The Holy See
back up
Search
riga

 Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

XV Riunione Plenaria

 “Il turismo nella missione della Chiesa”

S. E. Mons.Salvatore Boccaccio
Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino
Italia

Il nuovo documento pastorale, predisposto con pregevole cura dal Pontificio Consiglio della pastorale per i Migranti e gli Itineranti, reca il titolo “Orientamenti per la pastorale del turismo”. La struttura letteraria del documento si presenta composta di 36 numeri argomentativi, articolata in 3 parti (1a “La realtà del turismo oggi”; 2a “Obiettivi pastorali”; 3a “Strutture pastorali”), precedute da un’ “Introduzione” e seguite da una “Conclusione”.

È stato pubblicato in data 29 giugno 2001, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 

Una premessa: origine e scopo del nuovo documento

Il documento, frutto maturo di lunga e laboriosa riflessione elaborata congiuntamente da molteplici contributi di studiosi specialisti e di operatori pastorali, trae la sua origine della convinta intenzione di "aggiornare" il Direttorio Generale per la Pastorale del Turismo "Peregrinans in terra”, pubblicato dalla Congregazione per il Clero il 30 aprile 1969.

Come è noto, il Direttorio prende forma e sostanza dalla straordinaria stagione teologica conciliare, segnata e ampiamente caratterizzata da una rinnovata comprensione della Chiesa come mistero di comunione e di missione, sostenuta da una più pertinente visione storico-antropologica della salvezza, ispirata da un’acquisizione sistematica della centralità della Parola di Dio. Questo straordinario patrimonio si rivela soprattutto dalla prospettiva aperta dalla Costituzione pastorale “Gaudium et spes”, in particolare nella III Sezione, dove si sollecita l’urgenza di un rinnovato accordo “tra cultura e formazione cristiana” (cfr. n. 62), tra intelligenza della fede e attività umane, anche inerenti al “tempo libero” (cfr. n. 61) perché “siano impregnate di spirito umano e cristiano” (ibidem).

Per quanto concerne il turismo, la riflessione conciliare non poteva non appellarsi al quadro di riferimento della cultura, collocando quindi la questione pastorale suscitata dal turismo nell’ambito dell’ “inculturazione della fede”. Il rimando appare oggi quasi “profetico” in quanto capace di propiziare una “lettura” sapienziale precisa e di garantire un sicuro orizzonte all’interno della “teologia pratica”, e dunque a rendere idonea e motivata l’azione pastorale della Chiesa.

Già il Direttorio Generale mostrava di utilizzare appieno il pensiero conciliare nel tentativo di accreditare ai fenomeni connessi al turismo significati valoriali inerenti al cammino di salvezza dell’uomo. Tuttavia, fatte salve le attenuanti di merito, vi permane “ingenua” la valutazione complessiva del fenomeno “turismo”, lasciando intendere un giudizio “ottimistico” sulle potenzialità “rigeneranti” del fenomeno sia a livello del “soggetto”, o meglio della persona in quanto tale, sia a livello del benessere sociale generale.

Il necessario “aggiornamento” del Direttorio si riferisce alle mutate condizioni della società moderna e al più cospicuo discernimento da parte della Chiesa circa i fenomeni che conseguono ai trapassi socio-culturali, nell’intenzione di creare le condizioni favorevoli alle esigenze dell’evangelizzazione.

Sotto questo ed altri profili, il Direttorio esigeva un profondo ripensamento in ordine ad un giudizio più avvertito e prudenziale sulla realtà del turismo, da un lato, e ad una più esigente e critica prospezione teologica, dall’altro lato, utilizzando opportunamente le acquisizioni del recente magistero dei Sommi Pontefici e della stessa teologia e prassi pastorale.

Infatti il nuovo documento “Orientamenti per la pastorale del Turismo” si propone, sia pure rivelando una evidente e sorprendente modestia, di offrire una semplice “riflessione e dei criteri pastorali” al fine di rispondere “alle nuove circostanze” (n. 1) del fenomeno turistico. Oggi infatti il fenomeno si presenta con caratteristiche che possono essere così sintetizzate: l’espansione esponenziale dei fruitori nella cifra di “centinaia di milioni” (n. 2), il coinvolgimento di quantità considerevoli di “addetti” (lavoratori, promotori, operatori, ecc.), la profondità della sua incidenza socio-culturale-economica, i pericoli ad esso connessi di degenerazione morale, ecologica ed economica.

Alla luce di questi scenari, il documento si costituisce e si legittima come urgente appello alle Chiese per una pastorale più avveduta, competente e tempestiva, sollecitando Vescovi, sacerdoti, religiosi/e e laici a “esercitare l’attività di evangelizzazione in questo campo specifico della realtà sociale e secolare” (n. 2).

Procediamo ora ad una ripresa “tematica” del documento, segnalandone lo svolgimento logico di pensiero sia nel momento analitico, che propositivo e organizzativo.

1.     La Chiesa legge il turismo (nn. 3-17)

Il grado di comprensione del turismo da parte della Chiesa è espresso nella Prima parte del documento sotto il titolo: “La realtà del turismo, oggi”, e manifesta una metodologia di approccio attraverso quattro criteri-guida – il tempo libero, la persona, la società, la teologia – che di fatto determinano una sorta di griglia interpretativa e al contempo giovano a delineare una valutazione etica.

Questi quattro criteri non corrispondono esattamente a categorie scientifiche, proprie delle scienze sociali e umane in genere, ma a “valori” mediante i quali operare un discernimento “ecclesiale”. Come appare evidente la Chiesa guarda il turismo con i suoi “occhi” e cerca di intendere le istanze di umanizzazione, di civilizzazione, di effettivo progresso integrale, di trascendimento oltre la realtà effettuale. In sostanza la Chiesa si sforza di enucleare e di rendere evidenti i “significati” latenti ma verificabili del movimento suscitato dall’attuale società che si chiama “turismo”, in virtù della sua missione di “maestra in umanità”, di educatrice dell’uomo, di annunciatrice della salvezza per l’uomo di ogni tempo nella sua storica condizionatezza.

1.1. Turismo come attività di tempo libero (nn. 5-6)

L’avvento del tempo libero caratterizza la modernità distinguendosi dal’otium di derivazione classica e tipico di culture stabilizzate secondo gerarchie ben definite dall’attività lavorativa e dalla condizione sociale. In tal modo la figura storica del tempo libero è recente ed è strettamente congiunta con il passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà industriale e post-industriale. Fenomeno tipico dell’occidente, il tempo libero si rivela non privo di ambiguità in ragione della sua natura residuale rispetto alla dominanza del lavoro e dalla scarsa elaborazione teoretica circa la sua identità e la sua funzionalità.

Riferito alla “possibilità di realizzazione personale e come spazio di creatività” (n. 6) il tempo libero intende invece contribuire all’ “autonomia della persona” e alla sua “piena dignità”. Per questo, per raggiungere i suoi obiettivi, richiede un ingente investimento etico nel segno della responsabilità. Il turismo acquista positivamente valore se ne accoglie la tensione liberatoria e personalistica, se riesce ad offrire risposte alle domande di senso inscritte nelle culture moderne, se supera la pervadente tentazione variamente nichilista, consumistica ed estetica.

1.2. Il turismo a servizio della persona (nn. 7-10)

La Chiesa guarda con particolare favore a tutto ciò che incrementa e perfeziona la vita della persona umana in quanto valore assoluto e dunque imprescindibile in ogni attività. In ordine a questo assoluto il turismo è valutato come una notevole opportunità offerta dal moderno sviluppo delle relazioni e delle economie nazionali e internazionali, del maggior grado di scolarità e di benessere.

Quale è il contributo del turismo alla persona? Anzituttto è dato il tempo per una maggiore conoscenza di sé attraverso quello che si usa chiamare “riposo”. Il riposo della persona è lo stare con sé e in sé in tranquillità, in lieta sospensione di attività fatiganti e in pura contemplazione di sé e del mondo, con l’occhio interiore del disincanto. Un autentico “senso del riposo” porta altresì ad un contatto più immediato, creaturale e antimitico con la natura e con le opere della cultura. Questa profonda attitudine tende a stabire rapporti ricchi di stupore, di conoscenza, di apprendimento, di ammirata consapevolezza della grandezza di Dio e dell’ingegno dell’uomo, e richiede il prezzo di una solida preparazione spirituale e culturale. 

Natura e cultura, sotto la pressione del turismo, possono purtroppo subire rischi di devastazione. In tal senso il rispetto assoluto della persona umana e di quanto essa ha edificato domanda che sia posta in essere un’etica della responsabilità che ricade non solo sui fruitori del turismo ma anche sulle comunità locali, sugli organismi istituzionali preposti alla salvaguardia del bene comune.

Un autentico e prolungato “dialogo culturale” tra i diversi soggetti in causa servirà per evitare rischi di sopraffazione, di forme neocoloniali, di strumentalizzazione della natura e delle culture a fini di un mero interesse economico e commerciale.

1.3. Il turismo nelle dinamiche economico-sociali della globalizzazione (nn. 11-13)

La diffusione del cosiddetto “turismo di massa” induce non solo profonde trasformazioni negli stili di vita, ma provoca nuove problematiche in ordine alla giustizia personale e sociale, al corretto dinamismo economico, allo sviluppo integrato tra ricchezza materiale, crescita etica, qualità delle professioni, impatto ecologico. La composizione armonica di tutti questi elementi in concorso esige la messa in atto di principi e criteri che richiamano una forte eticità personale e civile, individuale e comunitaria; una capacità di concertare diritti e doveri, esigenze legittime e limiti invalicabili. Si tratta di reinventare una “convivenza” in cui interagiscono fattori diversi: interessi non detti, sensibilità e idealità non dichiarate, finalità e scopi spesso occulti.

In tale complessi contesti socio-economici e culturali, caratterizzati spesso da improvvisazione e da deregualation selvaggia, va ripristinato un codice di comportamento secondo i principi dello “sviluppo sostenibile”, di “corresponsabilità”, di “rispetto delle regole” per evitare sperequazioni, abusi, sfruttamenti, traffici illeciti. Al riguardo una speciale attenzione critica va riservata ai processi di globalizzazione, propri delle macro economie turistiche, perché sia tutelata la specificità culturale di ogni singola regione o nazione, sia impedito il trasferimento di risorse finanziarie, siano invece programmati piani di intervento giusto e solidale, aumentando lo sviluppo delle conoscenze formative e informative.

1.4. Per una comprensione sapienziale del turismo (nn. 14-17)

Non si può chiedere alla rivelazione biblica una parola definitiva sul turismo. La Chiesa, che è serva della Parola e nel contempo interprete autorevole della Parola, ci aiuta a intravvedere nel turismo “alcuni aspetti centrali della storia della Salvezza”. Si tratta dunque di una lettura della Parola che conduce a scoprire le meraviglie di Dio attraverso un vissuto turistico assolutamente trasfigurato dai “sensi spirituali” che scavano nella miniera della rivelazione i tesori che Dio vuol elargire all’uomo.

Da questa prospettiva – che è correttamente più teologica che esegetica – prende avvio una riflessione che si incentra su tre direzioni contemplative a sostegno di un turismo cristianamente vissuto: la bellezza del creato come riflesso della bellezza del Creatore; l’evento pasquale di Cristo che libera, salva e rende solidale con lui tutta l’umanità; l’evento dello Spirito che apre orizzonti di festa per la prossimità della patria definitiva.

Dunque il turismo “allude a”; è un segmento di vita che, se ben orientato, promuove l’accostamento a Dio, conosciuto come il Creatore e il Redentore, riconosciuto e glorificato come il Signore del cielo e della terra. Ma il turismo si manifesta anche come accostamento all’uomo, compagno di strada di ogni altro uomo in cammino verso la Gerusalemme celeste, verso “un nuovo cielo e una nuova terra” (Ap 21,1).

2.     La missione della Chiesa nel turismo (nn. 18-30)

Se l’analisi prospettata dalla Chiesa riguardo al complesso e mobile fenomeno del turismo offre uno spettro adeguato alla realtà, si comprenderà ancor meglio quale dovrà essere la proposta “strategica” che la Chiesa stessa intende disporre perché il turismo sia vissuto come promozione della persona integrale, cioè come risorsa capace di perfezionare l’identità e il fine stesso della persona nel naturale contesto comunitario.

La Chiesa si adopera perché il turismo sia “umano”, coltivi ciò che l’uomo ha saputo edificare nel corso della civilizzazione, promuova la solidarietà e la pace, orienti l’uomo all’uso dei beni terreni nella prospettiva della visione dell’unico e definitivo “bene celeste”. Ma, che fare perché la “sfaccendata” esperienza del turismo raggiunga questi obiettivi?

Il documento offre delle “piste di lavoro” e correttamente chiama in causa per la prima volta “la pastorale del turismo”, che dà con sicurezza per scontata e conosciuta; ne definisce lo scopo che è quello “di suscitare quelle condizioni ottimali che aiutino il cristiano a vivere la realtà del turismo come momento di grazia e di salvezza”; la colloca nel cuore della comunità cristiana, la parrocchia.

Dunque la prima proposta della Chiesa è l’istituzione dello strumento operativo per agire nel turismo che è, appunto, la “pastorale del turismo”, che diventa obiettivamente il centro focale del nuovo documento.

Questa Seconda parte reca il titolo: “Obiettivi pastorali” e si snoda su tre fronti – Accoglienza. Vivere cristianamente il turismo. Collaborazione tra Chiesa e società – che rappresentano le concrete modalità con cui la missione ecclesiale si distende nei vasti mondi del turismo.

Come per i quattro paragrafi della prima parte, analizzeremo brevemente i tre della seconda parte.

2.1. Accogliere nel nome di Cristo (nn. 19-21)

Fin dai primordi della pastorale del turismo l’accoglienza è sempre stata l’impegno più vistoso e continuato della presenza della Chiesa tanto da rappresentarne ormai “il nucleo centrale” del suo essere nel turismo. Un’accoglienza che si attua e si sviluppa a partire dal momento più alto dell’azione ministeriale della Chiesa che è la celebrazione dell’Eucaristia domenicale: in essa è la presenza sacramentale e gloriosa del Cristo morto e risorto che raduna e raccoglie i suoi “figli dispersi” in unità. Dunque è il Cristo stesso che accoglie, che chiama, che parla, che si dona e la Chiesa non fa che ripetere nella fede le parole e i gesti di Gesù.

Ma l’accoglienza sacramentale e mistica si moltiplica e si manifesta in mille altre modalità proprie della testimonianza dell’attività della Chiesa nel “mondo del turismo”, soprattutto della sua carità. Di volta in volta l’accoglienza assume il volto dell’impegno ecumenico, della missionarietà, dell’offerta del patrimonio religioso, culturale e artistico, delle tradizioni e devozioni particolari della pietà popolare.

Perciò l’accoglienza configura la vera immagine della Chiesa nel turismo, la sua evidenza più significativa e urgente, il suo modo di essere aperta a tutti, a servizio della persona, sollecita verso coloro che - i cosiddetti “lontani” o quelli “della soglia” – in altro modo non potrebbero incontrare Gesù. Qui si tratta di operare la vera missione della Chiesa, di rendere effettiva la sua offerta di Gesù, unico Salvatore del mondo.

Un’accoglienza del tutto specifica va riservata nei luoghi santi, i santuari, per i quali il Pontificio Consiglio aveva dedicato un’attenzione significativa con un documento appropriato dal titolo “Il Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente” (8 maggio 1999).

2.2. Visione e azione cristiana nel turismo (nn. 22-29)

Questo secondo paragrafo della seconda parte si presenta come il più esteso e il più articolato. Di fatto esprime uno sforzo, in sé encomiabile, di traguardare con l’intenzione della fede la molteplice tipologia del turismo per offrire una visione cristiana e per sollecitare un’attiva testimonianza nei fruitori e negli operatori. Si tratta anzitutto di esplicitare, secondo le diverse situazioni turistiche, le differenti categorie di persone impiegate nell’impresa turistica e i diversi ambiti di sviluppo territoriale del turismo, una complessa e competente azione di evangelizzazione e di promozione umana incentrata sui soggetti attivi e sulle istituzioni proprie del turismo.

La questione centrale si pone in termini di per sé semplici ma alquanto ardui nell’attuazione pratica: come vivere cristianamente il turismo. Vorremmo esplicitarla nelle seguenti domande: come corrispondere adeguatamente alla grazia offerta con il tempo del riposo e del turismo? Quale etica presiede il turismo? Come educare la famiglia, i giovani, gli anziani a vivere il turismo nella prospettiva della fede? L’economia e il commercio, attività di grande importanza nel turismo, come coniugarli con i principi della Dottrina sociale della Chiesa, perché siano rispettosi della persona, della cultura locale, della salvaguardia del creato, della giustizia distributiva? Così i programmi turistici, come adeguarli ai criteri di verità, di trasparenza, di informazione corretta? Le guide e gli animatori, come possono esercitare la loro professionalità in modo coerente con la visione cristiana? E, infine, imprenditori e lavoratori nel turismo come devono adempiere al loro diversificato e complementare impegno nel rispetto della morale cattolica, della giustizia secondo diritti e doveri?

Dal prospetto tracciato per cenni problematici si evince il vasto campo di possibili interventi della pastorale del turismo ma ugualmente balza evidente la difficoltà di dominare la materia e di unificarla in un progetto unitario. Questa è una sfida aperta che solo la saggezza della Chiesa troverà modi, forme, linguaggi adatti al fine di orientarla secondo il disegno salvifico e provvidente del Signore nella storia.

2.3. A servizio del bene comune (n. 30)

La presenza della Chiesa nel turismo non si esaurisce in un apprezzato servizio cultuale o in un adempimento caritativo di sostegno alle persone meno abbienti. Questi ambiti di vita le appartengono in modo specifico e insurrogabile e trovano pronta la sua sollecitudine in qualsiasi situazione. Più pertinentemente rispetto al “mondo del turismo”, la Chiesa svolge una sua particolare attività, in forza del suo mandato aperto allo sviluppo integrale dell’uomo e di tutto l’uomo, per creare condizioni di convivenza favorevoli al migliore rispetto dell’identità, della dignità e dell’integrità stessa dell’uomo, della sua cultura, della sua storia e della sua civiltà.

In attuazione di questa intenzione programmatica, la Chiesa collabora con organismi, istituzioni ed enti preposti all’ordinamento, allo sviluppo e alla organizzazione del turismo proponendo i suoi valori trascendenti e la sua esperienza in umanità, nella prospettiva non utopica ma possibile di edificare un “nuovo umanesimo” mediante le effettive opportunità offerte dal turismo. La proposizione di un vero e autentico spirito universalistico, nel rispetto delle coscienze e delle libertà, contribuisce alla costruzione della pace e al superamento di ogni barriera razziale o statuale. Inoltre l’auspicata collaborazione tra Chiesa e società va osservata e concretizzata nello sforzo di instaurare processi educativi e formativi capaci di consolidare una vera cultura turistica, ispirata da principi etici condivisi e praticati (cfr. il recente “Codice Etico Mondiale del Turismo” adottato nel 1999 dalla competente Organizzazione Mondiale del Turismo).

3.     Istituzioni, mezzi e servizi della missione pastorale nel turismo (nn. 31-35)

La terza parte del documento è riservata, per così dire, a rilevare e individuare compiti e funzioni per un’adeguata ed efficace missione della Chiesa nel mondo del Turismo. Il titolo di questa terza parte “Strutture pastorali” si evidenzia emblematico anche se nel corso dei quattro paragrafi – Il Pontifico Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Le Conferenze Episcopali. Le Diocesi. Le Parrocchie – si snodano correttamente esemplificazioni orientative di carattere opzionale e non determinazioni impositive.

Certamente è la parte più istituzionale del documento, la sua espressione più pratica e convenzionale volta ad “animare lo sforzo congiunto di quanti si sentono chiamati a lavorare più direttamente nel mondo del turismo” (n. 31). Ad ognuno delle quattro istituzioni nominate sono affidati obiettivi e sono raccomandate iniziative che, a diverso titolo, concorrono a realizzare la missione evangelizzatrice della Chiesa.

Conclusione

In una società in rapida evoluzione e fortemente segnata dalla complessità e frammentazione culturale, come è quella attuale e ancor più quella attraversata e caratterizzata dal fenomeno del turismo, il documento in oggetto della nostra riflessione offre, come è espresso dal suo titolo “Orientamenti per la pastorale del turismo”, un riferimento sicuro per il discernimento e per un programma ecclesiale.

Il cammino che si presenta dinanzi appare lungo e in parte tutto da scoprire: siamo ancora agli inizi e la Chiesa, anche in questi “nuovi areopaghi” della modernità, deve sentire l’urgenza di “prendere il largo” (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001), con coraggio e nella sicura speranza, obbediente solo alla parola del Salvatore: “Andate e predicate il vangelo a tutti i popoli” (cfr. Mt 28,19).

top