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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 105, December 2007

 

 

Presentazione del Messaggio Pontificio*

sul tema “I Giovani migranti”

(nel mondo della migrazione economica)

 

 

Cardinale Renato Raffaele Martino

Presidente del Pontificio Consiglio della  Pastorale 

per i Migranti e gli Itineranti

 

 Il Santo Padre Benedetto XVI, in occasione  della 94a Giornata  Mondiale del Migrante e del Rifugiato, ci invita a riflettere sulla problematica dei  Giovani Migranti.

Nella nostra epoca le migrazioni giovanili sono aumentate in maniera considerevole. I giovani sono spinti ad emigrare a causa della povertà e miseria, del degrado ambientale, di conflitti locali ed internazionali, di persecuzioni politiche e religiose, di richiesta di manodopera nei Paesi industrializzati, del ricongiungimento con i nuclei familiari, ecc. Oggi desidero soffermarmi sul problema della cosiddetta migrazione economica.

La migrazione giovanile è un fenomeno complesso. Rilevanti differenze emergono tra i giovani a seconda della loro provenienza, dell’estrazione sociale, dell’età in cui sono emigrati, e tra quelli nati nei Paesi d’accoglienza. Il Paese di provenienza ha una grande importanza per il bagaglio culturale e religioso che il giovane porta con sé.

I giovani, che hanno lasciato il Paese di origine in tenera età, hanno vissuto con più intensità la vicenda migratoria dei loro genitori, hanno continuato a parlare la lingua della loro famiglia, sono ritornati forse a visitare la loro terra d’origine e, in un certo senso, si pongono in una situazione di continuità.

I giovani nati nei Paesi di accoglienza, invece, pur essendo legati ai loro genitori, si allontanano più facilmente dalla realtà socio-culturale del luogo di provenienza e, pur non rinnegando la loro origine, la considerano meno rispetto ai loro progetti di inserimento locale.

Il ricongiungimento familiare rappresenta un altro problema per i  figli che arrivano nei Paesi di immigrazione molti anni dopo i loro genitori e si trovano ad affrontare gravi ostacoli d’adattamento, che derivano da un’infanzia passata lontana dai  genitori, dal distacco affettivo ed improvviso, magari, dai nonni o da chi li ha allevati, dalla perdita degli ambienti e dei luoghi in cui sono cresciuti, dallo stesso ricongiungimento con genitori quasi sconosciuti, dall’inserimento in una società inizialmente incomprensibile, dall’apprendimento di una nuova lingua, dall’alimentazione differente. Tutti questi elementi possono causare anche  malattie fisiche o psichiche.

I giovani immigrati vivono in fondo la tensione di una duplice appartenenza. Respirano cioè l’aria delle realtà giovanili del Paese che li ospita e ricevono l’influsso scolastico e degli ambienti di socializzazione giovanile nei quali sono inseriti ed ai quali partecipano assieme ai loro coetanei. Sono così portati anche a vestire allo stesso modo degli altri giovani, ad amare la stessa musica, gli stessi sport, ad appassionarsi per i medesimi idoli giovanili, ad assumere gli stessi atteggiamenti, a condividere valori e interessi della maggioranza, ad affrontare le stesse problematiche, a subire le medesime incertezze e paure, a cullarsi delle stesse speranze e prospettive per il futuro.

Nello stesso tempo i giovani immigrati hanno “radici” diverse dei loro compagni locali, che vanno dalle radici culturali della loro famiglia, alla diversità delle fedi religiose. In fondo, i  figli degli immigrati, al di là della possibile acquisizione della cittadinanza, concessa dal Paese di immigrazione, nel loro intimo e nella percezione della società, si considerano “figli di stranieri” e, quindi, “stranieri” essi stessi.

Il giovane immigrato è così soggetto ad un’altalena di identificazione, a volte con la società dove risiede ed altre in contrapposizione ad essa, sottolineando ed esasperando la propria estraneità.

Il giovane immigrato spesso si trova solo, a metà strada tra due culture, in una terra di nessuno. Si tratta di gioventù irrequieta ed  abbandonata a se stessa anche in considerazione del  fatto che i  genitori sono costretti ad un lavoro duro, a volte umiliante, che comporta molti sacrifici. Tutto ciò fa vivere il giovane immigrato in una situazione di grande incertezza, che gli impedisce di pensare ad un progetto credibile per il proprio futuro e moltiplica i fattori che portano all’emarginazione che spalancano le porte alla malavita con la criminalità, la prostituzione, l’alcool, la droga, ed il ladrocinio.

Il disagio del giovane immigrato è, pertanto, dunque notevole. Si manifesta anche in campo scolastico perché in molti casi i giovani arrivano a scuola con qualche anno di ritardo rispetto ai loro coetanei locali. Nella scuola emergono in prima linea i problemi linguistici, che influiscono sulla più alta percentuale di bocciature tra gli studenti immigrati. La scuola, inoltre, spesso è priva di strumenti per la loro integrazione, mancando per esempio di insegnanti di sostegno all’apprendimento della lingua locale, di mediatori culturali, e di altri sussidi. Ciò provoca nel giovane sconforto e disagio, e spesso l’abbandono precoce della scuola  indotto anche per l’ingresso nel mondo del lavoro. Sono così pochi i giovani immigrati che frequentano scuole di specializzazione o l’università.

Un altro problema per il giovane immigrato è la ricerca di un  lavoro adeguato alle sue esigenze di vita, per uscire dalla  disoccupazione e dalla miseria. Il sommarsi dello status di immigrato  con quello di disoccupato, porta spesso i giovani ad una forte emarginazione sociale che li rinchiude in uno stato di frustrazione e di umiliazione. Anche le aziende sono spesso in difficoltà nella gestione delle risorse umane multiculturali, difficoltà sorte da pregiudizi o esperienze passate negative, e, comunque, da una scarsa conoscenza delle molteplici caratteristiche culturali di questi giovani e adolescenti.

Vorrei solo menzionare il disagio abitativo che affligge i giovani immigrati,  ma non posso approfondirlo per mancanza di tempo, come non posso nemmeno soffermarmi sul volto femminile dell’immigrazione giovanile.

La crisi dei valori nei nostri giorni porta poi alla morte dello spirito anche di molti giovani immigrati. La maggioranza di loro è anche relativamente lontana dalle preoccupazioni religiose e spesso riconosce di non essere stata né sensibilizzata né educata a tale proposito. Comunque,  la loro conoscenza della fede cristiana e della Chiesa resta legata a cliché presentati dai loro cari, ed a ricostruzioni intellettuali che circolano nell’immaginario sociale, e nei mass-media.

L’azione pastorale specifica in favore dei giovani immigrati va fatta naturalmente tenendo conto della situazione esistenziale di ciascuno. Bisogna allora fare attenzione alla lingua, cultura, religione, provenienza e storia del giovane immigrato, pur considerando che la testimonianza di fede è il fulcro di ogni azione pastorale. Il calore della schietta amicizia con chi è diverso e viene da lontano è comunque la testimonianza più bella che può predisporre all’annuncio esplicito del Vangelo. L’accoglienza di persone di diversa nazionalità, etnia e religione, contribuisce notevolmente a rendere visibile l’autentico volto della Chiesa (G.S. 39).  La nostra Istruzione “Erga migrantes caritas Christi” raccomanda  infatti “una grande attenzione e rispetto per le tradizioni e culture religiose dei migranti” (n. 64 e 100).

La pastorale deve cogliere il crescente fenomeno dell’immigrazione anche giovanile come un’occasione per rendere la Chiesa più missionaria. Se è vero che  “la fede si rafforza donandola”, tanto più i nostri operatori pastorali faranno delle migrazioni un nuovo “Areopago di evangelizzazione”, ed  una nuova “primavera di fede” nascerà.

 

        Grazie per l’attenzione.


 

* Sala Stampa della Santa Sede, 28 Novembre 2007.

 

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