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 Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

 

Ecoturismo,

chiave dello sviluppo sostenibile*

 

Mons. Jordi GAYÀ

Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

Vi  porto anzitutto il saluto e l’incoraggiamento nel vostro impegno pastorale o professionale da parte del nostro Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti.

L’occasione che ci vede riuniti traduce, in modo eloquente, la dimensione che il turismo ha raggiunto nel mondo di oggi. Secondo le statistiche del 2002 dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, il numero dei turisti internazionali ha raggiunto i 715 milioni, cifra che rappresenta una crescita modesta, ma molto significativa. Nel continuo succedersi di crisi economiche e politiche, localizzate più o meno a livello globale, si conferma ancora una volta la tesi secondo la quale il turismo è estremamente sensibile nel reagire immediatamente a queste difficoltà, ma ugualmente resistente a lungo termine, dimostrando un’efficacissima strategia di adattamento. Lo aiuta, senza dubbio, il muoversi, per sua natura, in un sistema economico e sociale globalizzato, come quello che, in definitiva, sta dominando il pianeta. E lo sostiene anche il fatto di rappresentare la soddisfazione di un desiderio, quando non di molti desideri, che muovono il cuore dell’uomo.

Questi due fattori, l’inclusione del turismo nel processo economico di globalizzazione e la sua relazione diretta con le motivazioni della condotta delle persone, evidenziano una natura ambivalente del turismo, riconosciuta, in un modo o nell’altro, praticamente fin dai suoi inizi. Bene e male, valori positivi e valori negativi, hanno accompagnato, come in ogni altra opera umana, la realtà del turismo nel corso della sua storia. Riscontrati e analizzati, questi valori sono serviti per proporre azioni correttive, educative, ove necessario, e nuovi modelli più adeguati alle motivazioni dei turisti che, poco a poco, sono diventati meglio informati, più esigenti e più responsabili.

Si tratta di un processo che, possiamo dire, si è andato sviluppando in mezzo secolo, dagli anni cioè dell’esplosione del turismo di massa, fino all’incorporazione del turismo nell’elenco delle attività normali della vita dei cittadini dei Paesi industrializzati. Certo, non possiamo dimenticare che, anche in questi Paesi, esistono molte persone che sono prive di queste possibilità e che, in altri luoghi, pochissimi sono coloro che possono concedersi un periodo di vacanze. In ogni caso, tutti i Paesi sono, in qualche modo, implicati nel fenomeno mondiale del turismo, sia dal punto di vista dell’esportazione che dell’importazione.

La Chiesa ha seguito con preoccupazione pastorale il vasto processo dello sviluppo turistico, percependo, fin dal primo momento, che esso costituiva una sfida importante per la sua missione evangelizzatrice, e che introduceva chiare esigenze di rinnovamento. Lo testimoniava già il Papa Giovanni XXIII rivolgendosi, con parole cordiali, ai sacerdoti che lavoravano nei centri turistici: “Moltiplicate gli incontri, e andate a trovare le pecorelle quasi ovunque. Quel quasi è detto di proposito. Pensiamo, infatti, che la prudenza deve suggerire molti riguardi circa l’opportunità di portare la parola di Dio indiscriminatamente in ogni ambiente”[1]. Dopo di lui, Paolo VI continuava lo stesso pensiero: “La Chiesa non può, dunque, e non deve disinteressarsi di un fenomeno di tale ampiezza e di tanta complessità; essa sa che il Turismo impone alla cura pastorale di non fermarsi sulle posizioni tradizionali, ma di creare nuove forme, che rispondano all’ansia apostolica, comunicata alla chiesa dallo stesso Salvatore divino”[2]. Permettetemi di ricordare altre parole, sempre di Paolo VI, che ben rappresentano l’impegno della Chiesa nella sua attenzione nei confronti del fenomeno turistico. Il Pontefice  rivolgeva le seguenti parole al II Convegno Italiano “La Pastorale del Turismo”: “Già il naturale sviluppo del fenomeno turistico ha potuto in tre anni presentare nuove esigenze, o per lo meno dimostrare sempre più pressanti e indilazionabili quelle che esso ha presentato fin dal suo primo spandersi, richiedendo in termini inconsueti, sorprendenti, perfino perentori, che la cura d’anime sia più metodicamente organizzata, e provveda a dare quelle soluzioni, che non siano solo palliativi estemporanei, ma determinanti contributi ai reali bisogni”[3].

Ho ritenuto opportuno ricordare questi interventi pontifici per mostrare come l’attenzione della Chiesa nei confronti del fenomeno turistico sia stata, negli ultimi decenni, intensa e, vorrei dire, anche esemplare. La Chiesa, che riconosce in questo fenomeno un “segno dei tempi”[4], si è posta di fronte al turismo in un atteggiamento di apertura, analizzando con rigore i fatti, discernendo i valori che sorgevano dalla pratica del turismo, sostenendo con decisione tutto ciò che contribuisce al bene delle persone e della società, illuminando con la luce del Vangelo i cristiani: turisti, comunità di accoglienza, operatori o lavoratori dell’industria turistica.

È questo l’ambito in cui si colloca il Messaggio di Giovanni Paolo II “Ecoturismo, chiave dello sviluppo sostenibile”, pubblicato lo scorso mese di giugno. Accogliendo il tema indicato dall’Organizzazione Mondiale del Turismo per la Giornata del 2002, il Santo Padre offre una riflessione profonda e illuminante su uno dei temi centrali del dibattito attuale sul turismo, presentato anche nell’ultimo numero di “People on the Move”, con due interventi del Presidente e del Segretario del Pontificio Consiglio.

Prima di passare a commentare il Messaggio del Papa, farò un breve riferimento a tale dibattito.

Turismo, Ecologia, Sviluppo sostenibile

La celebrazione, nel 2002, dell’Anno Internazionale dell’Ecoturismo ha rappresentato il punto di arrivo di una presa di coscienza da parte di tutti gli operatori turistici, una presa di coscienza, occorre aggiungere, non priva di perplessità da parte di molti interessati. Nel contesto di una coscienza ecologica generalizzata, anche il turismo ha dovuto analizzare molti suoi obiettivi e pratiche, che, nel passato, sono stati decisamente antiecologici. In un tragico paradosso, il turismo, che vive fondamentalmente delle risorse offerte dalla natura, è stato molte volte il principale distruttore dell’ambiente.

Il boom del turismo di massa ha favorito, in modo particolare, uno sfruttamento incontrollato del territorio, delle spiagge o delle risorse idriche, con conseguenze irreparabili in determinati luoghi. Situazioni molto simili si sono ripetute anni dopo quando il turismo si è aperto a destinazioni situate in Paesi in via di sviluppo, in regioni ad alto rischio ecologico, come piccole isole, o anche in aree dichiarate protette.

L’esigenza di attenersi a criteri ecologici si è fatta strada anche nel turismo, nella misura in cui cresceva la preoccupazione sociale per l’equilibrio ambientale. Ciò malgrado, nell’emblematica Agenda 21, adottata nel Summit di Rio nel 1992, il turismo era menzionato solo molto di sfuggita. Furono necessarie pressioni ed iniziative successive perché, nello sviluppo susseguente, il turismo fosse chiamato in causa e fosse valorizzato il suo ruolo, sulla base dell’importanza capitale acquisita come punta di spicco dell’economia mondiale.

Nel 1999, la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, affrontò il tema in una sessione su “Turismo e sviluppo sostenibile”[5]. Il rapporto mise in rilievo la gravità di molte situazioni provocate dal turismo, arrivando a stabilire che l’impatto ambientale che il turismo comporta è “in generale” avverso, e che anche nuove modalità, come l’ecoturismo, non sempre riescono a correggere tali effetti. “La sfida centrale dell’industria turistica – si diceva – consiste nel trasformare se stessa, in tutte le sue forme, in un’attività sostenibile, riorientando la sua filosofia, la sua pratica e la sua etica alla promozione dello sviluppo sostenibile”.

Sulla base dei parametri segnalati da questo e da altri documenti analoghi, si è giunti alla redazione del “Codice Etico Mondiale per il Turismo”, approvato dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione Mondiale del Turismo il 1° ottobre 1999, a Santiago del Cile[6]. Più recentemente, nell’agosto 2002, in occasione del Summit di Johannesburg, è stata adottata una Dichiarazione in cui si sintetizzano i criteri di un “turismo responsabile nelle destinazioni”[7]. I termini vengono a riassumere le linee di forza della riflessione antecedente e possono servirci per una definizione del turismo responsabile, che come termine sarebbe più adeguato di quello di turismo sostenibile, e che sta a indicare in quale maniera specifica il turismo contribuisce allo sviluppo sostenibile. Il testo della Dichiarazione recita:

“Il turismo responsabile ha le seguenti caratteristiche:

  • riduce gli impatti economici, ambientali e sociali negativi;

  • produce maggiori benefici economici per la popolazione locale e contribuisce al benessere delle comunità di accoglienza, offrendo migliori condizioni di lavoro e di accesso all’industria;

  • coinvolge la popolazione locale nelle decisioni che riguardano le sue condizioni di vita e il suo futuro;

  • contribuisce positivamente alla conservazione dell’eredità naturale e culturale, e della diversità nel mondo;

  • offre un’esperienza più soddisfacente per i turisti attraverso relazioni più cordiali con la popolazione locale, una maggiore conoscenza della cultura locale e dei suoi problemi sociali e ambientali;

  • fornisce l’accesso alle persone con limitazioni fisiche;

  • si mostra sensibile alla cultura, genera rispetto tra i turisti e gli ospiti, e coadiuva a rafforzare l’autostima nella popolazione locale”.

Forse, la caratteristica più rilevante della Dichiarazione è la centralità in cui si colloca la comunità locale ricettiva del turismo. Il fatto riflette una linea di fondo che ha stimolato la riflessione della comunità internazionale sullo sviluppo sostenibile dando il via al programma decennale di “sradicamento della povertà”. Nella Dichiarazione si menziona esplicitamente “l’adozione di strategie a favore dei poveri (pro-poor strategies)”.

Le Nazioni Unite, in effetti, nella loro Assemblea Generale del 1995[8], dichiararono come decennio “per lo sradicamento della povertà” gli anni 1997-2006, proponendo come obiettivo quello di “sradicare la povertà assoluta e ridurre sostanzialmente la povertà nel mondo”. Tuttavia, la situazione estremamente grave ha mostrato che questi obiettivi erano troppo ambiziosi. Ora la meta proposta è la riduzione della metà della povertà e della fame nel mondo, segnalando come termine il 2015.

In questo contesto, un criterio di sostenibilità centrato, in maniera predominante, sulla comunità locale ricevente, come si è andato profilando nei documenti più recenti sul turismo, doveva necessariamente tener conto del ruolo che questo fenomeno gioca nei Paesi più poveri. Le statistiche ci dicono che l’80% della popolazione povera del mondo si concentra in dodici Paesi, in undici dei quali il turismo rappresenta oltre il 5% delle esportazioni. Esso è, d’altra parte, la principale esportazione per un terzo dei Paesi in via di sviluppo, e occupa un posto importante nell’83 % di essi[9].

È in questa prospettiva che l’Organizzazione Mondiale del Turismo ha deciso di dedicare la Giornata Mondiale del Turismo di quest’anno al tema: “Il turismo, elemento motore nella lotta contro la povertà, nella creazione di impieghi e nell’armonia sociale”[10].

Turismo e “globalizzazione della solidarietà”

La Chiesa ha partecipato con convinzione alla lotta per un turismo più umano, riflessa nelle iniziative che abbiamo appena ricordato, cosciente delle grandi opportunità che esso racchiude, per animare un’esperienza cristiana del turismo. Dai loro primi interventi, tutti i Pontefici hanno collocato il turismo nella prospettiva del suo servizio allo sviluppo integrale della persona e dei popoli. I loro riferimenti, pertanto, consistono molte volte nell’applicare a questo settore concreto dell’attività umana le linee di principio che l’azione evangelizzatrice suscita di fronte alla realtà in mutamento del mondo contemporaneo. Temi quali lo sviluppo integrale della persona, il diritto all’identità culturale, il primato dei valori spirituali nello sviluppo economico, la responsabilità morale nella crisi ecologica, la difesa della cultura della vita o l’esigenza della solidarietà nel contesto della globalizzazione, sono presi come punti di riferimento per analizzare il turismo e per consigliare criteri d’azione pastorale.

Negli ultimi due anni, il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale del Turismo ha affrontato il rapporto del turismo con lo sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla questione ecologica. Allo stesso modo, il documento “Orientamenti per la Pastorale del Turismo”, pubblicato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti[11], si è soffermato espressamente su questi temi di maggiore attualità.

Come è comprensibile, la riflessione realizzata in questi documenti parte, fondamentalmente, da una lettura dell’insegnamento biblico sul Creato, iniziando dal racconto della Genesi e culminando con la promessa escatologica di cieli nuovi e terra nuova. In questa tensione, la riflessione sul Creato come dono di Dio all’umanità si apre all’azione del cristiano come missione pasquale di rinnovamento e liberazione[12].

Parlando ancora del turismo, occorre anche ricordare che il Creato è donato all’umanità per il suo sostentamento e il suo progresso. Donato all’umanità vuol dire considerato sempre nella sua dimensione comunitaria, che reclama la condivisione dei beni in solidarietà e responsabilità con le generazioni a venire. Proprio attraverso il turismo, il cristiano con “occhi capaci di ‘vedere’ la realtà”, si rende conto della situazione dell’umanità, “quando si ha occasione di visitare luoghi e situazioni in cui la gente vive in precarie condizioni umane e dove l’aspirazione a un equo sviluppo è seriamente minata da fattori di squilibrio ambientali e da ingiustizie strutturali”[13]. A partire da questa esperienza, dice il Papa, “scaturisce una nuova visione degli altri, che libera dal rischio di rimanere piegati su se stessi”[14]. Nel Messaggio del 2002, Giovanni Paolo II riassumeva questa prima dimensione dell’insegnamento biblico ricordando che “il creato è affidato all’uomo perché, coltivandolo e custodendolo, provveda alle sue necessità e si procuri il ‘pane quotidiano’, dono che lo stesso Padre celeste destina a tutti i suoi figli”[15].

La seconda dimensione che deriva dall’insegnamento biblico sul Creato riguarda il riposo, la lode liturgica, e si esprime in una chiamata alla contemplazione della bontà, della saggezza, della bellezza divina, e anche al riconoscimento della bellezza dell’opera dell’uomo, quando “a immagine e somiglianza” del suo Creatore sviluppa le facoltà che Egli gli ha dato. È una seconda missione: contemplativa, liturgica, profetica, perfino escatologica.

La presenza di questi aspetti è costante, e non potrebbe essere diversamente trattandosi di tempo libero, del tempo che la persona ha a disposizione per consacrarlo in modo speciale a Dio, alla sua vita spirituale, alla realizzazione dei suoi desideri più intimi. Questo è, possiamo dire, l’insegnamento che da sempre ha guidato il pensiero della Chiesa sulla pratica del tempo libero e del turismo. Già Pio XII usò una frase, ripresa poi in diverse occasioni, che ben riflette questo pensiero, indicando come le circostanze del viaggio introducano ad un “ascetismo del turismo”[16].

Nel trattare, da questa prospettiva, il tema dell’ecoturismo, si segnala anzitutto il rispetto a cui conduce la contemplazione del Creato: “Un turismo intelligente tende a valorizzare le bellezze del creato e orienta l’uomo ad accostarsi ad esse con rispetto, godendone ma senza alterarne l’equilibrio”[17]. Tale rispetto viene ad essere il motore di una “ecologia interiore”, che, come afferma il Santo Padre, “favorisce l’ ‘ecologia esteriore’, con immediate conseguenze positive non soltanto per la lotta alla povertà e alla fame degli altri, ma anche per la salute ed il benessere personali”[18]. In effetti, al centro della preoccupazione ecologica si deve situare la preoccupazione per l’ “ambiente umano che viene costantemente aggredito dallo sfruttamento, dalla povertà, dalla mancanza di educazione e di salute”[19]. Situazione alla quale, non poche volte, contribuisce la pratica di un “turismo selvaggio” che evidenzia come “l’egoistica ricerca del proprio benessere induce ad ignorare le legittime aspettative delle generazioni presenti e di quelle future”[20]. Al contrario, il turismo vissuto con criteri ecologici, aiuterà l’uomo a cambiare “seriamente il suo stile di vita”[21], a comprendere “che l’ambiente è la casa di tutti, e che pertanto i beni naturali sono destinati a quanti attualmente vi si trovano, come pure alle generazioni future”[22]. “Il turismo è – ricordava il Papa nell’anno giubilare – un’occasione di solidarietà”[23].

Nel citare espressamente l’ “ambiente umano”, si tiene conto, in special modo, della cultura tradizionale dei popoli, plasmata nel loro patrimonio culturale, nei costumi ancora vivi e nelle forme tradizionali della loro economia. Il turismo introduce alla convivenza culturale, oggi imprescindibile nelle nostre società. Il Papa lo riassumeva nel suo Messaggio del 2001 con queste parole: “Invece di chiudersi nella propria cultura, oggi più che mai i popoli sono invitati ad aprirsi agli altri popoli, confrontandosi con modi di pensare e di vivere diversi. Il turismo costituisce un’occasione favorevole per questo dialogo fra le civiltà, perché promuove l’inventario delle ricchezze specifiche che distinguono una civiltà dall’altra; favorisce il richiamo a una memoria viva della storia e delle sue tradizioni sociali, religiose e spirituali e un approfondimento reciproco delle ricchezze dell’umanità”[24]. Con accento severo, Egli esprimeva, inoltre, la propria preoccupazione per i fatti concreti in cui il turismo, “sotto la spinta del consumismo può trasformare in beni di consumo la cultura, le cerimonie religiose e le feste etniche, che si impoveriscono sempre più per rispondere ai desideri di un maggior numero di turisti”[25].

Per riassumere, la Parola di Dio sul Creato obbliga a un chiaro discernimento delle realtà del mondo del turismo. Contribuisce, inoltre, a valorizzare quegli atteggiamenti che si presentano a difesa dell’ecologia, non sempre, lo ha ricordato anche il Santo Padre, esenti dal riprodurre antiche condotte negative[26]. In definitiva, le forme del turismo, incluse quelle che rivendicano la definizione di ecologiche, dipendono, nella loro bontà, dall’opzione etica del turista. E il Papa esortava i cristiani: “facciano del turismo anche un’occasione di contemplazione e d’incontro con Dio, Creatore e Padre di tutti, e siano così corroborati nel servizio alla giustizia e alla pace in fedeltà a Colui che ha promesso cieli nuovi e terra nuova”[27].

Conclusione

Nel terminare questo mio intervento, voglio citare le parole del Direttorio Generale per la Pastorale del Turismo, documento pubblicato nel 1969, a cui accennavo all’inizio e che dicono: “E, consapevole dei molti problemi che il fenomeno [del turismo], ‘segno dei nostri tempi’, comporta sulla cura delle anime, la Chiesa rifiuta deprimenti diagnosi e vuole adottare incoraggianti rimedi, nell’intento di purificare e benedire le aspirazioni della società odierna, nonché di evangelizzarla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento”[28].

La questione ecologica, la preoccupazione per stabilire le condizioni di uno sviluppo sostenibile, l’inquietudine, in definitiva, per il futuro dell’umanità sul nostro pianeta, hanno mutato il modo di pensare ed esigono un cambiamento ancora più grande nel modo di agire. E questo si riflette anche nel turismo, sia sotto l’auspicio di un “turismo sostenibile”, che di un ecoturismo, o di altre forme che contribuiscono a fare di esso uno strumento a favore dello sviluppo dei popoli, della lotta contro la povertà o della difesa dell’identità culturale.

La Chiesa ha continuato a contemplare il turismo come “segno dei nostri tempi” e “areopago di evangelizzazione”[29], in un dialogo, direi, aperto e cordiale, con un fenomeno che si è impiantato in tutto il mondo e che deve essere al servizio di tutto il mondo. Il messaggio che scaturisce da questo dialogo merita di essere tenuto in considerazione da parte di tutti.


*Testo dell'intervento al Convegno "Ecoturismo: Incontro tra culture nel rispetto del creato" organizzato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, dall'Ufficio per la Pastorale del Turismo della Conferenza Episcopale Italiana, e dall'Ufficio per la Pastorale del Turismo della Arcidiocesi di Milano, in occasione della Borsa Internazionale del Turismo (BIT), 17 febbraio 2003.

[1] Giovanni XXIII, Discorso ai partecipanti del Convegno “Turismo e Pastorale” (19-03-1963), Discorsi, Messaggi V, pp. 127-135.

[2] Paolo VI, Discorso ai partecipanti al II Simposio Turistico promosso dal Centro Turistico Giovanile (06-06-1964), Insegnamenti II, pp. 374-377.

[3] Paolo VI, Discorso ai partecipanti al II Convegno Italiano “La Pastorale del Turismo” (29-10-1966), Insegnamenti  IV, pp. 517-520.

[4] Directorium Generale pro ministerio pastorali quoad “Turismum”, n. 1; Pontificia Commissione Migrazioni e Turismo, Chiesa e mobilità umana, Roma, 1985, p. 570.

[5] Cf. <http://www.un.org/esa/sustdev/tour2.htm> [u.c. 01/02/03]

[6] Cf. < http://www.world-tourism.org/frameset/frame_project_ethics.html> [u.c. 01/02/03]

[7] Cf. < http://www.capetourism.org/conference.asp> [u.c. 01/02/03]

[8] Cf. documentos en < http://www.un.org/esa/socdev/poverty/poverty.htm> [u.c. 01/02/03]

[9] Cf. World Tourism Organization, Tourism and poverty Alleviation, Madrid, 2002, p. 115.

[10] Tale tendenza alla riflessione sul turismo è stata plasmata nell’espressione “pro-poor tourism”, assunta come leit-motiv da alcune associazioni. Nella citata Dichiarazione di Johannesburg si parla di “pro-poor strategies”.

[11] Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Orientamenti per la Pastorale del Turismo, Città del Vaticano, 2001;(= Orientamenti).

[12] Ibid., n. 16.

[13] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo 2000 (29-07-2000), n. 5; (= Messaggio 2000).

[14] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo 2001 (09-06-2001), n. 3; (= Messaggio 2001).

[15] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo 2002 (24-06-2002), n. 1; (= Messaggio 2002).

[16] Pio XII, Discorso alle Organizzazioni del Turismo Italiano (30.03-1952), Discorsi e radiomessaggi XIV, pp. 39-45. Cf. Orientamenti, n. 22.

[17] Messaggio 2002, n. 2.

[18] Ibid., n. 3.

[19] Ibid., n. 5.

[20] Ibid., n. 2.

[21] Ibid.

[22] Ibid., n. 3.

[23] Messaggio 2000, n. 5.

[24] Messaggio 2001, n. 3.

[25] Ibid., n. 2.

[26] Cf. Messaggio 2002, n. 4.

[27] Ibid., n. 5.

[28] Cf. nota 4.

[29] Orientamenti, n. 18.

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