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Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

Verso una Pastorale per i Rifugiati[1]

La sollecitudine pastorale della Chiesa, intensamente impegnata nel dilagante problema dei Rifugiati, che in diverse parti, perdendo sempre più l'aspetto di transitorietà, sembra travolgere ogni progetto ed oltrepassare tutti gli argini di sostegno economico, politico e geografico, sente il dovere di ricordare gli orientamenti del Magistero ordinario e straordinario e di sottolineare alcune indicazioni, nella speranza di veder cancellate "ingiustizie senza voce"[2] e tutelati la dignità e il valore della persona umana, qui offesi e mortificati specialmente negli esseri più deboli ed indifesi.

Questa tragedia sta ormai coinvolgendo tutti i continenti, per cui, nonostante gli sforzi più lodevoli, si rivela insufficiente il generoso aiuto di persone e di organismi nazionali ed internazionali, che si sono dimostrati particolarmente sensibili alle "innumerevoli ed acutissime sofferenze dei profughi".[3]

Per affrontare convenientemente il problema nei suoi aspetti socio-economici, ma soprattutto in quelli umani, è necessario il coinvolgimento di tutta la comunità internazionale ed un'ordinata presenza di tutte le forze, non solo a rimedio di momentanei disagi e di ingiustizie, ma a loro prevenzione ed a sostegno dei diritti fondamentali dell'uomo. "È necessario mettere tutto in opera per assicurare il rispetto e la promozione di questi diritti da parte di quanti hanno il potere ed il dovere di farlo e, contemporaneamente, per sviluppare nelle popolazioni la coscienza dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo. Bisogna fare appello alla collaborazione di ciascuno, affinché questi principi siano rispettati 'da tutti, dappertutto e per tutti'".[4]

1. Esistenza e dimensione del dramma

Le cause

1. Nel quadro della mobilità umana il fenomeno dei rifugiati è uno degli aspetti più emblematici e più drammatici di questo secolo.
"Di tutte le tragedie del nostro tempo, forse è la più grande" ha detto il S. Padre Giovanni Paolo II (21.2.82).
Sono milioni di persone cariche di sofferenza e di indilazionabili esigenze; inimmaginabili situazioni di disagio, con problemi di ogni genere.
Eventi bellici, disastri ecologici, fame, regimi totalitari, intolleranza ideologica, repressioni, persecuzioni spingono queste ondate confuse di sbandati, sradicati dalle loro terre e dai loro affetti, che vagano aggrappati a brandelli di speranza in cerca di un rifugio per rifarsi una vita.
E questa fiumana, lungi dal decrescere, è in pauroso aumento.

2. La clamorosa risonanza della fuga in massa delle popolazioni del Sud-Est Asiatico aveva fatto sperare che non si dovessero ripetere cause e drammi simili. Invece ai boat-people del Viet-Nam e della Cambogia si sono aggiunti gli Afgani, i Salvadoregni ed i Guatemaltechi, i profughi del conflitto Iran-Iraq, le popolazioni africane, i Palestinesi e recentemente l'esodo drammatico della Nigeria, per non dire dell'incessante arrivo alla spicciolata dal Terzo Mondo e dall'Est Europeo.
Allo sradicamento dal proprio Paese si aggiunge spesso l'insicurezza dell'accoglienza. Il rifiuto ha colpito perfino profughi sui barconi al largo non soccorsi dalle navi, timorose di non trovare per essi un Paese accogliente.

Le conseguenze

3. Le conseguenze di una simile tra­gedia non si sono fatte attendere, prima di tutto sulle persone, protagoniste o vit­time di questo flagello abbattutosi, a volte con violenza improvvisa e con inaudita ferocia, spesso su innocenti e su indifesi.
Accenniamo schematicamente:
Lo choc provocato dalla fuga, che genera in loro aggressività, senso di colpa o apatia; la solitudine affettiva; l'ansia o l'angoscia per l'ignoranza assoluta sulla sorte dei propri familiari; la delusione per il dileguarsi del rifugio sognato; l'impatto del nuovo ambiente culturale e delle men­talità diverse; il crollo degli ideali e dei traguardi personali; lo sgretolamento del senso religioso a confronto con ideologie contrastanti, ed altre avversità.
I drammi e le lacerazioni psichiche si accentuano riguardandoli nelle diverse categorie.

4. La nota più impressionante è la stragrande maggioranza dei fanciulli e dei giovani di ambo i sessi, con problemi di salute, di scolarizzazione, di educazione; gravissimo ed urgente il problema della loro protezione contro i pericoli di discri­minazione, di comportamenti anomali.
Poi l'abbandono dei vecchi, il diso­rientamento dei sacerdoti profughi, i semi­naristi trascurati, il disagio delle religiose. Si aggiunga la mancanza di un'ordinata collocazione: senza recapiti custoditi; mancanza di alloggi decenti, di lavoro, di documenti, di controllo sanitari; mancanza di luoghi di preghiera e di riflessione, di libri religiosi nella propria lingua.

5. L'afflusso dei profughi ha avuto notevoli ripercussioni anche nelle comu­nità, che in qualche moda sono state in­vestite dal dramma, sollevando gravissimi problemi giuridici, economici, logistici, sanitari, politici e religiosi. La fisionomia etnica dei gruppi umani né è rimasta com­promessa; a volte è minacciato lo stesso equilibrio socio-politico dei popoli. Ne sono prova i recenti avvenimenti che hanno sconvolto l'opinione pubblica. Non per nulla il Santo Padre, oltre ai ripetuti ap­pelli pubblici, ha più volte espressamente richiamato l'attenzione dei diplomatici e dei responsabili di organismi internazio­nali sul problema. Suonano come un se­vero avvertimento le Sue parole: " ... e questa miseria estrema, fisica, psicologica e morale non saprà attendere" (25.6.1982).

2. Risposte alle attese

6. Spesso un colpevole velo d'indifferenza e di dimenticanza copre questa miseria. Gli stessi strumenti delle comunicazioni sociali, dopo un allarme iniziale, lasciano a poco a poco cadere l'informazione come se l'interesse dell'opinione pubblica fosse solo per la novità e non per la vita, con i suoi aspetti più impegnativi e più drammatici.
Gli Organismi nazionali ed internazionali, che in qualche modo ne sono stati investiti, affrontano, nella soluzione di problemi e nell'impegno d'integrazione, difficoltà finanziarie, carenze legislative per fronteggiare il fenomeno, mancanza di strutture e di personale preparato, quando non il rigetto di persone e di ambienti.

Presenza della Chiesa

7. La Chiesa, che attraverso le sue strutture caritative ha tempestivamente distribuito gli aiuti di prima necessità, non ha mancato, con i suoi insegnamenti, di segnalare i margini di sicurezza della convivenza umana per prevenire ed evitare le cause di simili disastri, e di stimolare persone ed organismi ad uno stretto rapporto di solidarietà, ad affinare la sensibilità e le coscienze per realizzare opportuni ordinamenti ed interventi.[5]
La Santa Sede, anche attraverso il Pontificio Consiglio "Cor Unum", ha manifestato e manifesta costantemente la sua sollecitudine per i rifugiati; così come sono espressione dell'attiva presenza della Chiesa e del suo servizio le varie Organizzazioni Cattoliche nazionali ed internazionali, la Caritas, la Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni, ecc., che hanno un ruolo validissimo con tutte le altre organizzazioni del Volontariato (ONG).

8. "La Chiesa ha il diritto ed il dovere d'intervenire - ha detto il Santo Padre - se vuol rimanere fedele alla sua missione, che, nel Cristo nato per noi, è rivolta alla salvezza di tutto l'uomo e di ogni uomo"; "... ovunque un uomo soffre, là è Cristo che soffre al suo posto. Ovunque un uomo soffre, là ci deve essere la Chiesa al suo fianco" (22.12.1979). "La Chiesa cattolica considera come opera essenziale l'aiuto ai rifugiati".[6]
Questa ed altre parole pronunziate sull'argomento dal Papa, fra le più accorate che si siano levate nel mondo, non ammettono fraintendimenti od equivoci. Esse fanno eco all'invito del Divino Maestro: "Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi consolerò"[7] É sempre, nel corso dei secoli, ogni sofferenza ha conosciuto la presenza della Chiesa.
Ma le parole del Sommo Pontefice non sono l'unico stimolo che la Chiesa ha usato nel mondo per affrontare questo immane problema.

9. Una direttiva precisa è stata data ai Vescovi dal Concilio Vaticano . Il perché abbiano una speciale preoccupazione per alcuni gruppi di "fedeli, che a motivo delle loro condizioni di vita, non possono godere a sufficienza della comune ordinaria cura pastorale dei parroci o ne sono privi del tutto, come sono moltissimi emigrati, gli esuli, i profughi, i marittimi, gli addetti ai trasporti aerei, i nomadi ed altre simili categorie di uomini... Le Conferenze Episcopali e specialmente quelle nazionali dedichino premurosa attenzione ai più urgenti problemi riguardanti le predette categorie di persone e con opportuni mezzi e direttive, in concordia d'intenti e di sforzi, provvedano adeguatamente alla loro assistenza religiosa, tenendo presenti in primo luogo le disposizioni date o da darsi dalla Sede Apostolica, adattate convenientemente alle situazioni dei tempi, dei luoghi e delle persone".[8]
Il Concilio ha dato opportune indicazioni anche alle comunità delle nazioni ed alle istituzioni internazionali, al fine di provvedere ai diversi bisogni degli uomini nel campo dell'ordinaria vita sociale e nelle particolari difficoltà.[9] E gli accordi e le convenzioni internazionali e nazionali sui diritti umani diventano un efficace strumento giuridico di protezione dell'uomo-rifugiato.

Il quadro giuridico

10. Purtroppo, nei confronti dei Rifugiati, si nota un quadro giuridico non sufficientemente adeguato al crescente afflusso e soprattutto non rispondente, nella legislazione, alla salvaguardia di quei diritti umani inalienabili e costitutivi della persona, che molti Stati hanno sottoscritto ed espressamente difeso nelle dichiarazioni internazionali, ma che non sempre trovano riscontro nella legislazione e nella prassi nazionale.
La convenzione del 1951 col relativo Protocollo aggiuntivo del 1967 è il solo strumento internazionale in vigore per l'identificazione dei rifugiati. Non esiste ad oggi alcun accordo internazionale in materia di asilo territoriale.

I Rifugiati de facto

11. La conseguenza di questo vuoto giuridico è evidente: è una zona grigia fra il "rifugiato" e 1'"emigrante". Sono i cosiddetti "rifugiati de facto" o illegali (rifugiati "economici", emigranti irrego­lari, dissidenti politici ed altri) che, per motivi che vanno dal politico al sociale, all'economico, al culturale ed altri, sono fuori del loro Paese di origine e non pos­sono o non intendono rientrarvi. La sorte di costoro è perfino più disperata di quella dei rifugiati propriamente detti, in quan­to, salvo eccezioni, non godono di alcuna protezione giuridica effettiva né dell'orga­nizzazione internazionale, né del paese d'origine, né di quello in cui risiedono in situazione precaria e sovente illegale o addirittura clandestina.

Diritti e libertà fondamentali

12. I principi cristiani sul valore e la dignità della persona umana stanno tro­vando sempre più spazio negli statuti di diritto positivo concernenti i diritti e le libertà fondamentali dell'uomo.
Tale fenomeno si è accentuato nel dopoguerra: gli uomini, uscendo dai disa­stri della guerra, presa coscienza della mi­seria morale e materiale in cui erano ca­duti, istintivamente hanno cercato di sol­levarsi facendo appello alla comunità dei popoli. Il Preambolo della Carta Costitu­tiva dell'ONU infatti proclama solenne­mente: "Noi, Popoli delle Nazioni Unite, decisi... a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nel valore e nella dignità della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole... ", dichiarazione, come si vede, molto vicina alla enunciazione cristiana.
La dichiarazione del Preambolo della Carta Costitutiva dell'ONU (1945) viene seguita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dai due Patti Internazionali, rispettivamente sui Diritti Economici, Sociali, Culturali e sui Diritti Civili e politici (1966) che riaffermano "... la dignità ed i diritti uguali ed inalienabili di tutti i membri della famiglia umana" e dichiarano che "... i diritti umani devono essere protetti dalla forza della legge".
Inoltre, nei citati Patti Internazionali del 1966, vengono indicate tre condizioni essenziali per l'applicazione dei diritti ivi enunciati:

  1. gli individui devono essere messi in grado di beneficiare dei diritti previsti dai patti;
  2. gli Stati hanno l'obbligo di promuovere il rispetto universale e l'osservanza di tali diritti;
  3. ogni individuo ha il dovere di promuovere ed osservare l'applicazione dei diritti e libertà fondamentali nei riguardi degli altri individui della comunità in cui vivono.

Si tratta di tre condizioni, chiare ed inequivocabili, aventi valore giuridico in quanto parte di uno strumento adottato dall'ONU.

Protezione giuridica dell'uomo-rifugiato

13. Le parole del Santo Padre citate sopra trovano significativa rispondenza nella terza condizione, cioè in quella che attribuisce all'individuo il diritto-dovere d'intervenire affinché gli altri membri della comunità siano messi in condizione di beneficiare dei diritti fondamentali. In pra­tica è la trasposizione giuridica del pre­cetto cristiano della solidarietà fra gli uomini, per cui l'intervento pastorale in questo campo, fondato sul principio cristiano dell'amore per il prossimo, trova la sua legittimazione nel diritto positivo. E le Chiese locali hanno l'autorità d'interve­nire, quali membri delle comunità in cui operano, per la difesa dei diritti dei rifu­giati. Infatti anche attraverso una corretta applicazione della legislazione interna ed internazionale, è possibile realizzare una effettiva protezione dell'uomo-rifugiato, specialmente di quanti sono in posizione irregolare - rifugiati de facto ed emi­granti illegali - e agevolare un suo concreto inserimento nella comunità che lo ospita, nel pieno rispetto della sua dignità e valore della persona umana.

3. Orientamenti ed azione pastorale

14. "Indubbiamente 'l'uomo - si badi - l'uomo integrale nell'unità di corpo e anima' [10] è il fine principale della sollecitudine pastorale della Chiesa. Ma poiché la cura di anime deve essere adat­tata alle necessità dei tempi, sembra assai opportuno richiamare ancora una volta i primi e fondamentali diritti della persona umana, sia perché i supremi reggitori dei popoli li riconoscano e, dopo averli riconosciuti li tutelino, sia perché tutti i Migranti si sentano inseriti nel complesso delle funzioni di cittadini e della comunità e considerino attentamente i doveri da compiere ».[11]
Oltre l'informazione, la sensibilizzazione degli Stati ed il tentativo d'incoraggiare adeguate misure legislative, la Chiesa, nel compiere la sua missione salvifica e la difesa della dignità umana, ha l'insostituibile compito di sostenere lo spirito di questi sradicati e salvaguardare, in tutti i suoi aspetti, un armonico equilibrio.

Cammino di dignità

15. Sul piano operativo il Santo Padre stesso ha dato una preziosa indicazione, stimolante e costruttiva per gli stessi rifugiati: "Occorre organizzare l'aiuto internazionale - ha detto il Papa - un aiuto che non dispensi i rifugiati dal prendersi, un poco alla volta, cura di se stessi, perché anche questo è un cammino di dignità" (25.8.82). Naturalmente l'incoraggiamento va prima di tutto ai rifugiati, che devono,. con speranza, rialzarsi dalla loro prostrazione e ricominciare a farsi una vita. Ma è anche un accenno alla linea pastorale che tende ad apprezzare e valorizzare l'opera dei sacerdoti rifugiati, che curano pastoralmente i profughi.

16. Un piano pastorale ha già precise indicazioni sui documenti della S. Sede "Instructio de Pastorali Migratorum cura" e "Chiesa e Mobilità umana".
Si potrà qui ricordare che la situazione dei rifugiati presuppone ovviamente una intesa ed una viva collaborazione fra gli Organismi ecclesiastici interessati al problema, anche ad evitare sovrapposizioni e collusioni, ma soprattutto per coordinare interventi nel settore della cultura allo scopo di preparare personale adatto, per stabilire direttive sul piano dottrinale, giuridico, sacramentale, liturgico, carita­tivo, per assicurare la presenza di sacerdoti e di forze laiche impegnate.
Le Conferenze Episcopali, che da tutti i continenti hanno risposto all'indagine promossa da questa Pontificia Commissione per conoscere l'attuale situazione dei rifugiati nel mondo ed intervenire adeguatamente in conformità delle direttive del Magistero, concordano sulla necessità di coordinare le forze.
L'aiuto non dovrà essere solo "di pane". Gesù, commosso dalle moltitudini, "sbandate come fossero pecore senza pastore",[12] pur facendo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, non limitò a quello la sua missione.
L'azione pastorale dovrà essere effettiva e tempestiva. La situazione dei rifugiati è spesso molto precaria: un intervento immediato può significare la salvezza di vite umane. L'attività pastorale non si limiterà al solo aiuto d'urgenza, ma dovrà articolarsi in tempi, in categorie, in scelte pastorali, in una tipologia d'interventi richiesta dalle persone, dai bisogni e dalle circostanze.

Responsabilità delle Chiese locali

17. Ogni iniziativa dovrà convergere sull'Ordinario locale, insostituibile perno di ogni programma pastorale. Il coinvolgimento della Chiesa locale diventa indispensabile sotto tutti gli aspetti, primo quello di una tempestiva informazione, che richiami l'attenzione sulle urgenze, sensibilizzi i fedeli alla solidarietà ed al coordinamento e porti il peso del proprio prestigio presso le autorità e l'opinione pubblica.

18. La Chiesa locale, sia quella d'origine come quella di accoglienza, nella reciproca informazione,[13] potranno dimostrare ai sacerdoti, religiosi e seminaristi rifugiati, quanto considerino prezioso il dono della vocazione ed il comune desiderio di salvaguardarlo e valorizzarlo, stabilendo una fiducia convivenza ed il riconoscimento della loro dignità umana e sacerdotale.[14]
Pur considerando questi sacerdoti i più qualificati nell'attività pastorale tra i loro connazionali disastrati,[15] non saranno lasciati soli, ma saranno affiancati da incaricati che manterranno costante rapporto con la Chiesa locale e con le organizza­zioni assistenziali. Nella ricerca di personale adatto non possiamo trascurare l'auspicio che le Congregazioni femminili, pur nella scarsità attuale delle vocazioni, possano incoraggiare le loro candidate idonee al servizio dei rifugiati.[16] In questo, alcune sezioni, come quella delle Filippine, sono esemplari.

Difesa e protezione della persona

19. Questa armonia di persone, di ordinamenti e di soccorsi potrà essere strategia di difesa della dignità della persona, prima di tutto dei più deboli ed indifesi, quali appunto i fanciulli. La Chiesa è seriamente preoccupata delle gravi condizioni in cui versano tanti minori rifugiati ed invita a tutelare il loro migliore sviluppo, non solo fisico, ma anche quello psichico e spirituale. Certi loro comportamenti anomali, tragica conseguenza della devastazione interiore causata dalla tempesta vissuta, potranno essere corretti da una comprensiva premura e da una urgente azione pedagogica, che, nel rispetto della loro personalità, tenda a realizzarne le doti e le attitudini, a capire la loro mentalità, a creare attorno a loro un'affettuosa atmosfera di fiducia e di sicurezza, permettendo così che nel loro animo fiorisca la convinzione che la solitudine è vinta e che una nuova comunità saprà accoglierli e rispettarli.
Educatori e catechisti potranno trovare in famiglie disponibili un valido sostegno a questa azione ricostruttiva, mentre si dovrà porre ogni sforzo alla riunione della famiglia originaria ed alla sua valorizzazione.[17]
Con la stessa generosità e delicatezza, le attenzioni si rivolgeranno agli adulti, collaborando con tutti, rispettando la libertà di coscienza, le tradizioni, la cultura, il "proprio patrimonio spirituale",[18] quale che sia la religione che professano ... "Non c'è né giudeo, né greco, né libero, né schiavo, ma tutti uguali davanti allo stesso Padre".[19]
Nello sforzo pastorale in favore dei rifugiati, la famiglia dovrà essere meglio integrata e considerata una validissima chiave risolutiva per i diversi problemi. Questa non dovrà chiudersi in sé, ma aprirsi alla comunità, specialmente a questi indigenti, anche nell'azione educativa all'interno della famiglia, vorrà sempre richiamarsi all'amore degli altri, che si esprime con l'accoglienza, col rispetto e col servizio.[20]
La catechesi, la pratica religiosa, le relazioni personali e quanto concerne la vita cristiana si orienteranno secondo le linee della Pastorale dei Migranti. Per le celebrazioni, per la conservazione della Eucaristia, per l'amministrazione dei Sa­cramenti, si terranno presenti le Facoltà ai Cappellani ed i Privilegi ai fedeli concessi da questa Commissione col decreto « Pro materna » per facilitare a particolari gruppi di persone la partecipazione alla vita della Chiesa.[21]

20. Per la vastità e complessità del problema, converrà affidarne la costante attenzione, l'aggiornamento dei dati e la tempestività degli interventi ad una strut­tura, in seno alle Conferenze Episcopali, quale appunto la Commissione per le Migrazioni.[22] 
Un programma pastorale, per quanto vasto e dettagliato, non può prevedere tutte le necessità diverse ed a volte improvvise; e c'è sempre qualcosa d'imprevisto da destinare all'attenzione, alla coscienza ed alle premure dell'iniziativa privata. "Caritas suggeret vobis omnia", ed ogni impegno cristiano, animato dalla carità, potrà trovare e dare amorevoli risposte, oltre i tracciati organizzativi.
Così, con le opere, si renderà viva la propria fede, e chi ormai era privo di speranza avrà la forza di credere ancora e di dare un significato alla propria vita, illuminata dalla fraternità.

Vaticano, 14 Febbraio 1983.

SEBASTIANO Card. BAGGIO, 
Presidente

EMANUELE CLARIZIO, 
Arcivescovo tit. di Anzio, Pro-Presidente

Note


[1] In ottemperanza al suggerimento f atto in Plenaria ed a seguito delle attese nelle Cbiese locali, la Pontificia Commissione ha elaborato questo testo, inviato come circolare alle Conferenze Episcopali e pubblicato da L'Osservatore Romano il 23 marzo 1983.
[2]De iustitia in mundo, 1.
[3]Pacem in terris.
[4]Paolo VI, 10.12.73.
[5]De Pastorali Migratorum Cura, 1; Gaudium et Spes, 84-89.
[6]Giovanni Paolo II, giugno 1982.
[7]Mt. 11, 28.
[8]Christus Dominus, 18.
[9]Gaudiurn et Spes, 84.
[10]Gaudium et Spes, 3.
[11]De Pastorali Migratorum Cura, 5.
[12]Mc. 6, 34.
[13]Ecclesiae Sanctae, 38.
[14]Christus Dominus, 16; Presbyterorum Ordinis, 20-21; Lumen Gentium, 28.
[15]Christus Dominus, 23; cf. Familiaris Consortio, IV, 1977.
[16]De Pastorali Migratorum Cura, VI, 54; Chiesa e Mobilità umana, 37.
[17]Apostolicam Actuositatem, 11.
[18]De Pastorali Migratorum Cura.
[19]Gal. 3, 29.
[20]Familiaris Consortio, III, 44, 64; IV, 77.
[21]Christus Dominus, 18.
[22]Christus Dominus, 18; De Pastorali Migratorum Cura, 22.
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