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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 96, December 2004

 

DIALOGO ECUMENICO, INTERRELIGIOSO 

E INTERCULTURALE, NEL MONDO 

DEI MIGRANTI E DEGLI ITINERANTI

(esperienze nel CCEE)

  

Mons. Aldo GIORDANO

Segretario Generale, CCEE

  

Il 22 aprile 2001, a Strasburgo, il Presidente del CCEE e della KEK1 hanno firmato, a nome di tutte le Chiese e comunità ecclesiali d’Europa, la Charta Oecumenica. Linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa. Essa è il primo documento storico di questo tipo e costituisce una specie di carta di navigazione con 26 impegni che i cristiani in Europa si assumono per rispondere con responsabilità alle esigenze del vangelo e della storia attuale. La terza parte della Charta: “La nostra comune responsabilità in Europa”, considera il contributo che le Chiese sono chiamate a dare per l’Europa. Quattro capitoli riguardano il dialogo interculturale e interreligioso: “Riconciliare popoli e culture” (n.8); “Approfondire la comunione con l’Ebraismo” (n.10); Curare le relazioni con l’Islam (n.11); “L’incontro con altre religioni e visioni del mondo” (n.12). E’ un segno di quanto le Chiese siano coscienti che la realtà del dialogo sia oggi una sfida storica ardua e decisiva. Le Conferenze Episcopali d’Europa e il CCEE hanno sempre più questi capitoli in agenda.

1. Il dialogo e il processo di unificazione europea 

Per contribuire ad una riflessione sul tema di questa plenaria parto dall’esperienza storica che l’Europa sta vivendo: il processo dell’unificazione. Esso ci sta mostrando l’urgenza del dialogo.

L’allargamento dell’Unione Europea implica nuovi confini, nuove frontiere, nuovi vicini di casa e questo significa una nuova mobilità e un nuovo incontro tra culture diverse.

Si crea una nuova situazione interreligiosa: basta pensare alla discussione sulla candidatura della Turchia all’Unione. Nel 1991 in Europa i musulmani erano 12 milioni, ora sono circa 32 milioni.

Riguardo l’ecumenismo: con la caduta del muro si è aperto un nuovo scenario ecumenico segnato dall’esigenza di un incontro tra la storia, la cultura e la tradizione dell’ovest e quelle dell’est. Alcune dolorose questioni, ereditate dal passato ed emerse ora fortemente, come quella del proselitismo o il rapporto tra Chiese ortodosse e Chiese greco-cattoliche, indicano che questo incontro è ancora in gran parte da realizzare. Le Chiese dell’oriente europeo in genere si esprimono criticamente verso la cultura moderna tipica del mondo occidentale, vista come secolarizzata e relativista e hanno timore. Il CCEE e la KEK hanno iniziato una riflessione per una terza assemblea ecumenica europea da realizzarsi nel 2007 in un paese a maggioranza ortodossa per contribuire a questo incontro.

L’Europa è sfidata a non pensarsi come una fortezza, chiusa nel proprio benessere, ma come un continente che diviene più stabile per meglio realizzare lo scambio di doni con le altre regioni della terra. Questo implica un ripensare il rapporto tra l’Europa e gli altri continenti: America del Nord, Africa, America Latina e soprattutto l’Asia che sempre più diventa protagonista sulla scena geo-politica mondiale, anche per l’andamento demografico della popolazione mondiale. Questo incontro con le culture degli altri continenti sta crescendo velocemente in tutti i paesi dell’Europa. In questi anni si registra un crescente interesse per il buddismo: nel 1991 i buddisti erano 270 mila, oggi 2 milioni e mezzo. Il CCEE ha dedicato due seminari europei a questo tema nel 1999 e nel 2002.

Altrettanto significativo è il dibattito sul trattato costituzionale europeo.  

Un importante e fruttuoso lavoro ecumenico è stato fatto circa il riconoscimento giuridico dell’identità e del ruolo delle Chiese e comunità religiose. L’attuale articolo 51 della bozza di trattato esprime questo lavoro. 

Ma il punto che ha suscitato grande discussione, anche nell’opinione pubblica, con posizioni contrastanti, è quello della possibilità di un riferimento esplicito alla religione, alla trascendenza, a Dio o alle radici cristiane nel preambolo del trattato. Sulle varie fasi di questo acceso dibattito si potrebbe già quasi scrivere un romanzo!

Perché tanta difficoltà a citare la religione e in modo specifico il cristianesimo? 

Riguardo alla religione in genere: pesano contrasti ideologici già piuttosto datati; l’autoritarismo di un certo laicismo; ma soprattutto una incomprensione di fondo del fatto religioso: alcuni pensano a una questione di privilegi, altri alla necessità di dividerci una torta; altri che sarebbe un pericolo per la laicità... alcuni tendono a considerare la religione come fatto esclusivamente privato e altri sono convinti che Dio e religione hanno niente a che fare con un trattato giuridico. Non possiamo anche negare problemi interni al fatto religioso, che creano difficoltà, in particolare lo sfruttamento della religione o del nome di Dio per posizioni violente come nel caso della crisi dell’Iraq e del terrorismo.

Riguardo alla citazione specifica delle radici cristiane: anche qui è doloroso constatare una incomprensione del fatto cristiano: in particolare alcuni ritengono che citare il cristianesimo sarebbe un torto alle altre religioni. Dobbiamo riconoscere che la divisione fra le Chiese è uno degli ostacoli più grandi per una profonda comprensione del cristianesimo. 

La domanda che mi pongo: invece di tentare la via di trovare un consenso su un minimo comune denominatore, non sarebbe il tempo di cercarlo sul massimo? Non si tratta di trovare un minimo su cui tutti si trovano impersonalmente d’accordo, ma esplorare la ricchezza più vera e profonda che ognuno e ogni esperienza può dare. Il cristianesimo ha qualcosa di grande da dare non tanto come generica esperienza religiosa, ma come la specifica rivelazione di Gesù Cristo morto e risorto. E’ Lui il punto interessante per tutti! Questo vale anche per ogni religione. Il tentativo di accontentare tutti annacquando ogni cosa non contiene alcuna novità ed è sottilmente violento, perché non rispettoso della vera e profonda identità di ciascuno.

2. La via del Cristo crocifisso e risorto

Davanti alle domande di fondo dell’Europa (il convivere delle diversità - il senso della vita) ci domandiamo dove sia la luce. La storia ci sfida a ritornare al cuore del cristianesimo.

Vorrei accennare ad alcune “opere” che il Crocifisso Risorto compie nella nostra storia e nella nostra Europa se noi siamo lo spazio per la sua presenza, attraverso la carità reciproca. Esse contengono prospettive e compiti per un autentico dialogo. La pastorale della migrazione può divenire sempre più un laboratorio per queste opere e questo dialogo.

1. Il Risorto realizza la nuova Evangelizzazione

L’Europa oggi ha soprattutto bisogno di Dio. Il primo contributo che le Chiese possono dare all’Europa è il cristianesimo stesso, il vangelo. Da alcuni anni ormai parliamo, sulla scia di Giovanni Paolo II, di una evangelizzazione di nuova qualità per l’Europa. Ma chi è capace di dare Dio all’Europa se non Dio stesso? Il Risorto che vive fra i suoi è il Dio che può dare Dio al nostro mondo. L’evangelizzazione è il filo rosso di tutte le attività del CCEE e delle Conferenze Episcopali del nostro continente.

2.  Il Risorto realizza la cattolicità o universalità

Il Risorto realizza un’unica famiglia tra tutti i popoli, culture, etnie… Questa famiglia universale dei credenti è la cattolicità. Nel suo senso più ampio la cattolicità è la possibilità di realizzare una comunione universale, un’unità, senza alcun tipo di frontiera, in modo che le differenze non siano cancellate, ma piuttosto si realizzino nella loro identità. Cattolicità significa universalità. E’ urgente approfondire questa appartenenza alla famiglia universale del cristianesimo per rispondere alle sfide della globalizzazione e della pace. Nei Balcani, dei giovani croati o serbi hanno rifiutato di sparare ad altri giovani croati o serbi durante la guerra e sono finiti in carcere, perché si erano riconosciuti come fratelli, membri della stessa famiglia, perché cristiani. Il congresso del CCEE per vescovi e direttori nazionali della pastorale delle migrazioni nel 1999, a Iasi, aveva come tema: Le migrazioni: una "chance" per vivere la cattolicità.

3.  Il Risorto realizza il dialogo

E’ l’ora di approfondire concetti come dialogo e verità, per evitare superficialità pericolose. Nella parola greca dia-logos, Â„dia“ indica distinzione, differenza, separazione: la distinzione è necessaria per un vero dialogo, non dobbiamo aver paura delle differenze che esistono a tutti i livelli. Ma nel dia-logos le differenze non diventano conflitto: il rapporto fra loro diviene lo spazio dell’accadere del „Logos“. Il logos è un discorso nuovo, è un rapporto, ma in ultima analisi il Logos, come sostiene il prologo di Giovanni, è il Figlio stesso di Dio che è diventato carne. Il Logos è il Risorto che “rimane” fra noi. Allora il dia-logos è un vero evento „ontologico“, è il luogo dell’accadere della verità stessa. Non si possono più contrapporre dialogo e verità o amore e verità o libertà e verità... perché in Dio sono uno. Questo approfondimento mi sembra una delle urgenze più grandi per la Chiesa.

4.  Il Risorto porta avanti il cammino ecumenico.

Nonostante le situazione difficili che tutti conosciamo, vediamo all’opera il Risorto. In Europa abbiamo l’esperienza di 35 anni di collaborazione tra il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e la Conferenza delle Chiese europee (KEK), resa visibile soprattutto dalla organizzazione delle due grandi assemblee ecumeniche europee di Basilea (1989) e Graz (1997). Durante l’assemblea di Graz si è percepito che c’è un popolo ecumenico che abita l’Europa, e che incarna uno stile di vita di comunione e una ricerca della riconciliazione e della collaborazione a tutti i livelli. L’ecumenismo è uscito dalle strutture istituzionalizzate, dalle facoltà, da cerchie ristrette di pionieri e sta diventando un’esigenza di tanti cristiani d’Europa, un fatto “normale” e questo indica che è iniziata una nuova fase del cammino di riconciliazione.

5. Il Risorto e l’incontro tra le religioni

Il tema dell’incontro fra le religioni ha assunto un’impressionante attualità dopo l’11 settembre 2001, la crisi dell’Irak, l’11 marzo di Madrid e i fatti di questi giorni: sembra quasi che la religione sia divenuta di moda! Paradossalmente si può dire che il terrorismo ha richiamato l’attenzione del mondo sulle religioni e sul loro ruolo per la costruzione della pace.

Nella Chiesa questo tema è stato affrontato da decenni, ma la novità è che esso, ora, è affrontato anche dalla politica, dai governi, dalla società civile. Questo può avere un lato positivo, ma contiene anche il rischio che le religioni si ritrovino il dialogo fra loro come un’imposizione, secondo criteri politici, cioè esterni al fatto religioso. La Chiesa deve riprendere in mano questo dialogo alla luce della sua grande esperienza.

Se tra persone di diverse religioni si approfondisce la conoscenza, la stima, la collaborazione, la propria identità, la verità, il Risorto può agire.

Il 12-16 settembre 2001 il CCEE e la KEK hanno organizzato una conferenza internazionale “cristiani e musulmani in Europa” con partecipanti delle due religioni da 26 paesi. Il dramma storico successo l’11 settembre 2001 negli Usa ha creato un’atmosfera speciale per questo incontro: vedevamo a quale follia conduceva l’odio! Guai ad abbandonare la via del vero dialogo.

6. Il Risorto dona un volto al religioso anonimo

La cosiddetta religione alternativa o il ritorno del religioso o del sacro, nelle sue espressioni esoteriche, gnostiche, arcaiche, vitalistiche, pagane, paniche, mitiche è un altro protagonista ambiguo della nostra cultura e storia. Si diffondono forme di neopaganesimo e movimenti filosofici (umanistici) che si organizzano quasi come comunità religiose e rivendicano i loro diritti. Il ritorno del sacro è segno forte di una domanda, ma non ancora del ritrovamento di una risposta. Il Risorto è il volto che risponde a questa domanda di divino. Un’ultima consultazione su questo tema è stata realizzata dal CCEE in Svizzera poche settimane fa.

7. Il Risorto e la vocazione culturale dell’Europa

Nonostante tutti i sentieri interrotti, smarriti o anche devianti che l’Europa ha intrapreso, essa ha prodotto enormemente nel campo della cultura e del pensiero ed è stata anche il luogo in cui la cultura si è lasciata rinnovare dal cristianesimo. Nell’Europa ci sono idee impazzite, ma ci sono idee! Il Risorto tra i suoi può ridare ordine alle idee dell’Europa. 

8. Il Risorto e la storia del bene. 

Se viviamo con la presenza del Risorto fra noi, abbiamo anche la possibilità di guardare la storia con gli occhi del Risorto. Nella storia non vedremo tanto la storia del male, che è la storia falsa e quindi non vera, ma la storia vera, cioè quella del bene, dell’amore. Sarebbe importante che almeno noi cristiani raccontassimo la storia operata dal Risorto e non solo quella del male.

9. Il Risorto e il cielo aperto sul mondo.

Il Risorto tiene il cielo azzurro aperto sui nostri paesi, sulle nostre famiglie e le nostre vite. Il Risorto ci dice che esiste l’eternità, il paradiso e quindi la vita va considerata alla luce dell’eternità e non solo degli anni che passiamo su questa terra. Il Paradiso è la nostra vera casa. Questa prospettiva dell’eternità dà una luce nuovissima a tutta la vita.

In conclusione

C’è un proverbio arabo che mi piace particolarmente: “Se vuoi tracciare un solco diritto, attacca il tuo aratro ad una stella”. Il nostro primo compito come Chiese e comunità ecclesiali in Europa è quello di indicare la stella per eccellenza: Gesù crocifisso e risorto. Da lui derivano anche le tracce per un cammino diritto per l’Europa. Sono grato di poter percorrere questo cammino con tanti amici, fratelli e sorelle nella fede in questo momento storico.  


[1] Il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) riunisce le attuali 34 Conferenze episcopali cattoliche del continente. La KEK raduna 126 Chiese europee ortodosse e dell’ambito della riforma protestante.

 

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