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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 88-89, April - December 2002

S. Francesco da Paola,
Patrono dei Marittimi Italiani*

S.E. Mons.Agostino MARCHETTO
Segretario del Pontificio Consiglio

Il sonno! Che cos’è più salutare e ristoratore d’un buon sonno, dopo una faticaccia o una lunga veglia, anche in mare?

Ed oggi, nella Liturgia della Parola, troviamo Giona che dorme, figura, immagine, di Gesù che pure dorme, in barca, come abbiamo sentito dal Vangelo. Vi si fa un accostamento dunque, fra i due personaggi, quasi che Cristo riveli il senso, il significato pieno, del sonno di Giona profeta, eppur disobbediente.

Questo è inviato da Dio a Ninive per accusare la città della sua cattiveria, affinché si converta. Ma non accetta la sua missione e s’imbarca su una nave per allontanarsi da essa, da Dio. Ma si alza un ventaccio lupo, urla il mare in tempesta, - cose che voi conoscete più di me – v’è pericolo di naufragio, la merce trasportata – duro sacrificio – è gettata in mare per alleggerirla e Giona cosa fa? Dorme! Questo non è il sonno del giusto, di chi si sente tranquillo davanti a Dio, forse è il sonno che prende colui il quale è triste e vuol dimenticare il suo male dormendoci su, o è il sonno di chi vuol soffocare la coscienza che gli rimorde dentro.

Ed ecco lo svegliano e gli chiedono di pregare, di gridare al suo Dio. Sono relativisti e tolleranti questi marinai, in fatto di religione: prega il tuo Dio! Perché? Affinché non periamo.

Nel Vangelo di Marco vi è l’altra icona, l’antitipo di Giona, Gesù che pure dorme, affaticato dalla lunga predicazione parabolica, dorme steso su delle corde, un letto non soffice. Dorme e viene la burrasca, ulula il vento che scende vorticoso dai monti che circondano il lago di Genezareth, duecento e più metri sotto il livello del mare, e pure in questo caso i tripulanti, i discepoli, hanno paura di perire e svegliano Gesù perché li salvi. Il Signore nella Sua maestosa potenza impone il silenzio agli elementi, il mare si placa, il vento cessa, mentre cala il rimprovero dolce di Gesù sui discepoli per la poca loro fede.

E sorge in essi la domanda, finalmente, spontanea: Chi è costui al quale vento e mare obbediscono?

Sonno, risveglio, richiesta di aiuto per la salvezza,quante volte, carissimi, questo stesso percorso “marino” si è ripetuto per molti, forse anche per noi, guardando al Vostro Patrono, al Patrono dei marinai, S. Francesco da Paola, del quale oggi facciamo memoria. Sembrava che Dio dormisse. Egli era silenzioso, mentre eravamo in pena e noi l’abbiamo “scosso”, - parliamo con linguaggio umano – per noi l’ha “scosso” il Santo nostro Protettore, con la sua preghiera d’intercessione, grazie alla nostra orazione d’invocazione d’aiuto a lui: “Periamo, salvaci!”.

Il grido sgorga dal cuore afflitto e pauroso in mare, fra le onde altissime, sballottati da cavalloni che flagellano la povera nostra barca, ma il grido erompe anche nel gran mare della vita che dobbiamo attraversare su quel legno che è la croce di Cristo, - come afferma Sant’Agostino -.

Ecco la malattia grave, la disgrazia lancinante, la morte, l’abbandono del coniuge, ecco il figlio senza lavoro, o drogato, il tradimento di un’amica, di un amico, il fallimento del negozio, ecco le prove, insomma, le tragedie, oltre le gioie, che affliggono la nostra vita sulla terra.

E allora andiamo – come si dice – dal Santo Nostro, dal “Dominatore del mare” che traversò sul suo mantello lo stretto di Messina, che operò – come il suo Maestro, il quale aveva assicurato i suoi discepoli che avrebbero fatto, nella fede, cose ancora più grandi di lui (v. Gv. 14,12) - pesche miracolose, sedò tempeste, salvò insperatamente, fece evadere prodigiosamente dalle incursioni barbaresche ed approdare in sicurezza tra il fragore della tempesta; orbene andiamo da lui – dicevo – e chiediamogli di intercedere presso Dio per la nostra salvezza, corporale e ancor più spirituale. Del resto tutti questi “ex voto”, i cuori d’argento e d’oro, che vediamo qui attorno, questa pinacoteca del mare in tempesta, è una poesia, un tripudio di fiducia, di speranza e d’umiltà che vinse e vince l’angoscia, la paura, il terrore, la sofferenza e il dolore. Queste tavolette di legno, “ex voto”, queste conchiglie dipinte che mostrano piccoli atomi, i marinai, nella infinita e terribile maestà della natura marina urlante, ci dicono che altri, prima di noi, sono ricorsi al patrocinio di S. Francesco di Paola e qui vennero poi a ringraziare. Essi ci invitano a fare altrettanto, a pregare cioè, a chiedere umilmente la grazia, la salvezza, il perdono, la bontà, la forza di continuare nel bene, la vittoria del bene sul male; essi ci invitano a ringraziare per quanto ricevuto non per i nostri meriti ma per la ricchezza della Misericordia di Dio, che si riversa su di noi, come fiume benefico, per l’intercessione di Maria e dei Suoi Santi e Sante.

In questo Santuario Nazionale dei Marinai d’Italia, mirabile nave protesa sul mare, da questo “ponte di comando della Superba”, non posso dimenticare infine, ispirato dal passo dell’Apocalisse che abbiamo proclamato nella seconda lettura, la campana del mare per i morti, che ogni sera, da questo campanile del Santuario, fa sentire i suoi rintocchi per i morti in mare. Essi accompagnano la nostra preghiera per i cari defunti, per tutti coloro che sono passati all’altra riva, nella beata speranza, o quanti la portavano in cuore, la speranza, magari non riconoscendola nella nostra predicazione povera e timorosa e poco attestata dalla nostra vita, scarsa di vera e autentica testimonianza evangelica. Alla base della campana vostra del mare si può leggere: “Al cader del sole, con voce possente, piango i travolti dal gorgo, gl’infaticabili in cerca di altri lidi per la egemonia della Patria sul mare raccomando alle preghiere dei fedeli cristiani ed auguro ad essi lietissime sorti”.

Il Segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, che è strumento della sollecitudine del Papa, anche per l’Apostolato del Mare, in questa giornata di festa, vostra e della Chiesa, pure si fa voce di coloro che non hanno più voce, i morti cioè nel Signore, per raccomandarvi la preghiera per essi, per raccomandarvi l’umile elevazione della mente in Dio, in pro di tutti, nel dialogo fiducioso con Lui, con Maria, con S. Francesco di Paola, con i Santi e le Sante, per la salvezza dell’anima e del corpo, nostra e dei fratelli e sorelle nella fede e in umanità. Preghiamo anche per la pace basata sulle quattro grandi componenti: la verità, la libertà, la giustizia e la solidarietà (v. “Pacem in Terris”, introduzione).

Il Signore ascolti la nostra umile voce, la preghiera nostra, perché la sorte di tutti sia lietissima, in Dio, origine e significato di questo operare e di questo contemplare, del nostro soffrire e del nostro gioire, di questo nascere e questo morire che è la vita dell’uomo sulla terra. Che i nostri nomi siano scritti su libro della vita!

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