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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 101 (Suppl.), August 2006

 

 

Come migliorare la situazione? 

Prospettive: un punto di vista africano

 

 

S.E. Mons. Robert Sarah

Segretario

Congregazione per lÂ’Evangelizzazione dei Popoli

 

1. Premessa

Eminenza, Signor Card. Martino, Presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, Eccellenze, Reverendissimi, cari Partecipanti qui presenti, a me è stato dato il compito di scambiare con voi, stamattina, delle riflessioni sulla situazione dei migranti ed itineranti da e per i Paesi a maggioranza islamica. Ma permettetemi di limitarmi a quei migranti che provengono dallÂ’Africa subsahariana, in movimento verso i Paesi a maggioranza islamica del Nord del continente, di cui si è molto discusso in questi ultimi tempi. Parlando di Paesi a maggioranza islamica, si intendono Paesi come lÂ’Algeria, il Bahrain, il Bangladesh, le Isole Comore, lÂ’Egitto, lÂ’Iran, Gibuti, la Giordania, il Qatar, lÂ’Arabia Saudita, il Sudan, la Siria, la Tunisia, lo Yemen, dove più del 90% della popolazione è costituito da musulmani. Ma prima di vedere come vivono e come sono trattati i migranti in parola, vediamo prima chi sono. 

2. Chi sono i migranti

Alcuni relatori che mi hanno preceduto hanno fatto una panoramica precisa del profilo dei migranti che provengono dallÂ’Africa sub Sahariana: sono cittadini provenienti soprattutto da Cameroun, Congo, Nigeria, Costa dÂ’Avorio, Liberia, Angola, Mali, Burkina Faso e Guinea. Purtroppo non ho trovato dati precisi per poter indicare la percentuale di ogni Paese. Ma per darvi almeno qualche idea, troviamo delle indicazioni molto interessanti in una ricerca accurata fatta da Paolo Maccario su “les migrations clandestines subsahariennes à travers lÂ’Algérie” (novembre 2003). I migranti hanno tra i 19 e i 45 anni di età, e si possono delineare delle categorie. I migranti tra i 20 e i 29 anni di età sono i più numerosi (51%); quelli tra 30 e i 39 anni raggiungono il 36%; quelli tra i 40 e i 45 lÂ’11%; quelli tra i 18 e i 19 anni il 2%. Di solito provengono da famiglie piuttosto numerose con circa 6-8 sorelle e fratelli e qualche volta da una famiglia poligama. Circa il 30% è analfabeta; il 60% ha frequentato solo la scuola primaria e il 21% ha svolto studi superiori, ottenendo un diploma e una professione.

Si possono distinguere, inoltre, due categorie tra i migranti meno istruiti, che provengono da famiglie povere e cercano un lavoro per uscire dalla povertà, e quelli ben istruiti, che hanno già un diploma o un lavoro nel proprio Paese, ma non sono soddisfatti del loro livello di vita e cercano un “statut social honorable”, o sono costretti a partire per ragioni politiche. 

3. Perché la migrazione

Le cause di migrazione sono legate alla storia, alla situazione socio-politica, a fenomeni di situazioni drammatiche di insicurezza e guerra, alle condizioni economiche, a fenomeni culturali come la globalizzazione dellÂ’Africa sub-Sahariana.

  • Sin dai tempi del colonialismo, gli stati africani hanno sempre sofferto a causa di instabilità, corruzione, violenza, povertà, provocate dai regimi dittatoriali. Alcuni Capi di Stato erano militari, poco preparati intellettualmente, e mancavano di doti di governo e amministrative. Di conseguenza, negli anni 1960-1980, lÂ’Africa sub Sahariana ha subito più di 70 colpi di stato, in cui 13 presidenti sono stati uccisi. La situazione si era aggravata con le guerre civili in Angola, Burundi, Congo, Etiopia, Somalia, Liberia, Sierra Leone, Sudan e Uganda. Questa drammatica situazione di guerra ha costretto più di 4 milioni di persone a fuggire altrove.
  • LÂ’Africa, secondo lÂ’United NationsÂ’Human Development Report del 2003, è considerata una delle regioni più povere del mondo. Il sottosviluppo africano è anche causa e conseguenza di violenza, crimine, corruzione e malgoverno. Questo cronico stato di povertà e insicurezza rende il continente prono al sottosviluppo permanente, riduce gli investimenti esteri, incentiva la fuga di capitali africani, indebolisce la fiducia del cittadino nelle istituzioni democratiche e perpetua le crisi umanitarie a seguito di conflitti etnici. Il futuro dellÂ’Africa non dipende solo dal potenziamento delle infrastrutture (strade, aziende, scuole, ospedali, etc.) e neppure dal semplice trasferimento di risorse ai governi. La lotta alla criminalità organizzata e al traffico di armi, droga e persone, il rafforzamento dello stato di diritto, la promozione dellÂ’onestà e del buon governo, e il miglioramento della sicurezza del cittadino sono fattori necessari e improcrastinabili per portare democrazia, crescita economica e stabilità in un continente che mai ne ha goduto, altrimenti la tentazione di fuggire altrove per cercare un lavoro o una vita migliore sarà incontrollabile.
  • Il mondo globalizzato è anche quello del pensiero unico, che offre ai giovani africani lÂ’immagine del successo, della felicità e dello sviluppo legata allÂ’Occidente, specialmente allÂ’Europa. I media contribuiscono molto ad offrire questa immagine.

4. Il percorso dei migranti per il Maghreb (Nord Africa) e le loro tragiche ed umilianti condizione di vita

I migranti usano qualsiasi mezzo per arrivare alla loro destinazione: autobus, taxi, camion, barca, cammelli, o vi giungono anche a piedi.

  1. Dalla Repubblica Democratica del Congo la strada più diretta è: Congo-Brazzaville - Repubblica Centroafricana – Cameroun – Nigeria – Niger.
  2. Dal Camerun: Nigeria - Niger (Maradi, Tahoua, Agades e Arlit).
  3. Altri preferiscono passare attraverso la Libia.
  4. I centri dÂ’accoglienza sono praticamente due: Gao in Mali e Arlit in Niger.
  5. La durata del percorso per Maliani e Nigeriani è di 2-5 giorni, per gli altri può durare 15 giorni, o addirittura 3 anni; alcuni dei migranti sono costretti a lavorare lungo il cammino per guadagnare i soldi necessari per poter continuare il viaggio. Ci sono “agences de voyages” illegali che fanno affari con i migranti.
  6. Si paga molto denaro per arrivare in Maghreb. Per i congolesi il costo è di circa 1.200 euro; per ghanesi, nigeriani e camerunesi circa 800-1.000 euro, esclusi alloggio, cibo, medicine, telefonate alla famiglia, etc.

Per comprendere meglio la tragedia di queste persone, che lasciano la loro terra per le condizioni drastiche del Maghreb, il modo umiliante ed inumano con cui sono trattati allÂ’arrivo, quando sopravvivono al deserto del Sahara o al mare - una vera avventura esistenziale, che spesso finisce con la morte prima dellÂ’arrivo - vorrei riassumere qui una lettera in francese, scritta da un migrante partito dal Mali per Ghardaïa, in Algeria, e poi per Agadir, in Marocco, nel tentativo di raggiungere lÂ’Europa tramite imbarcazioni sovraccariche e pericolose. Questa lettera lÂ’ho trovata nel Rapporto di ricerca di Paolo Maccario “Les Migrations Clandestines Subsahariennes a travers lÂ’Algérie”.

  • Il costo del congedo: partire costa molto e si fa di tutto per ottenere i documenti e i mezzi necessari per il passaggio.
  • LÂ’umiliazione e lo sfruttamento da parte della delinquenza organizzata e delle forze dellÂ’ordine.
  • Si vive di acqua e pane: molti muoiono di fame e di sete. I feriti e gli ammalati sono abbandonati per la strada, nel Sahara.
  • Nel Maghreb questo nostro viaggiatore scopre la schiavitù e riscopre il razzismo nei confronti dei neri: i bianchi arabi hanno la precedenza, poi i neri del Maghreb e finalmente i neri dellÂ’Africa Subsahariana (“ il nero è un oggetto che si può usare”).
  • I migranti sono vittime dellÂ’intolleranza, perché giudicati poveri e anche perché vogliono partire per lÂ’Europa, verso condizioni migliori.
  • I motivi di conflitto sono vari: la lingua tra anglofoni e francofoni, lo sfruttamento a vari livelli, anche tra datori di lavoro e operai.
  • Gli abusi sessuali, soprattutto contro le poche donne che si ritrovano nei gruppi.
  • Il maltrattamento frequente dei militari o delle forze dellÂ’ordine.
  • E poi, ogni tanto, la morte con il naufragio in mare.

Ma il nostro avventuriero conclude questa via crucis, senza certezza di salvezza, dicendo che le condizioni molto drammatiche e tragiche non gli tolgono la decisione di partire.

Secondo il diritto musulmano, i cristiani, gli ebrei e i seguaci di altre religioni che abitano in uno Stato musulmano appartengono ad un ordine sociale inferiore. Di conseguenza, ciò impedisce ai migranti cristiani di accedere alle cariche pubbliche, e la condizione dÂ’inferiorità religiosa, che li chiude in una vita e una pratica religiosa asfittica e senza nessuna possibilità di sviluppo, pone i cristiani nella necessità di emigrare o, più frequentemente, nella tentazione di passare allÂ’islam. Tanto più che un cristiano non può sposare una donna musulmana se non si converte allÂ’islam - anche perché i suoi figli devono essere educati allÂ’islamismo. DÂ’altra parte, i cristiani che si trovano nei territori musulmani sono fortemente divisi tra di loro e spesso anche nemici, poiché appartengono a Chiese diverse per confessione (Chiese calcedonesi e non-calcedonesi) e per riti (siro-orientale, antiocheno, maronita, copto-alessandrino, armeno, bizantino): cosicché ogni aiuto reciproco si rivela praticamente quasi impossibile. 

5. Come migliorare la situazione: soluzioni e prospettive 

I maggiori problemi da affrontare sono:

- La situazione giuridica: nella grande maggioranza gli immigrati sono clandestini: “sans-papiers”, e dunque nel campo del lavoro, sono sfruttati quasi come schiavi senza diritti.

- LÂ’alloggio: un appartamento costa tra i 100 e i 200 dollari al mese; spesso più famiglie convivono nello stesso appartamento: una promiscuità culturalmente e moralmente dannosa, degradante.

- LÂ’insicurezza fisica e psicologica.

- La povertà economica che apre la porta a tutti tipi di sfruttamento e comportamento inumano.

- LÂ’analfabetismo che ne fa delle vittime.

- La salute: indeboliti dal viaggio, dalla cattiva alimentazione e dalle condizioni di lavoro; le donne devono essere assistite durante la gravidanza e si diffondono le malattie infettive, causate dalla promiscuità e dalla cattiva igiene.

- LÂ’Assistenza Legale: difficoltà burocratiche.

- La prostituzione: questa nuova e organizzata forma di schiavitù e di sfruttamento della donna.

Possiamo dire che ci sono delle sfide pastorali legate a questa situazione degli immigrati nei Paesi a maggioranza musulmana del Nord Africa. Si ricordano le parole di Papa Giovanni Paolo II: “La Chiesa, particolarmente quella dÂ’Africa, ha il dovere di assumere sempre più integralmente il ruolo del buon samaritano, facendosi vicina a tutti gli esclusi (Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati, 1995).

I cristiani sono invitati ad assumere con chiarezza e dedizione il loro ruolo nei confronti degli immigrati e dei Rifugiati (Ex. 22,20; Dt 10,19; Mt 25, 35-36). Il cristiano deve riscoprire Cristo nascosto nei migranti e itineranti: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 34-36). Il Signore nostro Dio ci comanda dicendo: “Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste stranieri nel paese dÂ’Egitto” (Dt 10,19).

Le Conferenze Episcopali dei Paesi di partenza e dÂ’arrivo potrebbero cooperare per informare, aiutare ed accompagnare chi vuole immigrare nella legalità.

  • Anche se la Chiesa fa parte della minoranza, nei Paesi a maggioranza musulmana deve affrontare questa sfida, nonostante la mancanza di personale. Ma il suo primo compito è, secondo la tradizione giudeo-cristiana, quello di accogliere questi “ stranieri, poveri” come fratelli venuti da lontano, “angeli” mandati dal Signore. Forse mancano delle strutture adatte, personale qualificato, mezzi sufficienti per accogliere e aiutare materialmente, perché tante sono le domande.
  • Aiutare allÂ’integrazione nel rispetto della cultura e della religione, dei valori umani fondamentali.
  • Lavorare per favorire il dialogo sociale, interculturale ed anche il dialogo inter-religioso.
  • Accompagnare, creare legami dÂ’amicizia, in un ambiente di rispetto delle differenze culturali e religiose, con queste persone che pensano spesso al ritorno, e gli studenti, che saranno forse socialmente dei leaders o dei dirigenti nel loro Paese.
  • Serve coltivare e sviluppare la presa di coscienza della dignità della persona secondo il Vangelo, i diritti umani che sono oggi dei valori condivisi ovunque.

Per questo si rende sempre più necessario avviare e promuovere la cooperazione internazionale, che miri a promuovere la stabilità politica e a rimuovere il sottosviluppo. È urgente anche promuovere e sostenere una più fattiva collaborazione tra la Chiesa e la società civile, e la definizione di una legislazione chiara e applicata. Concludo citando ancora Papa Giovanni Paolo II: “ In questo contesto, i cristiani sono invitati ad assumere con maggiore chiarezza e determinazione le loro responsabilità nel seno della Chiesa e della società. In quanto cittadini di un Paese di immigrazione e coscienti delle esigenze della fede, i credenti devono mostrare che il Vangelo di Cristo è a servizio del bene e della libertà di tutti i figli di Dio. Sia come singoli che come parrocchie, associazioni o movimenti, essi non possono rinunciare a prendere posizione a favore delle persone emarginate o abbandonate alla loro impotenza. [...] La Vergine Maria, la cui vicenda umana fu segnata dal travaglio dellÂ’esilio e della migrazione, conforti ed aiuti coloro che vivono lontano dalla patria ed ispiri a tutti i sentimenti di solidarietà e di accoglienza nei loro confronti” (Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati, 1998). 

 

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