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Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

Presentazione del Messaggio del Santo Padre

per la 89ª Giornata Mondiale

del Migrante e del Rifugiato del 2003    

ACCOGLIENZA  DEGLI  IMMIGRATI

Rev.do P. Michael BLUME, S.V.D.

Sottosegretario del Pontificio Cgonsiglio

1. Il termine "accoglienza" -- in senso di una "spiritualità" d'accoglienza -- è certamente la chiave di volta del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale per i Migranti e i Profughi del 2003. L'accoglienza degli immigrati è considerata  infatti atteggiamento cristiano per eccellenza, con cui si accoglie Cristo stesso nello straniero e che si contrappone  a tutte le forme di razzismo e xenofobia, le quali si verificano nelle nostre società.  EÂ’ una accoglienza, dunque, legata a concreti "programmi di solidarietà" e a un "servizio  pratico" agli immigrati e ai profughi.

Le attuali  migrazioni non sono un fenomeno marginale, che esige solo risposte di emergenza, ma risultano essere un fenomeno strutturale, che coinvolge moltissime nazioni e incide profondamente nella vita sociale, culturale e religiosa degli Stati  di partenza e di arrivo.

Di fronte a questa realtà come dobbiamo reagire?  La storia delle migrazioni moderne ci mostra che anche nel XIX secolo la Chiesa - afferma il Papa - rispose allora con una azione a vasto raggio, di persone che avevano intuito la portata storica del fenomeno: pensiamo a Santa Francesca Saverio Cabrini, che con una congregazione religiosa, fondò numerose scuole, orfanotrofi, laboratori, ospedali; pensiamo al Beato Vescovo Scalabrini, che pure istituì due Congregazioni religiose per l'assistenza ai migranti. Egli mandò i suoi missionari nei principali porti, sia in Italia,  (per proteggerli dai  trafficanti di esseri umani) sia nelle Americhe (per accoglierli al loro arrivo e per una prima sistemazione nel nuovo ambiente). Scalabrini fondò accanto alla chiesa, scuole per i figli dei migranti, elaborò addirittura uno schema di quella che diventerà in effetti la prima legge sull'emigrazione del Governo italiano.

Orbene il Messaggio pontificio ricorda questi due personaggi per farne fonte di ispirazione, come anche, a livello istituzionale, due organismi internazionali:  l'agenzia cattolica "Caritas" e  la Commissione Cattolica Internazionale delle Migrazioni. Essi sono oggigiorno particolarmente benemeriti nell'assistenza ai migranti in tutto il mondo.

2. E noi  in che modo dobbiamo agire per accogliere i migranti, per rispondere alla  istanza fondamentale del Vangelo: "Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio" ? (Rom.15,7).

-  In effetti il semplice appello all'accoglienza, per quanto altamente ispirato, non dà una automatica, concreta, risposta a quanto ci assilla giorno per giorno, voglio dire alla diffusa paura e al senso di insicurezza della gente, al doveroso rispetto della legalità, alla salvaguardia dell'identità del Paese di arrivo. Ma lo spirito autenticamente cristiano di accoglienza darà stile e coraggio nell'affrontare questi problemi e ci suggerirà in nuce i modi concreti con cui, nella vita quotidiana delle nostre comunità cristiane, e come società civile,  siamo chiamati a realizzarli, nel rispetto pure delle necessarie e legittime mediazioni politiche e governative

-  Così le comunità cristiane dei Paesi di accoglienza affrontano la sfida

    *  di far conoscere i complessi problemi delle migrazioni e contrastare sospetti infondati e pregiudizi verso gli stranieri;

    * di illustrare,  nell'insegnamento della religione, nella catechesi e nella celebrazione liturgica, i problemi dei migranti e di richiamare i fedeli a precise forme di accoglienza verso tutti, specialmente verso i più poveri ed emarginati;

   * di promuovere gli interventi cosiddetti "di prima accoglienza", in risposta alle emergenze che il movimento migratorio porta con sé: alloggio, mensa, ambulatori medici, aiuti economici, centri di ascolto, corsi di lingua e di alfabetizzazione;

   *  di facilitare gli interventi "di seconda accoglienza" finalizzati alla progressiva inserzione dello straniero nella società di arrivo, cioè i ricongiungimenti familiari, l'educazione dei figli, l'alloggio definitivo, il posto di lavoro, la presenza e partecipazione nell' associazionismo, la promozione dei diritti civili;

   *  di incoraggiare le organizzazioni religiose, socio-caritative e culturali di ispirazione cristiana a coinvolgere gli immigrati nelle loro stesse strutture, oltre che essere al loro servizio.

3.  Benché vi siano molti problemi che i migranti devono affrontare nella società di arrivo, non vogliamo dimenticare le difficoltà che sorgono, per diversi motivi, in queste stesse società, anche fra i credenti cristiani. Le retoriche anti-razziste hanno i loro limiti e non possono essere il centro di un approccio pastorale. I credenti stessi sono spesso profondamente turbati a causa delle nuove situazioni multiculturali create dalle migrazioni. Mentre desiderano seguire Cristo, questo ambiente lo rende più difficile. Alcuni di loro sono vittime delle disinformazioni o sperimentano qualche nostalgia del passato. Altri si sentono minacciati dalla perdita del lavoro o da altre insicurezze.

Quale che possa essere la causa del loro disagio, queste persone hanno anche diritto alla nostra attenzione pastorale. Questa comprende l'ascolto paziente delle loro lamentele e la conoscenza delle azioni, dei programmi, della preghiera che testimoniano e aiutano la comunità cristiana a "scommettere sulla carità" (NMI, 49).  EÂ’ questo che erode la xenofobia e le sue manifestazioni più dure nel razzismo.

4. La migrazione mette in luce la necessità di operare una trasformazione delle istituzioni e delle persone. Che trasformazione?  Per noi cristiani è il risultato della quotidiana conversione a Cristo. Egli ci evangelizza a una pedagogia dell'accoglienza. Essere radicato in Cristo è ciò che permette alle singole culture di essere liberate dalla tendenza di pensare solo a se stesse e di discernere nella gente di altre culture la mano di Dio. Ecco quanto ci permette di superare una mera vicinanza geografica di stranieri con i residenti più stabili del Paese di accoglienza.  Ed ecco ciò che permette ai migranti – specialmente ai cristiani – di dare il loro contributo alla società di arrivo.  E' un processo che passa per diverse tappe: dalla tolleranza al rispetto e a una autentica "interculturalità". Questo è possibile solo là dove la grazia redentrice di Cristo è vittoriosa trasformando l'egoismo in altruismo, la paura in accoglienza e il rigetto nella solidarietà. Così la Chiesa ha un contributo indispensabile da offrire tramite il suo insegnamento e la sua testimonianza.

5. Vorrei qui concludere citando un precedente appello del S. Padre: "Promuovendo la reciproca conoscenza e la collaborazione internazionale, l'odierna mobilità umana spinge dunque verso l'unità e consolida quel rapporto di fraternità tra i popoli, per cui ciascuno dà e riceve simultaneamente dall'altro. Entro questo quadro di più intensi e frequenti rapporti, gli uomini e le donne vedono oggi  schiudersi prospettive nuove proprio in ordine a quel settore verso cui sembra  dirigersi il loro impegno: la costituzione di una società capace di applicare il principio dell'interdipendenza e della solidarietà nella soluzione dei gravi problemi internazionali". (Messaggio di Giovanni Paolo II,  in occasione della Giornata Mondiale dei migranti e rifugiati, 1989, n. 5).

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