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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 104, August 2007

 

 

RELIGIONI E MIGRAZIONI:

TRA DIALOGO E RECIPROCITÀ* 

 

S.E. Mons. Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio

della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

 

La complessità della società attuale

«Le società odierne [sono] religiosamente sempre più composite, anche a causa dei flussi migratori».[1] In effetti, assistiamo oggi a movimenti diversi, che percorrono il nostro pianeta in tutti i sensi. Nel contesto del fenomeno della globalizzazione consideriamo così le migrazioni come realtà strutturale, tenendo altresì presente che oggi i migranti sfiorano i 200 milioni di individui.[2] Con gli spostamenti migratori, poi, avviene una grande mescolanza di culture, nonché l’incontro di donne e uomini di diverso credo religioso.

Ecco, allora, che nella realtà complessa delle migrazioni odierne siamo sollecitati a scorgere «i segni del nostro tempo»,[3] sottolineando l’apporto tipico delle religioni, in genere, nell’acquisizione di una mentalità caratterizzata dall’accoglienza e dal dialogo. Le religioni possono cioè assumere un ruolo importante sia nel favorire l’accettazione della mutevole realtà del nostro tempo, sia nell’impegno a sviluppare il rispetto verso donne e uomini di diversa appartenenza, in particolare nelle aree dove la realtà migratoria è maggiormente presente.[4]

Il rinnovamento culturale e l’importanza del dialogo interreligioso

Di fatto, con i flussi migratori oggi per lo più misti – migranti e rifugiati insieme –, si fa strada una mentalità quasi transnazionale, poiché grazie alle conquiste della tecnologia, i migranti sono messi in grado di vivere contemporaneamente – si può dire – almeno in due società. Ne consegue un’appartenenza multipla, che consente di non tagliare definitivamente i legami con la madre patria, anche a chi non vi ritornerà.

D’altra parte, insieme all’impegno crescente per la salvaguardia della propria memoria e identità, si allarga sempre più lo spazio dell’approccio interculturale. La scuola, in particolare, diventa il luogo in cui gli insegnanti sperimentano, in genere, nuovi tentativi di dialogo tra le culture e di educazione dei giovani alla convivenza.[5]

In ogni caso, uomini e donne in emigrazione sono sempre più frequentemente fautori e protagonisti dell’incontro tra il cristianesimo e le altre culture e religioni.[6] E con ciò non neghiamo che ci siano pure aspetti di contrasto. In particolare, emerge la relazione con l’Islam, con il quale lo scambio spesso è difficoltoso, anche per le differenze di “linguaggio”, ma non solo.[7]

Comunque, per favorire l’incontro delle civiltà, soprattutto attraverso i canali migratori, si insiste quantomeno sull’urgenza di percorrere insieme, da parte delle diverse denominazioni confessionali, la strada dell’emolazione spirituale, della testimonianza della carità, cioè dell’assistenza e della solidarietà, che è un importante caposaldo per affrontare le molteplici emergenze da risolvere[8] (flussi di migranti irregolari, spesso ingiustamente criminalizzati e presenza di malavitosi senza scrupoli, che favoriscono il traffico di esseri umani[9]).

Dal canto suo, la Chiesa Cattolica intravede nel panorama attuale migratorio una dimensione “cattolica” nel senso più ampio e profondo, cioè la possibilità di realizzare una comunione universale, una unità in cui le differenze non vengono cancellate ma vengono apprezzate e vissute nella loro identità e ricchezza.[10] In questo modo, il fenomeno migratorio diventa, per la Chiesa, un laboratorio adatto per promuovere una vera cattolicità, che è caratterizzata soprattutto dall’apertura, dall’accoglienza e dal rispetto delle culture diverse, un’esperienza di fratellanza.[11]

L’itinerario dell’ecumenismo e l’apporto delle religioni

Oggi più che mai del resto si sente l’urgenza di una nuova mentalità, che avvicini i popoli, apprezzando le loro differenze e ciò può dare un forte contributo ai rapporti tra le diverse denominazioni cristiane, come precisa l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi.[12]

Ecco allora che, anche sotto la spinta dei movimenti migratori, le religioni devono scegliere la posizione che intendono assumere, nel panorama mondiale che si va delineando. Essa potrà essere relativista e minimalista, che tende cioè ad equiparare il concetto di storicità delle inculturazioni religiose con l’uguaglianza di tutte (è anche visione laica radicale) o sincretistica, che vorrebbe operare una sorta di “melting pot” religioso, o irenica che, da una parte, non considera le diversità culturali e teologiche e, dall’altra, tende a mettere tra parentesi le difficoltà e le contraddizioni che le religioni sono chiamate a risolvere di fronte alle sfide del mondo moderno. Infine, v’è una posizione che direi “apologistica”.

Ora, per le prime due posizioni il Magistero della Chiesa Cattolica ha espresso più volte la sua riprovazione,[13] con giudizio sfumato e articolato per irenismo.[14] Per quel che concerne l’apologetica, non v’è per sé incompatibilità tra coscienza di una missione universale nel mondo e della verità del proprio messaggio e rispetto dei diritti umani (con libertà di coscienza, culto e religione). Infatti, il Concilio Vaticano II ha posto il fondamento della libertà religiosa non in una concezione relativistica della verità, ma nella dignità stessa della persona umana, libera nel suo atto di fede, senza proselitismo.[15]

È necessario confluire tutti comunque verso l’incontro e il dialogo, l’accoglienza, l’aiuto reciproco nell’affrontare i problemi sociali più urgenti, la solidarietà con i più deboli, l’impegno per la difesa dei diritti e per l’uguaglianza.[16]

Insomma, nel contesto delle migrazioni, il dialogo interculturale, ecumenico ed interreligioso deve interessare tutti i settori educativi e formativi, con la certezza che le religioni hanno una funzione di primaria importanza nella composizione pacifica dell’incontro tra i popoli, mediante lo strumento del dialogo,[17] senza dimenticare l’importante principio della reciprocità.[18]
 

 Resumen 

Religiones y migraciones: entre diálogo y reciprocidad 

Las religiones no desaparecen, están siempre presentes en las sociedades actuales mundializadas, gracias también al movimiento estructural de las migraciones.

El Arzobispo Mons. Marchetto, Secretario del Pontificio Consejo para la Pastoral de los Emigrantes e Itinerantes, ofrece, a ese respecto, su competencia a la Revista ‹Nuntium› en la compilación del Documento Migrazioni e migranti (n. 30, año X, 2006/3), con el artículo Religioni e migrazioni: tra dialogo e reciprocità.

Mujeres y hombres de distintos credos religiosos se encuentran, en efecto, y se cruzan (a veces chocan) en los desplazamientos migratorios, en los que se produce una gran mezcla de tradiciones, usos, religiones y culturas.

Hay que preguntarse, además, si las religiones tienen que dar, en este contexto específico, su propia aportación peculiar a la ‘creencia’ como apertura, diálogo y acogida al otro, aunque sea distinto de nosotros.

La respuesta substancial del Autor es positiva. De hecho, en una sociedad global con 200 millones de migrantes, es urgente una mentalidad que acerque a los pueblos. Es una tarea que compete principalmente a las religiones, llamadas a la acogida y a la solidaridad.

Pero todo esto se ha de profundizar y no se puede considerar como algo ‘obvio’. Así pues, se invita a conocer mejor las posturas oficiales, por ejemplo, del Magisterio de la Iglesia, comenzando por el Concilio Ecuménico Vaticano II, que puso el fundamento de la libertad religiosa (véase Dignitatis humanae 1-3) en la dignidad misma de la persona humana, que es libre en su acto de fe.

Más cercanas a nosotros están las indicaciones de la Instrucción Erga migrantes caritas Christi. Publicada en 2004, ayuda, entre otras cosas, a comprender que a las Iglesias particulares se les presentan nuevas posibilidades para la fraternidad y el diálogo ecuménico, sin fáciles irenismos y sin proselitismo, al recibir también a inmigrados cristianos que no están en plena comunión con la Iglesia Católica (véase EMCC, n. 58), y apoyando una mayor comprensión recíproca entre las Iglesias y las Comunidades eclesiales. Está, además, el diálogo interreligioso.

La oportunidad que ofrecen los inmigrados, en las escuelas, en las calles, en la vida diaria, es grande, en particular para la Iglesia Católica que encuentra en las migraciones también un taller para promover una auténtica catolicidad.
 

Summary 

Religion and migration: from dialogue to reciprocity 

Religions do not disappear but are ever more present in today’s globalized societies, thanks also to migration, a structural component.

Archbishop Agostino Marchetto, Secretary of the Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People, offers his competence in this regard to the Review “Nuntium”. For its Dossier Migrations and Migrants (number 30, volume X, 2006/3), the Archbishop wrote an article entitled Religions and Migrations: from dialogue to reciprocity.

Men and women of different religious creeds in fact meet and cross each other’s paths (at times they clash) when they undergo geographic mobility, during which traditions, customs, religions and cultures are  mixed together to a large degree.

We also ask ourselves whether, in this particular context, religions have their specific assistance and contribution to give, something typical to “belief”, like openness, dialogue, welcoming the other although he/she may be different from us. 

The Author’s answer is substantially positive. In fact, in a global society with about 200 million migrants, it is urgent to create a mentality that would bring people closer to one another and this is primarily a task of religions, which have a call to welcome and solidarity.

However, this needs a deeper study and cannot be taken for granted. Hence the invitation to know better the official positions, for example, of the Magisterium of the Catholic Church, starting with the Second Vatican Ecumenical Council, which considers as the foundation of religious freedom (see Dignitatis hummanae, 1-3) the dignity itself of the human person, who is free in his act of faith.

More recent indications are given by the Instruction Erga migrantes caritas Christi. Published in 2004, it helps us understand, among others, that the particular Churches have new opportunities for brotherhood and ecumenical dialogue, far from facile irenicism and without proselytism, by welcoming Christian immigrants not in full communion with the Catholic Church (see EMCC 58) and promoting a greater mutual understanding among the Churches and Ecclesial Communities. Then, there is also inter-religious dialogue.

A great opportunity is offered by immigrants in the schools, along the streets, in daily life, in a word, especially for the Catholic Church, which sees migration also as a laboratory for the promotion of true catholicity. 

 

* Articolo apparso su Nuntium, N. 30, 3/2006.

[1] Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Erga migrantes caritas Christi (d’ora in poi EMCC), 69: AAS XCVI (2004) 762-822 e People on the Move XXXVI, 95 (2004).

[2] Cfr. l’attenta analisi dell’Istruzione EMCC, 4-11. Per la presentazione globale e aggiornata del fenomeno migratorio, si veda International Organization for Migration, World Migration 2005. Costs and Benefits of International Migration, IOM, Geneva 2005.

[3] È il tema del Messaggio di Benedetto XVI in occasione della 92ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2006), con ripresa di GS 4 e EMCC 14. Si veda anche A. Marchetto, «Le migrazioni: segno dei tempi», in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (a cura di), La sollecitudine della Chiesa verso i migranti, (Quaderni Universitari), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, 28-40.

[4] Cfr. EMCC, 34-36. Si veda anche il contributo di S. Zamagni, «Il fenomeno migratorio nella prospettiva della “Erga migrantes caritas Christi”»: People on the Move XXXVII, 98 (2005) 23-29.

[5] Cfr. EMCC, 78; Documento Finale della XVII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (15-17 maggio 2006): “Migrazione e itineranza da e per (verso) i Paesi a maggioranza islamica”, nn. 34-37: www.vatican.va/ roman_curia/ pontifical_councils.

[6] Cfr. EMCC, 69.

[7] Ne tratta EMCC, 65-68. Un’analisi puntuale è offerta da M. Borrmans, «Pays musulmans, migrations et chrétiens», in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (a cura di), Migranti e pastorale d’accoglienza, (Quaderni Universitari), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, 94-105.

[8] Su questi elementi fa leva la riflessione di EMCC, 39-43. Si veda anche P. Shan Kuo-hsi, «Inter-Religious Dialogue in the Migrants’ World»: People on the Move XXXVII, 98 (2005) 59-63.

[9] Si tratta di deprecabili situazioni, apertamente denunciate da EMCC, 29 e 41.

[10] «La pastorale specifica [nell’ambito delle migrazioni] è collocata nel contesto del fenomeno migratorio il quale, mettendo in contatto fra loro persone di diversa nazionalità, etnia e religione, contribuisce a rendere visibile l’autentica fisionomia della Chiesa (cfr. GS 92) e valorizza la valenza ecumenica e dialogico‑missionaria delle migrazioni. È anche attraverso di esse, infatti, che si realizzerà tra le genti il disegno salvifico di Dio (cfr. Atti 11,19‑21)»: EMCC, 38.

[11] Benedetto XVI, «Omelia in occasione della Celebrazione Eucaristica e dell’Insediamento sulla Cathedra Romana»: L’Osservatore Romano, N. 110 (43.947), 9-10 maggio 2005, p. 6.

[12] «La presenza, sempre più numerosa, di immigrati cristiani non in piena comunione con la Chiesa Cattolica offre altresì alle Chiese particolari nuove possibilità per la fraternità e il dialogo ecumenico, spingendo a realizzare, lontano da facili irenismi e dal proselitismo, una maggiore comprensione reciproca fra le Chiese e Comunità  ecclesiali» (n. 58). Si veda anche il saggio illuminante di W. Kasper, «Migration and Ecumenism», in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (a cura di), Migranti e pastorale d’accoglienza, (Quaderni Universitari), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, 82-93.

[13] Cfr. EMCC, 59-69.

[14] In particolare, varrà il rimando a EMCC, 65-66.

[15] Cfr. Dignitatis humanae, 1-3.

[16] Cfr. EMCC, 39. Ovviamente, è imprescindibile la chiarificazione del linguaggio e degli ambiti di intervento, per cui rimandiamo al contributo di V. Cesareo, «Integrazione, multiculturalismo, intercultura, multietnicità», in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (a cura di), Migranti e pastorale d’accoglienza, (Quaderni Universitari), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, 69-81.

[17] Cfr. EMCC, 100.

[18] «Nelle relazioni tra cristiani e aderenti ad altre religioni riveste grande importanza il principio della reciprocità, intesa non come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi»: EMCC, 64. Ha fatto riferimento a queste espressioni anche Benedetto XVI, «Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti»: L’Osservatore Romano, N. 113 (44.255), 15-16 maggio 2006,  p. 5.

 

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