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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 85, April 2001

 

Il Tempo come Storia di Salvezza nell'opera Lucana[1]

 

Augusto BARBI
Direttore del Centro Studi Teologici di Verona

[English summary, German summary]

Luca, nella sua opera (vangelo e Atti), ha ripensato in risposta ad un bisogno di identità storico-salvifica della sua comunità, la guida divina della storia della salvezza attraverso le categorie di promesse-compimento. Distinguendo nel compimento della salvezza, il tempo di Gesù e quello della Chiesa ha potuto far risaltare la diversa modalità con cui in questi due tempi la salvezza è divenuta accessibile agli uomini. In tal modo egli ha mostrato la densità del tempo fondante di Gesù e di quello del tempo della Chiesa che noi viviamo e il loro reciproco rapporto.

Un tentativo di rilettura del valore salvifico del tempo e della storia nell’opera lucana (Luca-Atti) presuppone, come è evidente nella tradizione ebraico cristiana, che si superi una visione del tempo semplicemente cosmologica e ciclica, in cui “l’uomo è nel tempo” scandito dal fluire delle cose e segnato dalla ripetitività come nel susseguirsi del giorno e della notte e nel succedersi delle stagioni, per approdare ad una concezione più antropologica e lineare, in cui “il tempo è l’uomo” in quanto esso è segnato dalla libertà umana chiamata a compiersi nella relazione con l’altro e di conseguenza è un tempo che va dal passato al futuro attraverso il presente della decisione. Solo su questo presupposto, peraltro acquisito dalla cultura e filosofia moderna, è possibile cercare di comprendere il senso del tempo come storicità dell’uomo. Dall’altra parte occorre tenere presente come la rivelazione cristiana narra di un Dio che si è autocomunicato nella storia e, al culmine, attesta il Figlio di Dio che è divenuto nella storia fino al suo compimento nella morte-resurrezione e conseguentemente è per sempre presente alla storia dell’umanità. La libertà umana, di fronte a questa autocomunicazione storica e personale di Dio, è posta alla sua possibilità e responsabilità massima di realizzazione e di salvezza. La storia, in quanto luogo dell’incontro tra la libertà di Dio che si dona e la libertà dell’uomo chiamato e responsabilizzato ad aprirsi a questo dono, diventa storia di salvezza.

Noi presenteremo innanzi tutto i motivi per cui Luca è spinto a ripensare la storia come storia della salvezza e la diversità dei tempi che la caratterizzano. Poi, con qualche esemplificazione presa dal vangelo e dagli Atti, cercheremo di far comprendere meglio quali sono le prospettive che si aprono per il credente nel considerare il tempo che sta vivendo come grazia e responsabilità in vista della salvezza.

1. L’iniziativa divina nella storia della salvezza

Uno dei problemi più scottanti che Luca è costretto a porsi, partendo dalla particolare condizione storica che egli e la chiesa del suo tempo, vivono il problema del “tempo” e del “valore della storia”. L’epoca apostolica volge ormai alla fine. Alle spalle si delinea già una vasta esperienza di chiesa e una diffusa azione missionaria. La tensione escatologica, l’attesa per un imminente ritorno di Cristo si attenua e si apre invece la prospettiva di una lunga marcia della chiesa nella storia. In questo orizzonte, che è proprio della generazione cristiana verso la fine del tempo apostolico, si inserisce la riflessione di Luca sugli eventi di Gesù. Naturalmente questi eventi vengono ormai percepiti come storicamente lontani e d’altra parte sono essi a fondare l’attuale e la futura esperienza della chiesa dentro la storia. La problematica quindi della storia, passata presente e futura si fa particolarmente acuta e necessita di una risposta che non faccia perdere il senso dell’unicità irripetibile dell’evento di Gesù Cristo e, allo stesso tempo, renda conto della salvezza di cui la chiesa va facendo e farà esperienza. Cosciente di questo bisogno, Luca si dispone al compito di porre in evidenza il senso della storia e la sua qualità salvifica.

Non è un caso che Luca, unico tra gli evangelisti, abbia composto una seconda opera, gli Atti degli Apostoli, in cui presenta il nascere e lo svilupparsi della chiesa. Egli proietta la sua riflessione su tutta la storia che già ha avuto corso e anche su quella che ancora sta davanti. Le categorie attraverso le quali egli interpreta tutto questo volume di storia sono quelle della profezia e del compimento. Cosi la storia appare distinta in varie fasi che mostrano il progressivo compiersi di un disegno di Dio. Il centro di questa storia il suo polo di attrazione sono gli eventi compiutisi in Gesù Cristo. Proprio da Cristo riceve pieno senso il tempo della profezia che lo precede e il tempo della chiesa che segue la sua ascensione.

  • Il tempo della profezia: si rende evidente nell’opera lucana soprattutto attraverso i personaggi che animano i racconti dell’infanzia: Elisabetta, Zaccaria, Simeone, e Anna vi compaiono come figure che, animate dallo Spirito di Dio annunciano nel suo nome la salvezza che si sta per realizzare. Ma anche il Battista è visto come l’ultimo e il più grande dei profeti, incaricato di preparare le vie del Signore e di annunciarne la venuta. Inoltre anche nello svolgimento dell’evento di Cristo, la profezia è menzionata per indicarne in lui la realizzazione (cfr. 4,21; 24,25-26. 44-47). La profezia messianica è quindi, secondo Luca, l’orizzonte che continuamente mette in risalto la densità escatologica, definitiva, degli eventi di Cristo e, dall’altra parte, il compimento che si realizza in Cristo manifesta come autentica l’attesa profetico-messianica e la promessa-speranza d’Israele che Dio resuscita i morti (cfr.: At 26, 6-8).

  • Il tempo di Gesù: è il tempo in cui le promesse di Dio vanno a compimento. La realizzazione totale di queste promesse avviene nel mistero della Pasqua che si attua in Gerusalemme. A segnalare il tempo di Gesù ricorre spesso e in modo a Luca caratteristico, l’espressione “oggi”. Esso designa non lo spazio cronologico di una giornata, ma il tempo salvifico che è coestensivo alla presenza di Gesù e che si offre nelle sue parole, nei suoi gesti e nella sua persona (cfr. Lc 2,11; 4,21; 5,26; 19,5.9; 23,43). Equivalenti, nel significato, a questo “oggi” salvifico possono essere considerate le espressioni che accennano alla visita di Dio, come intervento salvifico definitivo di Dio a favore del suo popolo: cosi nel cantico di Zaccaria (1,68.78), cosi anche nel lamento di Gesù su Gerusalemme (19,42.44). Uguale significato ha “l’annodi grazia”, annunziato nella sinagoga di Nazaret (4,20).

  • Il tempo della chiesa: la salvezza realizzata da Cristo in conformità alle promesse è in questo tempo, disponibile a tutti gli uomini, fino ai confini della terra (At 1,8), attraverso l’annuncio degli apostoli, reso possibile per l’invio dello Spirito. Questo tempo non è totalmente disgiunto da quello di Cristo. Appartiene ancora infatti al tempo del compimento delle profezie che riguardano il Cristo. In rapporto a lui infatti i profeti avevano predetto non solo la passione e la resurrezione, ma anche l’annuncio della remissione dei peccati a tutte le genti (cf. Lc 24,44-47). Ora Cristo sta portando a termine nel tempo della chiesa proprio questo aspetto della profezia concernente l’universale offerta della salvezza. Cristo perciò non si è reso completamente assente con l’ascensione al cielo, ma è ancora presente e attivo nella sua chiesa, anche se in modo diverso dai suoi giorni terreni. La modalità della sua presenza e della sua offerta di salvezza si realizza ora storicamente attraverso l’azione del suo Spirito che abilita la chiesa alla testimonianza di lui nell’annuncio della Parola (cf. At 1,8; 2,4) e nei segni compiuti nel suo “nome” (cf: At 3,6), attraverso la Parola stessa in cui egli si fa presente e raggiunge salvificamente gli uomini (cf. At 3,26), attraverso la vita di quanti, facendosi discepoli, accettano di rivivere gli stessi atteggiamenti di Gesù (Stefano: cf. At 7,59-60=Lc 23,34.45; Paolo:cf. At 21,13-14=Lc22,42). La modalità dunque della presenza-azione salvifica è nel tempo della chiesa di tipo sacramentale.

Il disegno divino che guida la storia della salvezza manifesta cosi la sua continuità e il suo sviluppo. L’attesa di salvezza che Dio ha suscitato in Israele, attraverso la parola profetica e la promessa fatta ai padri, ha trovato compimento nel ministero di Gesù e, al culmine, nel suo mistero pasquale. Questa salvezza definitiva resa presente e realizzatasi in Gesù Risorto è resa per sempre disponibile a tutti nel tempo della chiesa soprattutto attraverso la sacramentalità della Parola annunciata.

2. L’incontro della salvezza nella storia

Questo disegno divino di salvezza che si realizza nella storia come “promessa profetica” e come “compimento in Cristo e nella Chiesa” determina una diversa densità del tempo in cui si dispiega e si realizza la libertà umana. Mentre nel tempo della profezia la libertà è chiamata a decidere di sé di fronte alla promessa e quindi nella forma dell’attesa e della speranza suscitata da Dio stesso, nel tempo del compimento, sia in Gesù che nella chiesa, la libertà ha il dono e la responsabilità di decidersi di fronte all’offerta definitiva della salvezza divina già presente, con modalità diverse, nella storia. Il tempo allora si fa pieno, perché definitiva e piena è l’iniziativa salvifica di Dio in Gesù e definitiva, anche se distesa nel tempo, è la risposta che la libertà umana è chiamata a dare.

Vorremmo ora esemplificare su qualche testo quale senso e quale valore abbiano l’ “oggi” di Gesù e “i giorni” della chiesa.

2.1. L’ oggi” di Gesù

Abbiamo già ricordato che Luca quando usa l’espressione “oggi” in relazione a Gesù non intende tanto indicare uno intervallo cronologico ma la presenza della salvezza divina si realizza attraverso Gesù: questo “oggi” copre tutto il tempo della presenza di Gesù tra gli uomini come tempo in cui egli offre la salvezza.

All’inizio del suo ministero, nella scena programmatica di Nazaret (Lc 4, 16-30), Gesù legge il testo composto di Is 61,1; 58,6 e proclama che esso si compie per Israele, rappresentato dai presenti nella sinagoga, nel momento in cui dà inizio alla sua attività ministeriale: egli è di fatto colui sul quale è stabilmente quello Spirito, che era sceso nel battesimo (cf. Lc 3,21-22), e perciò egli è il Messia, l’inviato di Dio, che ora annuncia la buona novella di Dio ai poveri, apre la vista dei ciechi e dona la vista della fede, libera coloro che sono oppressi dalla potenza del male e offre la remissione dei peccati. Questo suo ministero messianico-profetico è un tempo particolare perché è “l’anno accetto al Signore”, un tempo giubilare di liberazione e di salvezza. Il tempo del ministero di Gesù è dunque un tempo particolarmente denso perché attraverso la parola-azione fa irruzione nella storia la salvezza definitiva e comincia a profilarsi il mondo nuovo di Dio promesso dalla parola profetica. Quando Gesù proclamerà la “beatitudine” dei poveri, guarirà i malati liberandoli dalla potenza malefica, offrirà il perdono gratuito e incondizionato di Dio ai peccatori, si renderanno presenti attraverso di lui la salvezza e i segni del mondo rinnovato. Quanti ascoltano la sua parola, vedono i suoi segni, accolgono il suo perdono sono chiamati ad aprirsi a questo dono con la fede e la conversione: questo tempo è tempo denso di responsabilità per la libertà che ora è chiamata a decidersi per un’esistenza e un mondo quale viene prefigurato e reso presente da Gesù. Per Israele che chiuderà nell’incredulità, preannunciata dal proverbio “medico cura te stesso” (Lc 4,23) questo tempo diventa il tempo drammatico della frustrazione delle proprie speranze.

In senso contrario si presenta il percorso di Zaccheo (cf. Lc 19,1-10). Capo dei pubblicani e ricco, Zaccheo sembra rappresentare proprio coloro che avrebbero dovuto disperare della salvezza: è un uomo che sembra non avere futuro qualitativamente nuovo. Egli però lo desidera e lo intuisce possibile in un incontro con Gesù, verso il quale è mosso non da superficiale curiosità ma dall’aspirazione di conoscerne il mistero profondo: volevo vedere “chi è lui”! Il suo desiderio è cosi intenso che lo porta a superare ogni ostacolo: quello della folla ed anche quello della sua piccola statura. Ma è Gesù, alla fine, che lo incontra in piena gratuità. Quel “oggi devo fermarmi a casa tua” è significativo: in fedeltà a Dio e al suo progetto salvifico (devo) Gesù rende disponibile il suo “oggi” di novità e di salvezza proprio incontrando nella sua casa colui che non aveva futuro nuovo e speranza di salvezza. L’incontro personale con Gesù, accolto nella propria casa e nella propria vita, determina un tempo nuovo per Zaccheo che ora si decide per una esistenza qualitativamente nuova: i beni donati ai poveri, secondo le esigenze poste da Gesù, è il bisogno di ricomporre relazioni giuste con quanti aveva frodati (cf. Lc 3,15 ss.) sono l’espressione delle nuove possibilità di vita che si sono aperte per lui e del tempo qualitativamente nuovo che l’incontro con la persona di Gesù gli ha dischiuso. Quello che si determina nella relazione offerta e accolta è un “oggi” nuovo: “oggi la salvezza è entrata in questa casa”. Colui che era senza futuro e senza speranza ora partecipa del futuro e della speranza che erano state promesse in Abramo: “anche costui è figlio di Abramo”.

Questo “oggi” salvifico singolare, determinato dalla presenza di Gesù e dall’incontro con la sua parola, i suoi gesti e la sua persona di Inviato messicano, trova la sua espressione piena nella parola efficace rivolta al ladrone buono (cf. Lc 23,43): “oggi sarai con me in paradiso”. Per colui che riconosce in Gesù ingiustamente condannato e sofferente il Messia che sta per entrare nella sua gloria e che fiduciosamente lo accoglie come tale, è aperto l’oggi della salvezza definitiva.

È dunque la presenza di Gesù, Messia di Dio, accolta nella fede e capace di generare conversione che determina un tempo del tutto nuovo, un “oggi” segnato dalla definitiva disposizione di Dio nei nostri confronti, come è manifestata in Gesù, e dalla grazia-responsabilità di una risposta piena della libertà a questo dono divino che si apre in Gesù.

2.2 Gli “ultimi giorni” del tempo della chiesa

Se l’espressione lucana “oggi” delineava il tempo della presenza di Gesù tra noi, un tempo nel quale il dono definitivo della salvezza veniva attraverso la parola, i segni e la persona di Gesù ed era accessibile attraverso l’apertura fiduciale e l’incontro personale con cui lui che apriva a vita nuova, con il compimento della salvezza nella morte-resurrezione-ascensione di Gesù si apre un tempo nuovo in cui Gesù risorto non è più presente storicamente tra gli uomini. Come si qualifica tempo nuovo che si apre con l’ascensione di Gesù, tempo di assenza e di presenza del Cristo?. L’estensione e la qualità salvifica di questo tempo si delinea già nel dialogo tra Gesù egli apostoli che è presentato all’inizio degli Atti (1,3-11) e può essere approfondito attraverso ulteriori riferimenti.

Nell’istruzione che il Risorto rivolge ai suoi, egli ordina loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere “la promessa del Padre” (1,4) che viene poi esplicitata come il “battesimo in Spirito” che avverrà tra non molti giorni (1,5). Il riferimento è chiaramente alla effusione dello Spirito nel giorno imminente della Pentecoste. Questa promessa dello Spirito che, secondo la parola profetica, era atteso per il tempo finale escatologico fa nascere negli apostoli la domanda: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?” (1,6). In tale interrogativo si intravedono tre questioni: è questo il tempo della fine? Tornerà ora il Cristo a ricostituire il regno?. Questo sarà a favore di Israele?. È evidente che la speranza è proiettata sulla fine del tempo e della storia e sul compimento definitivo Regno per il popolo di Israele. Il Risorto con la sua parola (1,7-8) chiarisce queste questioni. Egli interdice innanzitutto (v.7) la conoscenza sul “quando” della parusia e del compimento del Regno, ponendola nell’esclusivo potere del Padre: egli solo guida la storia della salvezza e ne determina la fine. Successivamente egli chiarisce (1,8a) che questo tempo non è il tempo del ritorno di Cristo per la ricostituzione del Regno, ma è il tempo della venuta dello Spirito per testimonianza che la chiesa deve rendere a lui. Quello che inizia dunque è il tempo della missione ecclesiale a cui lo Spirito abilita. Infine (1,8b), mentre viene affermata la priorità di Israele nel tempo della testimonianza missionaria che sta per cominciare, viene ribadita anche la necessità storico-salvifica che essa si estenda “fino ai confini della terra” e diventi dunque testimonianza universale di Cristo e della salvezza da lui realizzata.

La scena del commiato, con l’ascensione di Gesù al cielo e le parole dei giovani in bianche vesti (1,9-11), diventa anch’essa una risposta alle questioni sollevate dagli apostoli. L’ascensione è presentata come controfigura della parusia: Gesù che va al cielo tornerà dal cielo e verrà realmente e visibilmente come ora ha avuto luogo la sua ascesa al cielo. L’esaltazione di Gesù in cielo come Signore alla destra del Padre è l’evento che determina la certezza di un suo ritorno alla fine come “giudice dei vivi e dei morti”. Ma l’evento della parusia e della fine del tempo, che pure è certo e fondato, non avverrà immediatamente e la storia continuerà a dispiegarsi nel tempo indefinito tra l’ascensione di Cristo e il suo ritorno. Questo tempo sarà il tempo della chiesa: un tempo che non deve essere caratterizzato dall’attesa passiva, significata simbolicamente dal “guardare in cielo” degli apostoli, ma dal compito della testimonianza universale da rendere al Risorto (cf. 1,8) e dall’annuncio a tutte le genti della salvezza da lui realizzata (cf. Lc 24,47). Questi sono “gli ultimi giorni”, prima del “giorno grande e splendido” del Signore, nei quali secondo la profezia di Gl 3,1-5 (cf. At 2,17-21) l’effusione dello Spirito sul popolo messianico lo renderà capace di “profetizzare”, di “annunciare le grandi opere di Dio” in tutte le lingue degli uomini (cf. At2,11).

Il tempo della chiesa, tra ascensione e parusia, è dunque un tempo ben caratterizzato. In questo tempo, il Signore, che non è più visibilmente presente, si rende presente nella storia attraverso l’azione del suo Spirito che abilita la chiesa alla testimonianza e all’annuncio, si fa operante nella potenza del suo “nome” di Signore nel quale il credente viene battezzato e nel quale avvengono segni e prodigi (At 3,6), si fa visibile attraverso la vita dei discepoli che nella fede accettano di vivere e morire come il loro Maestro (vedi Stefano e Paolo come figure emblematiche). Il Risorto, esaltato al cielo, continua dunque ad essere presente e attivo per la mediazione ecclesiale-sacramentale, soprattutto attraverso l’opera evangelizzatrice-missionaria dei suoi testimoni. Ma che rapporto ha questo tempo della chiesa, che è il nostro tempo, da una parte con quello di Gesù e, dall’altra parte, con il “giorno grande e splendido” (At 2,20) del suo ritorno quando si compirà il Regno?.

Rispetto al tempo di Gesù, occorre sottolineare come nella Parola che la chiesa è chiamata ad annunciare, e nei segni che la confermano, si fa presente e attuale quell’oggi singolare ed unico in cui Gesù ha portato ha compimento la salvezza e come, per la Parola, questa stessa salvezza è ora resa disponibile a tutti gli uomini. Come non si comprendono gli Atti degli apostoli senza vangelo, cosi non si capisce il tempo della chiesa se non come il tempo della “memoria” viva del vangelo: l’oggi di Gesù è reso attuale, per la forza dello Spirito, nella Parola che la chiesa annuncia e vive. La chiesa, infatti non vive per se stessa e non propaganda una propria visione religiosa, ma come Paolo a Roma a conclusione degli Atti (cf. 28,31) continua ad “annunciare il regno di Dio e le cose riguardanti il Signore Gesù, con tutta franchezza e senza impedimento”.

Rispetto al “giorno grande e splendido” del ritorno di Cristo, il tempo della chiesa sono “gli ultimi giorni” (At 2,17) in cui “occorre invocare il nome del Signore per essere salvati”. Questo tempo è dunque un tempo che ha densità escatologica perché colui che la chiesa annuncia come Risorto ed esaltato al cielo è già stato costituito da Dio, in forza di questi eventi, ci ha come salvatore-giudice escatologico: Dio “ci ha ordinato di annunziare al popolo che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio” (At 10,42); Dio “ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti” (At 17,30-31). La decisione che gli uomini sono chiamati a prendere di fronte a colui che la chiesa annuncia come Signore è dunque una decisione che in un certo modo anticipa la posizione degli uomini nel giorno finale della salvezza e del giudizio. Questa prospettiva si fa chiara nell’appello-ammonizione che Pietro fa in (At 3,19-24). “Questi giorni” (v.24), che formano il tempo della chiesa, sono quelli susseguenti alla costituzione di Gesù come “Cristoî” (v.20) e alla resurrezione del profeta escatologico uguale a Mosè (v.22). In questi giorni perciò, di fronte a questo evento annunciato dalla chiesa, occorre pentirsi e convertirsi (v.19) e occorre ascoltare questo profeta in tutto ciò che egli dirà. Per chi risponde positivamente è offerto il dono già ora della salvezza nella “remissione dei peccati” e si apre la promessa del mondo nuovo che si realizzerà al ritorno di Cristo dal cielo (v.20). A chi risponde negativamente è prospettata l'esclusione già ora dal popolo di Dio e dalla storia della salvezza ed è minacciata la futura condanna escatologica (v.23).

Il tempo della chiesa che viviamo si presenta perciò come tempo salvifico particolare perché nella parola proclamata, sotto l’azione dello Spirito, si fa presente quel Gesù Signore che è offerta di salvezza e di vita nuova per tutti gli uomini e nel contempo questa offerta pone la libertà dell’uomo di fronte all’accettazione-rifiuto di questa offerta definitiva di salvezza e di vita. Il tempo dunque si è fatto denso e pieno del dono e della responsabilità per una vita nuova e salvata.

Un tale tempo addensa in sé la memoria viva del passato unico di Gesù, reso presente nella Parola, e l’anticipazione nella nostra decisione di vita del mondo nuovo e della vita definitiva che ci sarà offerta in pienezza al ritorno di Cristo. Vivere intensamente il presente, nella “memoria” del passato fondante attraverso l’ascolto della Parola e nella anticipazione del futuro attraverso la decisione di vita di fronte alla Parola, diventa il compito del credente che ha compreso questo tempo come “Kairos” di Dio.


Nota:

[1]La relazione è stata tenuta da Don Augusto Barbi, Direttore del Centro Studi Teologici di Verona, all’incontro Internazionale del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari, tenutosi a Stična (Slovenja) dal 16 al 18 marzo 2001, sul tema: “Il tempo nella Bibbia e nel popolo dei Rom”


Time as History of Salvation in St. Luke

Summary

Reading the pages of St. Luke, Fr. Barbi shows us how to move from a purely cosmological and cyclical vision of time, in which “the human being is in time”, to come to an anthropological and linear concept, in which “time is the human being”. Time goes from the past to the future through the present where decision is made. The believer considers the time that he is living as a grace and a responsibility in view of salvation.

1. Luke poses to himself the question of “time” and the “value of history”:

  • The time of prophecy is manifested through the characters present at the infancy of Jesus: Elizabeth, Zechariah, Simeon, Anna, and the Baptist is considered as the last and the greatest of the prophets.

  • The time of Jesus is the time in which God’s promises are fulfilled. Their fulfillment takes place in the Paschal mystery. “Today” in Luke does not designate a chronological space, but salvific time.

  • The time of the Church, in which Christ brings to completion the universal offer of salvation, through the action of the Holy Spirit.

2. What sense and what value have the “today” of Jesus and “the days” of the Church?

A. Jesus’ messianic- prophetic ministry is a special time because it is “the year that is pleasing to the Lord”, a time of liberation and salvation. Reflect on the itinerary of Zacchaeus: the rich publican seems to represent those who ought to be desperate for salvation. He is a man who seems to have no new future, but who desires and perceives it. “I am to stay at your house today" is significant and determines the new time for Zacchaeus who now participates in the promised hope and future.

“Today you will be with me in paradise”: for him who recognizes the Messiah, the “today” of definitive salvation is open. It is the presence of Jesus, welcomed in the faith and capable of generating conversion, that determines a time that is totally new.

B. With the fulfillment of salvation in the death-resurrection-ascension of Jesus, a new time opens: the time of the absence and the presence of Christ. Is this the time of the end? Will Christ come back to reconstitute the kingdom? Will this be in Israel’s favor? It is the time of the coming of the Spirit that enables the Church to give the witness that She must render to Christ. It is the time of the mission of the Church, enabled to do so by the Spirit and which will spread “up to the ends of the earth”. The exaltation of Jesus in heaven is the event that determines the certainty of his return and history will continue evolving in the indefinite time between Christ’s ascension and his second coming.

This is the time of the Church, as the time of the living “memory” of the Gospel: the “today” of Jesus becomes present, by the power of the Spirit, in the Word that the Church announces and lives. The time of the Church is “the last days”. It is a salvific time. Living the present intensely, in “memory” of the past by listening to the Word and in anticipation of the future through a decision of life before the Word, becomes the task of the believer who has understood that this time is a “Kairos” of God.


Zeit als Heils-Geschichte in den Schriften des Hl. Lukas.

Zusammenfassung

Anhand der Schriften des hl. Lukas zeigt uns Don Barbi, wie man von der Zeit als einfach kosmologische und zyklische Periode, in der der "Mensch in der Zeit ist", zu einer antropologischen und liniaren Anschauung kommen kann, in der "die Zeit der Mensch ist". Die Zeit geht von der Vergangenheit zur Zukunft über die Gegenwart, in der die Entscheidung getroffen wird. Der Glaubende sieht die Zeit, die er lebt, als Gnade und Verantwortung im Hinblick auf die Rettung.

1. Lukas stellt sich das Problem der "Zeit" und des "Wertes der Geschichte".

  • Die Zeit der Prophezeiung zeigt sich in den Personen der Kindheit: Elisabeth, Zacharias, Simeon, Anna. Der Täufer wird als letzter und größter der Propheten gesehen.

  • Die Zeit Jesu ist die Zeit, in der die Versprechungen Gottes zur Vollendung kommen. Ihre Verwirklichung geschieht im Ostergheimnis. "Heute" bezeichnet in Lukas nicht den kronologischen Zeitraum, sondern die Zeit des Heiles.

  • Die Zeit der Kirche in der Christus das universelle Heilsangebot zur Vollendung führt durch die Aktion des Heiligen Geistes.

2. Welchen Sinn und welchen Wert haben das "Heute" des Jesus und "die Tage" der Kirche ?

A. Der messianische und prophetische Auftrag Jesu ist eine besondere Zeit, weil sie "das Jahr ist, das dem Herrn angenehm ist", eine Zeit der Befreiung und des Heils. Betrachten wir den Weg des Zachäus: der reiche Zöllner scheint diejenigen darzustellen, die an der Rettung hätten verzweifeln müssen, er ist ein Mann, der keine neue Zukunft zu haben scheint, doch er erwünscht und ahnt sie. "Heute muß ich in Deinem Haus zu Gast sein" ist bedeutend und bestimmend für die neue Zeit des Zachäus, der nun teilnimmt an der versprochenen Zukunft und Hoffnung.

" Heute wirst Du mit mir im Paradies sein", für denjenigen, der den Messias anerkennt ist das "Heute" der endgültigen Rettung offen. Es ist die Gegenwart Jesu, angenommen im Glauben und fähig, Bekehrung zu bewirken, welche eine ganz neue Zeit bestimmt.

B. Mit der Erfüllung der Rettung im Tod-Auferstehung-Himmelfahrt Jesu öffnet sich eine neue Zeit: Zeit der Abwesenheit und der Gegenwart Christi. Ist das die Endzeit? Kommt Christus wieder, um das Reich aufzubauen? Wird dies zum Vorteil für Israel ? Es ist die Zeit des Kommens des Geistes, der die Kirche fähig macht, Zeugnis abzulegen, das sie Christus geben muß. Es ist die Zeit der Mission der Kirche, zu der der Geist befähigt und die " bis an die Grenzen der Erde" reicht. Die Aufnahme Jesu in den Himmel ist das Ereignis, welches die Gewißheit seiner Wiederkunft bestimmt, und die Geschichte entwickelt sich weiter in der unbestimmten Zeit zwischen der Himmelfahrt Christi und seiner Wiederkunft.

Das ist die Zeit der Kirche, als Zeit des lebendigen "Gedächtnis" des Evangeliums: das "Heute" von Jesus ist gegenwärtig geworden durch die Kraft des Geistes im Wort, was die Kirche verkündet und lebt. Die Zeit der Kirche sind die "letzten Tage". Es ist eine Zeit des Heils. Die Gegenwart intensiv im "Gedächtnis" der Vergangenheit leben durch das Anhören des Wortes und in der Vorwegnahme der Zukunft durch die Lebensentscheidung vor dem Wort, das wird Aufgabe des Glaubenden, der diese Zeit als "Kairos" Gottes verstanden hat.

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