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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 101, August 2006

 

 

Intervista del cardinale Renato Raffaele MARTINO alla Radio Vaticana sulla situazione in Medio Oriente

(18 Luglio 2006)

 

Il Papa e la Santa Sede seguono con grande attenzione l'evolversi della situazione in Medio Oriente. Dopo i forti appelli per la pace del Papa all’Angelus del 29 giugno e in quello di domenica scorsa, è seguito il richiamo al dialogo tra le parti, lanciato dal Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano. Forti preoccupazioni per la crisi mediorientale sono espresse anche dal presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino. Ascoltiamo il porporato al microfono di Francesca Sabatinelli:

R. - Come ha sottolineato Sua Santità Benedetto XVI nell'Angelus di domenica 16 luglio, l'estendersi delle azioni belliche in Medio Oriente desta molta preoccupazione, in particolare per le sorti della popolazione civile. La situazione è complessa e di difficile decifrazione, e tale da minacciare la pace e la sicurezza non solo della regione ma del mondo intero, come ha affermato venerdì scorso il cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano. Al tempo stesso, tuttavia, e con decisione, in tale scenario di violenza e di spietata contrapposizione vanno ripudiati sia gli atti terroristici degli uni, sia le rappresaglie militari degli altri, in quanto entrambi costituiscono una violazione del diritto e dei più basilari principi di giustizia.

D. - Quale dovrebbe essere il ruolo della comunità internazionale nel preoccupante scenario del Medio Oriente?

R. - In tale scenario, senza indugi, e prima che il conflitto degeneri assumendo dimensioni ancora più difficili da gestire, la comunità internazionale e le Nazioni Unite, in particolare, sono chiamate a promuovere il dialogo e la pace fra le Parti avverse e l'affermazione di uno stato di diritto nell’area. É auspicabile che gli Stati non cedano alla tentazione di interpretare in chiave politica o ideologica il conflitto in atto, ritardando così, o rendendo meno efficaci, l'impegno diplomatico e il soccorso umanitario della popolazione civile. 

D. -I leader del G8 hanno affrontato la questione del conflitto mediorientale. Pensa che sia stata affrontata adeguatamente?

R. - Certamente la dichiarazione sul Medio Oriente dei leader del G8 è da registrare con favore. I leader, infatti, si dichiarano pronti a collaborare con le Nazioni Unite per l'affermazione della pace in Medio Oriente e, in particolare, per l'attuazione delle Risoluzioni del 1559 e 1680 del Consiglio di Sicurezza riguardanti il Libano, riconosciuto come Stato sovrano. Si dichiarano anche pronti a collaborare per la ripresa del dialogo e della cooperazione fra Israele e Palestina; per la pace in Medio Oriente. Tali segnali, come la mediazione del premier italiano, Romano Prodi, sonoda incoraggiare. Tuttavia, alle manifestazioni di volontà sarebbe opportuno far seguire un piano di azione equilibrato sul piano giuridico e politico e che tenga a cuore le sorti della popolazione civile.

D. - Come valuta i rischi del fondamentalismo nello scenario mediorientale?

R. - Un ulteriore elemento da considerare è il coinvolgimento, in quella che potremmo definire guerra, di movimenti fondamentalisti islamici, mi riferisco ad Hamase agli Hezbollah, in particolare. Questo dato rende la situazione particolarmente preoccupante, dal momento che Stati come la Siria o l'Iran potrebbero prendere parte al conflitto, così inasprendo la contrapposizione ideologica e provocando una reazione ancora più grave di Israele. Infine, non bisogna trascurare il rischio dell'impiego di armi nucleari o di distruzione d imassa, che potrebbe segnare una tragica pagina per la storia della famiglia umana.

D. - Ci può dire, Eminenza, una parolad i speranza?

R. - Oggi, come non mai, bisogna recuperare il senso della missione, o meglio, della vocazione delle Nazioni Unite, nata per "mantenere la pace ... e la sicurezza". E a tale fine bisogna adottare misure collettive effettive per la prevenzione e la rimozione delle minacce per la pace" (Carta delle Nazioni Unite, articolo 1/1). Nel mondo contemporaneo, nessun conflitto può essere considerato a dimensione locale, per le sue implicazioni di ordine umano, politico ed economico, e per i suoi possibili effetti sulla pace e sulla sicurezza del mondo. Occorre quindi una presa di coscienza, da parte della comunità internazionale, del proprio comune destino e dell'urgenza di una soluzione pacifica della crisi, dell’affermazione della pace e dello stato di diritto e del soccorso umanitario della popolazione civile in Medio Oriente.

 

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