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PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

DISCORSO INTRODUTTIVO
DELL'ARCIVESCOVO STANISŁAW RIŁKO
IN OCCASIONE DELL'OTTAVO FORUM
INTERNAZIONALE DEI GIOVANI 

Mercoledì, 31 marzo 2004

"Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!" (Fil 1, 2).

1. Con queste parole di san Paolo e a nome del Pontificio Consiglio per i Laici, saluto con viva cordialità tutti voi - carissimi amici - che in questi giorni parteciperete all'ottavo Forum Internazionale dei Giovani sul tema: "I giovani e l'università:  testimoniare Cristo nell'ambiente universitario". Dando loro un caloroso benvenuto, saluto specialmente e con gratitudine i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i docenti che vi accompagneranno. Siete arrivati da quasi novanta Paesi di tutti i continenti. Ci sono tra voi i rappresentanti di una trentina di associazioni e movimenti ecclesiali internazionali che operano nell'ambito universitario. Il gruppo che formate costituisce, quindi, un "campione" particolarmente qualificato di quel grande popolo che riempie i campus e le aule degli atenei sparsi nel mondo. Vedervi qui, insieme, fa impressione. Così diversi per lingua, cultura, razza, nazionalità, eppure così uniti. Voi siete qui insieme non solo e non tanto per il fatto di essere tutti degli universitari quanto e soprattutto per il fatto della vostra comune fede in Gesù Cristo e della comunione della Chiesa, madre e maestra di tutti noi. Perché questo Forum, a differenza di altri convegni e seminari, si pone l'ambizioso obiettivo di diventare per noi una sorta di laboratorio di ricerca, uno spazio di crescita umana e cristiana, il luogo  di  un'affascinante  avventura  spirituale.

2. Il Forum Internazionale dei Giovani, giunto alla sua ottava edizione, presenta due novità sulle quali vorrei soffermarmi brevemente. La genesi di questa iniziativa risale alla Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Buenos Aires, in Argentina, nel 1987. Sono stati i giovani stessi a inventare il Forum come momento d'incontro, di dialogo, di scambio più diretto e più personale, da inserire nel contesto di quello straordinario raduno di giovani attorno al Successore di Pietro. E da allora, per tanti anni e per tanti giovani, il Forum ha significato una esperienza di fede particolarmente forte e incisiva. Con l'andare del tempo, però, struttura e programma delle Giornate Mondiali sono andati acquisendo una portata educativa sempre più densa e più vasta, e il Forum - pur conservando tutto il suo valore - si è trasformato in un avvenimento quasi parallelo, all'ombra dei raduni mondiali. A noi organizzatori è stato dunque chiaro che, per valorizzarne al meglio le potenzialità formative, fosse ormai necessario cambiarne la formula. E così, senza in alcun modo intaccare il legame ideale che unisce i due eventi, si è deciso innanzitutto di tenere il Forum in date diverse da quelle della Giornata Mondiale della Gioventù. Ciò per dargli uno spazio più definito, maggiore visibilità, più importanza. Inoltre, in considerazione della grande differenziazione che caratterizza il mondo giovanile, si è stabilito di incentrare il Forum di volta in volta su tematiche specifiche e più corrispondenti a determinate categorie dei giovani. L'ottavo Forum Internazionale dei Giovani segna dunque una tappa nuova nello sviluppo di questa iniziativa al servizio dei giovani e noi siamo fiduciosi che, così rinnovato, esso si rivelerà uno strumento di evangelizzazione ancora più efficace.

3. Nel corso di questo Forum porremo al centro della nostra riflessione l'università, una istituzione di grande importanza per la vita dell'uomo e per la vita della società. Perché università vuol dire cultura, e la cultura è componente indispensabile di una vita pienamente umana. Giovanni Paolo II afferma con forza che "l'uomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura. La vita umana è cultura nel senso anche che l'uomo si distingue e si differenzia attraverso essa da tutto ciò che esiste per altra parte nel mondo visibile:  l'uomo non può essere fuori della cultura [...]. La cultura è ciò per cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo, "è" di più, accede di più all'essere" (1). E le università sono veri "generatori" di cultura nelle sue varie espressioni, luoghi di forte irradiazione della cultura. Si deve a ciò la loro insostituibile funzione.

I nostri tempi, però, registrano per la cultura una crisi grave e diffusa. Molti parlano di una umanità al bivio e non mancano analisi sferzanti. Ne scorro una, che mi pare colga particolarmente nel segno: "[L'umanità di oggi] naviga nel "pluralismo senza frontiere", esposta a tutti i venti, disposta vendersi a chi offre di meno. "Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza" (Pasolini). Dal fascino del "luminoso futuro" all'attrattiva del vuoto [...]. Dopo il cavallo rosso della rivoluzione [marxista-comunista], seguito dal cavallo nero della repressione, trionferà il cavallo bigio del nichilismo. Il cerchio è chiuso. La rivoluzione violenta ha portato i suoi frutti. L'esaltazione della menzogna ha rivelato il suo vero volto. L'utopia si è inverata, come ogni ideologia, nel suo contrario. Ma anche su un altro binario il treno ha concluso la sua corsa: l'illuminismo si è spento e il razionalismo ha perso la ragione. Viaggiando in direzioni contrarie sono giunti alla stessa stazione, il nichilismo" (2). È il ritratto di una cultura svuotata di valori, secolaresca, che chiude ermeticamente l'uomo nell'immanenza e lo soffoca. Gabriel Marcel diceva che senza il mistero la vita diventa irrespirabile. E oggi lo sperimentiamo in mille modi. Ecco dove affonda le radici la crisi dell'uomo postmoderno. Fortunatamente, questo quadro di ombre è mitigato da molti segni che lasciano intravedere una rinascita di valori spirituali nella cultura odierna e ciò deve aiutare soprattutto noi cristiani a non lasciarci tentare dal pessimismo, a essere più che mai portatori di speranza.

4. La crisi della cultura si ripercuote necessariamente e fortemente sull'università, la quale sta vivendo un periodo di profonde trasformazioni ed è alla ricerca di una sua "nuova" identità - un processo delicato e complesso che si spera veder sfociare in una crescita. Della crisi dell'università si parlerà molto durante il nostro Forum. Molti sostengono che "la crisi dell'università non è primariamente di tipo organizzativo ed istituzionale, ma spirituale e culturale. [Che], in altri termini è in crisi l'università come istituzione educativa e di cultura, come luogo di produzione del sapere sia teorico che pratico" (3). Un dato di fatto che ha conseguenze concrete, ben note a professori e studenti. Una, in particolare, suscita preoccupazione. All'università non si parla più dell'uomo, non si pone più la domanda sull'uomo, non vi è più spazio per interrogarsi criticamente sulla propria identità di persone. Una accelerazione senza precedenti del progresso scientifico, il moltiplicarsi delle specializzazioni, la consequenziale frammentazione del sapere, la parzialità contraddittoria delle risposte offerte dalla scienza moderna generano smarrimento esistenziale e culturale tra i giovani - e non solo tra i giovani. Il pensiero debole, che si propaga a macchia d'olio proclamando i dogmi del dubbio, dello scetticismo e del relativismo radicali, produce personalità fiacche, uomini e donne che desistono dal porsi alla ricerca della verità. Si allarga il divario tra etica e ricerca scientifica, aumenta il rischio che la scienza, da alleata dell'uomo, si trasformi in una minaccia per l'umanità intera.

Nell'era della globalizzazione le leggi di mercato valgono anche per l'università e, soprattutto, non risparmiano la ricerca scientifica della quale diventano fattore spesso determinante. E questa, nel produrre il sapere, è sempre più condizionata dalle richieste del mercato, con tutti i risultati del caso. Primo fra tutti il tramutarsi dell'uomo da soggetto responsabile a irrilevante oggetto di manipolazioni di ogni tipo.

I sintomi della grave crisi nella quale si dibatte l'università sono evidenti. Ma come uscirne? Dal momento che non siamo venuti qui solo per recriminare, è una domanda che dobbiamo porci. E opinione condivisa che se una via di uscita vi è, essa consiste nella riscoperta della dimensione sapienziale della conoscenza e della scienza. Dice il Concilio Vaticano II: "L'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. E in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi" (4). C'è dunque bisogno di tanti uomini, di tante donne, di tanti giovani che abbiano il coraggio di interrogarsi sulla verità (anche quella ultima e assoluta!) e sul senso (anche quello ultimo e definitivo!). E occorre riscoprire la vocazione originaria dell'università, in quanto "diaconia del pensiero", "diaconia della verità" e "diaconia della sapienza".

5. Dopo aver approfondito la situazione dell'università dei nostri giorni, da me delineata solo per sommi capi, il Forum procederà a un'analisi della condizione dei giovani nell'ambiente universitario. Come si situano i giovani dei diversi Paesi e continenti in un mondo così complesso? Che cosa significa per loro il tempo dello studio? Che senso danno, soprattutto come cristiani, a questo importante periodo della propria vita?

Punto di partenza di questa disamina deve essere il principio che gli studenti universitari non possono ritenersi né possono essere considerati meri "consumatori" di conoscenze. Essi sono, bensì, parte attiva, protagonisti creativi del processo della propria formazione. Il volto dell'università di oggi e di domani dipende in gran parte da loro. Non a caso, uno degli obiettivi del Forum è proprio quello di risvegliare in voi giovani universitari questo senso di responsabilità, spronandovi a contrapporre una presenza e un impegno fattivi alla tentazione di rifugiarsi comodamente nel proprio privato.

Il tempo degli studi universitari, momento importantissimo della vita, dovrebbe coincidere con la crescita e la maturazione umana e cristiana della persona. Perché sapere di più non vuole ancora dire "essere" di più; sapere di più, da solo, non basta per "essere" di più. Diversi anni fa, parlando a questo proposito agli universitari di Roma il Papa diceva: "Alla formazione scientifica [...] occorre aggiungere una profonda formazione morale e cristiana, che sia intimamente vissuta e che realizzi una sintesi sempre più armonica tra fede e ragione, tra fede e cultura, tra fede e vita. Unire insieme la dedizione ad una ricerca scientifica rigorosa e la testimonianza di una vita cristiana autentica:  ecco l'impegno entusiasmante di ogni studente universitario" (5).

Condizione fondamentale di questo processo educativo, e di ogni processo educativo, è la visione integrale della persona. Una visione che nulla ha da spartire con le immagini deformanti e riduttive che dell'uomo fabbricano le ideologie di ogni tempo e colore. Una visione che è propria del cristianesimo, della nostra fede, e secondo la quale il mistero dell'uomo, la sua vocazione e il suo destino si svelano pienamente solo in Cristo. Venticinque anni fa il Papa nella Redemptor hominis, la sua prima enciclica, l'enciclica programmatica del suo pontificato, scriveva:  "L'uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve per così dire, entrare in lui con tutto sé stesso, deve "appropriarsi" ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso" (6).

Un altro obiettivo prioritario nella vita degli studenti cristiani deve essere il ristabilimento dell'armonia tra la propria fede e la propria ragione. Fede e ragione non sono nemiche, ma due grandi alleate che corrono verso lo stesso traguardo, come spiega passo passo Giovanni Paolo II nella Fides et ratio, un vademecum, in tal senso, davvero prezioso. Un antico adagio dice:  fides quaerens intellectum et intellectus quaerens fidem (la fede cerca la ragione e la ragione cerca la fede). E il Cardinale Joseph Ratzinger scrive che "la fede parla alla nostra ragione perché dà voce alla verità. Da questo punto di vista una fede senza ragione non è autentica fede cristiana" (7). Quanto è importante ai nostri giorni recuperare la nozione della ragionevolezza della fede! Quanto bisogno c'è nel nostro mondo dell'audacia della fede, quanto bisogno c'è dell'audacia di una ragione aperta al mistero!

Il processo educativo e autoeducativo all'interno dell'università è una delle poste in gioco più alte per studenti e docenti. Il fenomeno della spersonalizzazione, tipico delle nostre società di massa, che genera anonimato, solitudine, frustrazioni profonde, riguarda da vicino anche gli atenei in seno ai quali è urgente rivalutare il rapporto maestro-discepolo, quella particolare relazione umana che ha sempre significato comunione di vita e via privilegiata per la comunicazione dei valori - un passaggio indispensabile nel processo educativo.

6. L'ultima tematica allo studio per il nostro Forum è anche la più importante. Si tratta della presenza cristiana nell'ambiente universitario:  essere cristiani, cioè testimoni di Cristo, in questo grande areopago dei nostri tempi. San Paolo, che duemila anni fa ha fatto per primo l'esperienza sull'Areopago di Atene (cfr At 17, 22-34), può insegnare molto ancora oggi. La Chiesa ha sempre dedicato grande attenzione alle università, culle di cultura per eccellenza, e l'evangelizzazione della cultura è una delle sue grandi priorità pastorali. Come quello tra fede e ragione, il rapporto tra fede e cultura non è un rapporto facile, tanto meno in tempi di radicali e rapidissimi cambiamenti culturali, quali sono i nostri. Anche qui occorre ritrovare l'armonia, ristabilire un'alleanza, superando i pregiudizi, le contrapposizioni e perfino le ostilità che purtroppo continuano a serpeggiare in non pochi ambienti universitari.

Del rapporto fede-cultura Giovanni Paolo II ha parlato in termini che meritano un'attenta e costante riflessione da parte di tutti noi, specialmente in questi giorni. Nell'ormai lontano 1982 egli diceva: "Se [...] è vero che la fede non si identifica con nessuna cultura ed è indipendente rispetto a tutte le culture, non è meno vero che, proprio per questo, la fede è chiamata ad ispirare ed impregnare ogni cultura. E tutto l'uomo, nella concretezza della sua esistenza quotidiana, che è salvato in Cristo ed è, perciò, tutto l'uomo che  deve  realizzarsi  in  Cristo.  Una fede  che  non  diventa  cultura  è  una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" (8). Parole che racchiudono un programma preciso, estremamente esigente, per ogni docente e per ogni studente universitario.

Cristo ha bisogno di testimoni coraggiosi nelle università di tutto il mondo. Dobbiamo fare nostre le parole di Paolo:  "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9, 16). Non è un compito facile.

La cultura dominante - impregnata di pregiudizi nei confronti della fede, del cristianesimo, della Chiesa - esercita forti pressioni sui credenti per portarli a rinchiudere la propria fede nell'ambito strettamente privato, a renderla "invisibile". Per essere cristiani coerenti ci vuole coraggio anche oggi. A voi, grazie a Dio, questo coraggio non manca! È il coraggio di essere se stessi - discepoli di Cristo - e di non vergognarsene. Perché noi cristiani abbiamo un tesoro immenso da condividere con gli altri. Occorre, allora, liberarsi dal falso e del tutto ingiustificato complesso d'inferiorità che spesso ci portiamo addosso. Certo, resistere alla pressione delle correnti di pensiero e dei trend culturali alla moda e andare controcorrente da soli non è facile. Rischiamo di scoraggiarci, di perderci. Per questo nelle università di oggi sono quanto mai importanti le cappellanie, le comunità, i gruppi cristiani, guide spirituali e compagnie che danno forza e orientamento. Per questo c'è bisogno di una pastorale universitaria di qualità dinamica creativa, nella quale voi giovani universitari avete e dovete avere un ruolo di primo piano. Ecco un altro messaggio forte che partirà dal Forum.

"Ritengo davvero che noi abbiamo bisogno di una sorta di rivoluzione della fede in senso molteplice. Anzitutto ne abbiamo bisogno per ritrovare il coraggio di andare contro le opinioni comuni [...]. Per questo dovremmo avere il coraggio di metterci in cammino, anche contro quello che viene visto come la "normalità" per l'uomo della fine del XX secolo, e di riscoprire la fede nella sua semplicità" (9). Facendo mie queste parole del Cardinale Ratzinger, auguro a tutti voi, carissimi amici, che sia l'ottavo Forum Internazionale dei Giovani la scintilla che farà scoppiare questa rivoluzione nella vostra  vita  e  nella  vita  di  tanti altri giovani che incontrerete sulla vostra strada.


1) Giovanni Paolo II, Allocuzione all'Unesco, "La traccia" 6 (1980), pag. 473.

2) Editoriale, "La Nuova Europa" 1 (2004), pag. 2.

3) E. Corecco, La Chiesa e le sue università, "Il Nuovo Areopago" 4 (1988), pag. 27-28.

4) Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 15.

5) Giovanni Paolo II, Agli universitari romani, "Insegnamenti di Giovanni Paolo II" II (1979), pag. 807.

6) Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptor hominis, n. 10.

7) J. Ratzinger, Dio e il mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pag. 40.

8) Giovanni Paolo II, Al Congresso del Movimento ecclesiale di impegno culturale, "La traccia" 1 (1982), pag. 55.

9) J. Ratzinger, Il sale della terra, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, pag. 40-41.

   

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