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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 99 (Suppl.), December 2005

 

 

ospitalità dei circensi e dei fieranti

Da parte delle comunità cattoliche 

in italia

 

 

Rev. Mons. PierGiorgio SAVIOLA

Direttore Nazionale dellÂ’Ufficio per

la pastorale dei fieranti e circensi

Migrantes – ROMA

 

1. In un mondo che cambia

Viviamo in un mondo che sta cambiando rapidamente: il modo di pensare, la vita sociale, religiosa, la politica, subiscono lÂ’influsso dellÂ’economia, dei nuovi mezzi di comunicazione sempre più globalizzati, della tecnologia e del benessere sempre più a portata di mano di molti.

Il mondo del Circo e del Luna Park, a motivo del nomadismo, di una stretta collaborazione familiare, sono stati per molto tempo impermeabili agli influssi anche negativi della post-modernità.

Valori come la famiglia, essenzialità e sobrietà, amicizia, attaccamento al lavoro, una certa religiosità di fondo, sono rimasti intatti per lungo tempo.

Recentemente però abbiamo assistito ad un salto di “adeguamento”, nel Lunapark prima e nel Circo dopo.

Si potrebbe dire, peccando di eccessiva semplificazione, che le nuove generazioni assomigliano sempre di più alle nuove generazioni del mondo dei fermi, mentre i loro padri assomigliano di più alla generazione dei nonni dei fermi.

Questo fenomeno influisce sensibilmente nelle prospettive e nei desideri, nelle aspettative della vita, nella comprensione della salvezza ormai non più necessaria perché ampiamente ed illusoriamente soddisfatta dalla tecnologia e dalla medicina moderna.

Questo fenomeno è reso ancora più evidente e grave per due motivi:

  1. gli strumenti culturali a disposizione delle persone del Circo e Lunapark (una stentata scuola dellÂ’obbligo) sono inferiori rispetto a coloro che non sono in movimento (diploma/laurea); la computerizzazione e lÂ’informatica sono ancora molto lontane dalle carovane mentre risultano presentissime nelle case dei non "nomadi" e già bagaglio acquisito dalle nuovissime generazioni;
  2. la tradizione familiare assicura un lavoro (sempre meno artigianale e più manageriale) ed una buona disponibilità economica personale, specialmente nel Lunapark; invece nel mondo dei fermi si fa fatica ad assicurarsi la certezza di un impiego pur permanendo una disponibilità economica per supplenza familiare.

2. La Chiesa locale

Il servizio pastorale è, di norma, affidato alla Chiesa locale “visitata” dallÂ’attività del Circo e del Lunapark.

Di fronte al fenomeno della “mobilità” umana, è chiesto alla Chiesa locale di “attrezzarsi” per offrire un servizio pastorale alle famiglie e alle persone che “attraversano” il loro territorio.

Questo significa che ogni Vescovo dovrebbe nominare nella sua Diocesi un Responsabile della Migrantes, e con lui un incaricato della pastorale per i Circhi e Lunapark.

Non tutte le Diocesi hanno ottemperato a queste nomine e non di rado lÂ’affidamento di questo servizio è puramente simbolico.

Il problema non è quello di una copertura di ruoli quanto piuttosto di educare la comunità cristiana alla dimensione dellÂ’accoglienza.

Non è, infatti, pensabile che una Chiesa locale possa offrire un servizio pastorale significativo nei confronti delle famiglie del Circo o del Lunapark che permangono nel suo territorio per breve tempo se questa non ha sviluppato in se stessa una cultura di accoglienza.

Purtroppo assistiamo allÂ’affermarsi nella società europea, ed italiana in particolare, di una cultura di una certa protezione di se stessa, di una accoglienza limitata e funzionale alle proprie necessità, di difesa della propria identità etnico-culturale e limitata disponibilità nei confronti di culture diverse.

Spesso assistiamo a fenomeni di diffidenza, pregiudizi, timore, se non di paura nei confronti delle persone culturalmente diverse dalla cultura dominante che si ripercuote anche nelle scelte politiche degli stati.

Questo tipo di cultura dominante nella società civile, largamente sottolineata dai mass-media, ha trovato terreno di crescita anche nelle comunità ecclesiali e non di rado provoca impedimento psicologico al servizio pastorale nei confronti di queste persone “di passaggio”, non appartenenti stabilmente alla propria comunità, non integrati né integrabili, non riconducibili alla pastorale ordinaria.

I Lunapark vivono un ritmo ciclico. Ogni anno, per lo stesso periodo, e più o meno con le stesse persone ritornano sulla stessa piazza, questo ha favorito un certo rapporto con la Chiesa locale, con il parroco della chiesa vicino al luogo di sosta o con qualche prete che si è fatto loro conoscere.

Il Circo non ha un programma fisso, arriva senza preavviso, non di rado le amministrazioni comunali variano il luogo di sosta, hanno una permanenza breve, questi fatti contingenti rendono difficile un rapporto con la Chiesa locale.

Di solito le famiglie del circo fanno riferimento allÂ’Ufficio Nazionale, o a qualche altro operatore sparso in Italia con cui hanno avuto un qualche rapporto dÂ’amicizia.

Sarebbe necessario che le Chiese locali facessero unÂ’opera di promozione ed un discernimento vocazionale nei confronti di questo apostolato per una cultura di accoglienza nel proprio territorio, ma anche attraverso lÂ’affidamento di un ministero specifico che potrebbe essere assimilabile a quello missionario. 

3. Una pastorale speciale

Il servizio pastorale nel mondo del Circo e del Lunapark non può essere valutato solamente come una pastorale “specifica” quanto piuttosto come una pastorale “speciale”.

Quando parliamo di una pastorale specifica indichiamo un servizio pastorale rivolto ad una categoria di persone caratterizzata da una vocazione, età, lavoro, situazione, ecc. (es. famiglia, Gruppi terza Età); le pastorali speciali si intersecano con altri specifici servizi perché ogni persona appartiene contemporaneamente a situazioni diverse.

Nel caso del Circo e Lunapark si potrebbe parlare di pastorale specifica perché si incontrano diverse età, famiglie, lavoro, espressione artistica, artigianalità, mobilità, e così via Â… 

Di fatto dobbiamo prendere in considerazione una componente essenziale, che trova radici nellÂ’origine etnica di molte famiglie, nel nomadismo e la conseguente relazione con il mondo dei fermi, nella cultura che si è venuta formando per uno stile di vita familiare, per una tipologia di lavoro legata allo spettacolo; per questo dobbiamo parlare di una “pastorale speciale” in quanto globale e non settoriale, ma rivolta a persone che per motivi diversi non sono omologabili alle famiglie di una normale parrocchia di città o di campagna e neppure a una parrocchia di un territorio etnicamente caratterizzato. 

4. Servizio pastorale non assistenziale

CÂ’è una tendenza in molte Diocesi di assimilare il servizio proposto dalla Migrantes con un servizio di assistenza tipico della Caritas; non di rado i due incarichi sono affidati alla stessa persona, o il responsabile della Migrantes dipende dalla Caritas diocesana.

Questo snatura la funzione e le prospettive dellÂ’Ufficio pastorale Circo e Lunapark.

Non significa che nellÂ’azione pastorale non dobbiamo essere mossi anche da una dimensione dÂ’amore, né possiamo pensare di annunciare il vangelo senza preoccuparci della globalità dellÂ’uomo e dei suoi bisogni.

La preoccupazione principale però di questo ufficio è lÂ’evangelizzazione, lÂ’edificazione della Chiesa nelle comunità itineranti. 

5. Partire dallÂ’uomo

Può essere uno slogan facile, ma non in questo caso.

Il servizio pastorale nellÂ’ambiente del Circo e del Lunapark chiede una conoscenza seria dellÂ’«uomo»: sia del circense-lunaparchista oggetto del servizio pastorale, sia di se stessi in quanto operatori pastorali.

Il frequente rapporto con il pubblico, la necessità di “proteggersi” dal mondo dei fermi, ha acuito unÂ’attenzione nei confronti dellÂ’altro così chi avvicina questo ambiente viene in qualche modo “spogliato” del ruolo o di maschere occasionali per coglierne lÂ’autenticità.

Il rispetto per la figura del prete è notevole, ed è sempre trattato con grande educazione e con il sorriso sulle labbra, questo però non significa sempre accoglienza della persona e del Messaggio che porta se, al di là dei modi, non viene “letta” unÂ’autenticità personale.

La conoscenza del circense-lunaparchista richiede una lunga frequentazione nel rispetto dei ritmi ed orari estremamente diversi da quelli dei fermi. In un rapporto autentico di amicizia se ne scoprono i valori vissuti ed i difetti ricorrenti, quanto li rende simili alla società dei fermi e quanto li rende diversi, lÂ’entroterra culturale, la gerarchia sociale, ecc.

Una lunga frequentazione, nellÂ’autenticità disinteressata dellÂ’amicizia, può aiutare a trasformare lÂ’operatore pastorale, da semplice ospite da riverire (o da utilizzarne i servizi) a testimone di vita e di fede. 

6. Marginalità

E' la caratteristica tipica di una società nomade che “sfiora” una società di fermi.

Per vivere i circensi e i lunaparchisti hanno bisogno dei fermi perché sono i potenziali clienti della propria attività, cÂ’è tuttavia una sorta di separazione tra i due mondi che fanno fare ai nostri amici lÂ’esperienza della marginalità, o peggio quella della emarginazione.

Per fare qualche esempio:

La differenza di scolarizzazione, un ritmo di vita più naturale, la loro struttura sociale e familiare, la multietnicità e una grande tolleranza, non fa comprendere alcuni aspetti della vita sociale come la burocrazia, la previdenza, la politica, il sindacato, lo stato, ecc.

LÂ’urbanizzazione ha costretto a porre sempre più in periferia le strutture dello spettacolo viaggiante, in luoghi non adeguati, a volte in vere e proprie discariche. Non parliamo poi dei pregiudizi degli uni verso gli altri che nella reciprocità acuiscono il fenomeno della marginalità.

Nei rapporti con la Chiesa possiamo sottolineare alcuni aspetti che caratterizzano una situazione di marginalità.

La struttura parrocchiale aiuta la popolazione cristiana ferma a riconoscersi in una comunità dove celebrare il proprio rapporto con Dio, condividere lÂ’esperienza di fede e approfondirne i contenuti. Anche per i cristiani non praticanti il campanile caratterizza unÂ’identità ed unÂ’appartenenza.

Per la gente del Lunapark e, soprattutto, per quelle del Circo, è impossibile sperimentare il senso dellÂ’appartenenza ad una parrocchia o ad una comunità ecclesiale.

“DovÂ’è la chiesa più vicina? Quale orario? Chi è il prete?” Le risposte a queste semplici domande richiedono un poÂ’ di tempo anche per chi cambia casa e cerca di ambientarsi nella nuova situazione, e ancora più tempo perché la nuova chiesa diventi familiare, figuriamoci per chi si trattiene in quella zona per breve tempo.

Il circo arriva in una città, ed in una parrocchia, senza troppo preavviso, indipendentemente dai ritmi e dai programmi pastorali della parrocchia e gli impegni del parroco.

Oggi la pastorale è progettata e programmata per tempo e lÂ’arrivo di famiglie di uno spettacolo viaggiante non è prevedibile e non può alterare un programma già stabilito.

I pregiudizi su di un mondo non conosciuto aumentano la diffidenza degli ecclesiastici; ancora i vecchi raccontano con rammarico l’invito di certi parroci alla popolazione a disertare lo spettacolo ritenuto immorale, con il commento “non siamo cristiani anche noi?”.

Di fronte alla richiesta di sacramenti il ventaglio di risposte è variegatissimo, lÂ’atteggiamento conseguente è quello della ricerca del miglior risultato con il minimo impegno.

 

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