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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 106, April 2008

 

 

XXXIII Incontro Annuale del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari

  

Finalità del Comité Catholique Internationale pour les Tsiganes (CCIT) è offrire agli Operatori pastorali momenti di incontro e di condivisione, in un clima di amicizia, che li sostengano  a proseguire con un nuovo slancio la loro esperienza di fede, di cui fanno partecipi i Sinti e Rom.

Il XXXIII Incontro Annuale è stato ospitato dall’Ufficio Nazionale della Pastorale per i Rom in Croazia, a Trogir, dal 28 al 30 marzo 2008, e ha avuto per tema Essere costruttori di pace di fronte all’antizinganismo che ci circonda.

L’Incontro ha riunito oltre 140 persone, tra cui Direttori nazionali, Operatori pastorali, Sacerdoti e Religiose, nonché Sinti e Rom, provenienti da 20 Paesi europei (Albania, Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Montenegro, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina ed Ungheria). Hanno onorato la riunione S.E. Mons. Marin Barišić, Arcivescovo di Spalato-Macarsca, e S.E. Mons. Duro Hranic, Presidente del summenzionato Ufficio Nazionale. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti è stato rappresentato dalla Rev.da Sr. Halina Urszula Pander, AM, in qualità di Osservatore.

I lavori della riunione hanno preso avvio con l’introduzione di Mons. Piero Gabella, Presidente del CCIT, nella quale ha dedicato un pensiero di gratitudine per il compianto Cardinale Stephen Fumio Hamao, già Presidente del PCPMI recentemente scomparso. Sr. Pander, ha letto poi, il Messaggio firmato dall’Eminentissimo Card. Renato Raffaele Martino e dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, rispettivamente Presidente e Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Durante la riunione vi sono state due relazioni, seguite dai gruppi di studio e dai rapporti sulla situazione della Pastorale dei Rom in Croazia.  

La preghiera, il momento privilegiato della comunione, ha scandito i lavori della Riunione: la sera del giovedì 28 marzo, v’è stata la Preghiera universale d’apertura, guidata da Mons. Hranic e preparata dal P. Claude Dumas, gitano e Direttore nazionale della Francia, mentre sabato 29 e domenica 30 marzo, sono state celebrate Sante Messe, ben curate, presiedute rispettivamente da Mons. Hranic e Mons. Barišić. Hanno celebrato con loro oltre cinquanta sacerdoti.

La relazione di base su “L’antizingarismo e la Teologia della liberazione degli Zingari”, è stata tenuta dal Dott. Gernot Haupt, membro dell’Istituto per il lavoro Sociale in Austria. Il Relatore, partendo dall’esperienza personale, ha evidenziato alcuni comportamenti «focali» nei confronti dei Rom sul piano sociologico e religioso, spiegati poi con esempi storico-geografici. Di seguito il Sig. Haupt si è soffermato sul fenomeno dell’antizingarismo e su quattro punti fondamentali nel passaggio dall’esclusione all’integrazione: lo sterminio, l’espulsione, la repressione e l’integrazione. L’antizingarismo trova la sua espressione anche nelle restrizioni dell’uso della lingua e della cultura Rom.

Parlando della povertà e dell’esclusione sociale, cui segno concreto è la negazione dell’accesso ai diversi “sistemi sociali”, in particolare al denaro, al mercato del lavoro, al habitat, all’educazione, alla politica e alle strutture sanitarie, l’Oratore ha citato uno studio dell’United Nations Development Program – International Labour Organisation (UDNP-ILO), effettuato nel 2002, che descrive la situazione dei Rom in Romania, ove l’88% vive sotto la soglia di povertà e il 16% ricorre regolarmente ai sussidi sociali, mentre un’alta percentuale non ne può beneficiare, a causa di varie condizioni poste ai richiedenti. La situazione non è migliore per quanto riguarda la salute. Si stima, infatti, che la loro speranza di vita è di 10 anni inferiore rispetto alla media e che la mortalità infantile è tra le più alte. Un’inchiesta del 1999 mostra, difatti, che in Romania essa è di 80 su 1000 presso i Rom, mentre tra i rumeni è di 28 su 1000.

Nel trattare il ruolo della Chiesa e della religione nel processo d’integrazione dei Rom, il Relatore ha osservato che in alcuni casi specifici risulta che l’esclusione dei Rom da parte della società si riproduce nella Chiesa. Di conseguenza, le comunità Rom spesso sono emarginate sia dalla società che dalle parrocchie sul cui territorio si trovano a vivere. In questo contesto si pone anche la questione del sincretismo religioso comunemente presente tra i Rom, sia esso prodotto dell’antizingarismo oppure conseguenza dell’eredità storica.

Infine il Relatore ha dedicato spazio all’inclusione di una «teologia della liberazione dei Rom» nella pastorale loro dedicata.  Il lavoro sociale, per la liberazione umana, non è solo l’espressione di sentimenti caritatevoli, ma un’applicazione pratica della fede.

La seconda relazione verteva su “Segni di pace nelle relazioni con i Rom” ed è stata tenuta dalla Prof.ssa Carlotta Saletti Salza, Docente di Antropologia culturale presso l’Università degli Studi di Torino. L’Oratrice ha offerto ai Partecipanti un ricco quadro delle modalità di relazione che abitualmente i gağé instaurano con i Rom, in particolare dei rapporti quotidiani in cui i primi non conoscono e non riconoscono l’identità degli ultimi. Esplorando le politiche sociali, la Prof.ssa ha analizzato alcune modalità attraverso le quali avviene il modello di relazione conflittuale. Quindi si è soffermata sulle possibili strategie di pacificazione, intendendo con questa espressione quelle modalità di relazione che gağé e Rom potrebbero anche reciprocamente adottare, in quanto prive di una dimensione conflittuale e ricche di parti dialogiche. Tra queste ultime la Relatrice indica la relazione che parte dal presupposto che sia necessaria una conoscenza reciproca e quindi una condizione nella quale entrambi i soggetti (gağé e Rom) siano disposti a «perdere» della propria identità per conoscere quella dell’altro. «Perdere» certo nel senso di essere disposti a “scambiare” il proprio significato dell’esperienza del mondo con quello dell’altro. “Contrattare” la propria identità con quella dell’altro comporterebbe uscire dalla dimensione conflittuale di relazione. Non v’è chi non veda però la delicatezza di questo discorso.

Dalle conclusioni dei vari gruppi di studio che hanno discusso i problemi dell’antizingarismo nell’esperienza pastorale e sociale quotidiana, i segni di pace nelle relazioni reciproche e le priorità da individuare, si può desumere quanto segue:

  • in tutti i Paesi emergono i problemi di convivenza tra Rom e gağé e ciò, a sua volta, causa polemiche e controversie tra gli Stati;
  • il compito degli Operatori pastorali è quello di affrontare i problemi di convivenza da cristiani autentici, con spirito di preghiera, con interesse, chiarezza e disponibilità;
  • di fronte all’antizingarismo dilagante sono necessari due atteggiamenti, vale a dire credere nelle relazioni positive e essere disposti a correre il rischio di creare tali relazioni;
  • si rende necessario considerare il problema di auto-accettazione da parte dei Rom della propria identità e aiutarli in questo processo;
  • i rapporti tra i Rom e gağé devono essere regolati dal principio «no» all’assimilazione – «sì» all’integrazione.

 

Sr. Alessandra PANDER, AM

Officiale del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

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