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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 96, December 2004

 

IL DIALOGO ECUMENICO, INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE NEI PIU' RECENTI DOCUMENTI DEL NOSTRO PONTIFICIO CONSIGLIO

 

 Card. Stephen Fumio HAMAO

Presidente del Pontificio Consiglio 

della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

  

Eminenze, Eccellenze, Reverendi Monsignori, Padri e Religiosi, 

Sono lieto di porgervi il mio più cordiale benvenuto a questa XVI Assemblea Plenaria del nostro Pontificio Consiglio. Con lÂ’illuminante vostro aiuto desideriamo affrontare lÂ’attuale e esigente tema della nostra riunione:“Dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale nel Mondo dei Migranti e degli Itineranti”.

Per fornire una base allo scambio dei punti di vista sul tema della nostra Riunione Plenaria, “Dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, nel mondo dei Migranti e degli Itineranti”, abbiamo rivisitato i più recenti documenti del Pontificio Consiglio, o da esso “animati” (quelli pubblicati dopo lÂ’ultima Plenaria), estraendo da essi le indicazioni contenute sui tre aspetti del dialogo così menzionati. Si tratta dei documenti finali di tre Congressi Mondiali, e cioè del V° della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati (Roma, 17 – 22 Novembre 2003), del V° della Pastorale per gli Zingari (Budapest, 30 giugno –7 luglio 2003) e del XXI° dellÂ’Apostolato del Mare (Rio de Janeiro, 29 Settembre –5 Ottobre 2002). Abbiamo tuttavia considerato soprattutto lÂ’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, che intende offrire un più adeguato supporto pastorale specifico nel contesto dellÂ’odierna situazione nel mondo delle migrazioni. 

Per non trascurare gli altri settori di apostolato, è stato ritenuto opportuno considerare altresì i risultati delle Riunioni regionali della Pastorale dellÂ’Aviazione Civile (Europeo: Lione, maggio 2003), di quella del Turismo (Medio Oriente e Nord Africa: Fatqa, Libano, marzo 2003) e dei Pellegrinaggi e Santuari (Asia: Metro-Manila, 20-25 ottobre 2003).

Da questi documenti abbiamo tratto alcuni sottotitoli (v. allegato) i quali però, come vedranno, si integrano a vicenda, anzi si sovrappongono e coincidono in molte cose. Per ogni argomento, comunque, nel testo, faremo una citazione fondamentale. Ed ecco il nostro procedere:

1. Necessità del dialogo  

Tenendo conto che i flussi migratori portano sempre più alla formazione di società multiculturali e plurireligiose, dai testi appare che si ritiene importante stabilire o approfondire il dialogo fra le varie culture, religioni, Chiese e Comunità ecclesiali, anche in vista di una collaborazione secondo le direttive della Santa Sede. In effetti, cito, “Sacramento di unità, la Chiesa vince tutte le barriere e divisioni e proclama la necessità di tendere alla verità, in una prospettiva di giusto confronto, di dialogo e d'accoglienza reciproca” (EMCC 34). 

2. Pastorale dialogante 

Il carattere planetario, che assume ora il fenomeno della mobilità umana, comporta il superamento, in un certo senso, di una pastorale esclusivamente monoetnica. Si cerca dunque di realizzare una pastorale impostata sul dialogo multiculturale, inter-religioso ed ecumenico e su una costante, mutua collaborazione anche in questioni sociali, economiche e culturali che di solito stanno all'origine di tale mobilità. Così, cito, “EÂ’ necessario pensare a nuove strutture che, da una parte, risultino più “stabili”, con una più precisa configurazione giuridica nelle Chiese particolari e, dall'altra, rimangano flessibili e aperte ad una immigrazione mobile o temporanea. Non è cosa facile, ma sembra essere ormai questa la sfida del futuro” (EMCC 90). Il nostro Pontificio Consiglio, infatti, rivolge la sua sollecitudine pastorale a tutti coloro che sono “in movimento” a prescindere dalla loro nazionalità, dal colore della loro pelle, dalla cultura o fede religiosa.

3. Dialogo e missione

Nella società contemporanea, che le migrazioni contribuiscono a configurare sempre più come multietnica, interculturale e multireligiosa, i cattolici sono chiamati a testimoniare ai migranti il Vangelo e ad annunciare la Parola di Dio nelle terre di antica tradizione cristiana, un capitolo sostanzialmente inedito e fondamentale del compito missionario. Le Chiese particolari sono chiamate dunque ad aprirsi, proprio a causa dell'Evangelo, ad una miglior accoglienza dei migranti, anche con iniziative pastorali d'incontro e di dialogo. Cito: “La grande diversità di origine, nei flussi migratori, ha posto il dialogo ecumenico e inter-religioso al centro della pastorale dei migranti e rifugiati, facendo di esso non unÂ’opzione, ma un obbligo inerente alla missione della Chiesa nel mondo della migrazione” (MR Racc Dialoghi n. 2). Infatti, “dialogo e missione sono entrambi espressione del ministero della Chiesa. Missio ad gentes (missione alle genti), missio ad migrantes (missione per i migranti) emissio migrantium (missione ad opera dei migranti) devono essere considerate dimensioni interdipendenti della nuova Evangelizzazione” (ibid., n. 4). 

4. Formazione al dialogo

Cito: “Dialogare con gli altri presuppone che i partner nel dialogo siano ben consapevoli della loro identità culturale e ben formati nella loro religione” (MR Racc. Introd). Le comunità cattoliche, quindi, devono apprezzare la loro identità, verificare la loro fedeltà a Cristo, conoscere bene i contenuti della loro fede, riscoprire la missionarietà e perciò impegnarsi nella testimonianza a Gesù, il Signore, e al suo Vangelo. “Ciò è presupposto necessario per una disponibilità al dialogo sincero, aperto e rispettoso con tutti, che non sia né ingenuo, né sprovveduto” (EMCC 60).

A tale scopo, nelle Chiese particolari, dovrà essere assicurata ai fedeli e agli stessi Operatori pastorali una solida informazione e formazione circa le altre religioni, per sconfiggere pregiudizi, per superare il relativismo e per evitare chiusure e paure ingiustificate, che frenano il dialogo ed erigono barriere, provocando anche violenza o incomprensioni. Le Chiese locali avranno cura di inserire tale formazione nei programmi educativi dei seminari e delle parrocchie e scuole, nonché nelle università cattoliche. Lo stesso dovrebbe avvenire per la formazione alla vita religiosa.

Nel contesto delle società multiculturali nellÂ’Europa orientale, per far un esempio a questo riguardo, occorre programmare una speciale preparazione degli insegnanti affinché possano comprendere anche la mentalità degli Zingari, al fine di evitare i conflitti tra studenti zingari e non. Essi devono inoltre essere ben formati in storia, cultura e arte degli Zingari.

5. La Scuola educa al dialogo

La scuola può dare un importante contributo allÂ’educazione al dialogo interculturale, inter-religioso ed ecumenico. In essa, infatti, gli alunni possono essere formati al rispetto delle persone di altra convinzione religiosa, o diverse da noi, senza cadere nellÂ’irenismo e nel relativismo. Essa non deve essere un luogo di umiliazione e di emarginazione, dove sono messi in evidenza solo le lacune dellÂ’ambiente di appartenenza, ma spazio per la valorizzazione delle varie culture, nel rispetto dellÂ’educazione familiare, che è basilare nella formazione del bambino. 

Attraverso le sue scuole, la Chiesa ha la possibilità di realizzare una tale educazione. Va comunque affermato che “le scuole cattoliche non devono rinunciare alle loro caratteristiche peculiari e al proprio progetto educativo, cristianamente orientato, quando vengono in esse accolti figli di migranti di altre religioni. Di questo andranno chiaramente informati i genitori che volessero iscrivervi i propri figli. Al tempo stesso nessun bambino dovrà essere obbligato a partecipare a liturgie cattoliche o a compiere gesti contrari alle proprie convinzioni religiose. Inoltre, le ore di religione previste dal programma, se effettuate con carattere scolastico, potrebbero liberamente servire agli alunni per conoscere una credenza diversa dalla loro” (EMCC 62). 

6. Dialogo con la popolazione autoctona

Tutti i migranti e rifugiati sono spronati ad impegnarsi nel dialogo con la popolazione autoctona e ad interessarsi alla sua cultura, ad apprezzare il Paese d'accoglienza e rispettarne le leggi e lÂ’identità culturale, fino ad amarlo e difenderlo. Dal canto suo, la società civile e i suoi singoli membri sono incoraggiati ad aiutare i migranti e rifugiati a sentirsi il più possibile a casa nella loro terra di accoglienza. Cito: “Per questo l'intera Chiesa del Paese di accoglienza deve sentirsi interessata e mobilitata nei confronti dei migranti. Nelle Chiese particolari va dunque ripensata e programmata la pastorale per aiutare i fedeli a vivere una fede autentica nel nuovo odierno contesto pluriculturale e multireligioso. Con l'aiuto di Operatori sociali e pastorali, è così necessario far conoscere agli autoctoni i complessi problemi delle migrazioni e contrastare sospetti infondati e pregiudizi offensivi verso gli stranieri. Nell'insegnamento della religione e nella catechesi si dovrà trovare il modo adeguato di creare nella coscienza cristiana il senso dell'accoglienza, specialmente dei più poveri ed emarginati, come spesso sono i migranti, un'accoglienza tutta fondata sull'amore a Cristo, certi che il bene fatto al prossimo, particolarmente al più bisognoso, per amore di Dio, è fatto a Lui stesso” (EMCC 41). In questo contesto ricordiamo che va incoraggiata una profonda mutua conoscenza tra cattolici di rito latino e dei vari riti orientali, per una mutua accoglienza e fraterna convivenza. 

7. Dialogo contro ogni pregiudizio, razzismo e xenofobia

Si ribadisce con forza, nei nostri Documenti, o in quelli da noi “animati”, la necessità di una politica che assicuri a tutte le persone coinvolte nel fenomeno della mobilità la certezza del diritto, evitando accuratamente ogni possibile discriminazione, sottolineando una vasta gamma di valori e comportamenti (lÂ’ospitalità, la solidarietà, la condivisione) e la necessità di rigettare ogni sentimento e manifestazione di xenofobia, razzismo ed esagerato nazionalismo da parte di chi riceve. Si chiede poi alla società civile e ai singoli suoi membri di apprezzare le origini culturali di ogni persona, e rispettare le loro diverse abitudini, nella misura in cui non contraddicano i valori etici universali inerenti al diritto naturale o ai diritti umani. “La pluralità culturale sollecita Â… l'uomo contemporaneo al dialogo e al confronto anche sulle grandi questioni esistenziali, quali il senso della vita e della storia, della sofferenza e della povertà, della fame e delle malattie, della morte” (EMCC 30).

Si domanda dunque alle Chiese locali di denunciare, con spirito profetico, le ingiustizie che sono perpetrate nei loro territori, ingiustizie che manifestano indifferenza egoistica, pregiudizi e discriminazioni.

In questo ambito il ruolo dei mass-media, notiamolo, è significativo. Si fa appello quindi agli Operatori in questo campo di evitare le generalizzazioni e lÂ’accettazione supina di pregiudizi inveterati, nonché di astenersi dalla trasmissione di immagini e idee che rafforzano quelli già esistenti, privilegiando aspetti negativi, senza dare spazio a quelli positivi.

8. Dialogo in vista di una integrazione (non assimilazione)

Cito: “Le migrazioni Â… favoriscono anche la conoscenza reciproca e sono occasione di dialogo e comunione, se non di integrazione a vari livelli, come afferma emblematicamente Papa Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2001: ‘Sono molte le civiltà che si sono sviluppate e arricchite proprio per gli apporti dati dall'immigrazione. In altri casi, le diversità culturali di autoctoni e immigrati non si sono integrate, ma hanno mostrato la capacità di convivere, attraverso una prassi di rispetto reciproco delle persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi’” (EMCC 2). 

E' compito dei cristiani quindi aiutare gli immigrati, nel vasto senso della parola, a inserirsi nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone le leggi civili, mentre costoro debbono incoraggiare i propri figli e nipoti nei loro sforzi per una piena integrazione, preservando nel contempo la propria identità culturale. Non vanno dunque assimilati, il che vorrebbe dire perdere la loro legittima identità.

DallÂ’analisi della documentazione internazionale recente, facendo un esempio concreto pure questa volta preso dallÂ’ambiente Rom, risulta che esiste un desiderio, reale, in graduale sviluppo, di impegnarsi ormai risolutamente nella via dellÂ’integrazione (= inclusione) giuridica nelle comunità nazionali con le quali essi hanno un legame di vita e di lavoro. Questo atteggiamento può risultare determinante nella riuscita dei processi di inclusione e di integrazione.

9. Dialogo in vista di una interculturazione

Cito: “La situazione culturale odierna, nella sua dinamica globale, per una incarnazione dell'unica fede nelle varie culture, rappresenta una sfida senza precedenti, vero kairòs, che interpella il Popolo di Dio” (EMCC 34). 

L’“inculturazione” comincia con l'ascolto e la conoscenza di coloro a cui si annuncia il Vangelo. Questo porta a una valutazione più adeguata dei valori e disvalori presenti nella loro cultura alla luce del mistero pasquale di morte e di vita. Non basta quindi la tolleranza, ma occorre il rispetto, per quanto possibile, dell'identità culturale degli interlocutori. Riconoscerne gli aspetti positivi e apprezzarli, perché preparano ad accogliere il Vangelo, è un preambolo necessario per l'esito dell'annuncio. Solo così nasce il dialogo, la comprensione e la fiducia. 

10. Il dialogo implica reciprocità

Nelle relazioni tra cattolici e altri fratelli cristiani, e tra cristiani e aderenti ad altre religioni – buddisti, confuciani, scintoisti, indù, sikh, ecc. –, riveste grande importanza il principio della reciprocità, un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri. La reciprocità è – cito – “intesa non [tanto] come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi Â… Una sana reciprocità spinge ciascuno a diventare ‘avvocatoÂ’ dei diritti delle minoranze dove la propria comunità religiosa è maggioritaria” (EMCC 64). Si pensi, per esempio, ai numerosi migranti cristiani in Paesi con maggioranza non cristiana della popolazione, dove il diritto alla libertà religiosa è fortemente limitato o conculcato.

Tra Chiesa cattolica e Chiese non in piena comunione con essa, si raccomanda così un reciproco e particolare riguardo dei rispettivi ordinamenti, come auspicato nel Direttorio per l'applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo. Cito: “I cattolici devono dar prova di un sincero rispetto per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, e queste sono invitate a mostrare lo stesso rispetto per la disciplina cattolica”. Così in una cappella condivisa negli aeroporti, per esempio, i cattolici devono mostrare un rispetto sincero per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Queste, a loro volta, dovranno peraltro portare lo stesso rispetto per la disciplina cattolica, la quale prevede che il Santissimo Sacramento sia conservato nella cappella.   

Porto un altro esempio per quanto concerne la cultura zingara e quella gadgè (non zingara) che dovrebbero scambiarsi reciprocamente i propri doni. Si avrà cura, cioè, di vincere la situazione di ghetto in cui la famiglia e comunità zingara spesso si trovano. La cultura zingara peraltro dovrà pure gradatamente aprirsi a quei valori che sono già patrimonio valido della società. LÂ’impegno apostolico presso gli Zingari porta, in effetti, a una trasformazione degli stessi Operatori pastorali gadgè, mentre la presenza zingara domanda una trasformazione sostanziale della società gadgè, in modo tale che il dialogo fra Zingari, e non- si svolga a parità di condizioni.

11. Dialogo della vita

La fraternità ecumenica nella concretezza della vita quotidiana porta, lontano da facili irenismi e dal proselitismo, ad una maggiore comprensione reciproca fra Chiese e Comunità ecclesiali. Occasioni concrete per l’“ecumenismo della vita quotidiana” potranno essere le grandi feste liturgiche delle differenti Confessioni, le tradizionali Giornate Mondiali della Pace, del Migrante e del Rifugiato e la Settimana annuale di preghiera per l'unità dei cristiani. EÂ’ soprattutto con la testimonianza della vita che i cristiani sono chiamati a denunciare certi disvalori presenti nei Paesi ricchi e industrializzati (materialismo e consumismo, relativismo morale e indifferentismo religioso), che potrebbero scuotere le convinzioni religiose degli immigrati.

Cito: “Il dialogo fraterno e il rispetto reciproco, testimonianza vissuta dell'amore e dell'accoglienza, costituiranno così, di per sé, la prima e indispensabile forma di evangelizzazione” (EMCC 99).

12. Dialogo e nuova evangelizzazione

Il dialogo multiculturale, inter-religioso ed ecumenico deve essere portato avanti in un contesto di “nuova evangelizzazione”. Missio ad migrantes (missione per i migranti) e missio migrantium (missione ad opera dei migranti) devono cioè considerarsi dimensioni interdipendenti di questa nuova Evangelizzazione. EÂ’ infatti nostro intento trasformare sempre più l'esperienza migratoria in veicolo di dialogo e di annuncio del messaggio cristiano.

Certo, la Chiesa si impegna, al tempo stesso, nella promozione umana dei migranti, anche non cristiani, e nella testimonianza della carità, che ha già di per sé un valore evangelizzatore, atto ad aprire i cuori all'annuncio evangelico in forma esplicita. Questo va comunque fatto con la dovuta cristiana prudenza e totale rispetto della libertà. La Chiesa è dunque chiamata a entrare in dialogo con tutti, dialogo condotto e attuato nella convinzione che essa è la via ordinaria di salvezza, che, sola, possiede la pienezza dei mezzi di salvezza.

Dunque “il dialogo tra le religioni non deve Â… essere inteso soltanto come ricerca di punti comuni per insieme costruire la pace, ma soprattutto [va considerato] come occasione per recuperare le dimensioni comuni all'interno delle rispettive comunitàÂ… Deve [comunque] restare per noi irrinunciabile l'annuncio, esplicito o implicito, secondo le circostanze, della salvezza in Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini, al quale tende tutta l'opera della Chiesa” (EMCC 69).

EÂ’ poi “indispensabile – cito – l’‘inculturazioneÂ’ perché non si può evangelizzare senza entrare in profondo dialogo con le culture. Insieme a popoli con radici diverse, altri valori e modelli di vita bussano dunque alla nostra porta. Mentre ogni cultura tende così a pensare il contenuto del Vangelo nel proprio ambito di vita, compete comunque al Magistero della Chiesa guidare tale tentativo e giudicarne la validità” (EMCC 36). 

Guardando ancora una volta agli Zingari non-cristiani, risulta conveniente puntare con essi in modo speciale sui valori etici della vita, sul miglioramento della loro condizione sociale, ecc. giacché evangelizzazione e promozione umana vanno insieme.

Si studino – pensando ad un altro nostro Settore – per esempio, le immense possibilità di inculturazione e dialogo, offerte dai luoghi di pellegrinaggio, in incontri religiosi, celebrazioni liturgiche, attraverso devozioni popolari significative, lÂ’assistenza caritativa e persino grazie allo stile architettonico di chiese e santuari. 

 13. Dialogo e Liturgia, preghiera e luoghi di culto 

Cito anche qui un passo significativo di Erga migrantes caritas Christi: “I fondamenti ecclesiologici della pastorale dei migranti aiuteranno anche nel tendere a una liturgia più attenta alla dimensione storica e antropologica delle migrazioni, affinché la celebrazione liturgica diventi espressione viva di comunità di fedeli che camminano hic et nunc nelle vie della salvezza. Si apre così la questione del rapporto della Liturgia con l'indole, la tradizione e il genio dei vari gruppi culturali e quella di saper rispondere a particolari situazioni sociali e culturali, nell'ambito di una pastorale che si faccia carico di una specifica formazione e animazione liturgica, promuovendo anche una più larga partecipazione dei fedeli nella Chiesa particolare” (EMCC 44).

EÂ’ quindi necessario, per esempio, rispondere seriamente alla sfida pastorale che costituisce lÂ’adattamento legittimo della Sacra Liturgia, dellÂ’Omelia e della Catechesi, alla mentalità, agli usi e costumi, alla religiosità popolare, alla propensione alla festa e al pellegrinaggio dei nostri fratelli e sorelle Zingari. Si dovrebbe già procedere qui a trovare soluzioni adeguate in quegli spazi lasciati alla creatività e al genio popolare e culturale di ciascun popolo, allÂ’interno dello stesso Rito latino, senza trascurare il patrimonio delle Chiese Cattoliche Orientali. Ciò vale per la Celebrazione eucaristica e anche per lÂ’amministrazione dei Sacramenti.

Occorre inoltre riconoscere il ricco patrimonio culturale e spirituale dei migranti e rifugiati come "risorsa" per la Chiesa locale, comprese le espressioni appropriate della loro religiosità popolare e delle legittime celebrazioni liturgiche.

Con lÂ’Islam, poi, abbiamo in comune la credenza in Dio Creatore e Misericordioso, la preghiera quotidiana, il digiuno, l'elemosina, il pellegrinaggio, l'ascesi per il dominio delle passioni, la lotta all'ingiustizia e all'oppressione, anche se con espressioni o manifestazioni diverse. Accanto a queste convergenze, però, ci sono anche delle divergenze, per cui, ad evitare fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente riconosciamo, per rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla religione dell'altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche della evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle Autorità Pubbliche. 

Si deve comunque rispettare la fede delle persone in mobilità, soprattutto se professano altre credenze, evitando di fare inviti inopportuni affinché essi partecipino nelle nostre celebrazioni religiose o alla nostra preghiera. Si potrebbe invece, come nel caso dei marittimi, avvisarli che ci sono appositi locali (e.g. nei Centri “Stella Maris”) dove essi possano pregare. Tale rispetto è giunto a predisporre oggetti sacri per lÂ’uso da parte di credenti di altre religioni.

Proseguendo in questa breve ma significativa carrellata, notiamo che nel mondo della mobilità umana, i luoghi di culto delle cappellanie (negli aeroporti e nei porti, per esempio) diventano sempre più ecumenici o interreligiosi. Per gli aeroporti, richiamiamo comunque le Direttive pastorali cattoliche dellÂ’Aviazione Civile, dove si “prevede di condividere una cappella dÂ’aeroporto con altre Chiese cristiane o Comunità ecclesiali, qualora non sia possibile ottenere uno spazio separato per la cappella cattolica, [ma] solo dopo le debite consultazioni con le rispettive autorità, per valutare la possibilità di una ‘reciprocitàÂ’ legittima secondo la dottrina e le tradizioni proprie di ogni denominazione” (CCA Dir. 20).

Vale in questo contesto “ricordare qui Â… la legittimità, per i non cattolici, in determinate circostanze, di ricevere l'Eucarestia assieme ai cattolici, secondo quanto afferma anche la recente Enciclica Ecclesia de Eucharistia. Infatti ‘se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all'amministrazione dell'Eucarestia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l'obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l'eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una intercomunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale” (EMCC 57). 

Nei santuari, infine, molti sono i visitatori non cristiani che assistono liberamente anche alle celebrazioni liturgiche, si informano sui luoghi di pellegrinaggio e condividono altresì, con gli altri pellegrini, alcuni valori religiosi. Tra le iniziative in questo campo si può citare il movimento dei pellegrinaggi islamo-cristiani (la cosiddetta “Via di Maria”) che organizza incontri e scambi allÂ’interno di un percorso in cui credenti delle due menzionate religioni diventano pellegrini sulle orme di Maria.

14. Dialogo e matrimonio

Iniziamo anche qui con una citazione di Erga migrantes caritas Christi: “Per quanto riguarda Â… il matrimonio fra cattolici e migranti non cristiani lo si dovrà sconsigliare, pur con variata intensità, secondo la religione di ciascuno, con eccezione in casi speciali, secondo le norme del CIC e del CCEO. Bisognerà infatti ricordare, con le parole di Papa Giovanni Paolo II, che ‘nelle famiglie in cui ambedue i coniugi sono cattolici, è più facile che essi condividano la propria fede con i figli. Pur riconoscendo con gratitudine quei matrimoni misti che hanno successo nel nutrire la fede sia degli sposi sia dei figli, [la Chiesa] Â… incoraggia gli sforzi pastorali volti a promuovere matrimoni tra persone della stessa fede’” (EMCC 63).

“In caso poi di richiesta di matrimonio di una donna cattolica con un musulmano, Â… si dovrà fare una preparazione particolarmente accurata e approfondita durante la quale i fidanzati saranno condotti a conoscere e ad ‘assumereÂ’ con consapevolezza le profonde diversità culturali e religiose da affrontare, sia tra di loro, sia in rapporto alle famiglie e all'ambiente di origine della parte musulmana, a cui eventualmente si farà ritorno dopo una permanenza all'estero. In caso di trascrizione del matrimonio presso un Consolato dello Stato di provenienza islamico, la parte cattolica dovrà Â… guardarsi dal pronunciare o dal firmare documenti contenenti la shahada (professione di credenza musulmana). I matrimoni tra cristiani e musulmani, avranno comunque bisogno, se celebrati nonostante tutto, oltreché della dispensa canonica, del sostegno della comunità cristiana, prima e dopo il matrimonio. Uno dei servizi importanti dell'associazionismo, del volontariato e dei consultori cattolici, sarà quindi l'aiuto a queste famiglie nell'educazione dei figli ed eventualmente il sostegno verso la parte meno tutelata della famiglia musulmana, cioè la donna, nel conoscere e perseguire i propri diritti” (EMCC 67).

“Per il battesimo dei figli, infine, le norme delle due religioni (cattolica e musulmana) sono Â… fortemente in contrasto. Il problema va posto quindi con grande chiarezza durante la preparazione al matrimonio e la parte cattolica dovrà impegnarsi su quanto la Chiesa richiede. La conversione e la richiesta del Battesimo di musulmani adulti esigono pure una ponderata attenzione, sia per la natura particolare della religione musulmana che per le conseguenze che ne derivano” (EMCC 68).

15. Il Dialogo porta alla comunione nella diversità

LÂ’invito a vivere "la comunione nella diversità" fa riconoscere l'importanza del dialogo tra culture e religioni diverse. Un itinerario di comunione implica quindi lÂ’accettazione delle legittime diversità. Cito: “Le diverse identità culturali devono Â… aprirsi ad una logica universale, non già sconfessando le proprie positive caratteristiche, ma mettendole a servizio dell'intera umanità. Mentre impegna ogni Chiesa particolare, questa logica evidenzia e manifesta quella unità nella diversità che si contempla nella visione trinitaria, la quale, a sua volta, rimanda la comunione di tutti alla pienezza della vita personale di ciascuno” (EMCC 34).

La mobilità umana offre alla Chiesa l'opportunità di realizzare più concretamente la sua identità comunionale e la sua vocazione missionaria. Tale fenomeno – attesta il Vicario di Cristo – offre “alle singole Chiese locali l'occasione di verificare la loro cattolicità, che consiste non solo nell'accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel realizzare la comunione di tali etnie. Il pluralismo etnico e culturale nella Chiesa non costituisce una situazione da tollerarsi in quanto transitoria ma una sua dimensione strutturale. L'unità della Chiesa non è data dall'origine e lingua comuni, ma dallo Spirito di Pentecoste che, raccogliendo in un solo Popolo genti di lingue e nazioni diverse, conferisce a tutte la fede nello stesso Signore e la chiamata alla stessa speranza” (EMCC 103).

Tale apertura alle culture, però, “non significa accettarle tutte indiscriminatamente, ma rispettarle – perché inerenti alle persone – ed eventualmente apprezzarle nella loro diversità. La ‘relativitàÂ’ delle culture è del resto sottolineata anche dal Concilio Vaticano II. La pluralità è ricchezza e il dialogo è già realizzazione, anche se imperfetta e in continua evoluzione, di quell'unità definitiva a cui l'umanità aspira ed è chiamata” (EMCC 30). A tale riguardo, il Concilio Vaticano II, indica l'atteggiamento evangelico da assumere e invita a coltivare i valori comuni e a chiarire e rispettare le diversità, senza rinunciare ai principi cristiani e cedere al relativismo religioso. Le comunità cattoliche sono dunque invitate al discernimento. Si tratta di distinguere nelle dottrine e pratiche religiose e nelle leggi morali ciò che è condivisibile da quello che non lo è.

16. Dialogo e disciplina ecclesiale

EÂ’ necessario ricordare qui che per intavolare fruttuosamente qualsiasi dialogo, occorre seguire le linee ed orientamento prescritto dal Magistero della Chiesa. In questi ultimi tempi, ad esempio, “è andata sempre più rafforzandosi, – e sto citando Erga migrantes caritas Christi – in Paesi di antica tradizione cristiana, la presenza di immigrati non cristiani, nei confronti dei quali fanno da sicuro orientamento vari pronunciamenti magisteriali e particolarmente la Enciclica Redemptoris Missio nonché l'Istruzione Dialogo e Annuncio” (EMCC 59).

Così, per esempio, riprendendo lÂ’attenzione agli Zingari, vi è un richiamo alle direttive impartite dalla Santa Sede. Di fatto, – come dicevamo – vÂ’è lÂ’invito a percorrere quegli spazi lasciati alla creatività e al genio popolare e culturale di ciascun popolo, nella Liturgia, senza precludere il cammino a soluzioni con tempi lunghi, in comunione con la Santa Sede e la Gerarchia locale.

Concludo con un ultimo esempio preso dallÂ’apostolato dei cieli, come si diceva: Per poter condividere una cappella dÂ’aeroporto con altre Chiese cristiane o Comunità ecclesiali, quando non è possibile avere una Cappella puramente cattolica, occorre ottenere prima il benestare dellÂ’Ordinario del luogo dove si trova lÂ’aeroporto, come anche delle rispettive Autorità delle altre Chiese o Comunità ecclesiali. 

 * * *

 Come potete costatare è ricco dÂ’insegnamenti, referentisi al dialogo, il bagaglio che possiamo trarre, combinando “nova et vetera” dai più recenti documenti del nostro Pontificio Consiglio, o da esso “animati”. Quanto fin qui presentato sia il nostro “viaticum” (nobiscum in via) durante questi due giorni della Plenaria. Di nuovo, a tutti, buon lavoro “in nomine Domini”. 


Sigle e Abbreviazioni valide anche per il seguente Allegato

AOS - Sintesi dei Lavori al XXI° Congresso Mondiale dellÂ’Apostolato del Mare (Rio de Janeiro, 29 Settembre - 5 Ottobre 2002)

App - Appelli

CCA Dir - “Direttive per la Pastorale Cattolica dell’Aviazione Civile” (dagli Atti del IV Seminario Europeo dei Cappellani Cattolici d’Aeroporto: Lione, 12-16 maggio 2003)

EMCC - Istruzione Erga migrantes caritas Christi

 MR - Documento Finale del V Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati (Roma, 17 – 22 Novembre 2003)

Racc - Raccomandazioni 

Res - Resoconto

RS - Dichiarazione Finale del I Congresso asiatico dei Rettori dei Santuari (Metro-Manila, 20-25 ottobre 2003).

Tur - Comunicato Finale del I Incontro sulla Pastorale del Turismo nei Paesi del Medio Oriente e del Nord-Africa (Fatqa, Libano, 6 - 7 marzo 2003) 

Zin - Documento Finale del V° Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari (Budapest, 30 giugno-7 luglio 2003)


ALLEGATO

Estratti dai più recenti documenti del nostro Pontificio Consiglio (o da esso “animati”) su dialogo ecumenico, 

interreligoso e interculturale (seguendo i sottotitoli)

  

1. Necessità del dialogo

“Sacramento di unità, la Chiesa vince le barriere e le divisioni ideologiche o razziali e a tutti gli uomini e a tutte le culture proclama la necessità di tendere alla verità, in una prospettiva di giusto confronto, di dialogo e d'accoglienza reciproca” (EMCC 34).

“Tenendo conto che i flussi migratori portano sempre più alla formazione di società multiculturali e multi-religiose, il Congresso ha sottolineato lÂ’importanza di un dialogo crescente tra culture e religioni, così come tra Chiese Cristiane e Comunità Ecclesiali” (MR Racc Introd).

“Bisogna essere ecumenici e lavorare fraternamente e strettamente con le altre Chiese cristiane, nello Spirito dell’ICMA” (AOS Racc).

“Cogliendo Â… [il] cenno alla presenza di varie Chiese e Comunità cristiane, il Congresso raccomanda di voler procedere nel dialogo ecumenico e inter-religioso pure allÂ’interno del mondo zingaro, secondo le direttive al riguardo impartite dalla Santa Sede” (Zin Racc 5).

2. Pastorale dialogante

“Il carattere planetario, che ha ora il fenomeno della mobilità umana, comporta certo il superamento, in un certo senso, di una pastorale esclusivamente mono-etnica, che ha in fondo caratterizzato finora sia le Cappellanie/Missioni straniere che le parrocchie territoriali dei Paesi di accoglienza, e ciò in vista di una pastorale impostata sul dialogo e su una costante, mutua collaborazione. Â… E' necessario pensare cioè a nuove strutture che, da una parte, risultino più “stabili”, con una più precisa configurazione giuridica nelle Chiese particolari e, dall'altra, rimangano flessibili e aperte ad una immigrazione mobile o temporanea. Non è cosa facile, ma sembra essere ormai questa la sfida del futuro” (EMCC 90).

“Il Congresso ha esaminato la sollecitudine pastorale della Chiesa [per i migranti e i rifugiati], tenendo conto del dialogo multiculturale, inter-religioso ed ecumenico” (MR Racc Introd).

“Il Pontificio Consiglio ha dunque il compito di suscitare, promuovere e animare le opportune iniziative pastorali a favore di coloro che, per propria scelta o per necessità, lasciano il loro luogo di residenza abituale, nonché di seguire con attenzione le questioni sociali, economiche e culturali che di solito sono all'origine di tali spostamenti. Â… Negli ultimi tempi, poi, anche nelle relazioni ecumeniche si è inserita la dimensione migratoria, per cui si moltiplicano i primi contatti al riguardo con altre Chiese e Comunità ecclesiali. La prospettiva si fa attenta anche al dialogo inter-religioso” (EMCC 32).    

“Ci sono ancora troppi porti senza AOS o qualunque altro ministero a favore dei marittimi, soprattutto considerando che tutti i marittimi, qualunque sia la loro razza, colore, religione, sesso o opinione politica, hanno il diritto e il bisogno della nostra cura e ministero” (AOS Racc).

 Â“Per riassumere, la pastorale dellÂ’aviazione civile viene esercitata in favore di tutti coloro che, in un modo o nellÂ’altro appartengono al mondo dellÂ’Aviazione Civile, in modo temporaneo o permanente, a prescindere dalla loro nazionalità, cultura o fede religiosa…” (CCA Dir 8).

3. Dialogo e missione

“Nella società contemporanea, che le migrazioni contribuiscono a configurare sempre più come multietnica, interculturale e multireligiosa, i cristiani sono chiamati ad affrontare un capitolo sostanzialmente inedito e fondamentale del compito missionario: quello di esercitarlo nelle terre di antica tradizione cristiana. Con molto rispetto e attenzione per le tradizioni e culture dei migranti, siamo cioè chiamati, noi cristiani, a testimoniare il Vangelo della carità e della pace anche a loro e ad annunciare esplicitamente pure ad essi la Parola di Dio, in modo che li raggiunga la Benedizione del Signore promessa ad Abramo e alla sua discendenza per sempre” (EMCC 100).

“La grande diversità di origine, nei flussi migratori, ha posto il dialogo ecumenico e inter-religioso al centro della pastorale dei migranti e rifugiati, facendo di esso non unÂ’opzione, ma un obbligo inerente alla missione della Chiesa nel mondo della migrazione” (MR Racc Dialoghi n. 2).

“Dialogo e missione sono entrambi espressione del Ministero della Chiesa. Missio ad gentes (missione alle genti), missio ad migrantes (missione per i migranti) e missio migrantium (missione ad opera dei migranti) devono essere considerate dimensioni interdipendenti della nuova Evangelizzazione” (MR Racc Dialoghi n. 4).

“Il Congresso fa appello alla Chiesa, alla sua Gerarchia, ai suoi membri e alle sue Organizzazioni collegate affinché rispondano alle varie richieste di aiuto con approccio olistico alla pastorale, integrando, in particolare, più profonda cooperazione ecumenica e dialogo tra culture e fra religioni” (MR App I.3.d-e).

“Le Chiese particolari sono chiamate dunque ad aprirsi, proprio a causa dell'Evangelo, ad una miglior accoglienza dei migranti, anche con iniziative pastorali d'incontro e di dialogo, ma altresì aiutando i fedeli a superare pregiudizi e prevenzioni” (EMCC 100).

4. Formazione al Dialogo

“Dialogare con gli altri presuppone che i partner nel dialogo siano ben consapevoli della loro identità culturale e ben formati nella loro religione” (MR Racc Introd).

“Questo esige che le comunità cattoliche di accoglienza apprezzino ancora di più la loro identità, verifichino la loro fedeltà a Cristo, conoscano bene i contenuti della fede, riscoprano la missionarietà e quindi si impegnino nella testimonianza a Gesù, il Signore, e al suo Vangelo. Ciò è dunque presupposto necessario per una disponibilità al dialogo sincero, aperto e rispettoso con tutti, che non sia peraltro né ingenuo, né sprovveduto” (EMCC 60).

“Le società odierne, religiosamente sempre più composite, anche a causa dei flussi migratori, richiedono dunque ai cattolici una convinta disponibilità al vero dialogo interreligioso. A tale scopo, nelle Chiese particolari, dovrà essere assicurata ai fedeli e agli stessi Operatori pastorali una solida formazione e informazione circa le altre religioni, per sconfiggere pregiudizi, per superare il relativismo religioso e per evitare chiusure e paure ingiustificate, che frenano il dialogo ed erigono barriere, provocando anche violenza o incomprensioni. Le Chiese locali avranno cura di inserire tale formazione nei programmi educativi dei Seminari e delle scuole e Parrocchie” (EMCC 69).

“Nel contesto delle società interculturali nellÂ’Europa orientale [è emersa] la necessità di una speciale preparazione degli insegnanti per poter comprendere la mentalità degli Zingari, al fine di sciogliere i conflitti tra studenti zingari e non-zingari e affrontare le difficili esigenze derivate dai problemi linguistici. Essi devono inoltre essere ben formati in storia, cultura e arte degli Zingari” (Zin Res 6.c.).

5. La Scuola educa al dialogo

“La Chiesa deve contribuire allÂ’educazione al dialogo interculturale, inter-religioso ed ecumenico, specialmente nelle sue scuole” (MR Racc Studio n. 6).

“Venga dunque praticata nella scuola una educazione di tutti gli alunni al rispetto della diversità e della socialità” (Zin App 7).

“La scuola Â… non sarà un luogo di umiliazione e di emarginazione [per gli Zingari], dove sono messi in evidenza solo le lacune dellÂ’ambiente di appartenenza, ma anche la valorizzazione della propria cultura, nel rispetto dellÂ’educazione familiare, che deve essere riconosciuta come basilare altresì nella formazione del bambino zingaro” (Zin Racc 1).

“Le scuole cattoliche Â… non devono rinunciare alle loro caratteristiche peculiari e al proprio progetto educativo, cristianamente orientato, quando vengono in esse accolti figli di migranti di altre religioni. Di questo andranno chiaramente informati i genitori che volessero iscrivervi i propri figli. Al tempo stesso nessun bambino dovrà essere obbligato a partecipare a liturgie cattoliche o a compiere gesti contrari alle proprie convinzioni religiose. Inoltre le ore di religione previste dal programma, se effettuate con carattere scolastico, potrebbero liberamente servire agli alunni per conoscere una credenza diversa dalla loro. In queste ore si dovrà comunque educare tutti al rispetto – senza relativismi – delle persone di altra convinzione religiosa” (EMCC 62).

6. Dialogo con la popolazione autoctona

“Il Congresso fa appello a tutti i migranti e rifugiati affinché si impegnino nel dialogo con la popolazione autoctona e ad interessarsi alla sua cultura” (MR App V.4).

“Il Congresso fa appello a tutti i migranti e rifugiati affinché apprezzino il Paese d'accoglienza e ne rispettino le leggi e lÂ’identità culturale” (MR App V.7).

“Il Congresso fa appello alla società civile e ai suoi singoli membri al fine di aiutare i migranti e rifugiati a sentirsi il più possibile a casa nel Paese d'accoglienza, nonostante la loro situazione” (MR App  VI.4).

“I cristiani Â… realizzeranno una accoglienza veramente fraterna, rispondendo all'invito di S. Paolo: “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio”. Certo, il semplice appello, per quanto altamente ispirato e accorato, non dà una automatica, concreta risposta a quanto ci assilla giorno per giorno; non elimina, ad esempio, una diffusa paura o l'insicurezza della gente, non assicura il doveroso rispetto della legalità e la salvaguardia della comunità di accoglienza. Ma lo spirito autenticamente cristiano darà stile e coraggio nell'affrontare questi problemi e suggerirà i modi concreti con cui, nella vita quotidiana delle nostre comunità cristiane, siamo chiamati a risolverli. Per questo l'intera Chiesa del Paese di accoglienza deve sentirsi interessata e mobilitata nei confronti dei migranti. Nelle Chiese particolari va dunque ripensata e programmata la pastorale per aiutare i fedeli a vivere una fede autentica nel nuovo odierno contesto multiculturale e plurireligioso. Con l'aiuto di Operatori sociali e pastorali, è così necessario far conoscere agli autoctoni i complessi problemi delle migrazioni e contrastare sospetti infondati e pregiudizi offensivi verso gli stranieri. Nell'insegnamento della religione e nella catechesi si dovrà trovare il modo adeguato di creare nella coscienza cristiana il senso dell'accoglienza, specialmente dei più poveri ed emarginati, come spesso sono i migranti, un'accoglienza tutta fondata sull'amore a Cristo, certi che il bene fatto al prossimo, particolarmente al più bisognoso, per amore di Dio, è fatto a Lui stesso. Tale catechesi comunque non potrà non riferirsi ai gravi problemi che precedono e accompagnano il fenomeno migratorio, quali la questione demografica, il lavoro e le sue condizioni (fenomeno del lavoro nero), la cura dei molti anziani, la malavita, lo sfruttamento e il traffico e contrabbando di esseri umani” (EMCC 40-41).

7. Dialogo contro ogni pregiudizio, razzismo e xenofobia

“Il Magistero ha ribadito pure la necessità di una politica che assicuri a tutti i migranti la certezza del diritto, evitando accuratamente ogni possibile discriminazione, sottolineando una vasta gamma di valori e comportamenti (lÂ’ospitalità, la solidarietà, la condivisione) e la necessità di rigettare ogni sentimento e manifestazione di xenofobia e razzismo da parte di chi li riceve. Grande attenzione è data Â… alla formazione, mediante le migrazioni, di società multiculturali. La pluralità culturale sollecita così l'uomo contemporaneo al dialogo e al confronto anche sulle grandi questioni esistenziali quali il senso della vita e della storia, della sofferenza e della povertà, della fame e delle malattie, della morte” (EMCC 30).

“Il Congresso fa appello alla società civile e ai suoi singoli membri al fine di incontrare i migranti e rifugiati senza alcun pregiudizio” (MR App VI.1).

“Il Congresso fa appello alla società civile e ai suoi singoli membri al fine di apprezzare le origini culturali di ogni persona, e rispettare le diverse abitudini culturali, nella misura in cui non contraddicano i valori etici universali inerenti al diritto naturale o ai diritti umani” (MR App VI.2).

“Il Congresso fa appello alla società civile e ai suoi singoli membri al fine di combattere il razzismo, la xenofobia e lÂ’esagerato nazionalismo” (MR App VI.3).

“Domandiamo quindi alle Chiese locali di avere uno spirito profetico per la denuncia delle ingiustizie di cui sono vittime dei gruppi zingari che si trovano nel loro territorio: sono ingiustizie che manifestano sia indifferenza egoistica, sia pregiudizi e discriminazioni” (Zin App 10).

“In questo ambito (del ruolo dei mass-media nella questione zingara) esiste una forte tendenza alle generalizzazioni e allÂ’accettazione di pregiudizi inveterati: gli Zingari sono, infatti, nellÂ’Europa centrale, il gruppo sociale meno conosciuto e anche il più colpito, a tale riguardoÂ… Così i cittadini, magari senza una esperienza personale, ricevono unÂ’immagine degli Zingari che rafforza il pregiudizio già esistente. Essa è inoltre dominata da conflitti: vengono così privilegiati, purtroppo, aspetti negativi, senza dare spazio a quelli positivi” (Zin Res 9).

8. Dialogo in vista di una integrazione (non assimilazione)

“Le migrazioni Â… favoriscono anche la conoscenza reciproca e sono occasione di dialogo e comunione, se non di integrazione a vari livelli, come afferma emblematicamente Papa Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2001: ‘Sono molte le civiltà che si sono sviluppate e arricchite proprio per gli apporti dati dall'immigrazione. In altri casi, le diversità culturali di autoctoni e immigrati non si sono integrate, ma hanno mostrato la capacità di convivere, attraverso una prassi di rispetto reciproco delle persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi’” (EMCC 2).

“E' compito dei cristiani, in modo particolare, aiutare gli immigrati a inserirsi nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone le leggi civili” (EMCC 60).

“Il Congresso fa appello a tutti i migranti e rifugiati affinché aiutino i propri figli e nipoti nei loro sforzi verso una piena integrazione nel Paese di accoglienza, preservando nel contempo la loro identità culturale” (MR App V.6).

“Ai Congressisti è risultato, Â… dallÂ’analisi della documentazione internazionale recente, che esiste un desiderio, reale, in graduale sviluppo, da parte dei Rom di impegnarsi ormai risolutamente nella via dellÂ’integrazione (= inclusione) giuridica nelle comunità nazionali con le quali essi hanno un legame di vita e di lavoro. Questo atteggiamento, frutto di una mutazione nel mondo dei Rom già annunciata da alcuni anni, può risultare determinante nella riuscita dei processi di inclusione e di integrazione” (Zin App 9).

9. Dialogo al fine dÂ’inculturare

“Le diverse identità culturali devono Â… aprirsi ad una logica universale, non già sconfessando le proprie positive caratteristiche, ma mettendole a servizio dell'intera umanità. Mentre impegna ogni Chiesa particolare, questa logica evidenzia e manifesta quella unità nella diversità che si contempla nella visione trinitaria, la quale, a sua volta, rimanda la comunione di tutti alla pienezza della vita personale di ciascuno. In questa prospettiva la situazione culturale odierna, nella sua dinamica globale, per una incarnazione dell'unica fede nelle varie culture, rappresenta una sfida senza precedenti, vero kairòs che interpella il Popolo di Dio” (EMCC 34).

“L’‘inculturazioneÂ’ comincia con l'ascolto, con la conoscenza cioè, di coloro a cui si annuncia il Vangelo. Tale ascolto e conoscenza portano infatti a una valutazione più adeguata dei valori e disvalori presenti nella loro cultura alla luce del mistero pasquale di morte e di vita. Non basta qui la tolleranza, occorre la simpatia, cioè il rispetto, per quanto possibile, dell'identità culturale degli interlocutori. Riconoscerne gli aspetti positivi e apprezzarli, perché preparano ad accogliere il Vangelo, è un preambolo necessario per l'esito dell'annuncio. Solo in questo modo nasce il dialogo, la comprensione e la fiducia. L'attenzione al Vangelo si fa così anche attenzione alle persone, alla loro dignità e libertà. Promuoverle nella loro integrità esige impegno di fraternità, solidarietà, servizio e giustizia” (EMCC 36).

10. Il dialogo implica reciprocità

 Â“Nelle relazioni tra cristiani e aderenti ad altre religioni riveste Â… grande importanza il principio della reciprocità, intesa non come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi. La reciprocità è anche un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri. Una sana reciprocità spinge ciascuno a diventare ‘avvocatoÂ’ dei diritti delle minoranze dove la propria comunità religiosa è maggioritaria. Si pensi in questo caso anche ai numerosi migranti cristiani in Paesi con maggioranza non cristiana della popolazione, dove il diritto alla libertà religiosa è fortemente ristretto o conculcato” (EMCC 64).

“Si avrà un reciproco, particolare riguardo dei rispettivi ordinamenti della Chiesa cattolica e delle Chiese non in piena comunione con essa, come raccomandato nel Direttorio per l'applicazione di Principi e Norme sull'Ecumenismo: ‘I cattolici devono dar prova di un sincero rispetto per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, e queste sono invitate a mostrare lo stesso rispetto per la disciplina cattolica’” (EMCC 58).

“In una cappella condivisa, i cattolici devono, certamente, mostrare un rispetto sincero per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Queste, a loro volta, dovranno avere lo stesso rispetto per la disciplina cattolica” (CCA Dir 21).  

“La carità e creatività pastorale dovranno rivolgersi alla famiglia e alla comunità zingara, prendendole dal di dentro, nelle caratteristiche culturali proprie, per valorizzarne gli aspetti positivi e vincere, a poco a poco, i limiti che vi sono insiti (per es. lÂ’uguaglianza fondamentale fra lÂ’uomo e la donna). Il mistero pasquale di morte e di vita “segna” il cristiano, ma anche le culture. Qualcosa dovrà morire pure in esse, per quel passaggio di purificazione verso lÂ’elevazione e la trasformazione di tutto lÂ’uomo/donna e della sua cultura in Cristo e alla luce del VangeloÂ… In tutto ciò si avrà cura di vincere la situazione di ghetto in cui la famiglia e comunità zingara spesso si trovano. Ad ogni modo anche la cultura zingara dovrà gradatamente aprirsi a quei valori che sono già patrimonio valido della società” (Zin Racc 2.).

“La cultura zingara è anche unÂ’interpellanza a quella gadgè; entrambe si dovrebbero quindi scambiare reciprocamente i propri doni. LÂ’impegno apostolico presso gli Zingari porta dunque a una trasformazione degli stessi operatori pastorali gadgè. La presenza zingara, in definitiva, domanda una trasformazione sostanziale della società gadgè, in modo tale che il dialogo fra Zingari e non-Zingari si svolga a parità di condizioni” (Zin Res 11.e.).

11. Dialogo della vita

“La presenza, sempre più numerosa, anche di immigrati cristiani non in piena comunione con la Chiesa Cattolica, offre alle Chiese particolari nuove possibilità di vivere la fraternità ecumenica nella concretezza della vita quotidiana e di realizzare, lontani da facili irenismi e dal proselitismo, una maggiore comprensione reciproca fra Chiese e Comunità ecclesiali” (EMCC 56).

“L’‘ecumenismo della vita quotidianaÂ’, nel caso dei migranti, non mancheranno di avere benefici effetti. Momenti salienti d'impegno ecumenico potranno essere, in ogni caso, le grandi feste liturgiche delle differenti Confessioni, le tradizionali Giornate mondiali della pace, del migrante e del rifugiato e la Settimana annuale di preghiera per l'unità dei cristiani” (EMCC 58).

“Soprattutto con la testimonianza della vita i cristiani sono comunque chiamati a denunciare certi disvalori presenti nei Paesi industrializzati e ricchi (materialismo e consumismo, relativismo morale e indifferentismo religioso), che potrebbero scuotere le convinzioni religiose degli immigrati. Auspichiamo anzi che tale impegno nei confronti dei migranti non sia condotto solo da singoli cristiani, o dalle tradizionali Organizzazioni di aiuto e soccorso, ma venga inscritto anche nel complessivo programma di Movimenti e Associazioni ecclesiali” (EMCC 60).

“Il dialogo fraterno e il rispetto reciproco, testimonianza vissuta dell'amore e dell'accoglienza, costituiranno così di per sé la prima e indispensabile forma di evangelizzazione” (EMCC 99).

12. Dialogo e nuova evangelizzazione

“Abbiamo pensato dunque a questa Istruzione, che intende Â… trasformare sempre più l'esperienza migratoria in veicolo di dialogo e di annuncio del messaggio cristiano” (EMCC 3).

“Anche per gli immigrati non cristiani la Chiesa si impegna nella promozione umana e nella testimonianza della carità, che ha già di per sé un valore evangelizzatore, atto ad aprire i cuori all'annuncio esplicito del Vangelo, fatto con la dovuta cristiana prudenza e totale rispetto della libertàÂ… La Chiesa è dunque chiamata a entrare in dialogo con essi, dialogo [che] deve essere condotto e attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza” (EMCC 59).

“Ci troviamo di fronte, cioè, ad un pluralismo culturale e religioso forse mai sperimentato così coscientemente finora. Da una parte si procede a grandi passi verso una apertura mondiale, facilitata dalla tecnologia e dai mass‑media – che arriva a porre a contatto o addirittura a rendere interni l'uno all'altro universi culturali e religiosi tradizionalmente diversi ed estranei tra loro –, dall'altra rinascono esigenze di identità locale, che colgono nella specificità culturale di ciascuno lo strumento della propria realizzazione. Questa fluidità culturale rende quindi ancor più indispensabile l’‘inculturazioneÂ’ perché non si può evangelizzare senza entrare in profondo dialogo con le culture. Insieme a popoli con radici diverse, altri valori e modelli di vita bussano dunque alla nostra porta. Mentre ogni cultura tende così a pensare il contenuto del Vangelo nel proprio ambito di vita, compete al Magistero della Chiesa guidare tale tentativo e giudicarne la validità” (EMCC 35-36).

“Il dialogo tra le religioni non deve però essere inteso soltanto come ricerca di punti comuni per insieme costruire la pace, ma soprattutto come occasione per recuperare le dimensioni comuni all'interno delle rispettive comunità: ci riferiamo alla preghiera, al digiuno, alla vocazione fondamentale dell'uomo, all'apertura al Trascendente, all'adorazione di Dio, alla solidarietà tra le Nazioni. Tuttavia, deve restare per noi irrinunciabile l'annuncio, esplicito o implicito, secondo le circostanze, della salvezza in Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini, al quale tende tutta l'opera della Chiesa, in modo tale che né il dialogo fraterno né lo scambio e condivisione di valori ‘umaniÂ’ possano sminuire l'impegno ecclesiale di evangelizzazione” (EMCC 69).

“Il dialogo multiculturale, inter-religioso ed ecumenico deve essere portato avanti in un contesto di ‘nuova evangelizzazione’” (MR Racc Dialoghi n. 3).

“Dialogo e missione sono entrambi espressione del Ministero della Chiesa. Missio ad gentes (missione alle genti), missio ad migrantes (missione per i migranti) e missio migrantium (missione ad opera dei migranti) devono essere considerate dimensioni interdipendenti di questa nuova evangelizzazione” (MR Racc Dialoghi n. 4).

“Noi, i Rettori dei Santuari dellÂ’Asia studieremo le immense possibilità di Inculturazione e Dialogo, mentre si proclama la Buona Novella, nei luoghi di pellegrinaggi attraverso incontri religiosi, celebrazioni liturgiche, devozioni popolari significative, assistenza caritativa e persino attraverso il disegno architettonico delle chiese e santuari. EÂ’ nostro scopo mantenerci in contatto profondamente con le tradizioni culturali e storiche delle nostre nazioni Â… Accettiamo la sfida di aprire vasti orizzonti di dialogo tra le culture e con altri gruppi religiosi nella ferma speranza di arrivare alla sicura rivelazione di Cristo” (RS 3).

“La testimonianza di vita cristiana degli operatori pastorali è sempre importante, ma essa diventa ancora più determinante quando si è impegnati con Zingari non-cristiani. In queste situazioni risulta conveniente puntare in modo speciale sui valori etici della vita, sul miglioramento della loro condizione sociale, ecc. Evangelizzazione e promozione umana vanno insieme” (Zin Res 11.f.).

13. Dialogo, Liturgia, preghiera e luoghi di culto

“I fondamenti ecclesiologici della pastorale dei migranti aiuteranno anche nel tendere a una Liturgia più attenta alla dimensione storica e antropologica delle migrazioni, affinché la celebrazione liturgica diventi espressione viva di comunità di fedeli che camminano hic et nunc nelle vie della salvezza. Si apre così la questione del rapporto della Liturgia con l'indole, la tradizione e il genio dei vari gruppi culturali e quella di saper rispondere a particolari situazioni sociali e culturali, nell'ambito di una pastorale che si faccia carico di una specifica formazione e animazione liturgica, promuovendo anche una più larga partecipazione dei fedeli nella Chiesa particolare” (EMCC 44). 

“La credenza in Dio Creatore e Misericordioso, la preghiera quotidiana, il digiuno, l'elemosina, il pellegrinaggio, l'ascesi per il dominio delle passioni, la lotta all'ingiustizia e all'oppressione, sono valori [dellÂ’Islam] comuni, presenti anche nel Cristianesimo, peraltro con espressioni o manifestazioni diverse. Accanto a queste convergenze, ci sono anche delle divergenze, alcune delle quali riguardano le acquisizioni legittime della modernità. Tenendo in considerazione specialmente i diritti umani, auspichiamo perciò che avvenga, da parte dei nostri fratelli e sorelle musulmani, una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l'esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell'uomo, del principio democratico nel governo della società e della sana laicità dello Stato. Si dovrà altresì raggiungere un'armonia tra visione di fede e giusta autonomia del creato” (EMCC 66).

“Ad evitare comunque fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente riconosciamo, per rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla religione dell'altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche della evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle Autorità Pubbliche. Gli spazi di tipo sociale, invece, – quelli per il tempo libero, il gioco ed altri momenti di socializzazione – potrebbero e dovrebbero rimanere aperti a persone di altre religioni, nel rispetto delle regole seguite in tali spazi. La socializzazione che ivi avviene sarebbe in effetti un'occasione per favorire l'integrazione dei nuovi arrivati e preparare mediatori culturali capaci di favorire il superamento delle barriere culturali e religiose promuovendo una adeguata conoscenza reciproca” (EMCC 61).

“Da ricordare qui è poi la legittimità, in determinate circostanze, per i non cattolici, di ricevere l'Eucarestia assieme ai cattolici, secondo quanto afferma anche la recente Enciclica Ecclesia de Eucharistia. Infatti ‘Se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all'amministrazione dell'Eucarestia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l'obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l'eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una intercomunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale. In tal senso si è mosso il Concilio Vaticano II, fissando il comportamento da tenere con gli Orientali che, trovandosi in buona fede separati dalla Chiesa cattolica, chiedono spontaneamente di ricevere l'Eucarestia dal ministro cattolico e sono ben disposti. Questo modo di agire è stato poi ratificato da entrambi i Codici, nei quali è considerato anche, con gli opportuni adeguamenti, il caso degli altri cristiani non orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica’” (EMCC 57).

“Oggi la realtà è che sempre più Cappellanie diventano interreligiose o ecumenicheÂ… Si richiamano le Direttive pastorali cattoliche dellÂ’Aviazione Civile che prevedono di condividere una Cappella dÂ’aeroporto con altre Chiese cristiane o Comunità ecclesiali, qualora non è possibile ottenere uno spazio separato per la Cappella cattolica, solo dopo le debite consultazioni con le rispettive autorità, per valutare la possibilità di una ‘reciprocitàÂ’ legittima secondo la dottrina e le tradizioni proprie di ogni denominazione” (cf. CCA Dir 20).

“Si può rispettare meglio la fede dei marittimi evitando di fare pressione a chiunque di essi affinché partecipino nelle celebrazioni religiose o nelle preghiere. Bisogna invece avvisare i marittimi che cÂ’è disponibilità di tempo e spazio [nei Centri ‘Stella MarisÂ’] perché possano pregare. Tale rispetto si accresce disponendo oggetti religiosi sacri per le altre religioni” (AOS Workshops, VII).

“Più volte, nel corso del Congresso, è apparsa la necessità di rispondere seriamente alla sfida pastorale che costituisce lÂ’adattamento legittimo della santa Liturgia, dellÂ’Omelia e pure della Catechesi, alla mentalità, agli usi e costumi, alla religiosità popolare, alla propensione alla festa e al pellegrinaggio, ecc., degli Zingari. Senza precludere il cammino per soluzioni con tempi lunghi, in comunione con la Santa Sede e la Gerarchia locale, il Congresso raccomanda di procedere già in quegli spazi lasciati alla creatività e al genio popolare e culturale di ciascun popolo, allÂ’interno dello stesso Rito latino, senza trascurare il patrimonio delle Chiese cattoliche orientali. Ciò vale per la Celebrazione eucaristica e anche per lÂ’amministrazione dei Sacramenti” (Zin Racc 3). 

“Il Congresso fa appello alla Chiesa, alla sua Gerarchia, ai suoi membri e alle sue Organizzazioni collegate affinché abbiano una sempre più attiva e benvenuta presenza ecclesiale di migranti e rifugiati al suo interno, riconoscendo il loro ricco patrimonio culturale e spirituale come ‘risorsaÂ’ per la Chiesa locale, comprese le espressioni appropriate della loro religiosità popolare e delle legittime celebrazioni liturgiche” (MR App I. 4).

“La musica, i riti e la dimensione festiva della Liturgia devono essere profondamente ‘segnateÂ’ dalla cultura zingara per avere una più profonda incidenza pastorale” (Zin Res 4. c.).

“Molti non cristiani fanno spesso visita ai santuari, assistono alle celebrazioni liturgiche, si informano sui luoghi santi e condividono [con gli altri pellegrini] i valori religiosi in comune con il cristianesimo. Tra le iniziative sul piano interreligioso, si cita il Movimento dei pellegrinaggi islamo-cristiani (la ‘Via di Maria’) che organizza incontri e scambi all’interno di un percorso in cui cristiani e musulmani fanno pellegrinaggi sulle orme di Maria” (Tur 9).

14. Dialogo e matrimonio

“Per quanto riguarda poi il matrimonio fra cattolici e migranti non cristiani lo si dovrà sconsigliare, pur con variata intensità, secondo la religione di ciascuno, con eccezione in casi speciali, secondo le norme del CIC e del CCEO. Bisognerà infatti ricordare, con le parole di Papa Giovanni Paolo II, che: ‘Nelle famiglie in cui ambedue i coniugi sono cattolici, è più facile che essi condividano la propria fede con i figli. Pur riconoscendo con gratitudine quei matrimoni misti che hanno successo nel nutrire la fede sia degli sposi sia dei figli, [la Chiesa] Â… incoraggia gli sforzi pastorali volti a promuovere matrimoni tra persone della stessa fede’” (EMCC 63).

“In caso poi di richiesta di matrimonio di una donna cattolica con un musulmano, – fermo restando quanto è espresso al n. 63, pur tenendo presenti i giudizi pastorali locali –, per il frutto anche di amare esperienze, si dovrà fare una preparazione particolarmente accurata e approfondita durante la quale i fidanzati saranno condotti a conoscere e ad ‘assumereÂ’ con consapevolezza le profonde diversità culturali e religiose da affrontare, sia tra di loro, sia in rapporto alle famiglie e all'ambiente di origine della parte musulmana, a cui eventualmente si farà ritorno dopo una permanenza all'estero. In caso di trascrizione del matrimonio presso un Consolato dello Stato di provenienza islamico, la parte cattolica dovrà però guardarsi dal pronunciare o dal firmare documenti contenenti la shahada (professione di credenza musulmana). I matrimoni tra cristiani e musulmani, avranno comunque bisogno, se celebrati nonostante tutto, oltreché della dispensa canonica, del sostegno della comunità cristiana, prima e dopo il matrimonio. Uno dei servizi importanti dell'associazionismo, del volontariato e dei consultori cattolici, sarà quindi l'aiuto a queste famiglie nell'educazione dei figli ed eventualmente il sostegno verso la parte meno tutelata della famiglia musulmana, cioè la donna, nel conoscere e perseguire i propri diritti” (EMCC 67).

“Per il battesimo dei figli, infine, le norme delle due religioni (cattolica e musulmana) sono – come si sa – fortemente in contrasto. Il problema va posto quindi con grande chiarezza durante la preparazione al matrimonio e la parte cattolica dovrà impegnarsi su quanto la Chiesa richiede. La conversione e la richiesta del Battesimo di musulmani adulti esigono pure una ponderata attenzione, sia per la natura particolare della religione musulmana che per le conseguenze che ne derivano” (EMCC 68).

15. Il Dialogo porta alla comunione nella diversità

“La migrazione può essere vista come un invito a vivere ‘la comunione nella diversitàÂ’. Perciò deve riconoscersi l'importanza del dialogo tra culture e tra religioni” (MR Racc Dialoghi n. 1).

“L'apertura alle diverse identità culturali però non significa accettarle tutte indiscriminatamente, ma rispettarle – perché inerenti alle persone – ed eventualmente apprezzarle nella loro diversità. La ‘relativitàÂ’ delle culture è del resto sottolineata anche dal Concilio Vaticano II. La pluralità è ricchezza e il dialogo è già realizzazione, anche se imperfetta e in continua evoluzione, di quell'unità definitiva a cui l'umanità aspira ed è chiamata” (EMCC 30).

“Le diverse identità culturali devono Â… aprirsi ad una logica universale, non già sconfessando le proprie positive caratteristiche, ma mettendole a servizio dell'intera umanità. Mentre impegna ogni Chiesa particolare, questa logica evidenzia e manifesta quella unità nella diversità che si contempla nella visione trinitaria, la quale, a sua volta, rimanda la comunione di tutti alla pienezza della vita personale di ciascuno” (EMCC 34).

“Il Concilio Vaticano II, a tale riguardo, indica l'atteggiamento evangelico da assumere e invita a purificare la memoria dalle incomprensioni del passato, a coltivare i valori comuni e a chiarire e rispettare le diversità, senza rinuncia dei principi cristiani. Le comunità cattoliche sono dunque invitate al discernimento. Si tratta di distinguere, nelle dottrine e pratiche religiose e nelle leggi morali dell'Islam, ciò che è condivisibile da quello che non lo è” (EMCC 65)

“Anche tutti i fedeli laici, pur senza particolari funzioni o compiti, sono chiamati a intraprendere un itinerario di comunione che implichi Â… accettazione delle legittime diversità. La difesa dei valori cristiani infatti passa, certo, pure attraverso la non discriminazione degli immigrati, soprattutto grazie a un vigoroso recupero spirituale dei fedeli stessi” (EMCC 99).

“[I migranti] offrono alla Chiesa l'opportunità di realizzare più concretamente la sua identità comunionale e la sua vocazione missionaria, come attesta il Vicario di Cristo: ‘Le migrazioni offrono alle singole Chiese locali l'occasione di verificare la loro cattolicità, che consiste non solo nell'accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel realizzare la comunione di tali etnie. Il pluralismo etnico e culturale nella Chiesa non costituisce una situazione da tollerarsi in quanto transitoria ma una sua dimensione strutturale. L'unità della Chiesa non è data dall'origine e lingua comuni, ma dallo Spirito di Pentecoste che, raccogliendo in un solo Popolo genti di lingue e nazioni diverse, conferisce a tutte la fede nello stesso Signore e la chiamata alla stessa speranza’” (EMCC 103).

16. Dialogo e disciplina ecclesiale

“In questi ultimi tempi è andata sempre più rafforzandosi, in Paesi di antica tradizione cristiana, la presenza di immigrati non cristiani, nei confronti dei quali fanno da sicuro orientamento vari pronunciamenti magisteriali e particolarmente la Enciclica Redemptoris Missio nonché l'Istruzione Dialogo e Annuncio” (EMCC 59).

“Il Congresso raccomanda di voler procedere nel dialogo ecumenico e inter-religioso pure all’interno del mondo Zingaro, secondo le direttive al riguardo impartite dalla Santa Sede” (Zin Racc 5).

“Senza precludere il cammino per soluzioni con tempi lunghi, in comunione con la Santa Sede e la Gerarchia locale, il Congresso raccomanda di procedere già in quegli spazi lasciati alla creatività e al genio popolare e culturale di ciascun popolo, allÂ’interno dello stesso Rito latino, senza trascurare il patrimonio delle Chiese Cattoliche Orientali. Ciò vale per la Celebrazione eucaristica e anche per lÂ’amministrazione dei Sacramenti” (Zin Racc 3). 

 Â“Si richiamano le Direttive pastorali cattoliche dellÂ’Aviazione Civile che prevedono di condividere una Cappella dÂ’aeroporto con altre Chiese cristiane o Comunità ecclesiali, qualora non è possibile ottenere uno spazio separato per la Cappella cattolica, solo dopo le debite consultazioni con le rispettive autorità, per valutare la possibilità di una ‘reciprocitàÂ’ legittima secondo la dottrina e le tradizioni proprie di ogni denominazione” (cf. CCA Dir 20).  

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