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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 103, April 2007

 

 

LA CURA PASTORALE DEI MIGRANTI, ITINERANTI E GENTE DEL MARE (zingari del mare) NELLA DIOCESI DI PANGKALPINANG, INDONESIA

 

 

 

Rev. Bernardus SOMI BALUN

Pangkalpinang, Indonesia

 

1. Panorama generale della Diocesi di Pangkalpinang

La Diocesi di Pangkalpinang è un arcipelago composto da migliaia di piccole isole, che copre un’area di 30.443 km2 di terra e 270.212 km2 di mare. Esso è diviso nella regione del Nord (Provincia di Kepulauan Riau), che comprende l’Arcipelago di Lingga e le piccole isole di Batam, Rempang, Galang, Bintan Dabo-Singkep, Tembelan, Karimun, Sulit (moro), Kundur, nonché le isole più grandi di Tarempa, Natuna, Sedanau, Letung, Serasan, Midai; e quella del Sud (Provincia di Kepaluaun Bangka Belitung) che include le due isole di Bangka e, con altre 184 isolette, copre un’area di 11.623.542 km2, e Belitung (4.8000,60 km2), con le isole di Mendanau, Seliau, Lengkuas, Melidang, Selanduk. La Provincia di Kepaluaun Bangka Belitung copre 16.334 km2 di terra e 65.301 km2 di mare.

Secondo i dati del 2003, in queste due regioni vivono circa 1.848.989 persone, di cui 35.505 cattolici. Gli abitanti appartengono a varie culture; in maggior parte sono Malaya, seguiti da Cinesi (nel 1722 gli olandesi li utilizzavano nelle miniere di stagno), Flores, Batak e Java. Tra loro vivono anche alcune comunità di “Nomadi di Mare” (Suku Laut).

Tra le religioni presenti nella Diocesi di Pangkalpinang ci sono: Islam, Protestantesimo, Buddismo, Induismo, Animismo e Kong Hu Tsu.

Mentre le isole di Bintan, Bangka, Singkep e Belitung, con le loro ricchezze naturali, con gli stagni (dan baucsite) e le coltivazioni di pepe, costituiscono un potenziale per il turismo, quelle di Tarempa, Batam, Natuna, Bangka e Lingga sono abitate da pescatori. La globalizzazione e lo sviluppo industriale pongono numerosi problemi agli abitanti delle isole di Batam, Bintan e Karimun. 

2. Problemi e sfide per la Pastorale

Uno dei problemi fondamentali per l’attività pastorale nella diocesi di Pangkalpinang è il trasporto. Infatti, molto denaro viene speso per spostamenti da un’isola all'altra. Tante persone, poi, e in particolare la “Gente del Mare” (Zingari del Mare), vivono nelle isole più lontane, in condizioni di grande povertà e senza possibilità di istruzione.

Con questa testimonianza desidero offrirvi una visione generale sulla cura pastorale dei migranti e degli “Zingari del Mare”. 

2.1. La cura pastorale dei migranti nelle isole di Batam, Karimun e Bintan

Il nord della Diocesi di Pangkalpinang che comprende le isole di Batam, Bintan e Karimun, è una zona industriale, perciò vi arrivano giovani da tutta l’Indonesia in cerca di lavoro. La migrazione lavorativa è molto forte: la gente lascia il proprio paese e la città, la propria cultura e persino la famiglia per cercare condizioni di vita migliori. L’industrializzazione comporta molte conseguenze negative, ponendo molti problemi al sistema di valori umani e cristiani della gente che deve dimostrare grande capacità di contrapporsi alle correnti materialiste, utilitaristiche ed edonistiche. Di queste ultime cadono vittime soprattutto le donne, la cui dignità è violata in vari modi: spesso vengono ridotte in soggezione, fino a diventare schiave del sesso e/o del lavoro. Fino all’anno in corso, nella pastorale dei migranti, abbiamo dato precedenza alla cura delle donne - vittime di trafficking, aprendo per loro un alloggio (shelter) dove possono trovare l’aiuto necessario.

Nel 2004, tra i 13.194 abitanti dell’isola di Batam, vi erano 6.367 donne immigrate lavoratrici, 4.574 donne in cerca di lavoro, 2.881 donne disoccupate e 1.218 donne in età compresa tra i 15 e i 19 anni.

Il trafficking concerne soprattutto la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale. La cultura edonistica e commerciale, che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, induce anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo. Molte donne sono costrette a prostituirsi, e per questo “lavoro” devono firmare un contratto con il cosiddetto “padrone”, senza il cui permesso non possono uscire dal circolo di prostituzione. La maggior parte di queste donne proviene dalle isole di Java, Sumatra, Sulawesi; altre invece vengono come turiste da Singapore, Malaysia, Cina, India, Giappone, Corea e Australia.

Nel 2004, la nostra commissione ha offerto assistenza a 45 prostitute, ad altre 10 prostitute incinte, nonché a 45 donne deportate da Singapore e Malaysia, tra le quali 10 violentate dal padrone e altre 5 violentate nel luogo di prostituzione.

A tutte queste donne la commissione offre cura spirituale e materiale, le aiuta a trovare lavoro, oppure cerca di riportarle a loro Paese di provenienza, se le condizioni sono favorevoli.  

2.2. Gente del Mare (Zingari del mare) nell’Arcipelago di Lingga

2.2.1. La situazione generale degli Zingari del mare (Suku Laut)

I Suku Laut vivono soprattutto nelle barche, in condizioni particolari, e per questo vengono chiamati anche ”uomini della barca” (manusia perahu). Essi provengono da Hoabinh (Indocina), e discendono dalla tribù Proto Malayu, risalente al periodo neolitico e megalitico (2.500-1.500 a.C.), che fu scacciata da un’altra tribù Deutro Melayu (chiamata anche Suku Talang Tamak, Sakai e Semang in Malaysia). Questi ultimi vivono anche nell’arcipelago di Riau.

I Suku Laut nascono, crescono, si sposano e lavorano sul mare, su una piccola barca  chiamata perahu kajang. La terra ferma è solo un luogo ove si va per comprare il riso, il sale, ed altri generi di prima necessità. Si può facilmente immaginare, quindi, come questa situazione crei problemi per l’educazione dei figli, la salute, ecc. Hanno conservato una tradizione culturale particolare: la creazione di filastrocche e la danza. I Suku Laut  sono grandi pescatori, ma sono accompagnati anche da una fama negativa, per le numerose rapine compiute sul mare.

In questi ultimi anni, a seguito di matrimoni con persone di cultura diversa, un buon numero di Suku Laut ha cominciato a vivere in case, costruite però sempre sul mare. Vivono in piccole comunità e continuano a pescare.

Gli Zingari del mare vivono nelle isole Batam, Todak, Rempang, Galang, Natuna e Tarempa, e appartengono alle parrocchie di Bengkong e Tembesi, di Tanjungpinang e Belitung, ma prevalentemente alla quasi parrocchia di Ujung Beting.

2.2. 2. La Gente del Mare (Zingari del mare) nell’Arcipelago di Lingga

Nell’arcipelago di Lingga è situata la quasi parrocchia San Carlo Borromeo, a cui appartengono 12 comunità cristiane sparse su altrettante isole, lontane dall’informazione e dalla scuola, povere e prive di trasporto. Per spostarsi da un’isola all’altra occorrono due o tre ore di navigazione. Quando arriva la stagione delle piogge, i bambini non vanno a scuola, perché questo equivarrebbe, secondo loro, a buttare i soldi. Se la missione cattolica si propone di educare i bambini, deve allora provvedere a tutto: motivare i genitori, pagare la scuola, l’internato, ecc.

Nell’isola di Ujung Beting, nell’arcipelago di Lingga, abbiamo creato un centro pastorale, un sorta di quasi parrocchia, con una scuola elementare e un internato per i bambini. Il fatto, però, di stare in un internato, può creare difficoltà per le famiglie e per la crescita dei bambini che, de facto, vivono lontani dai genitori.

Nelle isole di Limas, Senayang, Pancur vi sono le scuole statali che, però, per brevi periodi di studio, non sembrano abbastanza efficienti.

Per quanto riguarda il campo economico, gli zingari del mare che abitano in queste isole, sono schiavi di un imprenditore (tauke), che fornisce loro gli strumenti e i mezzi per pescare a condizione, però, che il pescato venga venduto a lui. Durante la stagione delle piogge, che dura circa 6 mesi (da ottobre a marzo/aprile), essi non possono lavorare e quindi per vivere devono ricorrere all’imprenditore, che dà loro, a credito, da mangiare. Quando arriva poi la stagione della siccità, ed è possibile pescare, i debiti devono essere pagati sotto forma di ciò che si è pescato. In questa situazione, non c’è modo di risparmiare né tanto meno di migliorare la loro vita e quella dei figli.

La Diocesi cerca di offrire loro un appoggio anche in campo socio-economico, incoraggiandoli a crearsi un lavoro in proprio. Essa, infatti, gli fornisce i mezzi per pescare e li aiuta a  costituire le comunità di base, in cui possano sostenersi vicendevolmente. Abbiamo cominciato a far comprendere loro l’importanza del risparmio, creando depositi bancari.  Tanti progetti, però, sono falliti a causa dei conflitti sorti tra di loro, per motivi economici.

L’assistenza sanitaria costituisce un altro grande problema, poiché la gente accetta le cure mediche gratuite, ma rifiuta quelle a pagamento.

I complessi problemi che riguardano la nostra pastorale in queste zone (quasi parrocchia di Ujung Beting), esigono che si riparta da una cura pastorale integrale, sviluppando la comunità cristiana di base, come esperienza della comunità cristiana del primo secolo (cfr. Atti 2). Si pensa a una pastorale sia in campo spirituale (vita di comunione-fratellanza) che in quello socio-economico, educativo e sanitario.

Il programma pastorale per l’anno 2007 prevede l’impiego del settore socio-economico (credit union) per agevolare, favorire  (“entry point”) la catechesi, educazione, ecc.  

 

 

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