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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 96, December 2004

 

ESPERIENZE DELLA CHIESA CATTOLICA TEDESCA

NELLA COLLABORAZIONE ECUMENICA CON 

I MIGRANTI ED I PROFUGHI

 

 S.E. Mons. Josef VOSS

Presidente

 Commissione Episcopale Tedesca per le Migrazioni

 

1. Quadro storico – alcuni dati e fatti.

La storia dellÂÂ’effettiva collaborazione ecumenica in Germania è stata improntata dal periodo della comune sofferenza sotto la dittatura del nazionalsocialismo. Nella resistenza allÂÂ’ingiustizia, cristiani della Chiesa cattolica ma anche della Chiesa evangelica, hanno fornito insieme testimonianza di fede e hanno dato la vita come martiri. Nel grande Giubileo del 2000, Papa Giovanni Paolo II, in una celebrazione liturgica molto toccante ha rivolto il pensiero a tutti i martiri del ventesimo secolo senza distinzione di confessione.

La collaborazione ecumenica, dopo la guerra, è stata principalmente la collaborazione tra la Chiesa Cattolica Tedesca e la Chiesa Evangelica Tedesca (EKD). Ciò dipende dal fatto che la Germania è il Paese dove è nata la Riforma e dove la popolazione appartiene quasi in parti uguali alla Chiesa cattolica ed alla Chiesa evangelica. La ripartizione è tuttavia molto differenziata: nel Nord e nei Länder dellÂÂ’Est, territori dellÂÂ’ex Repubblica Democratica Tedesca, i cattolici sono una minoranza infinitesimale, soltanto di circa il 4 – 5%, concentrata nelle grandi città.

Con lo sviluppo economico è iniziata una nuova fase con lÂÂ’assunzione di “lavoratori ospiti”. Dal 1955 è iniziata, dai Paesi del Mediterraneo, dai Paesi dei Balcani e dalla Turchia, unÂÂ’immigrazione per ragioni economiche di lavoratori stranieri, comprese le loro famiglie. Fino alla sospensione delle assunzioni, nel 1973, sono venuti in Germania circa 14 milioni di lavoratori ospiti, dei quali circa 11 milioni sono ritornati nei loro Paesi dÂÂ’origine. Da allora vive nel nostro Paese un grande numero di cristiani delle diverse confessioni protestanti e soprattutto fedeli appartenenti alle chiese ortodosse dei diversi paesi ma anche appartenenti ad altre religioni, specialmente musulmani.

2. Strutture della collaborazione ecumenica da parte tedesca.

Il lavoro con i migranti ed i profughi, dopo la seconda guerra mondiale si è sviluppato in una crescente collaborazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa evangelica tedesca.

La collaborazione ecumenica ha sperimentato una nuova qualità allorché, con lÂÂ’immigrazione di lavoratori e delle loro famiglie e con lÂÂ’accoglienza di profughi e di richiedenti asilo, nel nostro Paese sono arrivate persone appartenenti alle diverse chiese cristiane ed a comunità cristiane, e ciascuno di loro ha anche costruito delle proprie strutture ecclesiali. Tutte le Chiese cristiane e le Comunità cristiane si sono riunite nella Arbeitsgemeinschaft Christlicher Kirchen 

in Deutschland – ACK –, cioè: Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Germania.

2.1 Quando, dopo la caduta del Muro e della Cortina di ferro, il numero dei richiedenti asilo in Germania aveva raggiunto il livello massimo (nel 1992 erano 438.191), nel Paese si aprì una forte ed estesa discussione sulla politica verso gli stranieri, con la modifica delle nostre leggi sul diritto di asilo. In quel contesto, nel 1993, la Conferenza Episcopale Tedesca e il Consiglio delle Chiese Evangeliche tedesche in collaborazione con la Comunità di lavoro delle Chiese cristiane, hanno costituito un gruppo comune di lavoro. I Presidenti erano il Presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni ed il Presidente della Commissione per i problemi degli stranieri della Chiesa Evangelica tedesca.

Il compito di questo gruppo consisteva nellÂÂ’esprimere una presa di posizione comune delle Chiese sulla storia e sulle cause di migrazioni e fughe, sui principi etici per il lavoro con stranieri e profughi e sulle prospettive per una idonea, futura politica per gli stranieri. Questa presa di posizione comune delle Chiese venne pubblicata nel 1977 con il titolo “ÂÂ…Und der Fremdling, der in deinen Toren ist (“ÂÂ…e lo straniero che è alle tue porte”). Questa presa di posizione è la base per il lavoro comune delle Chiese cristiane e le Comunità cristiane.

2.2 Quando, nel 2000, il Governo Federale costituì una Commissione indipendente Â“Immigrazione”, con il compito di elaborare un concetto per una futura legge sullÂÂ’immigrazione, in tale Commissione erano rappresentate anche la Conferenza episcopale tedesca e la Chiesa evangelica tedesca, attraverso i rispettivi Presidenti allora in carica. Avvenne che la parola comune delle Chiese con i suoi principi etici e le sue prospettive politiche, fu, per tacito consenso, base per la discussione della Commissione Indipendente.

2.3 Per proseguire e rafforzare questa collaborazione, i rappresentanti della Commissione episcopale, della Commissione per il problema degli stranieri della Chiesa Evangelica, della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane, dellÂÂ’Unione della Caritas tedesca e dellÂÂ’Opera Diakonia (Diakonisches Werk), si incontrano due volte lÂÂ’anno per uno scambio di informazioni, per coordinare il loro lavoro e per programmare gli incarichi comuni.

2.4 La Conferenza episcopale tedesca ed il Consiglio della Chiesa evangelica tedesca mantengono una rappresentanza, sia presso il Governo federale a Berlino come anche presso i Governi dei singoli Länder, per contatti informativi presso i Governi in carica ed i Partiti.

Sulle questioni della politica verso gli stranieri i rappresentanti delle Chiese sostengono una comune posizione della Chiesa.

2.5 Al posto della “annuale Domenica dei migranti e profughi”, in Germania si svolge da anni la “Settimana dei Lavoratori stranieri e dei Profughi”, esattamente nellÂÂ’ultima settimana di Settembre.

Questa “Settimana” ha un posto fisso nei mezzi di comunicazione; essa viene aperta con una cerimonia ecumenica. Il Presidente della Conferenza episcopale tedesca, insieme al Presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca comunicano lÂÂ’invito.

Tale “Settimana” viene ogni volta preparata da un Comitato ecumenico sostenuto dalla Conferenza episcopale tedesca e dal Consiglio della Chiesa evangelica tedesca; in tale Comitato sono rappresentate tutte le Chiese cristiane e le Comunità cristiane. Rappresentanti dei sindacati e dei musulmani collaborano come ospiti.

2.6 Per favorire il dialogo con le religioni non cristiane, innanzitutto con lÂÂ’Islam, sia la Conferenza episcopale tedesca che il Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, hanno elaborato dei sussidi e dei sostegni, sempre in collaborazione con rappresentanti musulmani. Queste pubblicazioni vogliono favorire il dialogo in ambito locale.

2.7 Gli aiuti per i profughi in ambito locale vengono approntati normalmente in comune da collaboratori della Chiesa cattolica e della Chiesa evangelica.

3. Collaborazione ecumenica con migranti e profughi.

Quando si parla di collaborazione ecumenica, si intende qui non solo la collaborazione tra le Chiese e le Comunità cristiane; “ecumenico” è qui inteso nel senso ampio, includente anche il contatto e il lavoro con gli appartenenti a religioni non cristiane.

3.1 La Caritas, organismo della Chiesa Cattolica, offre i suoi aiuti e i suoi servizi a tutti gli uomini che ne hanno bisogno e che li vogliono accettare. In tal senso il servizio della Caritas è aperto a tutti i bisognosi di aiuto, senza limiti di confessione e di religione, e come tale è anche da essi accettato.

Il servizio della Caritas per i Migranti opera in stretto contatto con i corrispondenti servizi di altre Istituzioni di assistenza sociale ed è quindi integrato in una rete che è fortemente caratterizzata in senso ecumenico ed alla quale appartengono anche organizzazioni quali Pax Chisti, iniziative per i profughi e lÂÂ’iniziativa ecumenica “Asilo con la Chiesa”.

3.2 Nella maggior parte delle iniziative per profughi in ambito locale, la Chiesa evangelica e la Chiesa cattolica si sono trovate insieme nel lavoro di volontariato. Proprio per soddisfare alle richieste di aiuto dei profughi e dei richiedenti asilo, queste collaboratrici e questi collaboratori volontari si sono intensamente occupati delle rispettive religioni e culture. Pertanto queste iniziative per i Profughi sono diventate un ponte importante sia per le relative comunità parrocchiali che per i Comuni. LÂÂ’accoglienza di molti perseguitati, profughi, richiedenti asilo negli ultimi decenni è stata possibile perché sul posto, nelle comunità, molti cristiani, senza distinzione di confessione, si sono incontrati e hanno svolto insieme un lavoro di aiuto. Nel frattempo si riscontra però una crescente stanchezza. Sia il clima politico che quello sociale è diventato più difficile; molte collaboratrici è collaboratori si sentono soli. Coscientemente o meno, cÂÂ’è, nella società e nelle istituzioni politiche lÂÂ’opinione che la migrazione sia, in verità, un fenomeno passeggero che nel frattempo dovrebbe concludersi. Né la politica né la società hanno accettato che in un mondo globale, la migrazione resti una sfida continua, che appartiene alla realtà del nostro mondo. Questo inconscio atteggiamento è, più o meno, dominante anche in molte parrocchie. Anche le paure, provocate dagli attentati terroristici, appesantiscono ulteriormente il clima. Ciò rafforza un atteggiamento di riserva e di difesa.

Una sfida speciale rappresentano le persone, che senza uno stato giuridico vivono nel nostro paese illegalmente. Comprensibilmente esse si sottraggono alla vita pubblica. Appaiono nelle comunità di lingua straniera e nei servizi della Caritas. Attualmente ci si interessa affinché anche alle persone in posizione irregolari vengano assicurati gli inalienabili diritti umani. Ai loro bambini devÂÂ’essere assicurata la possibilità di frequentare la scuola, senza che i genitori vengano nel frattempo espulsi; in caso di malattia essi devono avere diritto allÂÂ’assistenza medica di base.

3.3 Le istituzioni della Chiesa, quali ospedali, case di riposo, complessi per bambini e giovani ma anche servizi ambulanti di cura, sono aperti a tutti i bisognosi di ogni religione. Normalmente queste istituzioni si sono attrezzate per soddisfare le diverse esigenze religiose, come per esempio, le abitudini alimentari, le celebrazioni di feste. Se qualcuno muore, normalmente gli ospedali cattolici hanno a disposizione un ambiente dove i parenti possono prendere congedo dal proprio caro.

3.4 Già da decenni gli asili della Chiesa sono aperti ai bambini di altre religioni e culture. Molti giardini dÂÂ’infanzia della Germania sono gestiti da unÂÂ’amministrazione cattolica. Il rapporto con bambini di altre culture è già, da molto tempo, pratica quotidiana. Sono ammessi anche molti bambini appartenenti a religioni non cristiane. I musulmani preferiscono spesso le istituzioni cattoliche, dove i bambini possono stare tutto il giorno (Kindertageseinrichtung), a quelli comunali, perché si aspettano da una istituzione ecclesiale una speciale attenzione allÂÂ’educazione religiosa. Hanno fiducia in un atteggiamento aperto e tollerante da parte delle educatrici, rispetto alle altre religioni e danno importanza al fatto che i loro bambini facciano esperienza di prescrizioni religiose e imparino a conoscere la religione e la cultura del paese nel quale crescono. Allo stesso tempo è importante, per i genitori musulmani, che in queste istituzioni cattoliche la loro religione sia degnata di attenzione, ad esempio col rispetto delle regole alimentari durante il pranzo o con la possibilità, per i loro figli, di considerare la loro fede musulmana.

Fa parte del concetto di giardino dÂÂ’infanzia cattolico che si preghi e si parli di Dio, di Gesù, di altri personaggi biblici e di Santi, che vengano cantati inni religiosi e festeggiate solennità religiose. In tal modo lÂÂ’educazione religiosa, come punto centrale del compito educativo e didattico nei giardini dÂÂ’infanzia cattolici, facilita la confidenza con la fede cristiana e con la pratica religiosa della Chiesa.

Tra le esperienze dei bambini, cÂÂ’è lÂÂ’incontro con persone che appartengono ad altre religioni. Perciò anche lÂÂ’incontro con altre religioni fa parte della vita quotidiana nei giardini dÂÂ’infanzia.

Importante condizione è tuttavia che le educatrici siano fortemente convinte della loro fede cristiana e che siano particolarmente preparate e siano seguite in questo difficile compito dellÂÂ’educazione religiosa in un giardino dÂÂ’infanzia cattolico, frequentato anche da bambini musulmani.

Ci sono molti progetti-modello nei quali presso un giardino dÂÂ’infanzia cattolico sia attiva anche una educatrice musulmana per appoggiare la comunicazione religiosa anche dei bambini musulmani. In questi progetti-modello emergono chiaramente vantaggi insieme a difficoltà e limiti.

Considerevoli difficoltà sorgono nelle zone di intensa concentrazione e nelle città, nelle quali vivono minoranze di altre culture, principalmente grandi minoranze di cittadini turchi. Ci sono giardini dÂÂ’infanzia cattolici ed anche scuole, nelle cui classi e gruppi la maggioranza dei bambini appartengono ad altre culture o la maggioranza dei bambini sono musulmani. Nelle zone di intensa concentrazione alcuni quartieri “tracollano” perché la maggior parte degli abitanti appartengono a culture straniere. Gli abitanti tedeschi vengono perciò a trovarsi in difficoltà e spesso si trasferiscono altrove cosicché la separazione si rafforza.

In queste condizioni ci si pone la domanda quali gruppi si integrano e in che modo. In alcuni di questi Giardini dÂÂ’infanzia sorge anche il problema del rifiuto, da parte di genitori musulmani di quanto i bambini cristiani pensano e festeggiano. Questa tendenza sembra che vada ancor più rafforzandosi nellÂÂ’attuale situazione.

3.5 Colloqui e incontri interreligiosi sono quotidiani in molte comunità e città. Nel frattempo anche molti immigrati dalla Turchia hanno ottenuto la nazionalità tedesca. Nelle zone di intensa concentrazione esistono paure inconsce, nella popolazione autoctona, di una penetrazione eccessiva di stranieri; da parte degli immigrati cÂÂ’è lÂÂ’impressione di non essere presi sul serio e di non venire accettati. Ciò ostacola il dialogo e la comunicazione.

Gli attacchi terroristici di New York e di Madrid hanno rafforzato sospetti e paure. Nel nostro Paese cÂÂ’è la discussione se, ad esempio, le maestre musulmane possono portare il velo nelle scuole pubbliche. Questo contrasto, a mio parere infelice, ha portato a inutili diattide che sono ostacolo il processo di integrazione.

3.6 Insegnamento della religione islamica

Proprio pensando alla libertà di religione ed alla libertà di coscienza, le Chiese hanno già sostenuto nella loro ‘parola comuneÂÂ’, che lÂÂ’insegnamento della religione musulmana, da parte dello Stato, è ipotizzabile alle stesse condizioni dellÂÂ’insegnamento della religione cattolica o evangelica: i maestri cioè devono essere preparati e ottenere lÂÂ’approvazione in Germania. LÂÂ’insegnamento deve avvenire in lingua tedesca. Il controllo dello Stato, riguardante il lavoro pedagogico, devÂÂ’essere assicurato. Una grande difficoltà consiste nel fatto che gli stessi musulmani sono restii ad una vera e propria integrazione. Lo Stato si aspetta dunque un minimo di impegno (legale?).

Il colloquio interreligioso viene ostacolato dal fatto che lÂÂ’influenza del Governo turco in seno alle comunità musulmane è notevole. Il colloquio interreligioso, iniziato con grande sforzo, viene impedito dal fatto che i lettori nelle moschee restano in Germania soltanto per un breve tempo e normalmente parlano poco o non affatto il tedesco.

La comunicazione con gli appartenenti ad altre religioni, ad esempio con buddisti o indù, si instaura più facilmente anche perché il numero dei loro membri è più piccolo.

4. Esperienze e conseguenze

Proprio in relazione al lavoro con profughi e migranti, la collaborazione ecumenica ha in Germania una lunga tradizione; ha dato buona prova ed è necessaria.

Essa è la pratica realizzazione di ciò che Papa Giovanni Paolo II afferma nella sua Enciclica “Ut unum sint”: “Accade sempre più spesso che i responsabili delle Comunità cristiane prendano posizione, in nome di Cristo, su problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la pace, il futuro del mondo. Così facendo essi “collaborano” in uno degli elementi costitutivi della missione cristiana: ricordare alla società, realisticamente, la volontà di Dio... È chiaro, e lÂÂ’esperienza lo dimostra, che in alcune circostanze la voce comune dei cristiani ha più impatto di una voce isolata” (43).

Questa asserzione si è dimostrata vera nelle nostre esperienze. Riguardo alla politica per gli stranieri, nel nostro Paese le voci delle Chiese influenzano le comunità cristiane, soltanto se espresse communitariamente.

A questo proposito, Papa Giovanni Paolo II ricorda che quanto unisce e vincola deve venire prima di ciò che divide.

Proprio nel campo della Caritas cristiana, nella rappresentanza delle richieste umanitarie, nellÂÂ’influenza sulla politica per gli stranieri, il Vangelo si rivela la comune base per le Chiese e le Comunità cristiane.

Attraverso la collaborazione ecumenica nel lavoro per i migranti e i profughi, è cresciuta una grande apertura e una grande fiducia che rafforza la via dellÂÂ’ecumenismo.

 

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