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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move 

N° 94,  April 2004, pp. 189-191

“Accoglienza e solidarietà

con il popolo degli immigrati”*

(dal Perù)

Un pressante appello a sostenere i migranti, già costretti a sopportare situazioni di sofferenza poiché si trovano lontani dalle loro case, é stato recentemente lanciato dai Vescovi del Perú.

Noi Vescovi del Perú - scrivono, infatti, i Presuli in un Messaggio recentemente firmato e reso noto da Mons. Hugo Garaycoa Hawkins, Vescovo di Tacna y Moquegua, Presidente della Conferenza Episcopale Peruviana, e da Mons. Juan José Larrañeta Olleta, OP, Vescovo, Vicario Apostolico di Puerto Maldonado e Segretario Generale della stessa Conferenza - rinnoviamo i nostri sentimenti di affetto, di apprezzamento e di solidarietà a tutti coloro che si trovano lontano dalla patria e dalle loro case.

“Quest’anno abbiamo voluto dedicare a voi la campagna “Compartir”, promossa dalla C. E. P., perché siamo consapevoli delle vostre sofferenze, delle vostre preoccupazioni e della vostra nostalgia e desideriamo manifestarvi la nostra solidarietà affinché non vi manchino la fede, il coraggio e la speranza nella vostra vita di migranti”. La campagna “Compartir 2003” é un momento forte di evangelizzazione e di sensibilizzazione di tutto il Perú e di tutti i peruviani circa la realtà dei migranti e delle loro famiglie e le cause e le conseguenze della migrazione. Al contempo essa vuole anche suscitare iniziative di accoglienza, di sostegno e di solidarietà con tutti voi che in qualche modo soffrite a causa della migrazione.

“A partire dalla presente campagna, - aggiungono i Vescovi - promuoveremo iniziative e progetti di sostegno e di solidarietà da parte delle Diocesi del Perú, dei gruppi di migranti e delle istituzioni nel vasto campo della migrazione. Auspichiamo che questa iniziativa sia 1’inizio di una autentica trasformazione della mentalità individualista, chiusa e discriminatoria, in una mentalità più comunitaria, aperta al dialogo e solidale con quanti soffrono. Voi siete i primi a insegnare al mondo l’accoglienza, l’apertura e la solidarietà. Siamo consapevoli della generosità che mostrate alle vostre famiglie e al Perú inviando aiuti econo­mici. Apprezziamo e siamo grati per questi gesti di solidarietà, di sforzo e di superamento che ci incoraggiano a sognare e a costruire un futuro migliore.

“Siamo concordi con Papa Giovanni Paolo II quando, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati di quest’anno, esorta “a onorare i Paesi che li ricevono e a rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni della gente che li ha accolti. Solo così prevarrà l’armonia sociale”.          

“Anche noi, Vescovi del Perú, esprimiamo la nostra gratitudine alle chiese e agli agenti di pastorale che accolgono e seguono i nostri compatrioti nelle loro comunità. Che la fede viva nel Signore dei Miracoli - concludono i Presuli -, primo Migrante con i migranti, la nostra devozione a San Martín de Porres, a Santa Rosa de Lima (...) e la nostra pietà tradizionale, siano fonte di speranza e di conforto in ogni momento della vostra vita!

“Che Maria, che sempre si é messa in viaggio (cfr Lc 1, 39) e che tante volte, ha dovuto allontanarsi dalla sua casa di Nazareth, vi accompagni, vi protegga e vi benedica, come Madre di tutti i migranti!”.

Ricordiamo che in un precedente documento i Vescovi peruviani avevano già invocato solidarietà con tutti gli emarginati del Paese e dunque anche con gli immigrati. Nel documento i presuli, riferendosi alla grave situazione del Paese, avevano esortato alla riconciliazione. «La riconciliazione é possibile - avevano scritto ‑ solo se si conosce la verità. Non dobbiamo occultarla, né esagerarla o sminuirla. Solo nel momento in cui si comprenderà a fondo ciò che significa soffrire e causare sofferenza, nasceranno il pentimento in alcuni e il perdono in tutti. Gesù é venuto a “togliere il peccato del mondo” (cfr Gv 1, 29). Dio é il primo “ad amare i nemici” (cfr Lc 6, 27-28), il primo a “perdonare settanta volte sette” (cfr Mt 18, 22). E siamo tutti noi credenti e persone di buona volontà che dobbiamo rispondere all’iniziativa riconciliatrice di Dio come ci ha insegnato Gesù: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

“Durante questi anni, la Chiesa in Perù, con le sue luci e le sue ombre, ha presentato Gesù che annuncia e rivela, con le sue gesta e le sue parole, la Buo­na Novella di Dio come riconciliatore: “Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano” (Lc 6, 27). Il Paese é stato testimone del nostro impegno costante contro la violenza e a favore della riconciliazione e della convivenza pacifica tra tutti i peru­viani”. Tuttavia «riconciliazione - avevano ricordato i Presuli - non é sinoni­mo di impunità, né significa ignorare le ingiustizie commesse. Dobbiamo promuovere “una riconciliazione nella veri­tà, sapendo bene che non sono possibili né la riconciliazione né l’unità fuori o contro la verità”. Papa Giovanni Paolo II ci dice: “La convinzione a cui sono giunto (...) é che non si ristabilisce a pieno l’ordine infranto, se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell’amore che é il perdono”.

Per questo i Presuli avevano espresso l’auspicio che mai più i peruviani facciano ricorso “alla nefasta insensatezza del voler risolvere i problemi sociali seguendo il cammino della violenza e del terrore. Mai più!”. “In una società convulsa e piena di conflitti - avevano aggiunto -, desideriamo, come Chiesa, annunciare la salda e irrinunciabile speranza nella riconciliazione definitiva tra tutti i peruviani. Questa é la Buona Novella che testimoniamo incessantemente dinanzi a coloro che non credono in una società più fraterna e riconciliata nella verità”.

D’altra parte “é giunta l’ora - ricordavano i Vescovi - di vivere come fratelli, né vincitori né vinti, ma artefici e protagonisti del proprio destino nella pace e nella giustizia. Il debito etico e morale contratto con la società peruviana deve essere compensato mediante un progetto di giustizia e di solidarietà. I poveri non possono aspettare oltre! Ci impegniamo, come Chiesa - concludevano -, a recuperare la fede nel perdono come un valore umano e cristiano, una forza capace di dare inizio a un dinamismo più rigenerante e liberatore dell’ “occhio per occhio, dente per dente”. Cercheremo di mostrare, con la nostra testimonianza, che perdonare significa sempre vincere “con il bene il male”.

*L’ Osservatore Romano, Giovedì 2 ottobre 2004, p. 7
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