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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move 

N° 94,  April 2004, pp. 151-154

Contemporary Immigration in Italy*

S. E. Mons. Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

Mi è stato chiesto di presentare anch'io a voi questo "dossier" statistico sulla situazione in Italia dell'immigrazione quale risulta dai freddi numeri. Ma tutti sappiamo che sotto il numero vi è un uomo, una donna, con la sua dignità, i suoi dolori (e quanti sono nel cuore dell'immigrato!) e anche piccole o grandi gioie, aspirazioni, capacità-difficoltà, chiusure-aperture e moglie-marito e figli, lontani (per lo più) o vicini. Per i cristiani, poi, essi, gli immigrati, sono fratelli e sorelle in umanità, o in religione, che portano tutti, sul proprio volto, l'immagine di Cristo, il divino Straniero, che con i più poveri e deboli e i più piccoli si è specialmente identificato.

Ho detto sì alla richiesta amica per questa introduzione perché sono il Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti, quel Dicastero cioè della Curia Papale al quale Giovanni Paolo II affida il compito di manifestare la sua sollecitudine universale di Pastore Itinerante verso quanti sono coinvolti nella mobilità umana, quasi un nuovo credo nel mondo di oggi sempre in movimento, sempre più velocemente, fino quasi a toglierci il fiato.

Si tratta dei migranti, dei profughi e dei rifugiati, dei nomadi, circensi e lunaparkisti, dei turisti e pellegrini, dei pescatori e dei marinai, da quanti sono raggiunti dall'apostolato dell'aviazione civile e della strada, nonché degli studenti esteri.

Fu una straordinaria intuizione, quella iniziale di Papa Paolo VI, di mettere sotto un unico ombrello - diciamo così - appunto quello della mobilità, tutti i fenomeni ad esso relativi e di fame quasi un unicum, nel titolo, della Curia papale, con un'indicazione immediatamente "pastorale". E' il supplemento, specifico, di quella ordinaria, territoriale, nella Chiesa, l'elemento dinamico che cerca di captare per Cristo, per il fratello e la sorella, in umanità o religione, per la sua dignità o divinizzazione, il movimento, la mobilità.

Orbene, questa cura universale, propria del Vescovo di Roma, che è comunque anche Primate d'Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana, diciamo del Lazio, nulla toglie alla responsabilità dei Vescovi italiani in tema di immigrati, come si combina, nella visione cattolica dell'et(e)... et(e), il Primato Pontificio con la Collegialità episcopale.

Semmai, per il fatto di essere vicini, noi, territorialmente, all'Italia, v'è una richiesta implicita di maggior discrezione per non invadere le giuste priorità d'intervento locale, la primitiva competenza della CEI per quanto riguarda le opportune mediazioni e i giudizi più concreti sulla situazione italiana e sulle misure che in questo Paese si prendono, anche legislativamente, per affrontare un tema, quello migratorio (sia volontario che forzato), particolarmente delicato.

In effetti v'è da combinare la giusta autonomia delle decisioni politico-amministrative nazionali con il diritto, in certi casi, all'emigrazione (v. Pacem in terris[1] e Gaudium et Spes[2])ma sempre nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona, di ogni individuo umano, anche dell'immigrato irregolare.

Di tutto ciò mi facevo portavoce in una non lontana intervista al vaticanista Dr. Acattoli[3], dopo avergli di primo acchito detto di rivolgersi alle competenti Autorità religiose italiane per un commento ad alcune dichiarazioni di un uomo politico italiano ma aver pure ascoltato e ottemperato alla sua replica: Si vuol sentire anche il pensiero del “Vaticano” che per me vuol dire Santa Sede.

Tutto considerato, mi è sembrato dunque legittimo essere qui con voi oggi per l'introduzione a questo "dossier" statistico che benemerite Istituzioni promotrici si studiano di aggiornare puntualmente e di analizzare in modo così perspicace e sistematico.

Esso riveste un grande valore perché, con questi dati, esse tengono desta la coscienza di tutti i cittadini circa il fenomeno migratorio in Italia, e ora, con la traduzione in inglese, una comunità molto più ampia

Nel Dossier sono segnalati, direttamente o meno, tanti punti nodali sui quali i cristiani, soprattutto, sono chiamati a reagire "con giustizia e carità":

  • sui precisi, oggettivi, dati quantitativi del fenomeno, anzitutto, per essere in grado di rispondere con cognizione di causa a quanti in Italia continuano a parlare di “invasione degli stranieri”;
  • sulle mai sufficientemente approfondite cause delle odierne migrazioni, che hanno a che fare, oltre che con problemi economici e demografici, anche con la situazione e il destino di tante donne, uomini, bambini e famiglie intere. Non si tratta di un problema semplicemente tecnico, scientifico, ma soprattutto umano e morale oltreché religioso: quello della povertà e della miseria di tante popolazioni giunte purtroppo al limite della sopravvivenza.

Il Dossier ci presenta dunque un grande spettro in riferimento al quale è necessario che la coscienza dei cristiani specialmente si risvegli sempre più. Se il Dossier riuscirà a educare la coscienza dei membri delle nostre comunità alla condivisione e alla solidarietà verso gli immigrati, avrà assicurato un prezioso servizio alla Chiesa che è in Italia, e non solo, nel rispetto della sua identità e cultura, naturalmente.

Se è, in un certo modo, "comprensibile" il degrado dell'immagine dell'immigrato e il senso di diffidenza o addirittura di intolleranza e razzismo nei suoi confronti che registriamo abbastanza spesso nella società italiana, meno "comprensibile" è il tatto che nella comunità cristiana ci si adegui, in modo anche a volte così acritico e ingeneroso, con gratuite generalizzazioni ed esagerazioni, a questa mentalità e a tali atteggiamenti. Vi è così danno per i valori fondamentali del Vangelo, vale a dire la giusta disponibilità all'accoglienza, alla solidarietà, alla comprensione verso situazioni difficili e anzi, spesso, drammatiche.

In effetti, ormai, dovremmo essere pure convinti che gli immigrati sono sempre più necessari alla nostra società, per motivi sia economici che demografici e anche di assistenza ai nostri vecchi o ai bambini. I fedeli possono ovviamente condividere questa convinzione, ma tutti noi cristiani dobbiamo porre su un livello più alto il motivo decisivo che ci deve portare ad essere aperti e accoglienti, pur con gli occhi aperti, come cittadini e come credenti, anche verso nuovi flussi di ingresso. Questo motivo è appunto quello specificamente cristiano e insieme fortemente umanitario, dell'accoglienza solidale verso chi si trova nel bisogno e intende rispettare i nostri valori, le nostre leggi, la cultura della Nazione italiana, amandola con riconoscenza come luogo di accoglienza e rifugio.

Nel suo Messaggio per la Giornata delle Migrazioni 2001, Giovanni Paolo II riprendeva quanto aveva già affermato nel 1993: "Se è pur vero che i Paesi altamente sviluppati non sempre sono in grado di assorbire tutti coloro che emigrano, va tuttavia riconosciuto che il criterio per determinare la soglia della sopportabilità non può essere la semplice difesa del proprio benessere, tralasciando i bisogni reali di chi è drammaticamente costretto a chiedere ospitalità".

Faccio voti perché questo "Dossier", ora pure in lingua inglese, aiuti ad avviare dei veri e propri "laboratori" di convivenza e di solidarietà e faciliti la creazione di occasioni e spazi di conoscenza reciproca fra immigrati e nativi, di confronto, di convivenza almeno pacifica e serena tra persone e culture diverse, nelle nostre parrocchie, nei movimenti ecclesiali e nelle nuove comunità, nella Associazioni, nelle scuole, negli spazi comunitari, insomma, sia civili che religiosi.
 
* Intervento per la presentazione del Dossier statistico sull'immigrazione in Italia, il 1° ottobre 2003

[1] cfr. Giovanni XXIII, Lettera enciclica, in AAS LV (1963) 263

[2] cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 65 e 66, in AAS LVIII (1966) 1086‑1088
[3] V. Si rispettino dignità e diritti umani dei migranti e dei rifugiati, Corriere della Sera del 17 giugno 2003, p. 2
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