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  PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI

PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO
"ORIENTAMENTI PER LA PASTORALE DEL TURISMO"

 

 


 

PRESENTAZIONE DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI,
S.E. MONS. STEPHEN FUMIO HAMAO
 

È per me una grande soddisfazione poter presentare il documento "Orientamenti per la Pastorale del turismo", preparato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Il momento è senza dubbio particolarmente opportuno. L’esodo delle vacanze estive è appena iniziato e molti luoghi, che il resto dell’anno rimangono in serena tranquillità, vengono invasi da numerosi visitatori in cerca di riposo o desiderosi di conoscerne un monumento, la storia e i costumi.

Il documento che presentiamo si iscrive in una storia già vasta dell’attenzione pastorale della Chiesa per il fenomeno turistico.

Con significativa chiaroveggenza, il 30 aprile 1969 la Sacra Congregazione per il clero, da cui a quel tempo dipendeva la pastorale del turismo, pubblicò il Direttorio Generale per la Pastorale del turismo Peregrinans in terra, un testo molto importante e utile per l’azione pastorale e, sotto molti aspetti, in anticipo sui tempi. Essa non si limitò a presentare soluzioni ai problemi di allora, ma aprì profeticamente la strada per fare fronte a uno sviluppo del turismo che, in quel momento, non era del tutto prevedibile.

Dopo oltre trenta anni dal quella data, si è mostrata opportuna una riflessione che prendesse in considerazione gli apporti di questi anni, che raccogliesse i frutti di un lavoro pastorale intenso, realizzato soprattutto in quelle Chiese locali e comunità cristiane che si distinguono per ricevere il turismo. Esse lavorarono in prima fila, spesso con imperiosa urgenza, per rispondere alle conseguenze derivate da inattesi incontri di modi di pensare e di vivere differenti. Tali comunità, in particolare in zone e paesi meno sviluppati, provarono direttamente le aggressioni di un turismo non ancora del tutto consapevole della propria natura, dei meccanismi economici, psicologici e sociali che lo muovono, dell’impatto che la sua attività provoca sulle persone, sulla società, sulla cultura e sull’ambiente.

Nel corso di tutti questi anni, la Chiesa ne ha seguito con attenzione lo sviluppo ed è stata vicina a quanti vi partecipano come turisti, come promotori, lavoratori o membri di una comunità ricevente.

La Chiesa ha accompagnato questa parte della storia moderna dell’umanità, convinta delle grandi opportunità che il turismo offre al singolo e alla collettività.

Come sintetizza il nuovo Documento, il turismo si è in effetti trasformato in una delle forme maggiormente apprezzate per lo sfruttamento del tempo libero, di cui l’uomo dispone sempre più abbondantemente nelle società sviluppate. In questo modo il turismo è entrato nella civiltà attuale con valori che le sono propri e come opportunità per la realizzazione delle mete perseguite dall’umanità. Insieme al riposo che il turismo assicura, il turista cerca sempre più l’esplorazione della natura, lo scambio culturale, la relazione con gli altri.

Una potente struttura economica è stata costruita al servizio del turismo, un’industria dalla dinamica globalizzatrice, che ha richiesto l’implicazione di autorità politiche e di organizzazioni sociali. Lo spettacolare sviluppo del turismo, la sua particolare incidenza nei rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri, sollecita da parte della comunità internazionale una vigilanza permanente e creativa. La posta in gioco è che il turismo sia uno strumento al servizio della persona, tanto dell’individuo quanto dei popoli.

La Chiesa è cosciente, inoltre, che l’ambito del turismo, come ogni realtà umana, ha bisogno di essere illuminato e guidato dalla Parola di Dio, per individuarne l’autentico significato umano ed essere opportunità reale di crescita nella fede. Il carattere di parentesi della vita ordinaria, che istintivamente concediamo al tempo delle vacanze e del turismo, non può né deve comportare una parentesi nella vita morale e religiosa del cristiano. Al contrario, l’interruzione delle occupazioni quotidiane, tante volte opprimenti, apre uno spazio di libertà e creatività, uno spazio privilegiato di incontro con la Creazione e con gli altri. Per il cristiano il turismo è occasione per celebrare il dono della bellezza nella Creazione, occasione di esperienza di libertà solidale dell’uomo nuovo, occasione di anticipazione della festa che riunirà tutti gli uomini nella città nuova.

Il documento segnala tracce e orientamenti per una riflessione su questi temi, una riflessione che dovrebbe essere inclusa in ogni formazione e catechesi, ma che sarà molto più opportuna nel tempo delle vacanze. Il principale impegno della pastorale del turismo, in maniera generale, è quello di aiutare i cristiani a programmare il proprio tempo di vacanza e di turismo e ad accogliere i turisti. Accogliere l’ospite e, a sua volta, sapersi comportare da ospite, sono la testimonianza evangelizzatrice che i cristiani sono chiamati ad incarnare nel mondo del turismo.

 

 

PRESENTAZIONE DEL SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI,
S.E. MONS. FRANCESCO GIOIA

Il turismo è uno dei fenomeni che caratterizza maggiormente la società odierna. Ne è una prova la continua e accentuata crescita dei turisti a livello mondiale: nel 2000 sono aumentati - come informa l’Organizzazione Mondiale del Turismo - del 7,4 per cento nei confronti dell’anno precedente, ossia 50 milioni in più, tanti quanti ne ricevano ogni anno gli Stati Uniti e la Spagna; in Europa, che raccoglie il 58% del turismo internazionale, vi è stato un aumento del 6,2% con 403 milioni di arrivi, circa 25 milioni di viaggi in più rispetto all’anno precedente; l’introito del turismo internazionale l’anno scorso è stato di 476 miliardi di dollari americani. Si prevede che nel 2010 i turisti internazionali passeranno dagli attuali 698 milioni a 1 miliardo e nel 2020 aumenteranno ancora di 560 milioni.

Paolo VI, parlando ai partecipanti alla Conferenza mondiale sul turismo (31.8.1963), promossa dall’ONU, mise in evidenza lo stretto rapporto tra turismo e religione; incontrando i componenti della prima Assemblea del Bureau International du Turisme Social (11.12.1964) sottolineò l’importanza del turismo per la crescita umana e spirituale dell’uomo e per un fecondo dialogo tra i popoli e le culture. Il Concilio Vaticano II ha esortato: "Il tempo libero sia impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la sanità dell’anima e del corpo, mediante attività e studi di libera scelta, mediante viaggi in altro paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell’uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza, anche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mantenere l’equilibrio dello spirito anche nella comunità e offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o stirpi diverse" (GS 61). Il Concilio ha pure accennato all’importanza del tempo libero sull’educazione giovanile (cf GE 1).

L’attenzione della Chiesa sul turismo si focalizzò nel 1969 con la pubblicazione del Direttorio Peregrinans in terra. Gli interventi di Giovanni Paolo II sul tema del turismo sono abbondanti ed incisivi. La sua riflessione si sofferma sui valori e sui rischi del turismo, sulla necessità di educare a vivere bene il turismo, a considerarlo come un momento significativo della vita, un’occasione quanto mai propizia di comunione con i fratelli, un mezzo di perfezionamento della persona e della società.

Nel desiderio di raccogliere tutta la ricchezza del magistero e per rispondere alle nuove sfide che il turismo presenta oggi alla società e alla Chiesa, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli itineranti, ha elaborato un documento intitolato Orientamenti per la Pastorale del turismo.

Molti indizi chiaramente segnalano una nuova cultura allo statu nascenti, che fa pensare ad un’antropologia su parametri mondiali. Pare lapalissiana un’ottica umana commisurata su parametri mondiali. Eppure i conflitti che nascono, per esempio, tra G-8 e popolo di Seattle dicono quanto sia faticoso questo parto. Alla Chiesa non tocca disquisire sul fatto dalle barricate del conservatorismo o da quelle del progressismo. Però nella fase presente della socialità umana non può non vedere una tappa della fraternità universale inscritta nel suo DNA.

Nella prima parte del Documento che qui viene presa in esame viene prospettata un’analisi conoscitiva del fenomeno del turismo che è una delle dimensioni presenti nel processo di globalizzazione. Anzitutto il turismo s’inserisce con un netto significato specifico nella dinamica della mobilità sociale, dovuta a fenomeni migratori, bellici, economici che sembrano ridare all’uomo la dimensione nomade da cui proviene. E il documento lo correla a quattro punti di riferimento: il tempo libero, la persona, la società, la concezione cristiana del mondo.

1. Turismo e tempo libero

"Lavoro e riposo scandiscono il ritmo naturale della vita", recita il citato Documento (n.5), riprendendo lo schema biblico del Creatore che dopo sette giorni di lavoro si riposa (cf Gen 2,2). Il lavoro, come necessità dolorosa, sottolinea sempre il testo, è conseguenza del peccato. Nel disegno di Dio, l’uomo era stato concepito come il custode di un giardino - che è la terra e l’universo da cui è avvolta - per averne cura e goderne i frutti. I risultati del progresso certamente non tolgono le conseguenze del peccato, ma ne attenuano le asprezze e suscitano bagliori che fanno pensare alle condizioni originarie del progetto di Dio. L’uomo ha diritto al tempo libero. Egli lavora per fruire dei risultati delle sue attività: semina per raccogliere il grano che diventerà il pane sulla sua tavola. Il lavoro senza prospettive di fruizione è il lavoro forzato, quello degli impastatori di stoppia e fango sul delta del Nilo (cf Es 1,11), dei lager, dei gulag.

Certo, solo gli uomini del primo mondo - e non tutti e non da molto tempo! - possono godere del tempo libero. Le ore lavorative diminuiscono sempre di più: ai tempi di Carlo Marx (1818-1883) si lavorava in media 4.000 all’anno, oggi l’operaio francese ne lavora circa 1600, l’italiano 1700, perfino quello giapponese non supera le 1900.

Il tempo libero segna un passaggio epocale della società e la pone ad un bivio: o si diventa sempre più schiavi dei modelli iperconsumistici, pilotati selvaggiamente dai mass-media, oppure si coglie il tempo liberato dal lavoro per tentare una nuova fase di umanizzazione della società.

La grande maggioranza degli esseri umani non è arrivata alla conquista del diritto al tempo libero, presi da una lotta per la sopravvivenza che non lascia respiro. Il turismo, da questo punto di vista, è la proclamazione di un diritto che è stato conseguito solo da una minoranza, ma che dev’essere progressivamente raggiunto da tutti.

2. Turismo e persona

Il turismo, reso possibile dagli spazi di tempo libero, consente attività ed esperienze diverse da quelle del luogo abituale di residenza e di lavoro e facilita relazioni con persone e contatti con la natura. Le proposte che il turismo è in grado di offrire sono sotto gli occhi di tutti. Sono scoperte di tesori o di oasi di natura incontaminata che, ad esempio, l’agriturismo ci fa scoprire e gustare alle porte di casa e di cui ignoravamo da sempre l’esistenza. Sono panorami naturali, borghi storici caratteristici, città d’arte carichi di ricordi, di valori, di tracce d’eventi attraverso i quali è passata la storia di cui siamo figli e si è formata l’identità etnica, religiosa, culturale che vive in noi.

Al turismo interno s’affianca ormai sempre più accessibile il turismo che spazia fino ai luoghi più remoti e fino a poco tempo fa inaccessibili: deserti, paesaggi polari, lo stesso spazio interstellare che il primo uomo, ormai, ha visitato da turista. Siamo in grado, così di costatare de visu costumi, condizioni di vita, atteggiamenti religiosi, patrimoni culturali d’ogni genere accumulati da popoli di cui una volta avevamo vaga notizia attraverso testi scolastici o vicende romanzate descritte dai libri.

Vivacissimo è oggi il turismo a sfondo sportivo o parasportivo: manifestazioni, ad esempio, di tipo calcistico, ma anche quelle delle corse di biciclette, moto, vetture; manifestazioni "a tema", come le esposizioni universali, le giornate mondiali come quella della gioventù lanciata da Giovanni Paolo II.

Si tratta sempre di diversi modi di mettere di fronte una comunità itinerante con una comunità che accoglie e tra le due si opera una osmosi che, reciprocamente, nutre i protagonisti delle due parti. Il turismo, insomma, quando non scade in un banale fatto commerciale, nutre le persone che si conoscono, si confrontano, si stimano, migliorano. Il turismo, in una parola, fa crescere gli uomini, gli rende sempre più uomini.

3. Turismo e società

L’espansione del turismo richiede un volume di strutture, di attrezzature sempre più sofisticate da tutti i punti di vista e di adeguate norme di comportamenti. Per rendersi conto di che cosa ciò significhi e di che cosa ciò comporti sul piano della collaborazione tra diversi paesi, si pensi ai veri problemi connessi.

Uno dei problemi è quello della stagionalità: le diverse aree del pianeta si presentano in condizioni ottimali in stagioni diverse. In corrispondenza i potenziali turisti devono essere informati e le accoglienze devono essere organizzate nei paesi da visitare. Passata la fase ottimale, tutto dev’essere smontato e i lavoratori vengono licenziati.

Altro problema è quello dello sviluppo: il turismo promuove la crescita non solo della persona, ma della collettività dell’area turistica. Oggi però si parla sempre di più di sviluppo o progresso sostenibile. C’è un limite oltre il quale una spiaggia, per esempio, può perdere tutto il suo incanto per trasformarsi in una barriera di cemento sul mare. I templi della Magna Grecia, le Piramidi in Egitto, gli stessi eremi francescani corrono il rischio delle devastazioni di un progresso insostenibile.

Stagionalità con i suoi ritmi, sviluppo e progresso sostenibili, con i mille problemi che comportano, hanno la possibilità di risoluzione nella gestione concertata, dialogata, nell’armonizzazione di esigenze proprie dei fruitori del turismo, dei profitti degli addetti ai servizi e all’accoglienza, del rispetto del patrimonio dei paesi ospitanti che non devono diventare terre d’occupazione di nuovi colonizzatori.

4. Turismo e annuncio evangelico

I tre aspetti del turismo, presenti agli organismi internazionali più attenti, sono condivisi appieno dalla Chiesa che aderisce alle molte iniziative in atto nelle diverse aree del pianeta. La Chiesa che ha punteggiato i paesaggi di stupende testimonianze di fede, come i monasteri, le cattedrali, i santuari, e che ha promosso la "mobilità turistica" nel medioevo - i pellegrinaggi verso Palestina, Roma, Compostela e altri luoghi del sacro - e nell’età moderna in cui già prima del fiorire del turismo laico è stato vivissimo quello religioso, cioè quello di coloro che cercavano testimonianze della loro fede. La Chiesa non è, di sua natura, un’organizzazione promotrice del turismo. Ma il turismo è oggi una realtà imponente in cui sono coinvolti dei credenti, cui deve essere assicurata l’assistenza pastorale, e di non ancora credenti cui dev’essere fatto arrivare l’Annuncio. A metà del sec XX il turismo quale noi oggi lo conosciamo, era accessibile a 25 milioni di persone l’anno. Da allora si è passati a 698 milioni nel 2000, come abbiamo già detto. Ai turisti veri e propri, si aggiunga il numero degli addetti ai servizi per il trasporto e l’accoglienza, anzi si aggiunga il numero degli abitanti che, pur senza partecipare a servizi diretti, sono e saranno testimoni del grande ritorno dell’uomo alla situazione nomade.

Nei confronti di questo nuovo mondo, che è già cominciato, sono da inventare forme pastorali nuove, inedite che traducano in azione l’ottimismo riportato dal Siracide: "Chi ha viaggiato conosce molte cose, chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza. Chi non ha avuto delle prove, poco conosce; chi ha viaggiato ha accresciuto l’accortezza. Ho visto molte cose nei miei viaggi; il mio sapere è più che le mie parole. Spesso ho corso pericoli mortali; ma sono stato salvato grazie alla mia esperienza" (34,9-12).

Questo è vero non solo per l’uomo laico, ma anche - anzi più ancora, come narra la storia - per coloro che portano il Messaggio evangelico.

           

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