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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 104, August 2007

 

 

L’Istruzione  

Erga migrantes caritas Christi  

tre anni dopo 

 

S.E. Mons. Agostino MARCHETTO

Segretario

Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

“La Chiesa ha sempre contemplato nei migranti l'immagine di Cristo, che disse: ‘Ero straniero e mi avete ospitato’ (Mt 25,35). La loro vicenda, per essa, è … una provocazione alla fede e all'amore dei credenti, sollecitati così a sanare i mali derivanti dalle migrazioni e a scoprire il disegno che Dio attua in esse, anche qualora fossero causate da evidenti ingiustizie” (EMCC 12).

Così si apre la prima parte dell’Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), pubblicata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti il 3 Maggio 2004, con approvazione pontificia due giorni prima, nella Festa di San Giuseppe Lavoratore. Il Documento, che si diede alla Chiesa universale 35 anni dopo il Motu proprio di Paolo VI Pastoralis migratorum cura (e relativa Istruzione della Congregazione per i Vescovi De pastorali migratorum cura), è “una risposta ecclesiale ai nuovi bisogni pastorali dei migranti, per condurli, a loro volta, a trasformare l'esperienza migratoria in occasione non solo di crescita nella vita cristiana ma anche di nuova evangelizzazione e di missione” (EMCC, Presentazione).

Significativo in questo momento, in cui la famiglia è spesso al centro dell’attenzione, è quanto l’Istruzione vi riferisce, sottolineando i forti disagi che generalmente l'emigrazione causa non soltanto nei singoli individui ma altresì nelle famiglie (cfr. EMCC, Presentazione). Il Documento ricorda, inoltre, che per la particolare condizione di vita dei migranti, la pastorale deve dare molto spazio alla famiglia, considerata come “chiesa domestica” (cfr. EMCC n. 47). Non a caso il tema del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno è “La famiglia migrante”.

In esso Papa Benedetto cita anche il Servo di Dio Pio XII il quale scrisse, nel 1952: "La famiglia di Nazaret in esilio, Gesù, Maria e Giuseppe emigranti in Egitto e ivi rifugiati per sottrarsi alle ire di un empio re, sono il modello, l'esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini, i dolci amici, e a recarsi in terra straniera" (Exsul familia: AAS 44, 1952, 649). Il Papa intravede così “nel dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in Egitto, … le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati”. Egli vede nella Famiglia di Nazaret “l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e debilitata dall'emigrazione” (Messaggio citato).

Riconoscendo che detta emigrazione dei nuclei familiari è particolarmente colpita dalla sofferenza (cfr. EMCC 5), l’Erga migrantes caritas Christi incoraggia la ratifica, tra l’altro vivamente raccomandata da Giovanni Paolo II, della Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Infatti, essa offre un compendio di diritti che permettono ai migranti di apportare il loro contributo all'economia del Paese che li ospita, che è poi legato alla possibilità di usare la propria intelligenza e abilità nel loro lavoro (cfr. ibid. 5-6).

La nostra epoca è inoltre tempo dell’incontro tra persone e popoli di diverse culture, nazionalità e religioni. Orbene le migrazioni giocano un ruolo significativo in questo processo. In effetti, “nella comunità cristiana nata dalla Pentecoste, le migrazioni … fanno parte integrante della vita della Chiesa, ne esprimono bene l'universalità, ne favoriscono la comunione, ne influenzano la crescita” (ibid. 97).

Ma quando uomini e donne, “per motivi economici, culturali, politici o religiosi abbandonano, o sono costretti ad abbandonare, le loro case” (ibid. 96) e si ritrovano poi “in campi‑profughi, in megalopoli senz'anima, in quartieri degradati o baraccopoli di periferia” (ibid.) in condizioni di emarginazione, è utopico pensare in un vero rapporto di comunione. Esso non è possibile se il migrante non si sente accolto, riconosciuto e valorizzato come persona (cfr. ibid.). Per questo motivo il Documento in parola incoraggia l’impegno ad educare i cristiani “all'accoglienza, alla solidarietà e all'apertura verso gli stranieri” (ibid.). In questo modo le migrazioni possono diventare “una realtà sempre più ‘significativa’ per la Chiesa”, e i fedeli possono “scoprire i semina Verbi (semi del Verbo) insiti nelle diverse culture e religioni” (ibid.). La Chiesa così può essere concretamente impegnata “in un cammino di comunione universale, nel rispetto delle legittime diversità” (EMCC 98). Ma sappiamo d’altra parte che “il dialogo fraterno e il rispetto reciproco, testimonianza vissuta dell’amore e dell’accoglienza [sono]… la prima e indispensabile forma di evangelizzazione” (EMCC 99). Sì, perché è proprio specialmente a causa del Vangelo che la Chiesa è chiamata “ad una miglior accoglienza dei migranti, anche con iniziative pastorali d'incontro e di dialogo, ma altresì aiutando i fedeli a superare pregiudizi e prevenzioni” (EMCC 100). E non mancherà altresì l’annuncio, con rispetto, di “Gesù Cristo e, in Lui e nella Chiesa, mettere [il migrante] in comunione con tutta l'umanità” (EMCC 97).

Così infatti afferma l’Istruzione, al n. 100: “Nella società contemporanea, che le migrazioni contribuiscono a configurare sempre più come multietnica, interculturale e multireligiosa, i cristiani sono chiamati ad affrontare un capitolo sostanzialmente inedito e fondamentale del compito missionario: quello di esercitarlo nelle terre di antica tradizione cristiana (cfr. Pag. 65 e 68). Con molto rispetto e attenzione per le tradizioni e culture dei migranti, siamo cioè chiamati, noi cristiani, a testimoniare il Vangelo della carità e della pace anche a loro e ad annunciare esplicitamente pure ad essi la Parola di Dio, in modo che li raggiunga la Benedizione del Signore promessa ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”.

Non sorprenda dunque l’oneroso impegno del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per far sempre meglio conoscere e portare alla pratica il Documento anche nel corso del terzo anno della sua vigenza e ne è teste la sua attività nel 2006, come risulterà pure da People on the Move, la sua rivista, N. 102 Supplemento. Vari commenti e approfondimenti sull’Istruzione qui in parola sono apparsi sulla stessa rivista e in altre. E’ stato inoltre pubblicato il II volume della Collana Quaderni Universitari, presso la Libreria Editrice Vaticana, dal titolo “Migranti e pastorale d’accoglienza” (Commento alla II parte del Documento), mentre è già in bozza il III volume intitolato “Operatori di una pastorale di comunione” (Commento alla III parte dell’Istruzione). Sempre su People on the Move (n. 101) sono state inoltre pubblicate delle mie “Lectures”, che presentano un ampio visione d’insieme del Documento, disponibili pure in estratto.

La ricezione largamente positiva dell’EMCC ci incoraggia a farla conoscere ancora di più (vi è ora una traduzione in russo e in cinese) e ci riempie di speranza per una più calda e sentita accoglienza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle migranti da parte dei singoli e degli Stati. Confidiamo dunque che il Documento continui ad essere uno strumento per sensibilizzare le Comunità religiose e civili (in prospettiva ecumenica, interreligiosa e interculturale, nel rispetto dell’identità di ciascuno) e l'opinione pubblica sulla situazione dei singoli migranti e delle loro famiglie. Naturalmente anche qui diritti e doveri vanno insieme. Ci auguriamo, nella preghiera, che l’Istruzione continuerà ad essere anche un incoraggiamento e una consolazione per tutti coloro che sono direttamente coinvolti nel vasto fenomeno della migrazione, ed per tutti i generosi operatori a servizio della pastorale della mobilità umana.

 

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