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Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

XV Riunione Plenaria

La Problematica Pastorale 
del Turismo di Mare

S.E.Mons. Ramon B. de la Rosa y Carpio
Vescovo di Higuey
Repubblica Domenicana

Introduzione

1. Abitualmente parliamo di “turismo” in termini generali, senza distinguere tra i diversi tipi possibili di turismo e le specifiche differenze pastorali che lo possono accompagnare.

Considero pertanto interessanti e originali la proposta e l’iniziativa del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti di studiare in modo specifico “la pastorale del turismo del mare: spiagge e crociere”, soprattutto per la crescita e l’importanza recenti che sta avendo.

Sul tema in quanto tale, non esiste una grande bibliografia da offrire. Pertanto tutti noi possiamo ora contribuire in modo importante e aprire la strada alla riflessione e alla ricerca in questo campo concreto del mondo del turismo.

2. L’obiettivo che ci proponiamo è, pertanto, il seguente:

mettere in rilievo gli aspetti che definiscono oggi il turismo di spiaggia e il turismo di crociera, al fine di compiere una riflesione e cercare di segnalare le necessità principali e le risposte pastorali che ne derivano.

1 – Aspetti della realtà

3. Se i dati qui offerti sono comprovabili, misurabili e utili per chiunque, tuttavia la nostra ricerca è essenzialmente pastorale. Esamineremo quegli aspetti della realtà che interessano il pastore e non tanto l'economista, il sociologo, il politico o un qualsiasi altro specialista o agente.

1.1 Turismo di spiaggia

4. Come ogni altro tipo di turismo, il turismo di spiaggia è un’attività che ha luogo durante il tempo libero ed è motivata dal riposo[1]. Tuttavia, il riposo e la permanenza nel luogo di destinazione (la spiaggia e il “ressort” dove alloggiano) sono più accentuati che in qualsiasi altro tipo di turismo. L’affermazione di S.E.Mons. Francesco Gioia, già Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: “L’industria turistica sa bene che l’uomo di oggi non vuole essere inquietato e organizza i vari itinerari rispettando questa egoistica istanza”[2], trova nel turismo di spiaggia una conferma: colui che si reca alla spiaggia vi rimane, anche se di solito vi include escursioni non programmate precedentemente, organizzate e dirette dallo stesso albergo in cui alloggia, soprattutto quando le sue vacanze sono più o meno lunghe. Esce, compie l’escursione e ritorna. Il “turismo d’avventura” o “rurale”, d’altra parte, non è il suo forte.

5. Il mare ha sempre affascinato e attratto l’essere umano, in qualsiasi epoca o luogo. Gli uomini e le donne hanno camminato fino al mare e hanno fatto un certo tipo di turismo di spiaggia. Si trattava, tuttavia, di un’attività limitata a un gruppo, in un certo modo privilegiato e che si accontentava, in generale, di visitare le spiagge vicine.

La grande differenza sta nel fatto che esso oggi si apre a molta più gente e che ci sono anche molte facilità per raggiungere le spiagge più remote di un qualsiasi oceano o mare. Si tratta di un turismo che è massivamente alla portata delle classi medie e operaie dei paesi industrializzati. Il numero di spiagge non è più ridotto a certi lidi famosi del mondo, che solo i ricchi e i potenti potevano frequentare.

6. C’è ugualmente un accento nel promuovere il turismo di spiaggia come un turismo “per la famiglia”: padre, madre e figli[3].

Tuttavia, non si manca di fare la promozione per altri tipi di destinatari, i cui obiettivi non sono altrettanto sani. Ci sono destinazioni dei Caraibi che vengono promosse in inglese, giocando con la “s” con cui iniziano certe parole, come terre ideali per trovare “sun, sand and sex” (sole, sabbia e sesso). Sono solito ripetere che il turismo di spiaggia “non è santo, ma in generale è sano”.

Gli operatori del turismo di spiaggia, pur coscienti di non poter controllare completamente la prostituzione sessuale, sanno che questa è un grande nemico dei loro affari e che può causare la rovina della loro industria. Di fatto chiedono alle autorità locali di allontanarla dai loro alberghi e di venirne protetti.

7. S.E.Mons. Stephen Fumio Hamao, Presidente del Pontificio Consiglio, l’ha ben notato: “il fenomeno turistico attuale è stato preceduto da viaggi motivati principalmente dall’interesse per la cultura e la civiltà di altre nazioni. Ancor oggi, sono rare le destinazioni turistiche che non includano una pubblicità sulla civiltà dei luoghi visitati, sul modo di vivere, di esprimersi, di lavorare, di fare festa, di pregare delle persone che vi abitano”[4].

Nel turismo di spiaggia, “l’interesse per la cultura e la civiltà” non è il motivo principale. Come regola generale si tratta di un turismo che, in un certo senso, può essere collocato all’estremo opposto del “turismo culturale”. Bisogna tuttavia riconoscere e apprezzare che le escursioni a loro offerte e da loro richieste, non sono sempre motivate dall’intrattenimento o dalla distrazione, bensì dalla ragione menzionata da Mons. Hamao e che abbiamo citato sopra: “una pubblicità sulla civiltà dei luoghi visitati”[5].

8. Nel turismo di spiaggia, è importante notare le spiagge e gli alberghi, che sono attaccati alle grandi città; ci sono anche hotels più nuovi o relativamente più recenti, sorti in luoghi non vicini se non addirittura molto lontani dalle zone urbane.

I primi possono offrire, tra le altre cose, una maggiore vicinanza con la comunità, con i suoi luoghi storici e centri religiosi. Nei secondi, il rapporto con la comunità locale e le sue cose sarà minima o nulla. Può accadere che molti non usciranno di lì e torneranno alle loro case pensando di essere stati in un’isola del paese o in un’isola nell’isola.

Tuttavia, nell’uno e nell’altro caso, il turista continua ad appartenere alla categoria del turismo di spiaggia, non tanto al “turismo culturale”. Questa certa lontananza del turista di spiaggia dalla gente del paese in cui è giunto, conferma la seguente affermazione di Mons. Hamao: “Di fronte al comportamento di molti turisti, le comunità locali non possono fare a meno di pensare che il turismo è uno strumento di degrado, di sfruttamento, di disprezzo dei più ricchi verso i più poveri”[6].

9. Il turismo di spiaggia integra, con gusto, un tempo per la natura e il “turismo ecologico”. Lo fa, senza dubbio, per la tendenza moderna a preservare la natura e l’amore per essa. Inoltre, gli industriali di questo tipo di turismo sanno molto bene che la loro industria dipende in gran parte da un rapporto equilibrato con l’ecologia. Per questo si parla di un “turismo durevole”, di un dialogo continuo tra industria e natura, linguaggio questo che piace all’uomo e alla donna di oggi. Il turismo di spiaggia diventa sempre più sensibile al tema dell’ecologia[7].

10. Nell’abbigliamento, i turisti di spiaggia tendono a utilizzare il minor numero di abiti possibile, sia dentro sia fuori dei “ressorts”. Cambiano il loro modo abituale di vestire. Ciò crea difficoltà quando visitano le chiese e i luoghi sacri. Negli alberghi, in certe aree e ristoranti, vengono poste restrizioni e non si permette loro di entrare in costume da bagno.

Anche quando prendono il sole sono il più nudi possibile, tanto gli uomini quanto le donne. A volte, possono esserci aree riservate al nudismo. Ma non è questo che predomina. Questo modo di vestire viene accettato come una cosa normale, anche dalle comunità locali, che prima si scandalizzavano e lo rifiutavano.

11. I turisti da spiaggia sono soliti chiedere agli operatori turistici e ai loro alberghi la celebrazione dell’Eucarestia domenicale, nel Natale, in quaresima e durante la Pasqua, all’interno degli stessi alberghi, come uno dei servizi da offrire loro[8].

I gestori accolgono queste richieste, ma non lo fanno sempre con lo stesso piacere né gli danno il seguito adeguato. Si nota che coloro che accettano questo servizio e lo chiedono alla Chiesa, lo fanno perché porta benefici presentarlo nel “pacchetto turistico” o per motivi di fede. Ciò dipende molto da chi è responsabile della gestione del “ressort”.

Conosco dei “ressorts” che nella loro installazione hanno incluso delle cappelle in cui si possono celebrare i sacramenti e dove i turisti si recano durante il giorno per la preghiera individuale.

12. Ci sono paesi in cui il turismo di spiaggia è contrassegnato dalla stagione. Qui l’attività turistica si concentra in certe stagioni e tempi determinati dell’anno. Ciò dà luogo a impieghi sicuri per certi periodi ma aleatori per il futuro. Inoltre, l’intensità del lavoro esige da tutti coloro che vi si dedicano, a qualsiasi livello lavorativo, degli orari che spezzano il loro ritmo di vita familiare, sociale e religiosa[9].

Nei paesi in cui il turismo di spiaggia si può fare durante tutto l’anno, il ritmo di vita dei lavoratori (inclusi i gestori, gli operatori turistici, le guide turistiche, ecc.) è ancor più perturbato; e se le spiagge non sono vicine alle città in cui vivono, ciò aggrava ancora la situazione.

In questi due tipi di paesi, c’è una domanda di servizi religiosi da parte dei lavoratori, soprattutto dei sacramenti, servizio questo che è estremamente difficile assicurare. Per questa gente è praticamente impossibile organizzare una messa domenicale regolare, perché non sempre il giorno libero di cui godono coincide con la domenica. D’altra parte, se si celebra l’Eucarestia nel “ressort”, essi non hanno il permesso di solito di assistervi, perché devono svolgere il loro lavoro.

13. Il turismo di spiaggia, anche nei paesi in cui l’industria ha basi solide, è iniziato senza una politica chiara. Esso è nato con un certo disordine. Questo stesso carattere di irresponsabilità da parte dello Stato e delle comunità locali, si ripete ora nei paesi che iniziano questo tipo di turismo, soprattutto quelli più poveri. All’inizio, si vedono solo le entrate e i vantaggi economici che esso offre, e si tralasciano altri aspetti fondamentali, quali i diritti e le leggi relative alle loro spiagge, i diritti e la protezione dei lavoratori, la difesa della cultura locale, la migrazione di massa interna di uomini e donne alla ricerca di un impiego, l’ecologia, le conseguenze negative per la famiglia e la società[10].

14. Da parte degli operatori pastorali della Chiesa c’è, normalmente e soprattutto agli inizi, più sfiducia e rifiuto verso il turismo di mare che verso il turismo culturale, ecologico o di avventura. In determinati momenti si notano maggiormente gli aspetti negativi (chiusura su se stessi, influenze nefaste sulla cultura locale, diseguaglianza tra il turista e il lavoratore, nudismo, ecc.) che i valori positivi (contemplazione di Dio nella creazione, incontro con le bellezze della natura, riposo, ricreazione, uso appropriato del tempo libero, apporti all’economia, sfruttamento delle vacanze in famiglia, ecc.). A ciò si può aggiungere, come una tela di fondo, una visione teologica o culturale che non include il riposo, la ricreazione e il tempo libero come valori cristiani e che mette in rilievo il valore della “austerità”[11].

Queste considerazioni parziali non facilitano l’impegno pastorale entusiasta di molti e ritarda l’accompagnamento sistematico della Chiesa.

15. Ciò che caratterizza il turismo di spiaggia è la facilità che esso offre per “vacanze brevi”: fine settimana, Natale, Settimana Santa, Pasqua. Soprattutto, rende possibile il “turismo interno”[12].

16. A livello globale è un’industria forte, che porta grandi profitti ai suoi operatori e beneficia economicamente i paesi in cui è presente, ma allo stesso tempo per ogni paese in particolare può essere un’industria fragile, perché nel mondo ci sono migliaia di spiagge da offrire. Esiste di fatto una grande concorrenza, a volte sleale, tra i paesi di destinazione. Lo stesso succede tra operatori e albergatori.

Tale fragilità è ben nota ai lavoratori, che cercano di proteggerla. I sindacati dei lavoratori del turismo, nelle loro rivendicazioni, raramente arrivano allo sciopero o alle dimostrazioni. Essi sanno che l’insicurezza e la mancanza di un clima di pace possono far cadere l’industria. Nelle loro esigenze, scelgono normalmente il cammino del dialogo e della negoziazione.

17. C’è la tendenza a contrapporre il turismo di spiaggia ad altri tipi di turismo, squalificandolo come "a buon mercato" e “di classe inferiore”. Esso rappresenta pur tuttavia un settore molto importante dell’industria, e la prospettiva è che sembra mantenersi così.

1.2. La crociera

18. Una nave da crociera è come una piccola città o una grande casa, in cui è possibile trovare tutti i servizi necessari per il riposo e la ricreazione, senza andare a cercarli altrove. E quindi, come il turismo di spiaggia, si resta largamente nel luogo della destinazione turistica.

19. Ma, a differenza dallo stesso turismo di spiaggia, la crociera mette maggiormente l’accento sul “turismo culturale” giacché include, come parte della sua offerta, scali in molteplici porti, paesi e luoghi di interesse storico, architettonico, religioso, ecc.

20. Anche qui l’offerta religiosa è aperta ed esplicita. Cito i seguenti testi tratti da opuscoli di una importante compagnia di crociera, dato l’apporto che possono rappresentare per la riflessione pastorale e per la conoscenza e l’analisi espressa dalla lingua impiegata a questo riguardo:

  1. In un foglietto d’informazione per il turista dal titolo “Cruise Answerbook”, leggiamo: “Religious services.Princess cruises provides catholic, jehwish, protestant services on the following religious holidays: Passover, Easter, Rosh Hashnah, Yom Kippur and Christmas.
  2. Su un altro, con maggiori dettagli, intitolato: “Onboard Information”, leggiamo: “An interdenominational service is conducted every Sunday by the ship’s staff (Captain, Cruise Director), ecc. Clergy are placed on board for the following religious holidays: Easter, Christmas, Passover, Rosh Hashnah, Yom Kippur and Hanukkah”.
  3. Si può anche offrire un programma di conferenze religiose e di “lecturers” (sic), secondo il tema o le festività di ogni credo religioso.

21. Ho avuto la seguente risposta da una laica cattolica, dirigente del Movimento dei Cursillos de Cristiandad, e proprietaria di un’agenzia di viaggi che opera crociere: “Come testimonianza personale è che posso dire che la crociera è un’esperienza straordinaria in cui ci si può riposare e allo stesso tempo conoscersi. Se, oltre a tutto ciò, si può approfittare dell’Eucaristia, come farà il gruppo di Padre X, allora sì che l’esperienza può essere considerata unica”.

II. I bisogni

Dal punto di vista pastorale, distinguiamo i seguenti bisogni nel turismo di spiaggia e di crociera:

22. Considerato che si tratta di una permanenza costante in un luogo (spiaggia, albergo o nave), non ci si può aspettare, in maniera ordinaria, che gli stessi turisti vadano a cercare, o che gli operatori offrano loro, servizi religiosi all’esterno, bensì bisogna offrirli “in situ”.

23. Per la stessa ragione, quanti operano e lavorano in questo tipo di turismo sono assorbiti dal loro lavoro e hanno bisogno di talune strutture e azioni pastorali di tipo nuovo che rispondano alle loro richieste religiose.

24. Quando cresce in maniera massiva il numero di turisti, come pure quello di coloro che lavorano sulle spiagge e sulle navi da crociera, aumenta anche il numero di coloro che possono andare come pecore senza pastore in “questo importante settore della vita sociale”[13].

25. Gli operatori dell’industria provano il bisogno della presenza della Chiesa, perché i turisti chiedono loro dei servizi e perché vedono la necessità di proteggersi dalla prostituzione sessuale.

26. Nel turismo di spiaggia, merita attenzione la presenza di numerose famiglie, come pure gli spostamenti in massa dei fine settimana o che coincidono con i nostri tempi liturgici forti.

27. Nei due casi, spiaggia e crociera, bisogna prestare attenzione al fatto che entrambi includono, in una certa misura, il “turismo culturale” di cui fa parte la visita ai luoghi sacri, durante la quale è possibile offrire loro un’attenzione pastorale ed evangelizzatrice.

28. La domanda esplicita dei lavoratori del turismo è ben più in relazione con la “pastorale sacramentale”, tuttavia salta agli occhi la necessità di un accompagnamento nell’ordine della “pastorale familiare”, della “pastorale sociale” e in alcuni casi, della “pastorale della mobilità umana” (migrazione interna).

III. Risposte pastorali

29. Non è mia intenzione, e non deve esserlo, offrire “un piano completo di pastorale del turismo di mare”, ma bensì di presentare delle proposte che derivino dagli aspetti e dai bisogni che lo caratterizzano e di cui, crediamo, bisogna tener conto.

a) Coscientizzare

30. Possiamo trovare una prima e immediata risposta pastorale, applicata al turismo di spiaggia e di crociera, nelle seguenti parole di Giovanni Paolo II in occasione della Giornata Mondiale del turismo del 2001: “invito tutti i credenti a riflettere sugli aspetti positivi e negativi del turismo, per testimoniare in modo efficace la propria fede in quest’ambito tanto importante della realtà umana”[14].

31. E’ necessario diffondere e far conoscere sempre più gli insegnamenti e le direttive della Chiesa sul turismo. L’impressione di molti è che la Chiesa abbia una posizione negativa di fronte al turismo. Tutto al contrario[15].

32. Ecco cosa scrive un laico cattolico esperto in turismo:

“Si tratta di un’azione pastorale in cui non esiste una lunga tradizione e che tende a realizzare uno sforzo sostenuto diretto a elevare il livello di informazione e di conoscenza esistente oggi sull’industria, a tutti i livelli della Chiesa. Si potrebbe dire che questa situazione è la causa più rilevante dell’azione limitata che si iscrive in questo settore pastorale.

Nel turismo, come in altri campi dell’attività economica, ci sono dei laici conosciuti dalla Chiesa, che l’animazione della pastorale del turismo potrebbe stimolare ad assumere un impegno in accordo con la loro fede.

Molti cattolici che lavorano spesso nell’industria del turismo in America Latina e nei Caraibi, quando si parla di questo tema, hanno l’impressione che le strutture ecclesiali di molti paesi della regione, chiamate a dare una risposta, non diano il seguito che l’espansione di questo settore richiede”[16].

33. In questo stesso senso, bisogna informare e educare le comunità di accoglienza di questo tipo di turismo, accompagnarle e orientarle perché possano superare gli impatti che questa attività produce su di loro, e sulle loro vite, sulla loro cultura, economia, morale e religione. Di frequente, nella pastorale organizzata del turismo, si dimenticano le comunità d’accoglienza in quanto tali, per concentrarsi sempre più sui turisti e i lavoratori del turismo[17].

b) Approccio

34. Se delle buone relazioni umane con i destinatari sono una chiave indispensabile in ogni pastorale, nella pastorale del turismo di spiaggia e di crociera sono la conditio sine qua non, come pure un approccio deciso.

A volte gli operatori e i gestori chiamano l’operatore pastorale (vescovo o sacerdote), e altre volte no. Infine, una volta stabilita la relazione e la presenza, è necessario mantenere dei rapporti regolari, poiché in questa industria ci sono continui cambiamenti di personale.

E’ indubbio che il vescovo debba essere il primo ad aprirsi al mondo del turismo e ad avvicinarlo. I sacerdoti e i laici lo seguiranno[18].

35. La porta attraverso la quale è possibile entrare con piede fermo nella pastorale del turismo di spiaggia e di crociera è la richiesta, da parte dei turisti e dei lavoratori, di un’attenzione religiosa e spirituale.

36. In questo tipo di turismo bisogna andare là dove sta la gente, e la gente è sulle spiagge e in crociera.

c) L’accoglienza

37. In ogni tipo di turismo, l’accoglienza deve essere la prima azione pastorale concreta. È, d’altra parte, l’atteggiamento fondamentale di coloro che lavorano nel turismo di spiaggia e di crociera: essere costantemente con i turisti; l'accoglienza, unita alla disponibilità e all’essere servizievoli, è decisiva nel loro lavoro. È provato che il numero di turisti, in alcune destinazioni attuali, è aumentato non soltanto per la bellezza delle sue spiagge e delle sue sabbie bianche, ma a motivo dell’atteggiamento di accoglienza della sua popolazione[19].

d) I Sacramenti nel turismo di spiaggia:

38. Il primo e più immediato servizio richiesto, tanto dai turisti quanto dai gestori e altri lavoratori di questa industria è, come è stato detto, quello dei sacramenti. I primi richiedono soprattutto l’Eucaristia, e a volte il matrimonio. I secondi normalmente i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

39. Qualche volta, l’unica domanda da parte degli operatori e l’unico incontro che avrà la comunità ad quam con i turisti, sarà la celebrazione eucaristica della domenica, di Natale e di Pasqua. Dunque, una celebrazione dell’Eucaristia festiva, degna e ben preparata, sarà il migliore apporto pastorale da offrire ai turisti nel luogo stesso in cui sono. C’è qui un ruolo di prim’ordine per una piccola équipe di laici: per la preparazione, l’accoglienza e l’animazione[20].

40. Data l’irregolarità degli orari dei lavoratori, non esiste altra risposta pastorale per loro che quella di organizzare, con loro, un piano speciale. Le strutture classiche delle parrocchie non possono rispondere alle loro domande e ai loro bisogni. Bisogna creare dei centri specializzati. Le comunità di religiosi o di laici possono offrire magnificamente un tale servizio. Là essi potranno trovare accoglienza, catechesi, preparazione ai sacramenti, facilità per la celebrazione ed essere in un certo modo seguiti[21].

41. Ecco l’opinione di qualcuno che conosce a fondo questa realtà: “Oggi come oggi, soprattutto nei nostri popoli poveri in cui la gente tiene all’impiego che non vuole perdere, ritengo che l’unica soluzione affinché i lavoratore del turismo di mare non perdano l’abitudine e il gusto di avvicinarsi all’Eucaristia in un giorno fisso, sia di promuovere tra di loro il gusto per questi incontri speciali con il Signore nell’Eucaristia nei giorni in cui sono liberi, qualunque siano. Ciò vuol dire darsi come un obbligo personale: la prossima volta che andrò a messa sarà il primo giorno libero in cui sarà possibile avere una messa”[22].

e) Pastorale sociale

42. Benché alcuni lavoratori dell’industria del turismo di spiaggia migliorino la loro condizione economica, l’azione della Chiesa che li accompagna deve consistere nell’organizzare una pastorale sociale soprattutto per quanto riguarda la difesa dei loro diritti, come quello di poter assistere alla messa domenicale, l’alloggio e i servizi di base, se i contrasti tra il luogo di lavoro e l’ “habitat” personale e familiare sono molto grandi[23]. Bisogna dire tuttavia che soprattutto nei nostri paesi poveri, la ribellione di fronte a questo contrasto non è necessariamente evidente, perché c’è il sogno e la speranza di migliorare la qualità di vita con migliori entrate economiche. Il pericolo è che questo sogno e questa speranza siano frustrati.

f) Sulle navi da crociera

43. Sulle navi da crociera, si possono offrire i servizi voluti, cercati o permessi normalmente:

  • presenza continua di un sacerdote, come cappellano, guida spirituale
  • Eucaristia quotidiana o domenicale
  • Celebrazioni dei tempi liturgici forti della Chiesa (Natale, Pasqua) o altre molto popolari
  • Offerta di conferenze, riunioni di preghiera (sullo stile del rinnovamento carismatico) che possono essere presiedute da laici
  • Celebrazioni della Parola accompagnate dalla comunione, che possono essere animate da ministri della parola e/o ministri straordinari dell’Eucaristia, preparati a questo servizio[24].

44. Data l’apertura delle crociere e la scarsità di sacerdoti in taluni ambienti, è necessario riflettere seriamente sui servizi che possono assumere i laici e affidarli loro formalmente.

45. Spetta alle chiese da cui partono queste navi assumere tali azioni pastorali. Contrariamente al turismo di spiaggia, tocca alle chiese in cui arrivano i turisti assumerne la responsabilità pastorale.

46. Per quanto riguarda gli operatori e quanti lavorano nelle crociere, è necessario fare con loro un piano di pastorale adattato alle loro necessità, così come bisogna farlo con gli stessi gruppi nel turismo di spiaggia.

47. Per quanto riguarda i marittimi in quanto tali delle navi da crociera, l’opera dell’Apostolato del Mare ha i propri servizi e iniziative per loro.

48. Mi viene da pensare (se già non si fa e io non ne ho notizia) che la vasta esperienza dell’Apostolato del Mare può illuminare in maniera benefica il turismo di crociera, perché questo Apostolato ha per le navi molti programmi che potrebbero essere applicati molto bene, a mio modo di vedere, alle navi da crociera. Mi sembra particolarmente illuminante il Titolo III: il Cappellano dell’Opera dell’Apostolato del Mare, della Lettera Apostolica Motu Proprio sull’Apostolato marittimo di Giovanni Paolo II (31 gennaio 1997). Penso che ciò che vi viene detto, “mutatis mutandis”, possa essere valido per la pastorale delle navi da crociera.

g) Apostolato dei laici

In altri sottotitoli abbiamo fatto riferimento ai laici. Ora segnaliamo le azioni che seguono:

49. Tanto nel turismo di spiaggia quanto in quello di crociera, le persone alle quali il vescovo ha affidato questa pastorale, devono identificare coloro che in questi luoghi, operatori o lavoratori, hanno un impegno di fede cristiana, in particolare coloro che fanno prova di qualità di leadership e accompagnarli in modo particolare, per assumere un apostolato dall’interno[25]. Certamente non è facile realizzare questo sondaggio. Ma la “Pastorale del Turismo deve essere una pastorale che non si accontenta di azioni facili e immediate …”[26].

50. Un altro lavoro pastorale necessario è quello di andare verso tutti i gruppi, tutte le organizzazioni o i sindacati che non lavorano direttamente sulle spiagge o sulle navi da crociera, ma che vivono economicamente di questa industria. Sono i lavoratori indiretti: trasportatori, guide turistiche, venditori, ecc. I movimenti apostolici di laici hanno una missione e un compito da realizzare in questi ambienti.

51. Per quanto riguarda l’apostolato dei laici, gli “Orientamenti per la Pastorale del Turismo” forniscono indicazioni molto interessanti, che sono del tutto applicabili nel turismo di mare. Notiamo le seguenti, in cui appaiono esplicitamente diversi servizi pastorali propri dei laici:

  1. “Il turismo familiare offre ai genitori un’occasione preziosa per assolvere al ruolo di catechisti dei loro figli attraverso il dialogo e l’esempio. Fare turismo in famiglia è una eccezionale opportunità di arricchimento della persona nella cultura della vita, nel rispetto dei valori morali e culturali e nella salvaguardia del creato”[27].
  2. “Meritano di essere menzionati, in primo luogo, i viaggi di gruppi di adolescenti e di giovani, generalmente nel quadro della loro formazione scolastica. Gli organizzatori di tali viaggi, in particolare quelli che appartengono al settore dell’educazione di ispirazione cristiana o a simili organizzazioni formative, devono sforzarsi di offrire le condizioni necessarie per rendere tali esperienze di viaggio occasione per i giovani di approfondimento della loro fede.”[28]
  3. “I criteri morali e cristiani che devono ispirare la promozione del turismo troveranno un’efficace applicazione se vi sarà la necessaria collaborazione tra gli operatori, i responsabili politici e i rappresentanti della comunità locale. Per l’operatore turistico cristiano, questa collaborazione costituisce un’occasione di testimonianza, di comunione e di annuncio del Regno di Dio nella giustizia e nella fraternità[29]
  4. “Il servizio che i promotori prestano ai turisti, coincide ovviamente con la virtù cristiana della carità che si esercita nel dare un consiglio appropriato, nel condividere le difficoltà e le gioie del cammino. I promotori cristiani, quindi, dovranno distinguersi per la rettitudine e il rispetto con cui presentano i luoghi di significato religioso e avranno cura di includere e menzionare nei loro programmi l’attenzione prevista per le eventuali esigenze proprie di ciascuna religione.”[30]
  5. “Quando le guide presentano ai turisti luoghi, monumenti o avvenimenti di carattere religioso, devono farlo con consapevole competenza, del tutto coscienti di essere in qualche modo dei veri evangelizzatori, commisurando sempre prudenza e rispetto.”[31]
  6. “Le iniziative pastorali che si riferiscono alle guide possono aprirsi ugualmente alla categoria degli “animatori”, che continuano ad aumentare numericamente e sono sempre più presenti nella giornata dei turisti. Nelle loro mani si trova in buona parte la chiave che permetterà di trasformare il tempo libero in uno spazio significativo, di sano divertimento e di crescita umana e spirituale”[32]
  7. “Coloro che promuovono il turismo e coloro che vi lavorano rivestono un ruolo specifico nell’accoglienza dei visitatori, anzi ne sono, in qualche modo, i primi protagonisti. Per il loro lavoro sono direttamente a contatto con i visitatori e sono i primi a conoscere le loro attese e le loro eventuali delusioni; spesso ne diventano i confidenti e possono fungere da consiglieri e da guide.”[33]
  8. “Il cristiano che esercita la sua professione nel turismo, scopre in questa situazione di avere una grande responsabilità. Dalla sua onestà professionale e dal suo impegno cristiano dipende la riuscita del soggiorno del visitatore sia sul piano umano che spirituale”[34]
  9. “Questo reciproco servizio della Chiesa e della società viene realizzato anzitutto attraverso la missione specifica dei laici. Per questo, la pastorale del turismo deve instaurare e incoraggiare una collaborazione con le amministrazioni pubbliche, le organizzazioni professionali e altre associazioni che lavorano nel turismo, affinché si possa diffondere la visione cristiana del turismo e sviluppare ‘la possibilità implicita di un nuovo umanesimo’ nel turismo”[35].

Nell’ambito diocesano viene richiesto di:

  1. “Promuovere la formazione di gruppi e associazioni, come pure la collaborazione di volontari, per la gestione del patrimonio della Chiesa aperto ai visitatori e per l’accoglienza dei turisti, in modo da poter offrire orari di apertura sufficientemente ampi”[36].

Tra le azioni concrete che si possono intraprendere nelle parrocchie, vengono proposte le seguenti:

  1. “Promuovere, accogliere e stimolare l’azione dei gruppi di apostolato dedicati in particolare alle persone che vivono e lavorano nel settore del turismo, anche quando questi ambiti non si trovano nella parrocchia stessa”[37].
  2. “Formare un gruppo permanente di laici per studiare e proporre le azioni pastorali da intraprendere nel campo del turismo”[38].

h) Luoghi sacri

52. Bisogna sempre ricordare che tanto il turismo di spiaggia quanto il turismo di crociera hanno una parte di turismo culturale, in cui è inclusa la visita ai luoghi sacri.

E’ importante ugualmente ricordare che non bisognerà ridurre la visita ai nostri santuari, chiese o altri luoghi, all’aspetto puramente storico o archeologico. Si tratta certamente di un momento evangelizzatore. Laici accuratamente preparati al riguardo potranno molto bene guidare queste visite con un senso evangelizzatore. Bisognerà vegliare a non lasciare la condotta di queste visite nelle mani di una qualsiasi guida, benché professionale[39].

i) Coscienza missionaria

53. La vocazione missionaria della Chiesa, pertanto, rende urgente tutta la pastorale del turismo. Questo appella alla missione acquista forza e significato nel turismo di spiagga e di crociera: bisogna andare verso di loro e uscire al loro incontro.

“Soprattutto nei luoghi a forte ocncentrazione turistica, la comunità cristiana deve prendere coscienza di essere ‘per sua natura missionaria’ e annunciare il Vangelo con coraggio, generosità e rispetto … ”[40].

Conclusione

54. Vorrei ripetere che questo mio intervento, più che offrire un piano completo, cerca anzitutto di aprire la strada ad una riflessione più approfondita, affinché il nostro ministero pastorale, relativo al turismo del mare, sia sempre più incarnato secondo i suoi aspetti specifici, scoprendo allo stesso tempo ciò che ha in comune con gli altri tipi di turismo e le loro caratteristiche proprie.

55. Per concludere, tuttavia, vorrei sottolineare l’importanza dell’apporto e della luce che gli “Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, pubblicati nel mese di giugno di quest’anno dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, rappresentano per la “problematica del turismo di mare”.

Nella redazione di questo testo ho proceduto secondo il seguente metodo: individuato un aspetto, un bisogno o una risposta pastorale per il tema specifico del turismo di spiaggia e di crociera, sono ricorso agli “Orientamenti” citati per cercarvi una conferma o un arricchimento. Devo confessare che è stato meraviglioso constatare come i suddetti orientamenti possano aprire orizzonti, mettere in questione e arricchire i dati delle realtà pastorali concrete nel campo del turismo.


Note:
[1]Cfr. sul turismo e il tempo libero, Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti “Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, n.3b, 6 e 7. Nota: questo Documento sarà d’ora in poi citato con il solo titolo.
[2]Gioia Francesco, S.E.Mons., “Il turismo, strumento d’evangelizzazione” in “Messaggio di Giovanni Paolo II”, 22a Giornata Mondiale del Turismo 2001, p. 16.
[3]Cfr. sul turismo in famiglia “Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, n. 23.
[4]Hamao Stephen Fumio, S.,E.Mons., “Imparare a viaggiare”, Messaggio di Giovanni Paolo II, 22a Giornata Mondiale del Turismo, 2001, p. 11.
[5]Cfr. sul turismo culturale, “Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, n. 9.
[6]Mons. Hamao, op. cit., p. 11
[7]Cfr su turismo ed ecologia “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 8
[8]Cfr. sul diritto dei cristiani a disporre delle condizioni necessarie per la pratica della loro fede “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n.22
[9]Cfr. su turismo e realtà dei lavoratori “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 11a e 11b.
[10]Cfr. su turismo e corresponsabilità “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n.12
[11]Cfr. su turismo e teologia “Orientamenti per la pastorale del turismo”, nn. 14-17
[12]Cfr. su turismo interno e fine settimana “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 10b
[13]Giovanni Paolo II, “Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo” 2001, p. 1. In questo stesso messaggio, il Papa chiama il turismo “ambito tanto importante della realtà umana”, n. 4 e “ fondamentale ambito dell’umana attività”, n. 5.
[14]Giovanni Paolo II, op.cit., n. 4.
[15]Cfr. “Orientamenti per la pastorali del turismo”, n. 1.
[16]Cedeno Manuel Quiterio, “Lo sviluppo turistico e le sfide pastorali in America Latina e nei Caraibi”, in CELAM, “Dalla bellezza alla pienezza. La Pastorale del turismo alle soglie del Terzo Millennio”, Bogotà, 1999, n. 13.
[17]Cfr. su turismo e comunità di accoglienza, “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 9c, 8c, 34a, 35a e b.
[18]Cfr. sui rapporti tra turismo e Chiesa nella società, “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 30
[19]Cfr. su turismo e accoglienza, “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 19, 29a, 34,5, 35a.
[20]Cfr. su turismo e pastorale dell’Eucaristia in “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 19b, c, d e e.
[21]Cfr. su turismo e pastorale dei lavoratori di questo settore, “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 29, 34, 7; 35.6, n. 29.
[22]Cfr. Cedeno Manuel Quiterio, “Risposte pastorali alla realtà del turismo in America Latina e nei Caraibi”, 2001, inedito
[23]Cfr. su turismo e realtà sociale dei lavoratori di questo settore “Orientamenti per la pastorale del turismo”, n.12c, 25.
[24]Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Motu Proprio Stella Maris sull’apostolato marittimo, Tit.III, IV, par. 5.
[25]Cfr. Idem, Tit.III, IV, par. 4.
[26]Hamao Stephn Fumio, S.E.Mons., op.cit.
[27]“Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, 23b.
[28]Ibid 24b.
[29]Ibid 26d.
[30]Ibid 27b.
[31]Ibid 28c.
[32]Ibid 28d.
[33]Ibid 29a.
[34]Ibid 29b.
[35]Ibid 30b.
[36]Ibid 34.6
[37]Ibid 35.3.
[38]Ibid 35.4.
[39]Cfr. su turismo e visita ai luoghi sacri “Orientamenti per la pastorale del turismo”, 20c, 21, 28c, 33.5, 34.6.
[40]“Orientamenti per la pastorale del turismo”, n. 20b
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