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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 91-92, April - August 2003, p. 287-288

Si rispettino dignitaÂ’ e diritti umani 

dei migranti e dei rifugiati!*

 

(Intervista di Luigi ACCATTOLI

 a Sua Eccellenza Mons. Agostino MARCHETTO)

“LÂ’uso della violenza contro gli inermi non è una buona soluzione e alla lunga non lo è neanche dal punto di vista politico”: lo afferma lÂ’arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti.

In risposta al ministro Bossi, lÂ’arcivescovo afferma che “lo Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori”, ma deve esercitare tale funzione “nel rispetto dei diritti umani e del bene comune”. Marchetto afferma anche che non si può limitare lÂ’ingresso a “chi ha un contratto di lavoro”, perché “non si possono respingere i rifugiati e chi è in estrema necessità”.

Il ministro Bossi propone lÂ’uso della forza per fermare lÂ’immigrazione clandestina. Che ne dice, Eccellenza?

“Se corrisponde a verità che il Sig. Ministro Umberto Bossi vuol sentire il rombo dei cannoni puntati sui migranti e sui rifugiati senza documenti, se ciò è vero, credo che un cristiano, un uomo di compassione anche umana, non possa essere dÂ’accordo, come non può esserlo il Pontificio Consiglio di cui sono Segretario. Il diritto dello Stato a regolare i flussi migratori va esercitato nel rispetto dei diritti umani e del bene comune, non solo quello di una Nazione, ma anche aperto, esso, al bene comune universale. La dignità della vita è poi la stessa per ogni essere umano, cittadino o no”.

E’ accettabile per la Chiesa cattolica il principio che “entra solo chi ha un contratto di lavoro”?

Se si porta allÂ’estremo questo criterio, si vanno ad infrangere ordinamenti internazionali ben accolti per oltre 50 anni dalla comunità direi mondiale e si finisce con il mercificare, in fondo, la persona del migrante. Si respingeranno i rifugiati? Accoglierli è un segno di civiltà e oggi i loro flussi hanno tendenza ad essere mescolati con quelli dei migranti. E lÂ’accoglienza di chi è in estrema necessità, o in pericolo di vita, specialmente nel caso di vecchi, donne e bambini?”

LÂ’ingresso clandestino è sempre da considerare reato?

 Â“No, ovviamente! LÂ’Italia per esempio ha firmato la Convenzione di Ginevra che regola lo Statuto dei rifugiati, in cui lÂ’articolo 31 stabilisce che non è un delitto entrare in un Paese, anche in modo illegale, per richiedere asilo. Certo ogni ingresso senza documenti materialmente viola la legge , ma è da tener in conto la situazione di chi, in estrema necessità o perseguitato in patria, con pericolo della vita, cerca altrove salvezza, dignità, lavoro”.

CÂ’è chi afferma che riconoscere il diritto allÂ’emigrazione in termini così generosi, come fanno le Chiese, può configurarsi – oggi – come una legittimazione del “diritto di invasione”…

“Non mi dispiace che lei definisca lÂ’atteggiamento delle Chiese “generoso”, ma non vorrei che lÂ’aggettivo gli togliesse realismo. Gli Stati diverranno sempre più, volenti o nolenti, multiculturali e multietnici: è una tendenza che comporta pericoli; ma offre anche lÂ’occasione di un cammino verso una maggior unità della famiglia umana. Che se poi si parla dÂ’invasione mi pare ci si metta a gonfiarla, questa realtà! LÂ’Italia in ogni caso non è certamente uno dei Paesi con maggior presenza di migranti. Pensiamo alla Germania e alla Francia!”

Il ministro Bossi afferma che il “malumore per la tolleranza nei confronti dei clandestini è “più profondo” tra i cattolici e cita il Veneto tra i luoghi del malumore. Lei eccellenza è veneto: che dice dellÂ’atteggiamento della sua gente nei confronti degli immigrati?

“Può darsi che la frequentazione abbastanza esclusiva di certi ambienti e del proprio partito influisca nella valutazione dellÂ’estensione del malumore indicato. Credo comunque che i veri cattolici, pur coscienti dei problemi ed avendo anche una loro propria sensibilità in materia, devono essereÂ… cattolici! E nella mia bella terra dÂ’origine penso che vi siano grandissimi segni di accoglienza dei migranti, ecclesiale o no, pur – ripeto – nelle sofferenze che lÂ’incontro con lÂ’altro sempre implica. Se lÂ’altro è poi molto diverso da noi, ha una cultura, una religione diversa, lÂ’accoglienza, nel senso profondo della parola, non è facile di certo. Ma tutti dobbiamo camminare per divenire veramente cristiani”
 
* dal Corriere della Sera , martedì 17 giugno 2003, p. 2
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