una piccola iniziativa come quella della Fondazione Cardinale Lustiger, per il dialogo con l'Ebraismo.[11] Lo stesso obiettivo può ispirare un dialogo attivo tra il libero esercizio della propria religione e i non credenti, tra fede e ragione. "Il dialogo fecondo tra fede e ragione non può che rendere più efficace l'opera della carità nel sociale e costituisce la cornice più appropriata per incentivare la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace dell'umanità."[12]

3. 8. La libertà religiosa e Stato (protezione). Sebbene la libertà religiosa non sia "creata" dallo Stato, esso, tuttavia, deve riconoscerla come intrinseca alla persona umana e le sue espressioni pubbliche e comunitarie. Questo riconoscimento (della libertà religiosa) e il rispetto per l'innata dignità di ogni persona implicano anche il principio della responsabilità di proteggere da parte della comunità, della società e dello Stato. "Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, .... Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e in altri strumenti internazionali." [13]

3.9. La libertà religiosa è motivata dalla solidarietà e non dalla reciprocità. Gli appelli della Chiesa per la libertà religiosa non sono basati su una semplice richiesta di reciprocità da parte di una comunità di credenti disposta a rispettare i diritti dei membri di altre comunità a condizione che queste ultime siano rispettose dei diritti dei propri membri. Piuttosto, gli appelli per la libertà religiosa sono basati sulla dignità della persona. Rispettiamo i diritti degli altri perché è la cosa giusta da fare, non in cambio di un suo equivalente o per un favore ricevuto. Allo stesso tempo, quando gli altri soffrono persecuzione a causa della loro fede e pratica religiosa, offriamo a loro compassione e solidarietà

4. Conclusione: la libertà religiosa e il compito missionario. Il compito missionario affidato da Gesù ai suoi apostoli di andare a predicare il suo Vangelo al mondo intero ci riporta a considerare il nesso tra libertà e verità nell'esercizio della libertà religiosa. L'osservazione è stata fatta in precedenza, facendo riferimento a Sant'Agostino: non c'è nulla che l'anima desidera con più forza che la verità. È stato poi osservato che la vera libertà desidera la verità assoluta, Dio. Tutto l’annuncio del Vangelo, come la buona novella di Gesù Cristo, è un tentativo di risvegliare la libertà (libertà religiosa) dell'uomo per desiderare e abbracciare la verità del Vangelo. Questa verità del Vangelo, comunque, è unica, perché è la verità che salva (Mc 16, 15-16). Essa è differente da tutte le altre verità, frutto della attività cognitiva dell’uomo. È offerta di una verità salvifica che il Vangelo annuncia per tutta la creazione.

Evangelizzazione e svolgimento del compito missionario, quindi, non si contraddicono e non si oppongono al senso/significato della libertà religiosa. Piuttosto, l’evangelizzazione suscita la libertà religiosa di ogni persona e guida verso la verità che salva, nella speranza che le persone nella loro libertà religiosa abbiano il desiderio di essa e l’abbraccino. Nell'abbraccio della verità che salva, ogni libertà religiosa gode della pace che, sulla terra, è concessa "a tutti quelli che Egli ama"!

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[1] Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

[2] Dignitatis humanae, n.2.

[3] Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 422.

[4] "Quid enim desiderat fortius veritatem anima quam veritatem?", S. Agostino, Tractatus in Io 26,5)

[5] Cfr Dignitatis humanae.

[6] Caritas in veritate, n. 55.

[7] Caritas in veritate, n. 56.

[8] Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

[9] Cfr P. Turkson, "Il ruolo dell’educazione nella società multi-etnica e multi-religiosa", Oasis, VI, 11 giugno 2010, pagg. 5-9.

[10] Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

[11] New York, marzo 2009.

[12] Caritas in veritate, n. 57.

[13] Discorso alle Nazioni Unite, 2008.



INTERVENTO DI S.E. MONS. MARIO TOSO, S.D.B.
SEGRETERAIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

 

1. Difendere e promuovere la libertà religiosa è difendere e promuovere l’uomo: la Chiesa paladina delle libertà

Il Messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2011) vuole essere un segno inequivocabile dell’impegno della Chiesa a difesa non solo di un diritto fondamentale, ma soprattutto dell’uomo in quanto tale, della sua dignità e libertà intesa integralmente, vale a dire di tutte le libertà con i rispettivi doveri e diritti, della stessa democrazia, della laicità positiva, in una parola, della civiltà.

Oggi, attorno alla concezione della libertà religiosa e della sua interpretazione si gioca il destino della pace e, quindi, dell’umanità. Da essa dipende l’identità, il futuro morale e culturale dei popoli. La Chiesa desidera coinvolgere tutti gli uomini per renderli consapevoli che mobilitarsi per la libertà religiosa non significa intraprendere una battaglia di «retroguardia» della storia, bensì farsi promotori di vero progresso e autentico sviluppo per tutti, avendo il futuro come prospettiva.

Con il suo Messaggio, Benedetto XVI invita, in particolare, ad approfondire la verità del diritto alla libertà religiosa, ossia le sue implicanze antropologiche, etiche, giuridiche, politiche, civili e religiose. Se il diritto alla libertà religiosa è frainteso, la conseguenza inevitabile è lo stravolgimento dello statuto morale e giuridico dell’essere umano. È posto a repentaglio il rispetto per l’altro, singolo o popolo che sia. Si innesca così un processo di perdurante conflittualità sociale, che porta all’accensione di focolai di guerra.

2. La libertà religiosa si radica nella dignità trascendente della persona

Si è detto che la Chiesa difende e promuove la libertà religiosa, come via per difendere e promuovere la dignità dell’uomo e la sua libertà. Essa, peraltro, fa dipendere il significato della libertà religiosa e, quindi, il futuro del diritto e del dovere corrispettivi, dalla concezione della dignità della persona.

La visione della dignità umana di cui si fa portatrice la Chiesa è quella di una dignità trascendente, impressa da Dio in ogni uomo e donna, accessibile a tutti mediante la ragione. Consiste nella capacità di conoscere e volere il vero, il bene e Dio, ossia di trascendere se stessi, il proprio essere corporeo, di ricercare la verità sia come singoli sia assieme agli altri, nella propria comunità di appartenenza, nella società. Si tratta, pertanto, di una dignità che va letta ed interpretata secondo quella metafisica della relazione a cui rimanda Benedetto XVI nella Caritas in veritate (cf nn. 52-55), alla ricerca di un nuovo Umanesimo, di una nuova moralità.

L’essere umano non è qualcosa, ma qualcuno. Possiede una naturale vocazione a realizzarsi nella relazione con gli altri e con Dio. «Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura a Dio – si legge nel Messaggio - la persona si ripiega su se stessa». Non riesce a «trovare risposta agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare principi e valori etici duraturi», e «nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta» (n. 2).

3. Al di là della mera tolleranza: la libertà religiosa è il midollo di ogni moralità e libertà, del rispetto reciproco, della pace

La libertà religiosa è radicata nella capacità, di cui è dotato ogni essere umano, di ricercare il vero, il bene e Dio. E quindi è libertà che non è indifferente a questi valori, bensì innervata in un dinamismo che la specifica e la qualifica, contribuendo a strutturare l’uomo dal punto di vista etico.

In effetti, la libertà religiosa – intesa non solo come immunità dalla coercizione, bensì come potestà di regolare il proprio rapporto con Dio e, pertanto, di ordinare le proprie scelte secondo l’amore a Lui – è all’origine della condotta retta o virtuosa delle persone e dei popoli.

È proprio su questo punto – ossia su una morale costruita sul fondamento dell’amore a Dio e non sulla sua marginalizzazione, come vorrebbe una cultura post-moderna e secolaristica - che il Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace smaschera l’aporia moderna, basata su una lettura forzata dell’etsi Deus non daretur di Grozio, e che pretende di risolvere i conflitti sociali con un’etica pubblica che prescinde da Dio.

Per Benedetto XVI, una libertà nemica o indifferentente a Dio nega se stessa, non garantisce una convivenza pacifica, perché una volontà che si oppone a Dio o si crede radicalmente incapace di ricercare il Sommo Vero e il Sommo Bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti da desideri momentanei e contingenti. Non ha un’identità da custodire e costruire continuamente, attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può, quindi, reclamare il rispetto da altre «volontà», anch’esse sganciate dal proprio essere profondo, che possono far valere altre «ragioni» o addirittura nessuna «ragione».

Solo una libertà amica di Dio, amato sopra ogni cosa, consente il perfezionamento dell’essere morale dei singoli e dei popoli, il rispetto, più che la mera tolleranza della fede dell’altro, la disponibilità di un autentico Stato di diritto sul piano nazionale ed internazionale.

L’alternativa è rappresentata dal capovolgimento della scala dei beni-valori, dall’indebolimento dell’energia morale e degli ethos dei popoli. E, più concretamente, dal dogmatismo di un relativismo che conduce verso un «fare» senza limitazioni, che assegna il primato ai mezzi, emarginando l’uomo stesso e aprendo le porte ad ogni anarchismo giuridico e politico, ad inevitabili terrorismi culturali e civili, privi di qualsiasi razionalità. Questa situazione autorizza la libertà dei cittadini e dei loro rappresentanti a estrinsecarsi secondo una linea che rifiuta la verità dell’uomo, della società e del bene comune, deprivando di un’anima etica solida le regole procedurali della democrazia e lo Stato di diritto.

4. I nemici della libertà religiosa: fanatismo, fondamentalismo e laicismo

Nel Messaggio sono criticati in pari modo il fanatismo, il fondamentalismo e il laicismo, perché ignorano l’essenza della libertà religiosa, che è ricerca, libera e comunitaria, della verità trascendente. Questi «ismi» sono forme speculari ed estreme di rifiuto del pluralismo e del principio di laicità (cf n. 8).

Le posizioni del fanatismo e del fondamentalismo finiscono per attribuire il diritto alla libertà religiosa solo ad alcuni soggetti e gruppi autoreferenziali e, nel contempo, vorrebbero imporre ad altri le proprie concezioni anche con l’uso della forza. Per questa via, negano l’universalità, l’intangibilità e la reciprocità della libertà religiosa. Al lato pratico, rifiutano la verità di un Dio, Padre di tutti, l’ uguaglianza di dignità delle persone, la figura di uno Stato laico, aconfessionale, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, sancita nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. Talora fomentano un atteggiamento di discriminazione, che provoca azioni irrazionali, sino a veri e propri atti di violenza, attentati contro luoghi di culto ed abitazioni, persecuzioni ed uccisioni, come documenta, relativamente ai cristiani, il recente volume di René Guitton.[1]

Il laicismo secolaristico, maggiormente presente nei Paesi occidentali, giunge al rifiuto del pluralismo religioso e di una laicità positiva per la via singolare della negazione non solo del cristianesimo, ma di qualsiasi altra religione o tradizione, nel tentativo di promuovere una radicale emancipazione dell’uomo da Dio. Ciò viene fatto mediante un atteggiamento chiaramente prometeico. La marginalizzazione, ad esempio, del Dio cristiano o delle più volte menzionate «radici cristiane» non è espressione di una superiore tolleranza che rispetta in egual modo tutte le religioni, per non privilegiarne alcuna, bensì è l’assolutizzazione di una posizione che si contrappone a ogni credo e cultura religiosi.

In taluni casi, purtroppo, si giunge all’estremo del cinismo.

L’opposizione ai segni religiosi o, meglio, al cristianesimo, che in ultima analisi è opposizione a Gesù Cristo, può prendere a pretesto il rispetto per i mussulmani, i quali però, più che essere feriti nei loro sentimenti religiosi per un’eventuale inserzione delle «radici cristiane» nella Costituzione europea, restano scandalizzati da una cultura secolarizzata che nega le proprie basi.[2]

Esistono oramai veri e propri dossier che testimoniano la discriminazione non solo delle religioni «importate» dai flussi migratori, ma anche del cristianesimo in Europa, regione che pur è a riconosciuta maggioranza cristiana.[3] Si tratta, il più delle volte, di un’intolleranza sottile, strisciante, quasi invisibile, concernente la libertà di coscienza e di espressione. Si manifesta in atti di vandalismo contro chiese e cimiteri, in parzialità nei luoghi di lavoro e nelle scuole, in rimozione dei simboli religiosi. A proposito di questi ultimi, è sintomatica la recente decisione della Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2009, relativa alla richiesta di togliere il Crocifisso dalle aule scolastiche italiane.

Tutto ciò conferma la crisi culturale dell’Europa. Essa appare in preda ad una scissione identitaria, che pregiudica il suo futuro e crea mille difficoltà nelle relazioni con le religioni «importate». Un soggetto schizofrenico – l’insegna la scienza psicologica – non è in grado di gestirsi e di relazionarsi con l’esterno.

5. Il dialogo tra religioni in vista della pace, sulla base della comune ricerca della verità

Per la Chiesa, il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno stimolo importante a collaborare con tutte le comunità religiose per la promozione della pace. È così che, in un mondo globalizzato, caratterizzato da società sempre più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono costruire non un problema bensì una risorsa, un importante fattore di unità e di concordia.

Sulla base di tale dialogo, che presuppone una una comune ricerca della verità, viene rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e della donna, si fa tesoro di ciò che è positivo per la convivenza civile; si trova la convergenza su una misura condivisibile di bene, quale fondamento universale per la morale di una convivenza giusta e pacifica.

Evidentemente – come ha sottolineato Benedetto XVI nella CIV – ciò è fattibile qualora si disponga di una razionalità non imprigionata nel limite, ma aperta al Trascendente. Una tale razionalità sussiste e si esercita entro un discernimento che partecipa all’Amore e alla Verità di Dio.

6. Perché la Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa

La Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa non solo per proprio interesse o esclusivo tornaconto. Lo fa a vantaggio di tutti e primariamente perché essa fa «memoria» ed esperienza quotidiana dello sguardo d’amore che Dio ha permanentemente per ogni persona, per l’umanità. In tale sguardo è custodita e voluta la piena verità sull’uomo, sulla sua dignità: una dignità non semplicemente umana, bensì divina.[4]

Il mistero del Natale ci ricorda che nel Cristo, che si incarna e nasce nel mondo, ogni vita umana è definitivamente accolta e potenziata secondo il desiderio del Padre. La comunità ecclesiale, facendone memoria, si pone a servizio della dignità della persona e del suo diritto alla libertà religiosa, quali doni ricevuti dalla mani stesse di Dio Amore.

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[1] Cf R. Guitton, Cristianofobia. La nuova persecuzione, Lindau, Torino 2010.

[2] Cf J. Ratzinger, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Introduzione di Marcello Pera, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni Cantagalli, Roma-Siena 2005, pp. 39-40.

[3] Cf Observatory on Intolerance and Discrimination Against Christians in Europe, Rapporto sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa 2005-2010. Un tale rapporto è stato presentato a Vienna presso la sede dell’OSCE l’11 dicembre 2010. Ma si vedano anche, per uno sguardo su tutto il mondo: Aiuto alla Chiesa che soffre, Libertà religiosa nel mondo. Rapporto 2010, Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), Roma 2010; United Sates Commission on International Rreligious Freedom, Annual Report 2009, United States Commission on International Religious Freedom, Washington 2009.

[4] Cf J. RATZINGER, L’Europa di Benedetto, p. 89.

    

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