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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 102, December 2006

 

 

Prostituzione, Fiaccole a Roma per scuotere le coscienze*

 

 

Pino CIOCIOLA

 

Don Benzi porta nella capitale la sua strategia di mobilitazione per liberare le ragazze dalle mani dei loro sfruttatori.

«E le stelle stanno a guardare!», dice don Benzi. Tagliente come un rasoio. Arrabbiato, molto. È sera tardi: intorno a lui tanta gente di Roma con le fiaccole in mano, il quartiere Prenestino (che ha marciapiedi ad altissimo tasso di prostituzione) e frotte di giornalisti e telecamere. Don Oreste non alzava gli occhi al cielo nel dirlo, perché le "stelle" siamo tutti, nessuno escluso: «Nessuno di noi ha le mani pulite di fronte a questa schiavitù», spiega chiaro e forte. E tuona ancora: «Mestiere più antico del mondo? Questa è l'ingiustizia più antica del mondo!». La scena è forte e surreale: un lungo corteo di persone con le torce in mano sfila lungo viale Palmiro Togliatti, nelle vie vicine, tra i palazzi. Cantando in allegria e pregando. Un corteo aperto dalle luci bianche dei faretti tivù. Le finestre intanto si spalancano per vedere cosa succede giù in strada. E qualcuno, chissà perché, guarda restando dietro le imposte lasciate chiuse. Non sembra abituata, Roma, a questa scena. Tanto che gli automobilisti - deviati dalla Polizia per lasciar scorrere la fiaccolata - non se la prendono nemmeno troppo. In testa al corteo, fianco a fianco con don Oreste, sette, otto, dieci ragazze strappate agli schiavisti: scure di carnagione o di pelle assai chiara, hanno grandi cappelli calati fin sopra gli occhi e qualcuna le lenti scure. Camminano intimidite, schive, eppure fiere. Eravamo partiti alle ventuno da piazza Pino Pascali, una grande spianata davanti il mattatoio capitolino: posto dove, a quest'ora e quasi fino alla mattina, le ragazz(in)e si vendono a decine. Pochi minuti sul sedile di una macchina per trenta, quaranta euro. Meno di un paio di scarpe. Prima di muoverci, il comitato di quartiere locale aveva volantinato: «Uniti per affrontare il tema della prostituzione di strada», c'era scritto sui fogli. Hanno le idee precise: bisogna «esortare le autorità al tempestivo ripristino della legalità per garantire il clima di sicurezza sociale» e realizzare una «zonizzazione». Individuare cioè «zone nell'area metropolitana romana, che non siano d'impatto con le abitazioni civili, dove possa essere praticata la prostituzione di strada», naturalmente «a maggior tutela di chi vi è dedito e della cittadinanza». La solita "umanissima" soluzione, insomma, l'importante è che vadano da un'altra parte: lontano dagli occhi, lontano dal cuore (e dal proprio portone). Non fosse che è don Oreste a schiaffeggiare le anime: «Ma come si fa la sera a restarsene in pantofole davanti alla televisione mentre accade questo? - chiede -. Come ci si può disinteressare di quest'infamia vergognosa? Come si può permettere questo orrore? Soltanto a Roma sono centinaia e centinaia le minorenni nelle strade!». Si appella «alle mamme» prima che a chiunque altro, dicendo «guardate negli occhi le vostre figlie, che fareste se ve le portassero via, le picchiassero e le costringessero a vendersi sui marciapiedi?». A camminare con le fiaccole in mano, stasera, ci sono famiglie intere. Ragazzi, signori e signore di mezza età. Mancano le istituzioni e non è una sorpresa: «Dove sono i politici? - domanda ancora don Oreste - Dov'è chi comanda, chi prende le decisioni? Perché non è con noi, qui, a urlare che vogliamo liberare queste ragazze? O forse non esiste un partito che vuole rischiare di perdere dieci milioni di voti, quanti si stimano i clienti delle prostituite...». Il corteo si chiude nella parrocchia di San Bernardo da Chiaravalle, di nuovo su viale Togliatti. Il prete riminese sale sull'altare, benedice la gente che ha riempito la chiesa. Tiene al suo fianco cinque ragazze nigeriane che sono tornate a vivere nelle sue comunità. Accarezza loro la testa, felice, mentre cantano insieme. E la gente batte a tempo le mani. Magari le "stelle" da stasera staranno un po' meno a guardare... 

Inganni e botte per «piegarle»

Tante e tante volte già scritto e raccontato, eppure ciascuna uguale e diversa da ogni altra. Ragazze alle quali sono state strappate le unghie, che sono state chiuse in un bagagliaio, picchiate, stuprate, gettate dalla finestra, anche ammazzate come cani: un campionario d'infamie da poterci scrivere un libro. Alina (nome di fantasia come quelli che seguiranno, ndr) è moldava e ha ventuno anni. Prende il microfono, ieri sera durante la fiaccolata, e racconta la sua storia. Aveva sedici anni ed era poverissima, nel suo Paese, quando ha ricevuto una normalissima offerta di lavoro dall'Italia.

Appena arrivata qui, botte sanguinarie e il marciapiede: «Dovevo guadagnare ogni sera almeno cinquecento euro». Prova a ribellarsi: altre botte. Riesce a scappare e a finire in una casa famiglia dell'Associazione Papa Giovanni XXIII di don Benzi. Ha i capelli castani e il viso ragazzino: «Ero segregata in casa. Mi facevano uscire, accompagnandomi e poi venendomi a riprendere, soltanto la sera per andare a "lavorare" in un night - conclude -. Mai nessun cliente ha avuto pietà».

Ad Elen, nigeriana, che ha un anno più di Alina, è andata bene per caso o fortuna: stessa storia, calci e pugni e la prostituzione a forza. E quando aveva provato a scappare, l'avevano ripresa e buttata giù dal quarto piano. S'è salvata chissà come, cavandosela con mesi e mesi di ospedale. Ha denunciato i suoi aguzzini, finiti a vedere il sole a scacchi. E adesso è libera.

Mirka è rumena e ha vent'anni. «Mi avevano proposto un anno fa un lavoro in Italia, in un ristorante - racconta - poi qui mi hanno messa sulla strada. Mi hanno picchiata tante volte per costringermi e mi picchiavano quando non riuscivo a tornare almeno con quattrocento euro». Lei l’hanno salvata i carabinieri: l'hanno presa una sera, arrestata e fattole il foglio di via. In realtà contemporaneamente contattavano anche l'Associazione di don Benzi. E lei adesso sorride guardandoti negli occhi, mentre parla. 

I numeri delle nuove schiave 

50 mila le persone che si prostituiscono in Italia; 

94% le donne;

5% i transessuali;

80% del totale le straniere;

9 milioni i clienti abituali;

15 miliardi di euro il giro d’affari solo nel nostro Paese;

5.000 le prostitute nel Lazio;

4.000 quelle presenti a Milano.



*Da Avvenire, 29 ottobre 2006, p. 11.

 

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