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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 97 (Suppl.), April 2005 

 

Il Santuario della Madonna 

del Divino Amore in Roma 

 

Rev. Mons. Pasquale SILLA

Rettore-Parroco del Santuario

Direttore del Collegamento Nazionale

Santuari d’Italia

Introduzione

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti voi qui presenti. Vi saluto come Rettore e Parroco del Santuario della Madonna del Divino Amore, in Roma e come Direttore del Collegamento Nazionale dei Santuari d’Italia.

Saluto in particolare Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Stephen Fumio Hamao, Presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Agostino Marchetto, Segretario, saluto le autorità presenti, i confratelli sacerdoti e voi, carissime sorelle e fratelli nel Signore.

La mia esperienza di vita in un Santuario mariano e in una Parrocchia, mi rende consapevole della grande responsabilità e delle numerose opportunità di evangelizzazione che si possono offrire ad un mondo che cambia.

Il fatto di dover lavorare nella Chiesa di Roma, mentre ci impegna nella realtà quotidiana della chiesa particolare, ci stimola anche a condividere la missione universale del nostro Vescovo, il Papa.

Il Santuario, meta di pellegrinaggi, è scuola di vita cristiana ed è luogo di speranza per l’uomo smarrito del nostro tempo.

Cenni storici sul Santuario Mariano di Roma

a) Il primo Miracolo

È un giorno di primavera del 1740. Un viandante, probabilmente un pellegrino diretto a San Pietro, si smarrisce per quegli squallidi e deserti sentieri di campagna nei pressi di Castel di Leva, una dozzina di chilometri a sud dell’Urbe. Vicino ai ruderi di Castel di Leva viene assalito da una muta di cani rabbiosi. Le belve inferocite lo circondano e sembrano non offrirgli via di scampo. Impaurito, anzi letteralmente terrorizzato, il poveretto alza lo sguardo e si accorge che sulla torre, c’è un’immagine sacra. È la Vergine con il Bambino, sovrastata dalla colomba dello Spirito Santo, che è il Divino Amore. Come un naufrago che si aggrappa alla sua scialuppa, con tutta la forza di cui è capace, urla: «Grazia Madonna!».

Dopo quel primo segno iniziarono subito grazie, miracoli, guarigioni senza fine e si mise mano alla costruzione del Santuario sulla sommità della collina, dove venne accolta la miracolosa Immagine della Vergine.

Il santuario senza una adeguata assistenza spirituale purtroppo si avviò verso una forma di declino e di abbandono. Nel «deserto» in cui era ridotto il santuario del Divino Amore la Provvidenza ha avuto il volto e il cuore di don Umberto Terenzi. All’infaticabile opera di questo prete romano, del quale il 23 gennaio 2004 è stata introdotta la causa di beatificazione, è legata, quasi come una sorprendente fioritura, la rinascita del santuario. Don Terenzi ne fu rettore e quindi parroco ininterrottamente dal 1931 al 1974, anno della sua morte. Nel giro di pochi anni, insomma, il santuario del Divino Amore si riconquista il posto d’ono­re nel cuore dei fedeli romani. Tanto che nel 1944, di fronte alla furia della guerra, lo stesso pontefice Pio XII suggerirà di supplicare la Ma­donna del Divino Amore per ottenere la salvez­za della Città eterna.

b) La salvezza di Roma

Il 4 giugno 1944, mentre la città di Roma, minacciata dalla guerra, rischiava di essere distrutta, il popolo romano, insieme a tutti i parroci della città, nella chiesa di Sant’Ignazio, dove era stata portata la miracolosa immagine della Madonna, fece un “voto” alla Madonna del Divino Amore. Soltanto due ore dopo il voto Roma fu salva, contro ogni umana speranza. I romani si impegnarono a ricondurre la pro­pria vita a cristiana austerità di costumi e a rea­lizzare a Castel di Leva un’opera di religione (un nuovo grande santuario) e opere di carità. Lo stesso Santo Padre Giovanni Paolo II il 4 luglio 1999 volle personalmente dedicare il nuovo santuario, circondato da tutti i Vescovi del Lazio e da una imponente partecipazione di fedeli. Stanno sorgendo nuove opere di carità a favore dell’Infanzia, degli anziani e dei disabili. Roma ha mantenuto il voto materiale mentre continua l’impegno del rinnovamento spirituale.

c) Il pellegrinaggio notturno a piedi  

Una significativa iniziativa che lega la città con il suo santuario è il pellegrinaggio notturno a piedi, che si compie tutti i sabati, dal primo dopo Pasqua all’ultimo di ottobre. Il pellegrinaggio, con partenza a mezzanotte, inizia da Piazza di Porta Capena, davanti al Palazzo della Fao, percorre 14 Km passando sulla celebre Via Appia Antica, accanto al Quo Vadis, alle Catacombe di San Callisto, davanti alle Fosse Ardeatine e si conclude con la Santa Messa alle ore 5.00 della domenica nel Santuario.

Vi partecipano stranieri di diverse confessioni religiose. Una croce luminosa, ecumenica, apre il cammino nella notte. La croce è chiamata ecumenica perché è stata realizzata da due detenuti: un ortodosso e un cattolico, con la collaborazione di un non-credente. È stata benedetta e inaugurata nel Pellegrinaggio notturno della solennità dell’Assunzione.

Domenica 26 settembre prossimo verrà dedicata una cappella a cielo aperto, al Beato Zeffirino, il primo zingaro elevato agli onori degli altari, morto martire in Spagna. Il Santuario si apre anche agli ultimi e agli esclusi.

Più volte i pastori luterani hanno celebrato i loro convegni nel nostro Santuario.

Il “Movimento Ecumenico” è un Pellegrinaggio verso l’Unico Santuario

Il «movimento ecumenico» potremmo paragonarlo a un «pellegrinaggio». Ogni cristiano, nella misura in cui vive una vita spirituale autentica, che ha come centro lo stesso Cristo Salvatore e come fine la gloria di Dio Padre, può sempre ed ovunque partecipare in profondità a questo pellegrinaggio, rendendo testimonianza al Vangelo di Cristo con la propria vita. 

Il desiderio di ritrovare l’unità di tutti i cristiani è un dono di Cristo e un appello dello Spirito Santo. La cura di ristabilire l’unione «riguarda tutta la Chiesa, sia fedeli che pastori. Per rispondervi adeguatamente il Concilio Vaticano II invita i fedeli alla conversione del cuore e alla santità di vita, le quali con le preghiere per l’unità dei cristiani, devono essere considerate come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale. Inoltre il Concilio sottolinea la reciproca conoscenza fraterna, la formazione ecumenica, e la cooperazione con i fratelli delle altre Chiese e comunità ecclesiali in vari campi di testimonianza cristiana (UR 9).

Questo pellegrinaggio consiste nella conversione dei cuori e nella preghiera, le quali indurranno anche alla necessaria purificazione della memoria storica, alla riconsiderazione del doloroso passato e a un pacato e limpido sguardo di verità. E tutto ciò affinché l’unità di tutti i cristiani cresca fino a raggiungere la piena comunione. Lo stesso Pontefice esprime la sua personale intenzione di promuovere ogni passo utile in questa direzione, soprattutto dopo i gesti profetici compiuti all’inizio del nuovo Millennio.

La domanda ora è: questo pellegrinaggio dei cristiani riuscirà a raggiungere l’obiettivo comune dell’unità? Ciò di cui tutti siamo sicuri senza illusioni è che la cristianità, sebbene ancora divisa, in oriente e in occidente, si trova ancora in cammino con la decisa volontà di proseguire per giungere all’unità. L’unità è un dono di Cristo per la sua Chiesa da realizzare nel dialogo ecumenico. Tale dialogo avviene anche grazie all’apporto decisivo dell’opera di numerosi Santuari sparsi in tutta l’Europa che testimoniano le comuni radici e i valori che da sempre hanno unito il continente.

a) Funzione polivalente dei Santuari

Circa i santuari si pone il problema della loro funzione storica nella dinamica ecumenica e nella vita della Chiesa. Non manca chi denuncia nei santuari il rischio di un ritorno al paganesimo o di un ricorso ad un atteggiamento sociale che frena il rinnovamento.

Accogliendo le espressioni della pietà popolare, «non si tratta di una malintesa fedeltà alla tradizione nella forma che è giunta fino a noi, né di un super-opportunistico adattamento a ciò che oggi va di moda... o di cader vittime di quella schizzofrenia che ritiene di dover dimenticare la Bibbia e la dogmatica per essere popolari e quindi pastorali» (P. Lippert).

Per H. Urs von Balthasar: «i santuari cattolici hanno in sé la grazia di lasciare partire un pellegrino con la certezza che questa grazia medesima non è legata ad alcun luogo. Si cancellano da sé non appena si sono proposti. È bene per noi che Cristo sia venuto in terra, ed è bene per noi che sia tornato al Padre, altrimenti non sarebbe venuto lo Spirito».

In ottica laica, si colgono i ruoli storico-ecumenici dei santuari, comprensibili nel contesto della dinamica culturale. I santuari hanno svolto nella storia delle religioni funzioni aggreganti di grande rilievo religioso e antropologico. L’Italia ne è un esempio interessante a Nord con l’interazione con il mondo della Riforma, al centro e a Sud-Est nell’attenzione alla tradizione orientale e in particolare nelle isole con una sensibilità inter-religiosa (Islam in particolare). Anzitutto presso le civiltà cosiddette superiori, i santuari hanno costituito i punti di più cospicua convergenza delle formazioni religiose popolari. In secondo luogo rispondono - particolarmente all’epoca della controriforma, durante la quale fu iniziata una vera e propria programmazione della devozione popolare - ad esigenze spettacolari di compensazione sul piano collettivo. La magnificenza dei santuari costituiva un contrappeso psicologico alla miseria dei fedeli.

In prospettiva teologica, il santuario rappresenta un «correttivo indispensabile e una forma equilibratrice nella vita della Chiesa, che salvaguarda dalla riduzione della liturgia ad un freddo concettualismo e ad una celebrazione in cui agiscono solo i ministri del culto. Al santuario viene pure riconosciuta una «funzione di supplenza per salvare certi valori, per arginare scismi ed eresie e mantenere l’identità cristiana delle popolazioni, per alimentare la spiritualità».

Se queste sono le funzioni del santuario nella storia, quali rimangono attuali nel nostro tempo? Quale linea di sviluppo dobbiamo seguire? Che cosa ci dicono gli studi e ricerche sui santuari?

Innanzitutto dobbiamo essere coscienti dei valori di cui ogni santuario è custode, Paolo VI ha contrassegnato come «pastorale integrativa» quella dei santuari, ponendo così il problema dell’armonizzazione tra santuario e chiesa universale. Pastorale integrativa non vuol dire però una presenza o attività di secondaria importanza: i santuari, per la potenza di richiamo che fa di essi dei crocevia umani, oltre che spesso centri ecumenici-culturali, caritativi e catechetici, svolgono una funzione essenziale ed indispensabile. In tante diocesi, mentre il centro visibile di unità rimane la cattedrale, il cuore spirituale e profetico è individuabile nel santuario.

Questa realtà complessa, che oggi si può comprendere soltanto mediante l’approccio interdisciplinare, ci spinge in due direzioni:

1) la ricerca storica, per dare basi più solide e serie al santuario. Essa, se condotta in modo scientifico e umano, permette di rendersi conto dell’origine e della vita del santuario, di riconoscerne gli oggetti o testimonianze di valore, le interazioni religiose inter-confessionali e di salvaguardarli dalle ingiurie del tempo, di contribuire in modo specifico alla storia della civiltà.

2) la preghiera. Il santuario per sua natura dovrebbe facilitare l’incontro con Dio e la spiritualità. Oggi il risveglio spirituale è uno dei segni dei tempi. Che cosa può fare il santuario per rispondere all’esigenza di autentica preghiera, da qualsiasi parte venga, con credenti di diverse confessioni? Già lo studio delle espressioni di preghiera in uso nei santuari assicura una via per la conoscenza della società, non sostituibile con altre fonti.

«L’indagine negli aspetti devozionali e la storia della pietà nel Mezzogiorno d’Italia, finora mai iniziata, — nota il prof. Pietro Borzomati — sicuramente ci aiuterebbe a scoprire alcuni momenti della società meridionale ed a far luce sul rapporto tra il popolo di Dio e la sua Chiesa, il clero e le istituzioni locali promosse nelle diocesi e nelle parrocchie»

A noi interessa soprattutto penetrare in quel misterioso incontro tra la libertà umana e la libertà divina in cui consiste la preghiera. Occorre che questa sia analizzata rispettivamente, capita dall’interno, aiutata a realizzarsi.

A tal fine si dovrà compiere un’analisi delle varie forme di preghiera nei santuari; sarà senz’altro un primo passo di notevole importanza convincerci dell’urgenza di rivedere le preghiere usuali in modo che corrispondano contemporaneamente alle esigenze della fede e a quelle delle popolazioni.

Un secondo passo consisterà nell’accogliere la direttiva della Marialis cultus, circa «la necessità che le Conferenze episcopali, le Chiese locali, le famiglie religiose e le comunità dei fedeli favoriscano una genuina attività creatrice...» (MC 24). A tale fase sembra puntare anche la riforma liturgica, secondo quanto sottolinea da più parti, questa sarà il risultato di un serio impegno spirituale e di assimilazione dell’odierna cultura, da cui sorgerà un nuovo rapporto con la Madre del Signore. Dipenderà dalla nostra catechesi e dalla formazione cristiana se tale nuovo rapporto rispetterà la personalità e la funzione di Maria nella storia della salvezza secondo la rivelazione oltre che la sintonia con i problemi, le attese e il linguaggio dei nostri contemporanei.

b) Il Santuario luogo di impegno ecumenico

Il santuario, in quanto luogo di annuncio della Parola, di invito alla conversione, di intercessione, di intensa vita liturgica, di esercizio della carità è un «bene spirituale» condivisibile, in una certa misura e secondo le indicazioni del Direttorio ecumenico, con i fratelli e le sorelle che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica.

In questa luce il santuario deve essere un luogo di impegno ecumenico, sensibile alla grave e urgente istanza dell’unità di tutti i credenti in Cristo, unico Signore e Salvatore.

Pertanto i rettori dei santuari aiutino i pellegrini a prendere coscienza di quell’«ecumenismo spirituale», di cui parlano il decreto conciliare Unitatis Redintegratio e il Direttorio ecumenico, per il quale i cristiani devono avere sempre presente lo scopo dell’unità nelle preghiere, nella celebrazione eucaristica, nella vita quotidiana. Perciò nei santuari dovrebbe essere intensificata la preghiera a tal fine in alcuni periodi particolari come la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e nei giorni tra l’Ascensione del Signore e la Pentecoste, nei quali si ricorda la comunità di Gerusalemme riunita in preghiera e in attesa per la venuta dello Spirito Santo, che la confermerà nell’unità e nella sua missione universale.

Inoltre, i rettori dei santuari promuovano, ogni qualvolta se ne offra l’opportunità, incontri di preghiera fra i cristiani delle varie confessioni; in tali incontri, preparati con cura e in collaborazione, dovrà primeggiare la Parola di Dio e dovranno essere valorizzate le espressioni di preghiera proprie delle varie confessioni cristiane.

Secondo le circostanze, sarà talvolta opportuno estendere eccezionalmente l’attenzione anche ai membri delle altre religioni: vi sono infatti santuari frequentati da non cristiani, che vi accorrono attratti dai valori propri del cristianesimo. Tutti gli atti di culto che si svolgono nei santuari debbono essere chiaramente coerenti con l’identità cattolica, senza mai nascondere ciò che appartiene alla fede della Chiesa.

L’impegno ecumenico assume aspetti particolari quando si tratta di santuari dedicati alla beata Vergine. Sul piano soprannaturale infatti santa Maria, che ha dato alla luce il Salvatore di tutte le genti ed è stata la sua prima e perfetta discepola, svolge certamente una missione di concordia e di unità nei confronti dei discepoli di suo Figlio, per cui la Chiesa cattolica la saluta quale Mater unitatis; sul piano storico, invece, la figura di Maria, a causa delle diverse interpretazioni del suo ruolo nella storia della salvezza, è stata spesso motivo di contrasto e di divisione fra i cristiani. Si deve tuttavia riconoscere che, sul versante mariano, il dialogo ecumenico sta oggi dando i suoi frutti.

c) Alcune iniziative italiane

I santuari italiani non si trovano esposti al confronto con le altre religioni, tuttavia sono aperti al dialogo e alle forme possibili di collaborazione.

Santa Maria in Trastevere, antichissimo santuario mariano di Roma, sede della Comunità di Sant’Egidio, è uno degli esempi da segnalare. La Comunità di Sant’Egidio è a tutti nota per il dialogo interreligioso.

Nell’ambito del suo decennale “Incontro di Uomini e Religioni”, sulla scia della Preghiera di Assisi del 1986, sta praticando con abbondanti frutti la difficile scuola dell’ecumenismo.

Ciò ha permesso nel 1998 l’incontro interreligioso a Bucarest, in Romania, con piena e fattiva collaborazione della comunità ortodossa locale.

Altro esempio di dialogo concreto è quello praticato dal santuario di San Nicola di Bari, santuario sorto nella linea di confine tra Oriente ed Occidente che ha fatto dell’ecumenismo la sua caratteristica. Convegni, incontri di preghiera, una fornita biblioteca, fanno parte dell’ormai consolidata trama che sta lentamente fornendo i suoi frutti.

 

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