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Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

 

Migrazioni e dialogo inter-religioso

Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati, 2002

 Mons. Felix A. Machado
Sotto-Segretario
Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso

           Molti dei circa 150 milioni di migranti sparsi in varie parti della terra, hanno portato con loro le proprie tradizioni religiose. Il nostro mondo, come una “mappa delle varie religioni”, vive un’esperienza che può essere fonte di arricchimento. Il carattere multireligioso della terra può generare grande armonia e pace. Naturalmente il reciproco arricchimento e la pace non si creano da soli. Siamo del tutto consapevoli delle tensioni e dei conflitti esistenti, spesso intensificati dalla diversità di religione. E’ necessario che ci siano interazioni e scambi salutari tra persone di diverse tradizioni religiose. L’arricchimento reciproco, l’armonia e la pace sono frutti del dialogo. La Chiesa cattolica ha promosso questo dialogo tra le religioni da lungo tempo e il messaggio del Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati per il 2002, deve essere letto in questo contesto.

           Alcuni immigrati si fermano temporaneamente, perché in transito verso una destinazione più permanente o forse nella speranza di tornare ai propri paesi di origine. Altri sono venuti per restare e formare comunità stabili. Essi hanno lasciato il proprio paese e si sono stabiliti in permanenza in un altro luogo, senza tuttavia lasciare la propria religione. In Italia, ad esempio, ci sono immigrati dal Nordafrica, dall’Africa Sub-sahariana e dall’Asia del Sud. Molti di loro sono musulmani. Ci sono indiani, tra i quali troviamo seguaci della religione Sikh. Ci sono immigrati dal Tibet che sono buddisti, e immigrati da quella che una volta era l’Indocina, molti dei quali appartengono alla religione buddista.

           A volte si parla di immigrazione e di dialogo inter-religioso come di un problema nella nostra società. In occasione della Giornata Mondiale del 2002, il Santo Padre accomuna migranti e rifugiati e mostra come essi possono costituire un’opportunità per l’armonia e la pace nel mondo. Il fenomeno dell’immigrazione offre ai cristiani l’occasione di impegnarsi in un dialogo con persone di altre tradizioni religiose. La pratica del dialogo, a sua volta, permette ai cristiani di conoscere gli immigrati in una maniera giusta e pertanto di aiutarli a integrarsi meglio nella società.

           Per la Chiesa cattolica il dialogo inter-religioso non è un’idea astratta. Rimanendo radicalmente conforme alla sua dottrina e tradizione, la Chiesa cattolica invita tutti i suoi fedeli a prendere parte a questo dialogo inter-religioso, il che vuol dire passare da un atteggiamento di sfiducia, di sospetto e rifiuto ad uno di rispettosa accettazione. Pur riconoscendo che quella del dialogo non è una strada facile, il Santo Padre esorta i cristiani a intraprendere questo cammino, considerandolo anche un aspetto della nuova evangelizzazione. La strada del dialogo offre opportunità per iniziative pastorali. Il Santo Padre ricorda ai fedeli cristiani che per un autentico dialogo è indispensabile la propria testimonianza di fede. La pratica del dialogo inter-religioso presuppone onestà e fiducia reciproca. Per questo i partners del dialogo non possono non considerare i fatti ordinari della vita quotidiana. Ad esempio, il Santo Padre allude alle difficoltà in cui si trovano gli immigrati che non sempre godono di libertà religiosa quando scelgono di vivere in paesi in cui la maggioranza professa una religione diversa dalla loro.

           L’esperienza di lunghi anni ha mostrato che il dialogo inter-religioso può essere intrapreso a diversi livelli. La Chiesa cattolica parla di quattro livelli o forme di dialogo, diversi l’uno dall’altro ma allo stesso tempo interconnessi: 1. dialogo di vita, che implica attenzione, rispetto e ospitalità nei confronti dell’altro; 2. dialogo di collaborazione, che chiama ogni cristiano a cooperare per il raggiungimento di obiettivi di natura umanitaria, sociale, economica o politica per la liberazione e il progresso dell’umanità; 3. dialogo di specialisti, che comprende il confronto, l’approfondimento e l’arricchimento delle rispettive eredità religiose; infine 4. dialogo di esperienza religiosa, cioè la condizione della propria esperienza di preghiera, contemplazione, fede e dovere, come pure le proprie espressioni e strade di ricerca dell’Assoluto.

           Nel suo messaggio in occasione della Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati per il 2002, il Santo Padre invita i cristiani a operare principalmente a partire dalle loro parrocchie. La parrocchia è una “palestra di ospitalità”, dice il Papa. Attraverso queste comunità cristiane si possono costruire legami di amicizia, intraprendere una collaborazione al servizio del bene comune e promuovere una cultura di rispetto e solidarietà insieme agli immigrati che appartengono a tradizioni religiose differenti.

           A livello di dialogo di vita, i cristiani, attraverso le proprie parrocchie, possono manifestare uno spirito di accoglienza, comprensione e rispetto nei confronti degli immigrati e dei rifugiati. Ad esempio, in occasione di festività religiose delle diverse religioni, la comunità cristiana può organizzare dei programmi che prevedano uno scambio di auguri (il Presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo Inter-religioso invia uno speciale messaggio alle comunità di indu, buddisti e musulmani per le rispettive festività di Diwali, Vesakh e Id al Fitr). È anche un’occasione per comprendere il profondo significato religioso di una festa di una particolare tradizione religiosa.

           Il Santo Padre richiama la nostra attenzione al dialogo di vita attraverso la pratica della carità cristiana. Egli dice “ogni giorno, in tante parti del mondo, migranti, rifugiati e sfollati si rivolgono a parrocchie e organizzazioni cattoliche in cerca di sostegno e sono accolti senza tener conto della loro appartenenza culturale e religiosa” (n. 4).

           Il dialogo di collaborazione può essere promosso anche quando i cristiani sono gli strumenti di cooperazione con gli immigrati che appartengono ad altre religioni per il bene dell’intera società.

           Diversi luoghi e centri di culto possono incoraggiare il dialogo di esperienza spirituale. Relazioni amichevoli e fraterne con persone di diverse religioni possono contribuire ad acquisire una sana conoscenza delle diverse religioni che può sostituire il pregiudizio, l’incomprensione e l’intollerenza.

           “Il dialogo inter-religioso non è opposto alla missione ad gentes (Redemptoris Missio, 55) e “… il dialogo interreligioso suppone da parte del cristiano il desiderio di far meglio conoscere, riconoscere e amare Gesù Cristo … “(Dialogo e Proclamazione, n. 77). Le comunità cristiane possono invitare gli immigrati e i rifugiati che appartengono a tradizioni religiose diverse dalla loro a scoprire Cristo, Signore e Salvatore di tutti. Il Santo Padre sottolinea questo punto quando dice: “Il servizio della carità, che sempre i cristiani sono chiamati a compiere, non può limitarsi alla mera distribuzione di soccorsi umanitari. Si vengono in tal modo a creare nuove situazioni pastorali, delle quali la comunità ecclesiale non può non tener conto. Spetterà ai suoi membri di cercare occasioni opportune per condividere con coloro che vengono accolti il dono della rivelazione del Dio-Amore ‘che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’ (Gv 3,16). Col pane materiale è indispensabile non trascurare l’offerta del dono della fede specialmente attraverso la propria testimonianza esistenziale e sempre con grande rispetto per tutti. L’accoglienza e la reciproca apertura consentono di conoscersi meglio e di scoprire che le diverse tradizioni religiose non raramente contengono preziosi semi di verità. Il dialogo che ne risulta può arricchire ogni spirito aperto alla Verità e al bene” (n. 4).

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