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Omelia del Santo Padre
 al Campo Internazionale degli Zingari

(Pomezia, 26 settembre 1965)

Presso Pomezia, vicino a Roma, Zingari ricevono la visita del Papa Paolo VI che si reca alla loro tendopoli per celebrarvi la santa Messa. Durante l'Omelia, il Papa traccia un programma di fede, di impegno e di rinascita per tutti i nomadi affratellati in Cristo.

Cari Zingari, cari Nomadi, cari Gitani, venuti da ogni parte d'Europa, a voi il Nostro saluto.

1. Il Nostro saluto a voi, pellegrini perpetui; a voi, esuli volontari; a voi, profughi sempre in cammino; a voi, viandanti senza riposo! A voi, senza casa propria, senza dimora fissa, senza patria amica, senza società pubblica! A voi, che mancate di lavoro qualificato, mancate di contatti sociali, mancate di mezzi sufficienti!
Saluto a voi, che avete scelto la vostra piccola tribù, la vostra carovana, come vostro mondo separato e segreto; a voi, che guardate il mondo con diffidenza, e con diffidenza siete da tutti guardati; a voi, che avete voluto essere forestieri sempre e dappertutto, isolati, estranei, sospinti fuori di ogni cerchio sociale; a voi, che da secoli siete in marcia, e ancora non avete fissato dove arrivare, dove rimanere!

2. Ecco: siete oggi arrivati qua; siete convenuti qua. Vi trovate fra voi, e quasi formate un popolo; vi incontrate con Noi, e vi accorgete che questo è un grande avvenimento, quasi una scoperta.
Comprendete, nomadi carissimi, il significato di questo incontro. Qui trovate un posto, una stazione, un bivacco, differente dagli accampamenti, dove di solito fanno tappa le vostre carovane: dovunque voi vi fermiate, voi siede considerati importuni e estranei; e restate timidi e timorosi; qui no; qui siete bene accolti, qui siete attesi, salutati, festeggiati. Vi capita mai questa fortuna? Qui fate un'esperienza nuova: trovate qualcuno che vi vuole bene, vi stima, vi apprezza, vi assiste. Siete mai stati salutati, durante le vostre interminabili escursioni, come fratelli? Come figli? Come cittadini eguali agli altri? Anzi come membri d'una società che non vi respinge, ma che vi accoglie, vi cura e vi onora? Che cosa significa questa novità? Dove siete arrivati?
Siete arrivati, innanzi tutto, in un mondo civile, che non vi disprezza, non vi perseguita, non vi esclude dal suo consorzio. Dovete riconoscere che la società circostante è molto cambiata da quella che qualche decennio fa vi proscrisse e vi fece tanto soffrire. Senza odio per chi verso di voi fu spietato e crudele, e fece vilmente morire tanti vostri simili. Noi diamo un pensiero di cordiale ricordo agli zingari vittime delle persecuzioni razziali, preghiamo per i vostri morti, e invochiamo da Dio per i vivi e per i defunti la pace, eterna per questi, terrena per tutti gli uomini di questo mondo. Sì, siate bravi e giusti; e riconoscete che la società oggi è migliore; e se voi preferite stare ai margini di essa, e tollerate perciò tanti fastidi, essa però offre a tutti la sua libertà, le sue leggi ed i suoi servizi.

3. Ma ciò che ora conta è una scoperta differente. Voi scoprite di non essere fuori, ma dentro un'altra società; una società visibile, ma spirituale; umana, ma religiosa; questa società, voi lo sapete, si chiama la Chiesa. Voi oggi, come forse non mai, scoprite la Chiesa. Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al cento, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa, perché siete soli: nessuno è solo nella Chiesa; siete nel cuore della Chiesa, perché siete poveri e bisognosi di assistenza, di istruzione, di aiuto; la Chiesa ama i poveri, i sofferenti, i piccoli, i diseredati, gli abbandonati.
E' qui, nella Chiesa, che voi vi accorgete d'essere non solo soci, colleghi, amici, ma fratelli; e non solo fra voi e con noi, che oggi come fratelli vi accogliamo, ma, per un certo verso, quello cristiano, fratelli con tutti gli uomini; ed è qui, nella Chiesa, che vi sentite chiamare famiglia di Dio, che conferisce ai suoi membri una dignità senza confronti, e che tutti li abilita ad essere uomini nel senso più alto e più pieno; ed essere saggi, virtuosi, onesti e buoni; cristiani in una parola.
Noi siamo lieti del titolo di Capo della santa Chiesa, che senza Nostro merito Ci è conferito, per salutarvi tutti, cari Nomadi, cari Zingari, cari pellegrini sulle strade della terra, proprio come Nostri figli; per tutti accogliervi, per tutti benedirvi.
Vorremmo che il risultato di questo eccezionale incontro fosse quello di farvi pensare alla santa Chiesa, alla quale voi appartenete; di farvela meglio conoscere, meglio apprezzare, meglio amare; e vorremmo che il risultato fosse insieme quello di svegliare in voi la coscienza di ciò che voi siete; ciascuno di voi deve dire a se stesso: io sono cristiano, io sono cattolico. E se qualcuno di voi non può dire così, perché non ha tale fortuna, sappia che la Chiesa cattolica vuol bene anche a lui, lo rispetta, lo aspetta! E voglia lui pure guardare alla Chiesa con occhio sincero e con animo buono.

4. Questa risvegliata coscienza nei confronti della Chiesa deve essere il primo effetto di questa memorabile giornata. Ma non il solo. Vi sono tante altre cose che Noi desideriamo per voi e da voi. Come quando le vostre carovane, dopo lungo e faticoso cammino, arrivano in un bel posto verde e tranquillo, vicino ad un fiume limpido e fresco, e trovano ristoro, refrigerio e letizia, così vorremmo che questo convegno fosse benefico per voi di tanti conforti spirituali: quello della pace della coscienza, quello della promessa di mantenervi bravi ed onesti, quello della preghiera semplice e profonda, quello del perdono reciproco fra di voi, se mai i vostri animi fossero divisi e ostili; e così via. Noi pensiamo che dovrebbero migliorarsi i vostri rapporti con la società, che attraversate e toccate con le vostre carovane: come voi gradite trovare ristoro e ospitalità gentile, dove vi accampate, così voi dovrete procurare di lasciare ad ogni tappa un ricordo buono e simpatico: che la vostra strada sia disseminata da esempi di bontà, di onestà, di rispetto. Forse qualificandovi meglio in qualche lavoro artigianale potrete perfezionare il vostro stile di vita a vostro e altri vantaggio. Ma più che tutto vorremmo da voi una promessa: quella di accettare l'assistenza premurosa e disinteressata dei bravi Sacerdoti e delle brave persone, che qua vi hanno condotti e che ancora vogliono guidarvi sulle vie del bene e della fede, quasi scortando appunto come padri e fratelli, i vostri interminabili itinerari. Fidatevi! Non abbiamo nulla da chiedervi, se non che voi accettiate la materna amicizia della Chiesa. Potremo fare qualche cosa per voi, per i vostri figli, per i vostri malati, per le vostre famiglie, per le vostre anime, se accorderete alla Chiesa e a chi la rappresenta la vostra fiducia.

5. E a queste stesse persone vogliamo tributare la Nostra riconoscenza ed esprimere il Nostro incoraggiamento. Ai Vescovi, che hanno cuore per questi Nostri umili figli randagi, a Mons. Bernardin Collin, Vescovo di Digne, che per incarico della Nostra Congregazione Concistoriale presiede alle opere di assistenza pastorale ai Nomadi, al bravo Padre Fleury, S.J., promotore di così benefica attività, a D. Bruno Nicolini, a D. Mario Ambrogio Riboldi, e a tutti i Sacerdoti e Religiosi e Laici che si prodigano in favore degli Zingari, sia ora per loro l'aperta voce del Nostro encomio e della Nostra gratitudine. Sono queste degne persone, che dimostrano ed esercitano la carità della Chiesa e Nostra verso la gente nomade, e che per essere ministre ad esse delle Nostre benedizioni, le meritano per sé affettuose e speciali.
Ed ora, fratelli e figli, preghiamo insieme. Il Pellegrino divino, a cui non fu né lunga né grave l'infinita via che dal cielo lo condusse in terra per farsi nostro compagno nel viaggio della vita, sta per ritornare presente, qui, fra noi e per noi, nel Sacramento dell'altare. Raccogliamo i nostri animi, riscaldiamo le nostre preghiere: Cristo è vicino. Diciamogli con la misteriosa invocazione della Bibbia: «Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20).

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