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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 105, December 2007

 

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO PONTIFICIO*

SUL TEMA: “I GIOVANI MIGRANTI”

 

(a proposito degli studenti internazionali) 

 

Mons. Novatus Rugambwa

Sotto-Segretario

Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

  

Il Messaggio del Santo Padre per la 94a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato mette l’accento sui giovani migranti, richiamando l’attenzione anche su una loro categoria particolare, quella degli studenti esteri o internazionali. Negli ultimi decenni, infatti, essi sono andati aumentando in maniera costante anche se, in tempi più recenti, sulla scia pure dell’espansione delle comunicazioni e dei viaggi, l’accesso all’educazione diciamo globale è diventato notevolmente più facile e, per molti, auspicabile.

Coloro che scelgono di trascorrere all’estero tutti o parte dei loro studi, sono generalmente giovani che, in un periodo fondamentale della loro vita, si sottopongono ad una particolare esperienza formativa ed educativa all’estero. Ciò offre numerose possibilità di arricchimento ma, allo stesso tempo, desta preoccupazioni e crea impegno pastorale, specialmente per la Chiesa.

Gli studenti esteri appartengono ad una varietà di strati sociali e provenienze, ma hanno bisogni simili, pur in una pluralità di desideri. Provengono anche da diversi livelli di maturità, esperienza, preparazione intellettuale e capacità linguistica. Tutto ciò contribuisce a manifestare segni differenziati e molteplici di fiducia o insicurezza.

Ci sono i cosiddetti ‘Free movers’, cioè studenti che si auto-finanziano e sono culturalmente affini. Naturalmente il grado di sostegno finanziario e personale varia notevolmente e, perciò, differente è la capacità di uno studente estero di insediarsi ed integrarsi. Ci sono poi gli ‘Studenti invitati’, quelli cioè con borsa di studio. Si tratta, di solito, di giovani con un andamento scolastico buono, sostenuti spesso, anche se non esclusivamente, dalle strutture esistenti. C’è anche un’altra categoria, quella degli ‘Studenti di scambio’, che restano solitamente per un anno o poco meno, grazie a disposizioni dei programmi accademici esistenti e a collaborazioni tra università. Ne è espressione particolare il programma Erasmus, in Europa, anche se ne esistono molti altri a livello locale e intercontinentale, specialmente negli Stati Uniti, in Asia e in Africa. Un’ultima e penosa categoria è quella costituita dagli studenti rifugiati o migranti economici che, a volte, possono essere anche migranti irregolari o con scarsi mezzi finanziari. Sono quelli con necessità maggiori, non solo d’integrazione, ma anche per la sopravvivenza quotidiana.

Bisogna dire che, per gran parte di loro, studiare all’estero è un’esperienza positiva, di arricchimento, che permette lo scambio di valori e culture e apertura di orizzonti. Essa può, inoltre, consentire alla fede di crescere attraverso il passaggio per situazioni ecclesiali, culturali e spirituali differenti.

Gli studenti esteri devono affrontare una serie di situazioni e problemi diversi e, spesso, interconnessi. Molti di loro subiscono una sorta di shock culturale e di squilibrio per il fatto di vivere in Paesi, comunità e ambienti accademici nuovi. A questo shock contribuiscono anche differenze di lingua, religione (anche per i Cristiani di un altro rito) e cultura, rottura temporanea dei legami familiari, aspettative esagerate e problemi di alloggio. Molti sperimentano, per la prima volta, un tipo di ‘libertà’ che, da una parte, può liberare, ma, dall’altra, disorientare. Ciò è vero in particolare per la fede, che può essere messa in discussione trovandosi al di fuori dei normali perimetri d’esperienza religiosa. Alcuni incontrano difficoltà finanziarie, specialmente se dispongono di un budget limitato. Evenienze quali l’aumento delle tasse universitarie o degli affitti sono comuni. Esiste poi un pericolo d’altro tipo, come è stato recentemente testimoniato dall’uccisione di una giovane studentessa dell’Erasmus, a Perugia.

Speciale menzione deve essere fatta, inoltre, degli studenti sposati che scelgono di studiare all’estero. Per alcuni, ciò significa una separazione temporanea dal coniuge e dalla famiglia. Per altri può comportare lo sradicamento di un intero nucleo familiare che decide di vivere nel Paese scelto per lo studio. 

È necessaria, pertanto, una risposta ecclesiale specifica per gli studenti internazionali durante il loro periodo di studio. Essa inizia con lo sviluppo di una consapevolezza attiva da parte delle comunità ecclesiali locali affinché si facciano luoghi di accoglienza e stabilità. I cappellani e gli operatori pastorali delle università hanno il dovere in particolare di essere aperti e generosi verso gli studenti stranieri che le frequentano. Dovrebbero, poi, essere messe in atto iniziative per portare gli studenti di tradizioni culturali differenti a partecipare alla vita liturgica della comunità locale, e rendere facilmente accessibili i Sacramenti, specialmente quello dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Quanti appartengono ad altri riti dovrebbero essere guidati ed aiutati ad integrarsi nella tradizione liturgica locale, quando non esiste la possibilità di un accesso immediato alle loro comunità ecclesiali rituali. Ciò può essere anche un tempo di prova per la fede degli studenti, mentre sono lontani da casa. In tale periodo sono necessari sistemi adeguati di sostegno e catechesi, oltre a luoghi di accoglienza e protezione. In molte università si attuano già azioni pastorali e d’assistenza per gli studenti esteri e ciò dovrebbe portare ad uno sviluppo positivo di relazioni e collaborazione tra cappellani e operatori universitari.

Nel Messaggio Pontificio, oltre a indicare varie loro necessità e problemi, il Santo Padre ci presenta gli studenti esteri come un dono per l’uomo e per la Chiesa. Essi portano con sé le grandi risorse della loro gioventù e dovrebbero essere aperti e ricettivi alle nuove idee ed esperienze, mentre, allo stesso tempo, essere capaci di restare ancorati nella verità. In una cultura in cui, spesso, l’arrivo degli studenti esteri è visto come un mezzo supplementare per aumentare le entrate delle università, il Santo Padre vuole mostrare invece questi giovani studenti come segni di grande speranza, che possono essere ugualmente segni del Regno:“La Chiesa ha bisogno anche di voi e conta sul vostro apporto”, Egli scrive.

Questi giovani – afferma inoltre il Sommo Pontefice – non devono soltanto sviluppare un’apertura al dinamismo di inculturazione, ma anche cercare opportunità di dialogo tra culture e religioni, aprendo così nuove e vibranti possibilità di dialogo che permetteranno, anzitutto, di fare l’esperienza dell’universalità della Chiesa. Allo stesso modo, Egli chiede ai giovani di sviluppare una crescita spirituale derivante non solo da una pratica devozionale diretta, ma dallo studio stesso: “A voi, in particolare, giovani credenti, chiedo di profittare del tempo dei vostri studi per crescere nella conoscenza e nell’amore di Cristo”.  In questo modo, essi si formeranno ad essere costruttori di una società futura e testimoni del Regno. Il Santo Padre sottolinea, in particolare, che un’esperienza condivisa dell’universalità della Chiesa può mostrare al mondo che “il Vangelo è vivo e adatto per ogni situazione; è messaggio antico e sempre nuovo; Parola di speranza e di salvezza per gli uomini di ogni razza e cultura, di ogni età e di ogni epoca”.

Papa Benedetto XVI guarda, infine, ai giovani come segni e strumenti del rinnovamento della società. Con questo Messaggio Egli volge lo sguardo in special modo ai giovani migranti, compresi gli studenti esteri, e chiede che la Chiesa faccia tutto il possibile per nutrirli, incoraggiarli e accompagnarli nei loro studi e nella maturazione della loro fede cristiana. È questa la sfida che si lancia ai giovani, e a famiglie, amici, insegnanti e pastori che li accompagnano in questo viaggio.


 

* Sala Stampa della Santa Sede, 28 Novembre 2007.

 

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