The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 105, December 2007

 

 

Sfide Migrazione:

quali compiti ne risultano per la/e Chiesa/e*

 

 

S.E. Mons. Agostino MARCHETTO

Segretario  del Pontificio  Consiglio

della Pastorale  per  i  Migranti  e  gli  Itineranti

 

Introduzione   

Sono lieto di partecipare a questo Convegno su: “Globalizzazione e Religione: Sfide per Politica e Chiesa” e ringrazio in modo speciale S.E. l’Ambasciatore Hans-Henning Horstmann per l’invito rivoltomi a parlare sul tema: “Sfide Migrazione: quali compiti ne risultano per la/e Chiesa/e”. Saluto cordialmente tutti gli organizzatori di questo incontro e i partecipanti.

Una parola anzitutto sulla globalizzazione[i]. Partendo dai suoi vantaggi, rilevo che la mobilità umana ai nostri giorni ne fa parte e assume vaste proporzioni come fenomeno strutturale, in contesto globale. In effetti una persona su 35 vive fuori dal proprio Paese di origine. Studiare il fenomeno delle migrazioni, un importante settore della mobilità umana, nella sfera della globalizzazione, significa poi far riferimento ad un nuovo assetto dell’economia mondiale e della comunicazione.                                                                                

L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e Sviluppo (OCSE) definisce comunque la globalizzazione, nella sua prospettiva, come “un processo attraverso cui mercati di produzione nei diversi Paesi diventano sempre più dipendenti tra di loro, a causa della dinamica dello scambio dei beni e servizi, e attraverso i movimenti di capitale e tecnologia”. La “filosofia” della globalizzazione, diciamo così, si fonda dunque sulla libera circolazione dei capitali, delle merci, della cultura, dell’informazione, ma non delle persone ed ha provocato  cambiamenti rapidi in campo politico, economico, e sociale. Ne viene di conseguenza un vantaggio per l’umanità, pur tenuti presenti i punti deboli circa  giustizia e solidarietà.

Per quel che riguarda i limiti, nell’attuale mercato mondiale, si stanno formando enormi sistemi economici, finanziari, tecnologici e culturali, spesso  “giganti” agguerriti ed invincibili. I grandi ricchi del pianeta possiedono così una ricchezza pari a quella della metà della popolazione mondiale.

Molte centrali di smistamento di capitale sono dunque in mano a privati e sfuggono in pratica al controllo  governativo e della pubblica autorità, anche internazionali. Tali centrali operano in tempo reale in ogni parte del mondo e possono causare crisi finanziarie ed economiche.

In molti Paesi “ricchi” c’è dunque il timore che la globalizzazione e la competitività esasperata provochino disoccupazione, e lo smantellamento del “welfare state”, mentre in quelli in via di sviluppo esiste la preoccupazione di restare esclusi dal progresso o dominati da nuove entità economiche internazionali.

Nel campo dell’informazione, poi, la globalizzazione ha aperto per molti le porte alla conoscenza, alla creatività e alla cultura. Tuttavia l’odierno flusso “culturale” è orientato quasi in una sola direzione, dai Paesi ricchi a quelli poveri. Un simile “assalto” culturale  può mettere in pericolo le giuste diversità e rende gli individui timorosi  di perdere la propria identità[ii] (cfr GS 54-58).

I nuovi attori economici internazionali sono ormai diventati determinanti per la vita di tutto il pianeta e le politiche di tante multinazionali provocano sul territorio effetti devastanti, dal punto di vista ecologico, sociale e politico (cfr Centesimus annus n. 40 e 15 ed Erga migrantes caritas Christi n. 29).

D’altra parte non si può dimenticare che “all’interno stesso delle grandi imprese multinazionali c’è un crescente interesse per gli standard etici, per la responsabilità sociale e per l’impegno a scopi umanitari”.[iii]

Dopo questi pensieri un po’ sparsi, ma adatti a farci intravedere luci e ombre della globalizzazione, mettiamo a fuoco più specificamente le migrazioni.

Certo è che  la globalizzazione ha creato per i migranti un nuovo mercato del lavoro e di conseguenza costituisce la causa principale dell’emigrare. Un altro fattore che spinge le persone in tal senso è l’aspirazione umana a cercare condizioni di vita migliori. Inoltre va segnalata la ricerca di una occupazione più o meno stabile, la volontà di sfuggire a catastrofi naturali, a guerre e  persecuzioni di carattere politico e religioso. Va aggiunta la facilità con la quale si possono usare i mezzi di comunicazione di massa e sfruttare la globalizzazione delle comunicazioni che rafforza l’idea di una vita all’estero più facile e di benessere e ciò scatena il desiderio di milioni di persone di lasciare i loro Paesi nativi. 

Risposta della Chiesa Cattolica alle sfide delle Migrazioni

A questo riguardo anzitutto potremmo scandagliare le fonti bibliche, ma mi sollevo dall’incombenza rimandandovi alla nostra Istruzione EMCC (n. 12-18)[iv],  non senza prima affermare che la Chiesa si trova in sintonia con le persone coinvolte nel fenomeno migratorio. Infatti esiste una specie di connaturalità tra essa e la mobilità umana, perché la “Chiesa pellegrina”, identifica il proprio camminare con quello delle persone in  mobilità umana. È altresì molto significativo il pellegrinare del popolo dell’Antica Alleanza.     

Per i  Documenti che precedettero l’Istruzione in parola, vi invito a leggere i suoi numeri 19-26. Pubblicata  nel 2004,  trentacinque anni dopo la “De Pastorali Migratorum Cura”, la EMCC è da considerare la risposta a uno dei “segni dei tempi”, la migrazione.

Nello sviluppo del tema affidatoci, prenderemo come base tale Istruzione poiché essa ci presenta i compiti della/e Chiesa/e  in tema di emigrazione oggi, che articola a vari livelli. Premetto che la Chiesa desidera essere là dove sono i migranti, condividendone le  gioie e speranze, i dolori e le sofferenze. È presente, certo, per offrire aiuto umano e solidarietà sociale, per difenderli (advocacy) qualora fossero lesi i loro diritti, ma soprattutto con azione pastorale, cominciando dalla preparazione alla partenza. La Chiesa è cioè chiamata ad aiutare i potenziali emigranti (cfr EMCC n. 96) a prepararsi ad affrontare la loro vita all’estero. Infatti è importante dare loro informazioni corrette riguardo ai Paesi in cui dovranno vivere, circa le leggi, la legislazione sul lavoro, i costumi, le tradizioni religiose, le condizioni democratiche, ecc. Quando una persona ha deciso di emigrare la Chiesa d’origine deve anche indirizzarla verso quella del Paese di destinazione,  per una futura assistenza pastorale, sociale e legale.

Ministero di accoglienza

Concretamente, migranti, rifugiati, sfollati e profughi, soggetti alla tratta di esseri umani o studenti stranieri poveri, possono trovarsi in estremo bisogno di cibo, vestiario e ricovero, di medicine e cure mediche. La Chiesa dando  loro il benvenuto, attraverso le  proprie organizzazioni assiste e offre  solidarietà. L’accoglienza[v] poi è la prima specifica azione in risposta al fenomeno migratorio (cfr EMCC n. 38 e nn. 49-55). Essa si dirige a persone di diversa nazionalità, etnia e religione, e contribuisce a rendere visibile un’autentica fisionomia della Chiesa stessa (cfr G.S. n. 39). Nell’accoglienza ecclesiale è inoltre offerta ai migranti cattolici l’opportunità privilegiata, sia pur spesso dolorosa, di giungere a un maggior senso di appartenenza alla Chiesa Universale (cfr EMCC  n. 39). La Chiesa nell’accogliere gli immigrati non fa discriminazione di nazionalità, di razza o di credo religioso: "L’accoglienza per gli emigranti è basata pienamente sull’amore per Cristo, nella certezza che il bene fatto al prossimo, specialmente al più bisognoso, è fatto a Lui" (EMCC n. 40).

Compito di advocacy

Quando i diritti degli emigrati sono calpestati, la Chiesa li difende, avvalendosi anche della sua autorità morale. In tale campo, così leggiamo nella nostra Istruzione: “i migranti sono spesso vittime del reclutamento illegale e di contratti a breve termine, con povere condizioni di lavoro e di vita, dovendo soffrire abusi fisici, verbali e finanche sessuali, impegnati per lunghe ore nel lavoro e senza accesso, frequentemente, ai benefici delle cure mediche e alle normali forme di assicurazione. Tale precaria situazione di tanti stranieri, che dovrebbe sollecitare la solidarietà di tutti, causa invece timori e paure in molti, che sentono gli immigrati come un peso, li vedono con sospetto e li considerano addirittura come un pericolo e una minaccia. Ciò provoca spesso manifestazioni di intolleranza, xenofobia e razzismo” (EMCC n. 6).

I migranti sono in pericolo, vittime del triste fenomeno del traffico di vite umane, in cui non sono risparmiati perfino i bambini. Ci sono poi, i problemi collegati all’aumento dell’emigrazione femminile. Donne e ragazze in modo crescente sono parte del fenomeno, ed in molti luoghi la loro dignità e i loro diritti sono lesi. Esse hanno bisogno di essere salvaguardate due volte: come emigrate e come donne (cfr EMCC n. 5).

A proposito delle donne ricordiamo che in occasione della loro IV Conferenza Mondiale del 1995, tenutasi a Pechino, Giovanni Paolo II attestò loro una profonda considerazione[vi] da parte della Chiesa “ per il mistero della donna, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l’eterna misura della sua dignità femminile” (n. 1). Il Papa ringraziò poi  ogni donna “per il fatto stesso di essere donna” (n. 2), ben cosciente del suo difficile cammino lungo la storia, essendo essa “misconosciuta  nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in schiavitù” (n. 3). Egli auspicava un pieno suo inserimento nella vita sociale, politica ed economica con un appello ben preciso in questi termini: “Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, a cui pur deve l’umanità la sua stessa sopravvivenza. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela delle lavoratrici madri, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia” (n. 4).

Nel campo dell’emigrazione nel contesto della difesa e dell’advocacy, menzione particolare va fatta alla piaga della tratta femminile. Di fatto “Nelle pieghe dell’immigrazione clandestina si infiltrano non di rado elementi di degenerazione, come il commercio della droga e la piaga della prostituzione. Organizzazioni inaffidabili spingono giovani donne sulla via dell’espatrio clandestino, lusingandole con la prospettiva del successo non senza averle prima depredate dei risparmi accumulati con sacrifici. La sorte a cui molte di esse vanno incontro è nota e triste: respinte alla frontiera, si trovano spesso trascinate, loro malgrado, nel disordine della prostituzione”.[vii] Così Giovanni Paolo II in occasione della Giornata Mondiale dell’Emigrazione del 1995. Egli in tale circostanza condannò con vigore  “le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne” e “la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità” (n. 5), facendo, poi, un appello accorato agli Stati e alle Istituzioni internazionali affinché “si faccia quanto è necessario per restituire alle donne il pieno rispetto della loro dignità e del loro ruolo”, diverso da quello dell’uomo.[viii]

Un richiamo ugualmente autorevole sulla donna migrante fu fatto da Papa Benedetto XVI, nel suo messaggio del 2006 per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Egli vi denunciò a chiare lettere la condizione particolare di donne e ragazze destinate, una volta giunte nel paese d’accoglienza, “ad essere poi sfruttate sul lavoro, quasi come schiave, e non di rado anche nell’industria del sesso”.[ix]

Per quanto riguarda il nostro impegno concreto per la liberazione delle donne di strada, rimando al n. 102 Suppl. di People on the Move in cui sono pubblicati gli “Atti del I Incontro Internazionale di pastorale per la liberazione delle donne di strada”. Ricordo anche la II Parte degli “Orientamenti per la pastorale della strada” è ad esse dedicata, con compiti molto puntuali, e quasi dettagliati.[x]        

In dialogo ecumenico ed interreligioso

Considerando quanto ci è specifico, ricordiamo anche il dialogo ecumenico ed intereligioso[xi] (cfr EMCC nn. 56-69). Esso si presenta come una delle sfide più importanti e gravi del nostro tempo.[xii] Nei dialoghi tra fedeli di diverse confessioni, oggi più frequenti, sorgono certe domande sulle caratteristiche fondamentali e sulle differenze che intercorrono tra una e l’altra. Il dialogo, infatti, è la strada attraverso la quale a ciascun credente è offerta la possibilità di penetrare più profondamente la ricchezza della propria tradizione, e di quella altrui, cogliendone ed esprimendone l’essenziale. Più comune però è il dialogo della vita, nella quotidianità della esperienza di incontro e di convivenza.  Il modo più generale e più diretto di farlo si realizza nei semplici gesti di rispetto di ogni giorno, di saluto, solidarietà, fraternità e amore, fra persone che appartengono a Chiese, comunità ecclesiali o religioni e culture diverse.

Papa Giovanni Paolo II, nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2004, affermò “Le migrazioni possono  agevolare l’incontro e la comprensione tra le civiltà, oltre che fra le persone e le comunità. Questo arrichente dialogo interculturale costituisce, una via necessaria per l’edificazione di un mondo riconciliato”. [xiii]

La via della “genuina integrazione” è indicata anche dal Papa Benedetto XVI, nel Messaggio della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato del  2005, come del resto era già indicazione dell’EMCC (nn. 34-36). L’integrazione, secondo il Pontefice, non è «un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprire il “segreto”, ad aprirsi a lui per accogliere gli aspetti validi e contribuire così ad una maggiore conoscenza di ciascuno. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini. Il migrante, in tale processo, è impegnato a compiere i passi necessari all’inclusione sociale, quali l’apprendimento della lingua nazionale e il proprio adeguamento alle leggi e alle esigenze del lavoro, così da evitare il crearsi di una differenziazione esasperata. A nessuno sfugge il conflitto di identità, che spesso si innesca nell’incontro tra persone di culture diverse. Non mancano in ciò elementi positivi. Inserendosi in un nuovo ambiente, l’immigrato diventa spesso più consapevole di chi egli è, specialmente quanto sente la mancanza di persone e di valori che sono importanti per lui. Nelle società investite dal fenomeno globale della migrazione è necessario cercare un giusto equilibrio tra il rispetto dell’identità propria e il riconoscimento di quella altrui. È infatti necessario riconoscere la legittima pluralità delle culture presenti in un Paese, compatibilmente con la tutela dell’ordine da cui dipendono la pace sociale e la libertà dei cittadini. Si devono infatti escludere sia i modelli assimilazionisti, che tendono a fare del diverso una copia di sé sia i modelli di marginalizzazione degli immigrati, con atteggiamenti che possono giungere fino alle scelte dell’apartheid».[xiv]

Le diverse identità culturali insomma devono aprirsi ad una logica universale, non già sconfessando le proprie positive caratteristiche, ma mettendole al servizio degli altri. In questa prospettiva la situazione culturale odierna, nella sua dinamica globale, per una incarnazione dell’unica fede nelle varie culture, rappresenta una sfida senza precedenti (cfr EMCC n. 34).

A questo proposito, cristianamente, ecclesialmente, dobbiamo ricordare che dialogo ed evangelizzazione, dialogo e missione non si oppongono fra loro. Erga migrantes caritas Christi perciò raccomanda “una grande attenzione e rispetto per le tradizioni e culture religiose dei migranti” [n.100]… ma sottolinea al tempo stesso che si tratta per i cristiani di una nuova missione (cfr EMCC n. 100). Papa Benedetto XVI, a questo riguardo, attesta: “Nella missione di pescatori d’uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. È proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario.  Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo di Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui. Il compito del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuole fare il suo ingresso nel mondo”. [xv]

Del resto il dialogo tra Chiesa cattolica e Chiese e Comunità ecclesiali non in piena comunione con essa avverrà nel rispetto degli ordinamenti, di ciascuna, come è raccomandato dal Direttorio per l’applicazione di Principi e Norme sull’Ecumenismo per cui nella nostra Istruzione leggiamo: “I cattolici devono dar prova di un sincero rispetto per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, e queste sono invitate a mostrare lo stesso rispetto per la disciplina cattolica” (EMCC n. 64).

Aggiungo che nel dialogo tra cattolici e aderenti ad altre religioni riveste grande importanza la  reciprocità, intesa dall’EMCC non come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico-religiosi. La reciprocità è anche un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri (cfr EMCC n. 64).[xvi]  

Per quanto riguarda il flusso di immigrazione proveniente dai paesi a maggioranza islamica è un problema politico, culturale, religioso e pastorale (cfr EMCC nn. 59-69).[xvii] Dal punto di vista religioso l’Islam ha valori condivisibili e altri divergenti con il Cristianesimo. In effetti “La credenza in Dio, Creatore e Misericordioso, la preghiera quotidiana, il digiuno, il pellegrinaggio, l’ascesi per il dominio delle passioni, la lotta all’ingiustizia e l’oppressione, sono valori comuni, presenti anche nel Cristianesimo, peraltro con espressioni o manifestazioni diverse. Accanto a queste convergenze, ci sono anche delle divergenze, alcune delle quali riguardano le acquisizioni legittime della modernità. Tenendo in considerazione specialmente i diritti umani, auspichiamo perciò che avvenga, da parte dei nostri fratelli e sorelle musulmani, una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l’esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell’uomo, del principio democratico del governo della società e della sana laicità dello Stato. Si dovrà altresì raggiungere un’armonia tra visione di fede e giusta autonomia del creato” (EMCC n 66).[xviii] Inoltre i musulmani sono portatori di elementi che mettono in discussione il matrimonio monogamico, e forme di educazione, abbigliamento, costumi, e feste in Paesi recettori. Il dialogo con il mondo musulmano deve realizzarsi perciò a livello culturale ed interreligioso, con un grande rispetto reciproco considerando peraltro le diversità dei valori anche nell’esercizio della giustizia, della pace, della difesa dell’ambiente, e soprattutto della libertà religiosa (cfr EMCC nn. 65-68).

Ministero  pastorale e missionario

Nella realtà pastorale la cooperazione fra le Chiese d’origine e destinazione è fondamentale. L’EMCC (n. 28) considera le Chiese locali di partenza e di arrivo come pilastri fondamentali nell’opera pastorale in favore dei migranti. La Chiesa locale di destinazione deve impegnarsi, cioè, ad offrire una pastorale appropriata ai fedeli immigrati. E’ comunque molto importante, e forse decisivo per essi, essere accompagnati da un missionario (sacerdote) o da agenti pastorali del loro Paese, che condividono la stessa cultura, oppure da un presbitero che abbia svolto un’attività missionaria nel loro Paese d’origine. Questa vicinanza culturale e linguistica è di grande importanza per aiutare i migranti a vivere e crescere nella fede per far fronte, come cristiani, alle tante vicissitudini che incontrano ogni giorno nel Paese d’accoglienza. Il dialogo, dunque, fra Chiesa di origine e di arrivo, per il bene dei migranti, è indispensabile (cfr. EMCC nn. 70-77).

La Chiesa in quanto missione, poi, è un’altra caratteristica del nostro Documento (cfr specialmente EMCC nn. 96-100). Suo compito fondamentale è quello di annunziare il Vangelo e anche i migranti rientrano nella sua missione, per il  ministero di evangelizzare le genti.

Il crescente numero di migranti nel nostro mondo occidentale deve impegnare tutti i battezzati a seguire l’invito di Cristo: “predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mt 16,15). Si tratta di annunziare il Vangelo, ora, senza spostarsi in continenti lontani, come facevano e fanno i nostri missionari, ma restando nel proprio ambiente, dove uomini di ogni razza ormai vivono insieme.

Secondo l’EMCC, in ciò sono impegnate le varie componenti della Chiesa. Con attenzione nuova al laicato, maturo e responsabile, desideroso di offrire il suo servizio a favore dell’evangelizzazione nel campo della mobilità umana, l’Istruzione attesta: ”Nella Chiesa e nella società i Laici, le Associazioni laicali e i Movimenti ecclesiali, sebbene nella diversità di carismi e di ministeri, sono pure chiamati a realizzare  l’impegno di testimonianza cristiana e di servizio anche presso i migranti. Pensiamo in modo particolare ai collaboratori pastorali e ai catechisti, agli animatori di gruppi di giovani e di adulti, del mondo del lavoro e del servizio sociale o di quello caritativo. In una Chiesa che si sforza di essere interamente missionaria ministeriale, sospinta dallo Spirito, è qui il rispetto dei doni di tutti che va messo in rilievo. A questo riguardo i fedeli laici occupano spazi di giusta autonomia, ma assumono anche tipiche incombenze di Diaconia, come nella visita ai malati, nel sostegno agli anziani, nella conduzione dei gruppi giovanili e nell’animazione di associazioni familiari, nell’impegno per la catechesi e nei corsi di qualificazione professionale, nella scuola e i compiti amministrativi e, ancora, nel servizio liturgico e nei centri di ascolto, negli incontri di preghiera e di meditazione della Parola di Dio. ” (EMCC n. 86; cfr anche nn. 87-88). Ai laici ci si riferisce pure nei numeri 45 (ministeri laicali), 60 (con richiamo all’impegno dei Movimenti ecclesiali e delle Associazioni laicali), 47 (con attenzione alla famiglia) e 86-88 (più in generale, ma con proposta di istituzione di un “ministero non ordinato dell’accoglienza”), nonché  99 e  nell’Ordinamento  giuridico  pastorale,  ultima  parte  dell’EMCC, cap. I.

In conclusione, l’emigrazione internazionale presenta una grande varietà di flussi e direzioni che si sono fatti sempre più complessi. Il più vasto fenomeno migratorio costituisce, dunque, oggi, una importante dimensione di quella “interdipendenza crescente fra Stati-Nazione che concorre a definire l’evento globalizzazione, la quale ha aperto i mercati, ma non le frontiere, ha abbattuto i confini della libera circolazione dei capitali, ma non nella stessa misura quelli della libera circolazione delle persone” (EMCC n. 4).

L’attuale mondo globalizzato impegna la Chiesa ad affrontare anche le onde migratorie e le condizioni di vita a cui gli immigrati sono soggetti. Essa è chiamata anche qui ad esercitare la missione del “Buon Samaritano”;[xix] la sua  missione è quella di soccorrere gli immigrati che hanno difficoltà di sopravvivenza ed aiutarli ad avere un dignitoso lavoro e un rifugio. La Chiesa è vicina agli emigrati, rifugiati, alle vittime del traffico di vite umane, a tutti coloro che sono coinvolti nel fenomeno della mobilità umana, ed è chiamata a capire i loro problemi, ad appoggiare le loro giuste rivendicazioni, a difendere le loro cause nei diversi contesti e all’interno di ciascun Paese ospitante, per promuovere leggi che favoriscono il miglioramento della vita dei migranti e la loro integrazione sociale.

L’impegno pastorale nella mobilità umana dilata le frontiere del cuore e della mente, demolendo i pregiudizi che limitano le persone e mostrano come la presenza dell’altro è una preziosa opportunità per comprendere la nostra propria strettezza e scoprire la bellezza della fraternità, nella libertà delle relazioni rispettose, accogliendo cordialmente l’altro.

La Chiesa, con il suo servizio, garantisce che la mutua accoglienza faccia avanzare l’umanità nella realizzazione del destino comune, che cammina in questo mondo verso il Regno di Dio, dove non ci saranno più frontiere e dove la comunione sarà piena e definitiva.

È questo il grande tema e la grande aspirazione della Chiesa cattolica e delle Chiese e Comunità ecclesiali che vogliono essere compagne di viaggio dell’intera famiglia umana e testimoniare il Vangelo a tutti gli uomini.

Mi auguro che tutte quelle persone che vivono fuori del loro Paese nativo siano capite ed accettate come fratelli e sorelle, così che l’emigrazione in questo mondo globalizzato, possa essere considerata una chiamata, sebbene misteriosa, per il Regno di Dio, ed uno strumento della Divina Provvidenza per favorire l’unità e la pace della famiglia umana.

 

* Convegno “Globalizzazione e Religione: Sfide per Politica e Chiesa”, Pontificia Università Gregoriana - Roma, 4-5 Ottobre 2007.

 


[i] Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Europa, 8: AAS XCV 2003, 655 e Esortazione  Apostolica postsinodale Pastores Gregis, 69 e 72: L’Osservatore Romano, 17 Ottobre 2003, p. 12; Benedetto XVI, Messaggio alla Professoressa Mary Ann Glendon, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in Occasione della XIII Sessione Plenaria: L’Osservatore Romano, 2-3 Maggio 2007, p. 6; Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, Giustizia internazionale e “governance” internazionale nel contesto della crisi del multilateralismo, XIII Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: L’Osservatore Romano, 2-3 Maggio 2007, p. 7.; Stephen Fumio Hamao, Globalizzare la solidarietà con i migranti, People on the Move, n. 91-92 (2003) p. 257; Agostino Marchetto, Mondialiser la solidarité, Banque de Développement du Conseil de l’Europe, 13 Novembre 2006, sur La cohésion sociale, condition de la croissance?: Les Actes du 50ème anniversaire du CEB, Paris (2006) pp. 44-45;  Idem, Globalizzare la Solidarietà: People on the Move, n 102 (2006) p. 365; Idem, Flows of human mobility worldwide: concequences and expectetions: People on the Move, n. 91-92 (2003)  p. 45; Idem, Globalizzazione, Migrazioni e Povertà (aspetti ecclesiali): People on the Move, n. 90 (2002) p. 85; Idem,  La globalizzazione nella visione di Giovanni Paolo II, in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, La sollecitudine della Chiesa verso i Migranti, Quaderni Universitari, Nuova Serie, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, pp. 41-47; Gergely Kovács, L’Identità culturale nell’era della globalizzazione: Tentazione  nostalgica o sfida per la Chiesa: People on the Move, n. 86 (2001) pp. 21-29.

[ii] Cfr UNESCO, Declaration Universelle sur la Diversité Culturelle: People on the Move, nn 88-89 (2002) p. 34; Agostino Marchetto, L’Integrazione interculturale nella Erga migrantes caritas Christi: People on the Move, n. 96 (2004) pp. 239-246; Idem, Integrazione interculturale: una sfida per l’Europa:  People on the Move, n. 97 (2005)  pp. 29-37.

[iii] Cfr Christoph Schönborn, Sfide per la Chiesa, Ed. Studio Domenicano, Bologna 2007,  p. 135.

[iv] Cfr Luciano Pacomio, La Parola di Dio e le Migrazioni, in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Quaderni Universitari, Nuova Serie, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2005,  pp. 9-27.

[v] Cfr Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Migranti e Pastorale d’Accoglienza: Quaderni Universitari,  Nuova Serie, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano  2006.

[vi] Cfr Giovanni Paolo II, La cultura  dell’uguaglianza fra l’ uomo e la donna sarà duratura se rispecchierà il disegno di Dio: L’Osservatore Romano, 26-27 Giugno 1995, p. 6;  cfr  sempre per La quarta Conferenza Mondiale sulla Donna a Pechino,  l’Intervento di Mary Ann Glendon, Capo  Delegazione della Santa Sede: L’Osservatore Romano, 6 settembre 1995, p. 7.

[vii] Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale dell’emigrante  del 1995, sul tema  La donna coinvolta nel fenomeno migratorio: L’Osservatore Romano, 3 Settembre 1994, p.4; cfr Giovanni Cheli, La premura e la preghiera del Papa per la donna che emigra: L’Osservatore Romano, 3 Settembre 1994, p. 5.

[viii] Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale dei Migranti del 1995, sul tema  Solidarietà, accoglienza, tutela da abusi e protezione a favore della donna sempre coinvolta nell’emigrazione: L’Osservatore Romano, 3 Settembre 1994, p. 4; cfr Agostino  Marchetto, La donna Migrante: People on the Move, n. 101 (2006)  pp.129-137.

[ix] Cfr Benedetto XVI, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2006  sul tema  Emigrazione segno dei tempi: L’Osservatore Romano, 29 Ottobre 2005, p. 4; Agostino Marchetto, Le migrazioni: segno dei tempi, in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Quaderni Universitari, Nuova Serie, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005  pp. 28-40.

[x] Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: Orientamenti per la Pastorale della strada,  Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano  2006; 

[xi] Cfr Stephen Fumio Hamao, Il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale nei più recenti Documenti del nostro Pontificio Consiglio, People on the Move, n. 96 (2004) pp. 25-36; Paul Shan Kuo-Hsi, SJ, Inter-religious Dialogue in the Migrants’ World: People on the Move, n. 96 (2004)  pp. 115­­-137; Idem, Inter-religious dialogue in the migrants’ world: People on the Move, n. 98 (2005) pp. 59-63.

[xii] Cfr Atti della XVII Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale: People on the Move, n. 101 Suppl. (2006),  pp. 42-48.

[xiii] Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della 90ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2004, sul tema  Migrazioni in visione di Pace: L’Osservatore Romano, 24 Dicembre 2003,  p. 5.

[xiv] Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale dei Migranti e del Rifugiato del 2005, sul tema  L’integrazione interculturale: L’Osservatore Romano, 9-10 Dicembre 2004,  p. 4.

[xv] Cfr Benedetto XVI,  Un servizio alla gioiaL’Osservatore Romano, 25 Aprile 2005, pp. 4-5; Walter Kasper, Ökumenische Bewegung und Evangelisierung: People on the Move, n. 102 (2006)  p.157.

[xvi] Cfr Agostino Marchetto, Religioni e Migrazioni: tra dialogo e reciprocità, Nuntium, n. 30 (2006) pp. 189-192.

[xvii] Cfr Atti della XVI sessione Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, sul tema  Dialogo Ecumenico, Interreligioso e interculturale: People on the Move,  n. 96 (2004) pp. 37-51.

[xviii] Cfr Segretariato per i non Cristiani, L’atteggiamento della Chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni: L’Osservatore Romano, 11-12 Giugno 1984,  p.  4. 

[xix] Cfr Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli-LEV, Città del Vaticano 2007, pp. 236 e 238 s.  

   *******

Summary

 

THE CHALLENGE OF MIGRATION: WHAT TASKS ARE REVEALED FOR THE CHURCH /CHURCHES 

 

The development of the topic The challenge of Migration: what tasks are revealed for the Church/Churches was carried out by His Excellency Archbishop Agostino Marchetto at the congress on “Globalisation and Religion: a challenge for Politics and the Church”, organised by the Gregorian Papal University, [Rome, 4th-5th October 2007].

Before entering into the nucleus of the discourse, the writer will present the advantages and the limits of Globalisation, of which the human mobility of our times is a part and which assumes vast dimensions as a structural phenomenon, in the global context. Following, is the definition of the Organisation for the Economic Cooperation and Development [O.C.S.E.] that sees Globalisation as “a process by which the production markets in the different Countries will become more and more dependent on one another because of the dynamics of the exchange of goods and services through the flow of capital and technology”. The “philosophy” of Globalisation is based therefore, on the liberal circulation of capital, goods and culture, as well as information, but it is not based on people. For the migrants, Globalisation has created a new market of work and as a consequence is the principal cause of migration. In presenting the reply of the Catholic Church to the challenge of Migration, the Archbishop makes reference to the Instruction EMCC [n. 12-18] “Erga migrantes caritas Christ” [“The Charity of Christ towards the Migrants”]. And to the series of  ecclesial documents that proceeded it, emphasising, first of all, the existence of a kind of “innateness” between the Church and human mobility, because, as a “Pilgrim Church”, it identifies its own progress with that of human beings in mobility.

The first specific reply to the migratory phenomenon [cf. EMCC no. 38; nos. 49-55] is the service of welcome, carried out with the help of their own Church organisations, that assist and offer solidarity, without discrimination of nationality, race or religious beliefs. To present the second reply: that is, “advocacy” which is also analysed thoroughly in the EMCC. The writer points out, in particular, the evil of the traffic in women and the exploitation of women migrants.

In an in-depth letter of the Papal Messages for the Day of the Migrants and the Refugees, 2004/2005 and from the EMCC [nos. 34-36, 56-69], it is clearly seen that one of the most important and difficult challengers of our times is the ecumenical and interreligious dialogue. The varied cultural identities—as emphasised in the text, must be open to a universal logic, not of course repudiating their own positive characteristics, but putting them at the service of others. Regarding this, in a Christian spirit and in an ecclesial spirit, one remembers, then, that dialogue and evangelisation or dialogue and mission are not in opposition to each other. As well, dialogue between the Catholic Church and other Churches and Ecclesial Communities which are not in full communion with it, will take place about the principles of each one of these organisations [EMCC no. 64 ]. As regards to the flow of immigration coming from countries with an Islamic majority, it is a political, cultural and religious, as well as a pastoral problem [cf. EMCC nos. 59-69].

As the last reply of the Church to the challenge of migration, the writer presents the pastoral and missionary ministry, emphasising the need and the fundamental value of cooperation between the Churches of origin and those of the destination. This is also reviewed in numerous articles of the EMCC. Following on, it is evident that the vastest migratory phenomenon ever, establishes today, an important dimension of “growing interdependence between the State-Nations that agree to determine the Globalisation occurrence, which has opened up the markets, but not the borders; which has demolished the confines of liberal circulation of capital, but not in the same measure as those of the liberal circulation of people” [EMCC no. 4]. The pastoral task in human mobility, asserts the writer, is to broaden the frontiers of the heart and mind, demolishing the prejudices that limit individuals, to show how the presence of other people is a precious opportunity to understand our own narrow-mindedness and to discover the beauty of fraternity, in the freedom of respectful relationships, thus cordially accepting others.

The discourse concludes with the sincere wish that all immigrants are understood and accepted as brothers and sisters, so that emigration in this Globalised world, can be considered a calling, even if it is enigmatic, for the Kingdom of God and that immigration can also be an instrument of Divine Providence to foster unity and peace in the human family. 

 *******

Résumé 

LES DEFIS DES MIGRATIONS : QUELS DEVOIRS POUR L'/LES  EGLISE/S ? 

Le rapport sur le thème Les défis des migrations: quels devoirs pour l'/les Eglise/s? a été présenté par S.E. Mgr Agostino Marchetto à l'occasion du Congrès organisé par l'Université Pontificale Grégorienne sur: "Mondialisation et religion : défis pour la politique et pour l'Eglise" (Rome, 4-5 octobre 2007).

Avant d'entrer dans le vif du sujet, l'auteur présente les avantages et les limites de la mondialisation dont la mobilité humaine fait partie aujourd'hui et assume de vastes proportions en tant que phénomène structurel dans le contexte global. Voici la définition qu'en donne l'Organisation pour la Coopération Economique et le Développement (OCSE) qui la voit comme "un processus à travers lequel les marchés de production des différents Pays deviennent toujours plus dépendants les uns des autres, à cause de la dynamique de l'échange des biens et des services, et à travers les mouvements de capitaux et de technologies". La "philosophie" de la mondialisation se base donc sur la libre circulation des capitaux, des marchandises, de la culture, de l'information, mais non sur celle des personnes. Pour les migrants, la mondialisation a créé un nouveau marché du travail, et elle constitue donc la cause principale de l'émigration.

En offrant la réponse de l'Eglise catholique aux défis des migrations, l'Archevêque souligne avant tout – en se référant à l'Instruction EMCC (nos 12-18) et à la série des documents ecclésiaux qui l'ont précédée – l'existence d'une sorte de co-naturalité entre l'Eglise et la mobilité humaine, du fait que "l'Eglise pèlerine" identifie son propre cheminement avec celui des personnes impliquées dans la mobilité humaine.

La première réponse spécifique au phénomène migratoire (cf. EMCC n° 38 et nos 49-55) est le ministère de l'accueil, exercé avec l'aide des organisations de l'Eglise qui assistent et offrent la solidarité, sans aucune discrimination de nationalité, de race ou de credo religieux. En présentant ensuite la deuxième réponse : l'advocacy – elle aussi traitée en profondeur dans EMCC –, S.E. Mgr Marchetto indique plus particulièrement la plaie de la traite des femmes et l'exploitation des femmes migrantes.

Si on lit attentivement les Messages pontificaux pour la Journée des Migrants et des Réfugiés de 2004 et 2005, ainsi que l'Instruction EMCC (nos 34-36, 56-59), on constate que l'un des défis les plus importants et difficiles de notre époque est le dialogue œcuménique et interreligieux. Comme le texte le souligne, les différentes identités culturelles doivent s'ouvrir à une logique universelle, non pas en renonçant à leurs caractéristiques positives, mais en les mettant au service des autres. Et à ce propos, de manière chrétienne et ecclésiale, il est rappelé que le dialogue et l'évangélisation, le dialogue et la mission ne s'opposent nullement entre eux. En outre, le dialogue entre l'Eglise catholique et les Eglises et communautés ecclésiales qui ne sont pas totalement en communion avec elle, s'effectuera dans le respect des ordonnancements de chacune (EMCC n° 64). Pour ce qui est du flux d'immigration provenant des Pays à majorité islamique, il s'agit d'un problème politique, culturel, religieux et pastoral (cf. EMCC nos 59-69).

La dernière réponse de l'Eglise aux défis des migrations est présentée par l'Auteur comme se trouvant dans le ministère pastoral et missionnaire, en soulignant la nécessité et la valeur fondamentale de la coopération entre les Eglises d'origine et de destination, coopération elle aussi examinée dans plusieurs articles d'EMCC. Il met ensuite en évidence la façon dont le phénomène migratoire toujours plus étendu constitue aujourd'hui un élément important de l'"interdépendance croissante entre les États-Nations, qui contribue à caractériser la mondialisation. Cette dernière a cependant ouvert les marchés mais non les frontières; elle a abattu ces dernières en vue de la libre circulation de l’information et des capitaux, mais pas dans la même mesure que celles de la libre circulation des personnes" (EMCC n° 4). L'Auteur soutient que l'engagement pastoral dans la mobilité humaine dilate les frontières du cœur et de l'esprit, en détruisant les préjugés qui limitent les personnes et en indiquant comment la présence de l'autre constitue une occasion précieuse pour comprendre les limites propres et découvrir la beauté de la fraternité, dans la liberté des rapports respectueux, en accueillant autrui avec cordialité.

L'intervention se conclut avec le souhait que tous les migrants soient compris et acceptés comme des frères et des sœurs, afin que, dans cet univers mondialisé, l'émigration puisse être considérée comme un appel, même mystérieux, pour le Royaume de Dieu, et un instrument de la Divine Providence pour favoriser l'unité et la paix de la famille humaine.  

 

top