The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 99, December 2005

 

COMMENTO AL MESSAGGIO PONTIFICIO* 

S.E. Mons.Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

Nel Messaggio annuale per la Giornata Mondiale del Turismo, che quest’anno ha come tema di riflessione “Viaggi e trasporti: dal mondo immaginario di Giulio Verne alla realtà del secolo XXI”, si afferma che: nuove ed inedite possibilità di viaggi con mezzi di trasporto sempre più moderni e veloci possono fare del turismo una provvidenziale occasione per condividere i beni della terra e della cultura. Si parla qui implicitamente di quella silenziosa “guerra” in atto tra chi possiede tutto, o quasi, e chi muore di fame o di malattie endemiche, è analfabeta o abbandonato, senza fratelli e sorelle in umanità.

Per offrire il suo contributo particolare alla realizzazione di tale condivisione, il Popolo di Dio, la Chiesa, deve considerare che la sua origine è la Santissima Trinità, l’amore divino. Per amore, il Padre ha inviato il suo Figlio a salvare ciò che era perduto, a risuscitare ciò che era morto. E il Figlio di Dio, in perfetta comunione con il Padre, amò i suoi fino alla fine, dando la sua vita per riunire coloro che erano dispersi. Con la discesa dello Spirito Santo sui discepoli, la Chiesa apostolica si presenta poi al mondo come frutto meraviglioso di questa carità divina. E in tale carità c’è implicita un’opzione preferenziale per i più poveri, per gli esclusi, gli abbandonati. Dobbiamo, quindi, ravvivare la coscienza dei cristiani perché si facciano servitori dei poveri, nel mondo, a causa del Vangelo.

La Chiesa manifesta poi tale opzione nell’azione caritativa, anche nelle sue opere sociali, che si rivelano pure nel contesto della nostra Giornata, quando, come cristiani, contribuiamo a che l’offerta turistica non sia orientata solamente ai gruppi con maggiori possibilità economiche, ma diventi accessibile altresì ai ceti più popolari. I promotori, gli organizzatori e quanti lavorano nel settore turistico sono chiamati – attesta il Messaggio – a realizzare strutture che lo rendano sano, popolare ed economicamente sostenibile. Si deve, cioè, fare in modo che un numero sempre maggiore di persone, anche nei paesi poveri, abbiano accesso all’uso dei mezzi di trasporto per godere di un po’ di tempo di riposo, come ha detto il Santo Padre in vacanza in Val d’Aosta: “Nel mondo in cui viviamo, diventa quasi una necessità potersi ritemprare nel corpo e nello spirito, specialmente per chi abita in città, dove le condizioni di vita, spesso frenetiche, lasciano poco spazio al silenzio, alla riflessione e al distensivo contatto con la natura” (Angelus a Les Combes, Val d’Aosta, 17.VII.2005). 

Alcune persone potranno domandarsi: che cosa posso fare io, nella mia realtà concreta, per fare avanzare questa causa? In primo luogo si dovrebbe prendere maggior coscienza della necessità di manifestare la nostra solidarietà e vicinanza ai fratelli che non hanno accesso all’esperienza autenticamente umana del turismo, esperienza che può diventare anche cristiana. In effetti nel Messaggio si attesta che è di notevole rilievo il ruolo delle comunità cristiane: accogliendo i turisti, esse devono sentirsi impegnate ad offrire loro la possibilità di scoprire la ricchezza di Cristo incarnata non solo in monumenti e opere d’arte religiosa, ma nella vita quotidiana di una Chiesa viva

Nella stessa linea di pensiero, di fronte alla dolorosa situazione di molti fratelli e sorelle, il servo di Dio Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, al N. 50, così scriveva: Si tratta di continuare una tradizione di carità che ha avuto già nei due passati millenni tantissime espressioni, ma che oggi forse richiede ancora maggiore inventiva. È l'ora di una nuova «fantasia della carità», che si dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione

Come rispondere dunque a questo richiamo per una fantasia della carità? In questa Giornata Mondiale possiamo ripetere: chi, a partire dalla fede, opta preferenzialmente per i poveri e li ama, collabora all’avvento del Regno di giustizia, d’amore e di pace. Di fatto, in questa triplice caratteristica del Regno di Dio, possiamo intravedere i tre fondamenti sui quali costruire oggi un nuovo Turismo. Mi riferisco alla socialità, alla sostenibilità e alla solidarietà. Così leggiamo nel Messaggio: chi viaggia per turismo deve essere mosso dal desiderio di incontrare gli altri, rispettandoli nella loro diversità personale, culturale e religiosa; deve essere pronto ad aprirsi al dialogo e alla comprensione e con i propri comportamenti veicolare sentimenti di rispetto, di solidarietà e di pace. Da qui dovrebbe nascere un turismo che dia priorità alla qualità umana dell’accoglienza rispetto al lusso e ponga in primo piano anche la dilatazione della quantità di persone che ne possono usufruire, nonché la collaborazione fraterna e non l’individualismo.

Si tratta di un Turismo non solo “per tutti”, in quanto sociale, ma anche “di tutti”, in quanto sostenibile, e “con tutti”, perché solidario, cioè accessibile, affinché non ci siano emarginati ed esclusi. A questo riguardo nel Messaggio si riconosce che ci sono pure oggi ostacoli da superare, se si vuole che l’offerta turistica, frutto di viaggi e trasporti, sia allargata a tutti

Tale turismo dovrà contenere elementi validi di sviluppo integrale, sforzandosi, la società, di far sì che i meno privilegiati siano anche suoi protagonisti, autenticamente responsabili e consapevoli per farlo diventare “Turismo dello sviluppo”.

Nell’analizzare questo concetto, questa realtà, sappiamo che esiste pure il rischio di un turismo con conseguenze molto negative, tanto per la natura, così come per i popoli e le persone. Per questo, quando proponiamo un turismo sociale, intendiamo mirare in primo luogo al bene comune sia di coloro che accolgono i turisti che dei turisti stessi. Così si va realizzando il sogno di un turismo senza frontiere, che potrebbe contribuire a creare un futuro migliore per l’umanità.

Papa Giovanni Paolo II lo fondava su parole chiare, in questi termini, rievocando un testo conciliare: Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso dal nostro amore, dal momento che «con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Novo Millennio Ineunte, n. 49).

In continuità con tale pensiero, nel Messaggio di quest’anno si incoraggia a rispondere con generosità e creatività a quella che potremmo chiamare la sfida popolare del turismo e ne ripetiamo le parole: I promotori, gli organizzatori e quanti lavorano nel settore turistico sono chiamati a realizzare strutture che lo rendano sano, popolare ed economicamente sostenibile, al fine di includere un numero sempre maggiore di persone nei viaggi turistici, così come nell’uso dei mezzi di trasporto a tale scopo, specialmente quando i viaggi costituiscono fattore di riposo, di umanizzazione, di contemplazione. 

Il pensiero del Messaggio va pure oltre e fa menzione altresì della necessità di un’etica legata al turismo. Al riguardo si fa appello ai politici e legislatori, agli uomini di governo e della finanza affinché si impegnino a favorire l’incontro pacifico fra le popolazioni, garantendo sicurezza e facilità di comunicazione. V’è qui implicito il dramma del terrorismo, che pure sfida il turismo della pace.

 
*da L’Osservatore Romano, N. 173 (44.010), 24 luglio 2005, p. 4

 

top