Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the MoveN° 107, August 2008
MIGRAZIONE E PASTORALEdai Rapporti del 2007 delle Commissioni Episcopali Nazionali per la Pastorale MigratoriaAL PONTIFICIO CONSIGLIO
Premessa Riporteremo dÂÂinizio, brevemente, i dati salienti, aggiornati, del fenomeno migratorio per delineare poi il quadro complessivo della situazione. Seguirà una sintesi delle risposte al Questionario (v. pag. 17) inviato a 175 Vescovi Presidenti/Promotori e a 113 Direttori Nazionali, incaricati del coordinamento della pastorale della mobilità umana nelle rispettive Conferenze episcopali. La inchiesta si fece in ottemperanza a quanto prevede lÂÂIstruzione Erga migrantes caritas Christi (Ordinamento giuridico-pastorale art. 20, § 1.7 e § 2.2). In risposta, sono giunti al nostro Dicastero 58 Rapporti. Dalla Colombia e dal Gambia sono pervenuti, purtroppo, oltre il termine di considerazione. I. Il fenomeno migratorio oggi Le migrazioni sono un fenomeno globale, che interessa attualmente quasi duecento milioni di persone. In effetti, la Divisione ONU specializzata in Demografia stima che la popolazione migrante ammonti a 185-192 milioni, in notevole aumento rispetto ai 175 milioni del 2000[1]. Ciò significa che, in rapporto alla popolazione mondiale, una persona su 35 risiede in un Paese differente da quello di nascita. Di questi, il 56,3% lavora o risiede in Paesi in via di sviluppo, mentre solo il 43,7% si trova in quelli sviluppati; 86 milioni sono gli adulti economicamente attivi e impegnati nel processo produttivo, con presenza femminile pari al 49%. Vi si devono aggiungere però circa 30-40 milioni di irregolari e 600-800 mila decessi nelle fasi di spostamento. Si stima, poi, che i migranti internazionali si dirigano soprattutto verso America del Nord (1,4 milioni allÂÂanno), Europa (800 mila) e Oceania (90 mila ingressi annui), per un totale di 56 milioni in Europa, 52 milioni in Asia, 41 milioni in Nord America, 17 milioni in Africa, 8 milioni nellÂÂAmerica Latina e 6 milioni in Oceania. Trentatre milioni di persone sono attualmente sotto mandato UNHCR: si tratta, soprattutto, di rifugiati, richiedenti asilo, profughi, ÂÂinternally displaced personsÂÂ e apolidi[2], in maggioranza dislocati nei Paesi in via di sviluppo. Statistiche recenti registrano circa 26 milioni di ÂÂinternally displaced personsÂÂ a causa di conflitti[3], mentre sono almeno 25 milioni quelli resi tali da disastri naturali. Infine, non vi sono statistiche affidabili per quelli provocati da errati interventi umani. Per quanto riguarda infine lÂÂimmigrazione irregolare, si stima che ne sia coinvolto almeno il 15% della popolazione migrante totale, purtroppo spesso alimentando un ÂÂmercato paralleloÂÂ di tratta e traffico di esseri umani (trafficking e smuggling), frequentemente gestito dalla criminalità organizzata. In definitiva, le migrazioni internazionali presentano una grande varietà di flussi e direzioni che si sono fatti sempre più complessi con lo sviluppo dellÂÂinformazione, i legami favoriti dagli scambi commerciali e la relativa facilità di accesso ai viaggi internazionali. In tale senso, si può dire che con la globalizzazione dellÂÂeconomia vi è pure quella migratoria, sebbene la circolazione della manodopera non sia ancora liberalizzata. Certo è che, in una fase storica come lÂÂattuale, non di rado caratterizzata da episodi di intolleranza nei confronti degli immigrati da parte dei Paesi di destinazione, si sottolinea da più parti la necessità di politiche di inclusione socioeconomica degli stessi migranti. Tali misure comportano ovviamente dei costi, ma possono altresì assicurare la coesione sociale a fronte della diversità culturale, e consentire ai migranti di essere produttivi ed autosufficienti anche a vantaggio delle proprie Nazioni e comunità di appartenenza. II. I dati dellÂÂinchiesta secondo i Continenti A. Continente Americano I Rapporti pervenuti si riferiscono a Bahamas, Bolivia, Brasile (Serviço Pastoral dos Migrantes, Setor das Pastorais da Mobilidade Humana e Commissione Pastorale per i Brasiliani Emigrati), Cile, Messico, Perù, Stati Uniti dÂÂAmerica e Uruguay (Rapporto del Nunzio Apostolico)(in totale dieci Rapporti). 1. Visione generale AllÂÂinterno delle varie aree del continente americano sono in atto forti correnti migratorie, in particolare flussi nella Regione Andina e nel Cono Sud, senza dimenticare la forte spinta, come nel caso messicano, verso gli Stati Uniti ed il Canada. In tutto il mondo, di fatto, ci sono oggi circa 25 milioni di latinoamericani che hanno lasciato la patria e vivono allÂÂestero. Di questi, si calcola, poi, che almeno tre milioni siano emigrati in un Paese dellÂÂAmerica Latina. Pertanto, i Paesi che contano oltre 150.000 residenti nati allÂÂestero sono: Argentina (1.531.940) Venezuela (1.024.121), Brasile (546.000), Messico (521.000) Portorico (383.000), Costarica (311.000), Paraguay (203.000) e Cile (153.000). LÂÂAmerica del Nord, infine, è lÂÂarea con il maggior numero di immigranti, pari a quasi un quarto (23,4%) del totale e con una incidenza sulla popolazione residente del 13%: 35.305.818 si trovano negli Stati Uniti dÂÂAmerica e 5.826.000 in Canada. 2. La situazione socio-economica e politica Essa presenta elementi peculiari, vale a dire anzitutto una povertà generalizzata, con esclusione di alcuni Paesi, naturalmente, che tocca un numero sempre maggiore di abitanti. Di fatto la globalizzazione, da un lato, e le privatizzazioni, dallÂÂaltro, hanno impoverito notevolmente le popolazioni, anche tenendo in conto che il debito è gravoso per lo sviluppo economico dei vari Paesi, mentre corruzione e impunità, nei Governi e nella società civile, raggiungono punte elevate. Bisogna poi aggiungere che droga, riciclaggio di denaro sporco, evasione fiscale e, soprattutto, alcuni conflitti interni, costringono a cercare rifugio in altri Stati. Tale situazione offre spazio anche al traffico e alla tratta di esseri umani ÂÂ in dilatazione ÂÂ, mentre la prostituzione femminile e infantile è diventata una comune, preoccupante piaga sociale. A fronte di tutto ciò, vi è una certa instabilità interna, che spesso è causa anche di violazioni dei diritti umani e sviluppa consistenti flussi migratori verso i Paesi limitrofi e soprattutto verso Stati Uniti dÂÂAmerica e Paesi europei. DÂÂaltra parte, si rilevano pure ostilità, razzismo e xenofobia verso immigrati e rifugiati. 3. Le necessità dei migranti I Rapporti rilevano soprattutto, come grave problema avvertito dai migranti, anzitutto, la mancanza di reali opportunità di sviluppo nel Paese natio, causa principale della spinta migratoria. Poi, in essi si lamenta la difficoltà di acquisire regolare documentazione per lÂÂimmigrazione e, di conseguenza, vi è precarietà lavorativa, che non di rado produce soprusi sul posto di lavoro, spesso teatro di abusi di vario genere. In effetti, non è rara la discriminazione in ambito sociale e lavorativo, che impedisce un sereno inserimento nella società civile dÂÂaccoglienza, dove spesso vi è carenza di adeguate strutture di accoglienza e di integrazione. Quindi, si rileva la difficoltà di reperire alloggi sufficientemente idonei e lÂÂincertezza nellÂÂaccesso allÂÂassistenza socio-sanitaria. Soprattutto giovani donne senza protezione, poi, si sentono esposte a soprusi e pericoli. Ad ogni modo, preoccupa fortemente la disintegrazione del nucleo familiare e la formazione di nuovi modelli di convivenza, come pure la difficoltà di mantenere regolari contatti con i familiari nei Paesi dÂÂorigine: lÂÂassistenza pastorale ÂÂ si denuncia nei Rapporti ÂÂ non è sempre attenta a tali disagi e talora manca la dimensione spirituale dellÂÂaccoglienza, del conforto e dellÂÂaccompagnamento, quella cioè per noi specifica. Non bisogna infine dimenticare che, a fianco alla multiforme opera della Chiesa, esiste unÂÂaggressiva azione da parte di alcuni pentecostali e membri di varie sette. 4. Le risposte (dal questionario) 4.1 Da parte della società civile e degli organismi statali Per quel che riguarda il pubblico intervento, stanno emergendo diversi interventi per le varie problematiche migratorie. Per esempio, nei Rapporti si segnala che vi sono organismi dei locali Ministeri della Giustizia che, sollecitati dalle denunce di ONG nazionali e internazionali, hanno creato commissioni specifiche sia per combattere il lavoro in ÂÂneroÂÂ, la tratta e il traffico di esseri umani (si possono citare, ad esempio, il ÂÂPrograma paisanoÂÂ in Messico e la promulgazione della Legge 28950, in Perù, con relativa redazione del Piano Nazionale di Azione contro il Traffico di Persone, denominato ÂÂPNAT 2007-2013ÂÂ). Anche alcuni Ministeri degli Affari Esteri ÂÂ Affari Economici, per fronteggiare la vasta emigrazione verso altri Paesi e facilitare i connazionali allÂÂestero, hanno incrementato la loro rete di servizi consolari e bancari, come nel caso del programma ÂÂ3x1ÂÂ riguardo alle rimesse degli immigrati messicani, oppure quello della Legge 28182 del Perù (marzo 2005), denominata ÂÂLey de Incentivos MigratoriosÂÂ. Inoltre, nei Rapporti si valutano favorevolmente accordi bilaterali, che permettono di regolarizzare la situazione dei migranti, ad esempio quello già siglato tra Brasile e Bolivia e lÂÂaltro che presto lo sarà tra Brasile e Argentina. Si rileva, infine, che alcuni Paesi ÂÂ come il Brasile ÂÂ anche a motivo dellÂÂattuale impatto delle migrazioni internazionali al quale sono sottoposti, aderiscono allÂÂOrganizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM). 4.2 Risposte pastorali Le risposte della Chiesa alla sfida delle migrazioni vanno per diversi cammini. Possiamo così qui elencare la sensibilizzazione a favore dei migranti a livello diocesano e nazionale, il positivo influsso sugli organismi di Governo e la collaborazione con essi, lÂÂorientamento e lÂÂaccompagnamento dei migranti e lÂÂaiuto umanitario ai rifugiati. Considerando la cosa più in dettaglio, appare che, in sintonia con lo sviluppo della pastorale dei migranti della Chiesa universale, nei vari Paesi del continente furono create parrocchie personali per gli immigrati di diverse nazionalità, oltre a cappellanie e missioni ÂÂcum cura animarumÂÂ, tuttora attive. In aggiunta, molti sono gli organismi che, sotto lÂÂegida delle relative Conferenze Episcopali, si dedicano alla pastorale della mobilità umana, come, ad esempio, la ÂÂDimensión Pastoral de la Movilidad HumanaÂÂ in Messico, la ÂÂPastoral de Movilidad HumanaÂÂ, in Bolivia, lÂÂÂÂINCAMIÂÂ in Cile, il ÂÂDepartamento de Pastoral de la Movilidad HumanaÂÂ in Perù, il ÂÂCommittee on Migration and RefugeeÂÂ negli Stati Uniti dÂÂAmerica. Loro compiti sono, tra altri, il soccorso immediato e lÂÂaccompagnamento, anche tramite ÂÂcase del migranteÂÂ e centri di accoglienza per la tutela dei diritti umani e per lÂÂaiuto ai singoli e ai nuclei familiari, soprattutto in dimensione pastorale. In Brasile, poi, è attivo il ÂÂServizio Pastorale dei MigrantiÂÂ (SPM), in connessione con la Commissione della Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale locale (CNBB), che si occupa soprattutto dellÂÂassistenza ai migranti nella difesa dei loro diritti sociali e civili. Per il loro accompagnamento pastorale, poi, è stato istituito un ufficio specifico per reperire missionari che possano seguire le comunità emigrate allÂÂestero. Diverse Conferenze episcopali, ad ogni modo, stanno dando vita a propri ÂÂSegretariatiÂÂ o ÂÂDipartimentiÂÂ della mobilità umana, anche per una miglior articolazione dellÂÂassistenza ad altre categorie di migranti, cioè marittimi, nomadi, camionisti, ecc. Negli Stati Uniti dÂÂAmerica già si raccolgono buoni frutti dalla campagna ÂÂJustice for ImmigrantsÂÂ, lanciata ufficialmente il 10 maggio 2005 e alla quale hanno aderito 77 diocesi americane. In tale contesto, infatti, oltre cento persone presero parte allÂÂincontro di Washington, dellÂÂaprile 2007, e vi fu corale adesione allÂÂiniziativa ÂÂOne Million PrayersÂÂ, del maggio 2007, mentre furono organizzati seminari di studio e corsi formativi, a livello diocesano e nazionale. Vi furono altresì dichiarazioni pubbliche, prese di posizione, pubblicazioni e lettere pastorali emanate dallÂÂÂÂOffice for the Pastoral Care of Migrants and RefugeesÂÂ della Conferenza Episcopale Statunitense e dagli Ordinari diocesani. Tutto ciò, comunque, in un contesto spesso ostile, tenendo pure conto che attualmente sono state censite nel Paese ben 888 associazioni a vario titolo impegnate in iniziative anti-immigrazione, e che molti hanno comportamenti xenofobi e razzisti. 5. Le sfide Nei Rapporti si sottolinea in particolare la necessità di consolidare lÂÂinflusso della Chiesa sugli organismi di Governo e sulle istituzioni statali e civili. Ciò si rivela urgente soprattutto per una presenza più efficace e permanente ÂÂ sia della Chiesa che delle forze governative ÂÂ nelle frontiere, dove i trattati bilaterali spesso non vengono rispettati e anzi vi è incremento di traffico e tratta di esseri umani, oltre a vari crimini che attentano ai diritti umani ÂÂ il riferimento immediato è a quelle zone di frontiera dove transitano i migranti più poveri, ad esempio tra Ecuador e Perú, oppure tra Cile e Perú, senza dimenticare lÂÂattenzione alle tre frontiere tra Colombia-Ecuador-Perú e tra Bolivia-Brasile-Perú ÂÂ. Inoltre, si dovrebbe rafforzare la cooperazione tra le Conferenze Episcopali del continente, come pure la collaborazione con altre denominazioni religiose, con la società civile e con le istituzioni. In tale processo, ovviamente non si deve sottovalutare la formazione degli operatori pastorali, soprattutto nelle diocesi con elevati indici di immigrazione. Infine, si sollecita che ormai siano resi pienamente operativi, nel continente, lÂÂapostolato del mare e quello del turismo. 6. Realizzazioni sul campo Esistono diverse iniziative di studio e di approfondimento di temi migratori, di varia durata: in Perù, ad esempio, tra altre giornate e incontri di riflessione, si svolse un Seminario, nel settembre 2007, sul tema ÂÂFamilia, cultura y migración: si te vas o te quedas, continuas teniendo una familiaÂÂ. Inoltre, sempre in Perù, ha preso il via un progetto per la valorizzazione dellÂÂartigianato locale e per formare la gioventù contadina, offrendo una opportunità di sviluppo sostenibile e rafforzamento dellÂÂidentità della popolazione, pure frenando lÂÂemigrazione. Si tratta del ÂÂProgetto di Sviluppo artigianale di Pomabamba, AncashÂÂ avviato nel 1999 dalla ONG ÂÂAmor y Esperanza en el PerùÂÂ, da AAYT CONSULTORES SAC e dagli Oblati di San Giuseppe, nelle regioni dellÂÂAncash, di Cajamarca e a Lima. Esso coinvolge centinaia di famiglie per la promozione integrale della popolazione contadina, attraverso lÂÂavvio, in breve tempo, di piccole imprese produttive capaci di migliorare la qualità di vita di queste persone, che sono in gran maggioranza cattoliche e con profondo senso religioso, cercando di evitare la fuga migratoria. A livello continentale, infine, si segnala il II Incontro di pastorale dei migranti, rifugiati e sfollati, che ebbe luogo a Bogotà, dal 21 maggio al 2 giugno 2007, sul tema ÂÂPer una Chiesa pellegrina e missionariaÂÂ. Nei giorni 14-16 agosto dello stesso anno, infine, si svolse a Corumbá (MS, Brasile) il ÂÂSeminário Internacional sobre Migrações e Questões de Fronteiras Brasil-BolíviaÂÂ. 7. Formazione degli operatori pastorali Vi è attenzione ad offrire adeguate opportunità formative sia a presbiteri, consacrati e laici, che operano nellÂÂambito della mobilità umana, sia ai migranti e ai rifugiati. In Messico, ad esempio, a livello nazionale e nelle tre zone di azione del Dipartimento specifico della locale Conferenza Episcopale, si propongono moduli sulle migrazioni in rapporto alla Dottrina sociale della Chiesa, alla Parola di Dio e al Magistero; vi sono corsi di formazione giuridico-legale, economica, psicologica e di studio relativo a temi particolari, come il traffico di esseri umani e le rimesse. In Perù, poi, si realizzò un corso intensivo tra giugno 2006 e marzo 2007, per la diocesi di Callao. Il progetto avrebbe dovuto successivamente estendersi ad altre dieci diocesi di frontiera, ma non poté realizzarsi per mancanza di fondi. Agli immigrati vengono offerti corsi di apprendimento della lingua, di prevenzione sociale e di conoscenza della legislazione locale, oltre allÂÂaccompagnamento morale e spirituale. 8. Annotazioni Per rispondere nel modo migliore alle necessità dei migranti e dei rifugiati, le Chiese locali nel continente americano sono impegnate in una vasta opera di sensibilizzazione, sia nei confronti delle autorità civili che della gente comune, intesa a formare una società civile e un ambiente ecclesiale, il più possibile aperti, giusti e solidali verso gli immigrati. In tale contesto, emerge ovunque la preoccupazione, lo sforzo e un lavoro intenso per garantire i loro diritti, supportati da precisi interventi, programmi di lavoro e suggerimenti volti a garantirli, magari attraverso leggi più adeguate e rispettose della dignità della persona umana. Per tale ragione, il Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato è inviato agli Operatori pastorali, che lo utilizzano per lÂÂanimazione liturgica e lÂÂattività di sensibilizzazione, coinvolgendo pure le istituzioni civili e i mezzi di comunicazione sociale. Tuttavia, ancora non è comune la celebrazione in data unica e in alcuni Rapporti si lamenta che il Messaggio Pontificio non giunge in tempo utile per la necessaria capillare diffusione. Si è cercato di ovviarvi da parte del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti indicando in anticipo almeno il tema del Messaggio. Ad ogni buon conto, lÂÂinserimento dei migranti nella Chiesa locale avviene, ma in modi e misure variabili, determinate dal livello di conoscenza della lingua, dalla capacità ed evoluzione sociale dellÂÂindividuo, dalla presenza del nucleo familiare, ecc. Infine, bisognerebbe alimentare la rete di coordinamento tra le zone pastorali dei diversi Paesi, come pure tra le istituzioni che, a vario titolo, si occupano dei migranti, per unÂÂazione più concertata ed efficace a loro beneficio. Sarebbero pure da intensificare il dialogo e la collaborazione tra le Conferenze episcopali per unÂÂazione pastorale più diretta e incisiva. B. Continente Europeo I Rapporti qui esaminati sono giunti da Austria, Albania (Rapporto del Nunzio Apostolico), Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Italia (Fondazione ÂÂMigrantesÂÂ, pastorale per i Greco-Cattolici Ucraini), Irlanda, Lituania (Commissione per gli Immigrati e Delegazione per gli Emigrati), Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia (Commissione per gli Immigrati e Delegazione per gli Emigrati), Romania, Russia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Ungheria (in totale ventiquattro Rapporti). 1. La situazione socio-economica e politica AllÂÂinterno dellÂÂUnione Europea, la presenza di stranieri ha assunto una dimensione strutturale, al punto che molti Paesi non nascondono forte preoccupazione e perseguono da anni politiche restrittive relative agli ingressi, con massa sempre più consistente di immigrati irregolari. Secondo stime ufficiali, i non-nazionali presenti nellÂÂUnione nel 2007 erano 28 milioni, cioè il 5,5% della popolazione totale, provenienti per il 32% da Paesi europei non appartenenti allÂÂUnione, il 22% dallÂÂAfrica, il 16% dallÂÂAsia e il 15% dallÂÂAmerica. Naturalmente le cifre sono superiori se vengono presi in considerazione quanti nel frattempo hanno acquisito la cittadinanza. In termini assoluti, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Italia attualmente registrano il numero più alto di cittadini stranieri. È comunque oggi ineludibile il confronto con la realtà dellÂÂimmigrazione irregolare. A tale riguardo è difficile avere cifre precise, ma secondo valutazioni recenti gli immigrati irregolari sarebbero fra i 4,5 e gli 8 milioni, con un aumento stimato fra i 350.000 e i 500.000 allÂÂanno. I settori frontalieri dove sono intercettati o tentano lÂÂingresso in maggior numero sono quelli tra Slovacchia e Ucraina, tra Slovenia e Croazia, tra Grecia e Albania e tra Grecia e Turchia. Inoltre, naturalmente, sono considerate zone estremamente calde Ceuta e Melilla, le Canarie, la Sicilia ed in particolare Lampedusa. Fra i migranti irregolari provenienti da sud si contano soprattutto Marocchini (circa il 70%), seguiti da Sub Sahariani, Eritrei ed Egiziani. La politica migratoria europea si trova attualmente in una fase critica, in quanto, alla necessità di coordinamento e di armonizzazione, si contrappone la difficoltà dei singoli Stati di cedere alcune prerogative in tale ambito. Nello stesso tempo, permane la chiusura delle frontiere, con la conseguente impossibilità per gli immigrati di entrare regolarmente, oltre le quote ammesse. Particolare attenzione merita la situazione italiana nella quale gli immigrati coprono settori occupazionali ben precisi e delimitati e sono vulnerabili sia nel mercato del lavoro, che per quanto riguarda lÂÂinserimento nella società. Rispetto alle domande dÂÂasilo, nel 2006, i 27 Stati dellÂÂUnione Europea hanno ricevuto 192.300 richieste. I principali Paesi di origine dei richiedenti sono Iraq, Russia, Serbia e Montenegro, Afghanistan e Turchia. Infine si segnalano pure traffico e tratta di esseri umani, che coinvolgono in particolare ragazze ÂÂ reclutate da organizzazioni criminali e costrette alla prostituzione ÂÂ e bambini, con deprecabile sviluppo del traffico di organi. Secondo il Nunzio Apostolico in Albania, ad esempio, sono ben 30 mila le donne albanesi che si prostituiscono in altri Paesi dellÂÂUnione. 2. Problemi sociali dei migranti Vi sono bisogni generali, comuni a quasi tutti, messi in evidenza nei Rapporti, vale a dire in primo luogo la necessità di reperire adeguate informazioni su tutte le fasi migratorie, dalla partenza allÂÂarrivo nel Paese dÂÂaccoglienza. Poi, tutto quel che attiene allÂÂalloggio, allÂÂimpiego, allÂÂalimentazione, alla scolarizzazione, alla salute, ecc., cui si aggiungono i bisogni più specifici come la mancanza di strutture per lÂÂapprendimento della lingua del Paese dÂÂaccoglienza, la difficoltà di reperire traduttori nelle lingue degli immigrati, la scarsità o la mancanza di convenienti strutture di accoglienza, soprattutto per i rifugiati, le procedure legali eccessivamente lunghe, particolarmente per ottenere il permesso di soggiorno, normative a volte troppo repressive, lÂÂentrata nella irregolarità di immigrati che non hanno ottenuto il relativo permesso, il debole processo di integrazione e di inserimento nella società di arrivo, la prostituzione femminile e infantile, lÂÂuso, sempre più esteso, della droga anche da parte degli immigrati, la violenza e gli atti di razzismo, la xenofobia alimentata da partiti e movimenti estremisti e lÂÂostilità particolare verso lÂÂimmigrazione musulmana tout court. Tuttavia, è giusto pure segnalare, in questi ultimi tempi, la diminuzione di manifestazioni xenofobe o chiaramente razziste. Questo lento mutare del ÂÂclimaÂÂ potrebbe favorire lÂÂintervento pedagogico, oltre che pastorale, della Chiesa e facilitare la sua mediazione moderatrice nei confronti sia della società civile che della comunità cristiana, cosa che essa sta facendo. Gli organismi statali, frattanto, faticano ancora a trovare un accordo ed un consenso sui contenuti di una politica migratoria comune, laddove tuttora, spesso, sono ancora prioritarie questioni di carattere interno, nazionale e politico. Senza dimenticare comunque lÂÂimportante apporto di un gran numero di ONG ÂÂ in Spagna, ad esempio, si contano circa 150 organizzazioni civili ÂÂ che si occupano dei molteplici bisogni dei migranti. Dal 2005, infine, è diventata operativa lÂÂagenzia europea Frontex, che ha come compito il coordinamento tra i vari Paesi nella protezione dei confini dellÂÂUnione. 3. Necessità pastorali In numerosi Rapporti si sottolinea lÂÂurgenza che si tuteli la dignità umana (e cristiana) dei migranti, oltre la considerazione del loro contributo economico-lavorativo. Come conseguenza di ciò, si incoraggiano disposizioni a favore del ricongiungimento familiare, che dovrebbe rendere più umanamente sopportabile la vicenda migratoria. Vi è necessità comunque di un maggior numero di operatori pastorali, certo per il ÂÂministero dellÂÂaccoglienzaÂÂ, allÂÂarrivo dei migranti soprattutto in Paesi di recente immigrazione, come lÂÂIrlanda, ma anche di materiale religioso nelle diverse lingue degli immigrati, senza parlare di strutture pastorali previste dallÂÂErga migrantes caritas Christi. 4. Le risposte (dal questionario) 4.1 Risposte della Chiesa Le Conferenze episcopali continuano a manifestare viva sollecitudine per la pastorale migratoria, anche mediante specifici pronunciamenti, come è avvenuto per quella Spagnola, che nella sua XC Assemblea Plenaria, nel novembre 2007, ha approvato e pubblicato un documento dal titolo: ÂÂLa Pastoral de las Migraciones en España. Reflexión pastoral y Orientaciones Prácticas para una Pastoral de Migraciones en España a la luz de la Instrucción Pontificia ÂÂErga migrantes caritas ChristiÂÂÂÂ. A sua volta, il ÂÂService National de la Pastorale des Migrants et des Personnes ItinérantesÂÂ, in Francia, ha emanto il documento ÂÂArtisans de communion. Aumôneries et aumôniers des Communautés des catholiques de la migrationÂÂ, nel mese di maggio 2007. Le Conferenze episcopali, poi, esercitano la cura pastorale migratoria tramite organismi deputati a tale compito, come nel caso della fondazione ÂÂCura MigratorumÂÂ dÂÂOlanda, dellÂÂÂÂOffice for Refugee PolicyÂÂ in Gran Bretagna, di ÂÂMigratioÂÂ in Svizzera, di ÂÂPro MigrantibusÂÂ in Belgio, del ÂÂSeSoPI-Centre IntercommunautaireÂÂ in Lussemburgo, di ÂÂMigrantesÂÂ in Italia. Nel 2005, in Lussemburgo, è stata costituita, per il medesimo fine, la ÂÂConférence des agents pastoraux au service des communautés linguistiquesÂÂ (CAP-CL). Anche Caritas è spesso presente e attiva nellÂÂaccoglienza ai migranti in genere. I Direttori nazionali per la pastorale dei migranti in Europa si sono incontrati a Sigüenza (Spagna), nel 2006, e a Sibiu (Romania), nel 2007. Progetti specifici sono stati avviati per iniziative di advocacy, come nel caso dellÂÂÂÂIrish Catholic BishopsÂÂ Refugee and Migrant ProjectÂÂ. Non è disattesa neppure la collaborazione con organismi di Governo, come fa la Caritas Bulgaria, che dal 2005 è partner della Commissione Nazionale per la lotta contro il traffico di esseri umani. Mentre si consolidano le Commissioni episcopali che si occupano della mobilità umana, nellÂÂambito delle rispettive Conferenze, pure le Diocesi si stanno sempre più dotando di un coordinatore per una pastorale specifica, con attenzione altresì alle minoranze cattoliche di rito orientale. A livello locale sono poi sempre più frequenti simposi e iniziative specifiche per lo studio della realtà migratoria. Ne elenchiamo qui di seguito alcuni: In Irlanda la conferenza internazionale sul tema ÂÂFrom Pastoral Care to Public Policy ÂÂ Journeying with the MigrantÂÂ, svoltasi nel novembre 2007; Il ÂÂForum pastoral intercommunautaireÂÂ annuale in Lussemburgo. In Germania, il congresso ÂÂPastoral und Diakonie in der pluralen GesellschaftÂÂ, svoltosi il 23-24 maggio 2007 e la ventitreesima edizione delle Giornate di Hohenheim sul diritto degli stranieri (Hohenheimer Tage zum Ausländerrecht), tenutasi a Stoccarda nei giorni 25-27 gennaio 2008, organizzata dallÂÂAccademia della Diocesi di Rottenburg-Stoccarda. In Francia, la ÂÂRencontre Nationale de la Pastorale des MigrantsÂÂ, a Nantes, nei giorni 27-29 ottobre 2006, ha affrontato il tema ÂÂLa pastorale des migrants, mission de lÂÂEgliseÂÂ. La celebrazione annuale, in molte Diocesi, denominata ÂÂMessa delle nazioniÂÂ oppure ÂÂFesta dei popoliÂÂ. 4.2 Istanze pastorali Il Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato è regolarmente inviato ai coordinatori diocesani, spesso corredato da un altro della Conferenza episcopale o della sua rispettiva Commissione per la pastorale migratoria, con materiale utile per lÂÂanimazione liturgica e la sensibilizzazione dei fedeli. Essi vengono diffusi capillarmente nelle parrocchie, ma ancora non è comune la celebrazione in data unica (per esempio, in Irlanda tale Giornata si fa coincidere con la festa di San Patrizio; in Polonia si celebra il 2-3 maggio; in Bulgaria vi è il Giorno del Profugo il 19 giugno; in Lussemburgo si sono svolte nei giorni 11-16 gennaio 2008 alcune ÂÂJournées des MigrationsÂÂ) e non è regolare una specifica colletta, in tale occasione. 4.3 Strutture pastorali A livello diocesano sono ormai numerose le opportunità offerte ai fedeli di celebrare la Liturgia e i Sacramenti nella propria lingua, come pure diventa più comune lÂÂattenzione alle minoranze cattoliche di rito orientale. Accanto alla missio cum cura animarum e alla tradizionale parrocchia personale si è avviato piuttosto il sistema di parrocchie territoriali multi-linguistiche, in varie articolazioni. Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica sono in genere ben disposti nel mettere a disposizione i loro membri per lÂÂassistenza pastorale di gruppi etnici specifici. È il caso dellÂÂIrlanda (ad esempio Missionari della Società di San Colombano, Redentoristi e Spiritani), della Romania (soprattutto i Gesuiti), senza dimenticare lÂÂapporto del volontariato laicale. 5. Annotazioni LÂÂimmigrazione in Europa porta certo difficoltà, ma nei Rapporti si sottolinea pure che essa non costituisce solo un problema. Anche soltanto prendendo in considerazione il declino demografico europeo, infatti, lÂÂimmigrazione sembra poter rappresentare una delle possibili sue risposte. Secondo lo stesso Parlamento Europeo, infatti, entro il 2050, allÂÂUnione serviranno circa 56 milioni di immigrati in età lavorativa ed è evidente che i vincoli tra migrazione e sviluppo offrono unÂÂopportunità per raggiungere gli obiettivi di sviluppo. Del resto i lavoratori immigrati rappresentano una risorsa per lÂÂeconomia di destinazione, consentendo alla domanda di lavoro di reperire manodopera anche per mestieri che non trovano offerta di lavoro interna. Nonostante ciò persistono numerose difficoltà. Secondo i dati della Commissione Europea, la maggioranza di immigrati che arrivano in Europa costituisce una forza lavoro non qualificata, mentre sono percentuali estremamente esigue quelle dei qualificati. Ciò significa che nellÂÂemigrazione che investe lÂÂEuropa esiste unÂÂevidente differenza tra domanda e offerta, che si rispecchia nelle politiche europee, così come sono focalizzate oggi, nel tentativo di facilitare la migrazione qualificata e quella circolare. Ad ogni modo, lÂÂimmigrazione è vista nella sua luce positiva soprattutto come fattore di vicendevole arricchimento tra i popoli, interpellando così tutte le forze attive nella pastorale migratoria per una sensibilizzazione sempre più ampia quanto alle potenzialità e alle risorse che i migranti portano con sé nei Paesi di accoglienza (aspetti interculturali). Infine permane un insufficiente livello di integrazione dei migranti ÂÂ che sono però anche presenti in consigli pastorali e in quelli per gli affari economici parrocchiali ÂÂ mentre spesso i fenomeni migratori sono tuttora percepiti in modo negativo. 6. Problemi aperti È evidente, dai Rapporti, lÂÂimportanza di unÂÂadeguata formazione del clero e degli operatori pastorali laici, con nota pure della difficoltà di offrire corsi specifici organizzati in tale campo, preferendosi indirizzare gli interessati allÂÂapprofondimento occasionale di teologia pastorale, sociologia, Dottrina sociale della Chiesa e problematiche familiari. Non manca comunque la proposta di Giornate annuali di formazione specifica e Incontri periodici di aggiornamento e di sensibilizzazione, gestiti in particolare da Istituti religiosi, come quelli della ÂÂConfederación Española de ReligiososÂÂ, in Spagna. Vi sono tuttavia interessanti iniziative locali. È il caso del duplice indirizzo accademico previsto dalla Pontificia Università di Comillas in ÂÂEspecialista Universitario en InmigraciónÂÂ e ÂÂMaster Universitario en InmigraciónÂÂ. Per lÂÂassistenza pastorale dei fedeli greco-cattolici ucraini in Italia, infine, si vedrebbe bene lÂÂerezione di un proprio Esarcato. E per il Sinodo di tale rito la cosa sarebbe opportuna pure in altri Paesi. C. Continente Africano Dall'Africa sono pervenuti Rapporti dai seguenti Paesi: Ghana, Kenya, Libia, Mozambico, Rwanda, Sud Africa (IMBISA), Tunisia, Uganda e Zimbabwe (in totale nove Rapporti). 1. Quadro generale LÂÂAfrica soffre ormai da tempo il trauma della sofferenza e della disperazione. I suoi popoli hanno le profonde cicatrici della povertà, della fame, della corruzione, del dispotismo e della guerra. A queste piaghe si è aggiunto lÂÂAIDS, che sta decimando la popolazione di molti Paesi dellÂÂAfrica centrale e meridionale. Negli ultimi trentÂÂanni circostanze negative quali le gravi siccità o alluvioni, la desertificazione, la deforestazione e le guerre si sono trasformate in poderosi fattori di migrazione interna. Le guerre dellÂÂAfrica Centrale ÂÂ regione dei Grandi Laghi ÂÂ e Occidentale ÂÂ regione del fiume Mano ÂÂ hanno trasformato Paesi come Angola, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Rwanda, Congo-Brazzaville, Liberia, Sierra Leone e Costa dÂÂAvorio in esportatori di rifugiati ed emigrati verso i Paesi vicini o altre regioni del continente. Ma molti sono altresì i profughi. Vi sono poi fattori economici, sociali, culturali e politici, intrecciati tra loro, che spingono o costringono gli Africani ad abbandonare i propri Paesi dÂÂorigine. Nord Africa e Africa Occidentale sono dunque le grandi regioni migratorie del continente e anche servono da punti di passaggio e di contatto con le reti di migrazione nellÂÂAfrica Sub-sahariana e nel Maghreb, ultima tappa sperata verso lÂÂEuropa. In tal modo, lÂÂAfrica conta meno di un decimo (9,2%) dei migranti internazionali del mondo intero (cioè 16.170.000, di cui quasi il 90% nellÂÂAfrica Sub-sahariana), ma il maggior numero di sfollati, che raggiungono la cifra di 13.500.000. Accolgono più di un milione di migranti internazionali solo due Paesi africani: Costa dÂÂAvorio (2.336.000) e Burkina Faso (1.124.000). Altri degni di menzione, in questa prospettiva, sono i seguenti: Tanzania (893.000), Sudan (780.000), Nigeria (751.000), Guinea (741.000), Repubblica Democratica del Congo (739.000), Etiopia (660.000), Zimbabwe (656.000) e Uganda (529.000). Rara eccezione, nello scenario generale, è costituita dal Mozambico, dove la guerra civile è terminata da qualche anno, dopo decenni, consentendo a centinaia di migliaia di rifugiati e profughi di tornare alle proprie case. Invece la guerra infuria ancora nel Darfur. E, come sempre, i civili, fra cui miriadi di bambini, sono pedine impotenti di un gioco di denaro e potere. Ad ogni modo, contrariamente ad unÂÂopinione diffusa, esistono flussi migratori più forti allÂÂinterno del continente che verso lÂÂesterno. Se il Nord dellÂÂAfrica (Egitto e Maghreb) ÂÂesportaÂÂ soprattutto le proprie popolazioni verso Europa e Stati Uniti dÂÂAmerica, lÂÂAfrica Sub-sahariana, anche quando orienta la sua emigrazione verso lÂÂEuropa, registra però trasferimenti interni o interafricani massicci, manifestando un potenziale migratorio straordinario. E tutto indica che questi flussi interni ed interregionali continueranno ad incrementarsi negli anni e nei decenni prossimi. 2. Problemi sociali e pastorali dei migranti Il continente si trova ad affrontare ÂÂ come risulta dai Rapporti ÂÂ problemi acuti, quali il generale declino economico, lÂÂaumento della corruzione, la crescente militarizzazione, la violenza, la conflittualità civile e politica, il collasso del settore agricolo, il deterioramento delle strutture relative allÂÂeconomia, gli alti tassi di inflazione e la disoccupazione, il progressivo estendersi del problema della fame, dellÂÂepidemia dellÂÂHIV-AIDS, della malaria e della tubercolosi, la mortalità infantile, le avverse condizioni climatiche e le carestie, lÂÂanalfabetismo, le errate politiche di sviluppo e lÂÂincapacità dei Governanti. Migranti e rifugiati, in tale ampio contesto, necessitano di aiuti primari per la sopravvivenza, assistenza medica e psico-sociale, tutela dei diritti umani, conoscenza delle normative vigenti e delle lingue dei Paesi in cui trovano accoglienza. Essi hanno altresì bisogno di accompagnamento spirituale e di supporto morale, soprattutto quando sono toccati dalla malattia e dal lutto di familiari ed amici, cercando pertanto un sacerdote cattolico che sappia ascoltarli, consigliarli e offrire una saggia guida spirituale. Non mancano situazioni in cui si richiede una specifica presenza pastorale per una positiva opera di rappacificazione, di guarigione della memoria e di riconciliazione. Alcuni Rapporti, poi, indicano come problema che desta preoccupazione la condizione vulnerabile della donna, in particolare di quelle sole, le gestanti ÂÂ soprattutto ragazze-madri ÂÂ, le carcerate, le vedove, le anziane e quelle che tentano di liberarsi dai tentacoli delle organizzazioni malavitose e dalla prostituzione. Del resto, sono continuamente denunciate pure le diverse tipologie di sfruttamento e di maltrattamento nei confronti dei bambini e dei minori, spesso orfani, privi di opportunità di scolarizzazione, reclutati e addestrati per la violenza armata. 3. Le risposte (dal questionario) 3.1 Da parte della società civile e degli organismi statali Vi sono sforzi, purtroppo inadeguati, per garantire sicurezza e tutela a coloro che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati e assistenza per i lavoratori migranti, soprattutto grazie allÂÂopera di varie ONG e di altre organizzazioni civili. Ove ciò è possibile, sono offerti aiuti per le cure mediche, per la scolarizzazione e la formazione professionale, per la creazione di condizioni di vita igienicamente accettabili. Molto attiva è la presenza dellÂÂUnited Nations High Commissioner for Refugees e del World Food Programme, che interagiscono con Organismi governativi e si avvalgono di infrastrutture locali, come ÂÂWorld VisionÂÂ in Zimbabwe, oppure ÂÂInterAid Uganda LtdÂÂ e relativo ÂÂCoordination CommitteeÂÂ, che coinvolge pure movimenti ecclesiali diocesani in Uganda, oppure lÂÂÂÂInstituto Nacional de Apoio aos RefugiadosÂÂ in Mozambico. Infine, la collaborazione tra comunità ecclesiale e società civile ha talora un buon successo, come nei rapporti di vicendevole rispetto e aiuto tra la Chiesa cattolica e la ÂÂIslamic Call SocietyÂÂ in Libia, oppure con ÂÂIslamic ReliefÂÂ in Somalia, cosa che favorisce il dialogo inter-religioso. 3.2 Dalla Chiesa Dai Rapporti risulta che la Chiesa in Africa accompagna con varie iniziative questo movimento migratorio, attenta soprattutto alla dimensione pastorale e a quella educativa-socio-sanitaria. I Vescovi, in particolare, denunciano abusi e carenze, danno voce ai più poveri e offrono conforto e aiuto alle persone in difficoltà ÂÂ specialmente donne e bambini ÂÂ. Emerge poi il generoso contributo delle Commissioni per le Migrazioni ÂÂ dove esse esistono, come nel caso di CEMIRDE, in Mozambico, e di quella del Ghana, attiva dal 1978 ÂÂ e dei delegati dei Vescovi Promotori, nellÂÂofferta costante di assistenza umanitaria, presenza nei campi, catechesi, amministrazione dei Sacramenti, programmi di formazione cristiana e aiuto per coloro che desiderano rimpatriare. Essi non mancano di svolgere unÂÂintensa attività di advocacy, specialmente in favore dei rifugiati, facilitando pure i loro spostamenti, come nel caso di coloro che passano dal Rwanda al Burundi, verso lÂÂEtiopia, con assistenza di Caritas Uganda, a nome della Conferenza episcopale. Continua altresì la valida opera del Jesuit Refugee Service e dellÂÂImbisa Refugee Service. Migranti e rifugiati poi risultano sempre più protagonisti dellÂÂattività pastorale locale, dove svolgono attività di insegnamento nelle scuole, di assistenza nei Centri sanitari, di partecipazione ai Consigli parrocchiali, ai gruppi, ai movimenti e alle iniziative socio-pastorali messe in atto sul territorio. Ovunque si fa attenzione a rispettare la lingua e le tradizioni culturali dei migranti e dei rifugiati. Nei Paesi della regione sud-africana lÂÂImbisa Refugee Service ha organizzato alcune conferenze e seminari di studio e di formazione, anche avvalendosi del supporto di altri organismi ecclesiali, come il ÂÂSouthern African Churches in the Ministry with Uprooted PeopleÂÂ, YWCA, Conferenze episcopali, Caritas nazionali e Jesuit Refugee Services, congregazioni religiose e Centri pastorali diocesani. 4. Istanze pastorali e sfide La ÂÂGiornata Mondiale del Migrante e del RifugiatoÂÂ si celebra regolarmente ogni anno in quasi tutte le diocesi considerate, in vari modi e tempi, con diversa partecipazione e risultati. Non è chiaro, tuttavia, se ad essa viene riservata la data universalmente stabilita o se la ricorrenza cade in periodi scelti ad hoc dalle rispettive Conferenze episcopali. Ad ogni modo il particolare Messaggio del Papa in occasione di tale ÂÂGiornataÂÂ è ripreso in qualche misura sia nelle omelie sia sulla stampa cattolica dei vari Paesi, sebbene non sia ovunque capillarmente diffuso e utilizzato. In molti Rapporti poi si lamenta carenza di personale preparato per lÂÂassistenza pastorale a migranti, profughi e rifugiati, siano essi presbiteri, consacrati o laici: sono poche le persone che si dedicano a tale apostolato specifico e, inoltre, spesso non hanno unÂÂadeguata e solida formazione, affidandosi talvolta lÂÂazione pastorale alla spontaneità e allÂÂimprovvisazione. Inoltre, sono tuttora relativamente poche le Conferenze episcopali che si sono dotate di una specifica Commissione per la pastorale della mobilità umana, vuoi per mancanza di personale disponibile vuoi per insufficienza di risorse economiche. D. Continente Asiatico I Rapporti sono pervenuti da: Vicariato Apostolico dÂÂArabia, Australia, Diocesi di Chalan Kanoa (Isole Marianne), Corea, Filippine (Commissione episcopale e SOLT di Macau), Diocesi di Gibuti-Mogadiscio, Vicariato Latino di Giordania, Diocesi di Hong Kong, India, Laos (assistenza per i rifugiati Laotiani allÂÂestero), Nepal, Nuova Zelanda, Siria e Tailandia (in totale quindici Rapporti). 1. Prospettiva generale Nel continente asiatico stanno emergendo e consolidandosi nuovi poli di attrazione migratoria. Sono il Giappone, la Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, Stati arabi del Golfo. Nello stesso tempo si stanno sviluppando forti flussi migratori anche in Paesi a regime migratorio misto, ossia contemporaneamente di immigrazione e di emigrazione. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di una migrazione stagionale, con una limitazione palese dei diritti umani dei migranti. In effetti, in Estremo Oriente, predomina il sistema delle ÂÂmigrazioni legate al contratto di lavoroÂÂ (contract workers system), che di fatto non permette lÂÂacquisizione delle residenza permanente. Tali contratti sembrano rispondere pienamente alle aspettative tanto dei Paesi di origine, quanto a quelle dei Paesi di arrivo: lÂÂemigrazione temporanea (in particolare per filippini ed indonesiani) è considerata una vera e propria strategia di sviluppo, attraverso una diminuzione della pressione sociale interna e lÂÂincentivazione di consistenti rimesse, data lÂÂimpossibilità dellÂÂemigrazione familiare. Per i Paesi di immigrazione, poi, tali contratti risultano convenienti in quanto producono riduzione dei costi sia per lÂÂaccesso ai servizi sociali, lÂÂassistenza sanitaria e i sistemi pensionistici, sia per quelli relativi al complesso fenomeno dellÂÂintegrazione del lavoratore straniero. Nello stesso tempo, essi consentono un controllo dei flussi ed una loro risposta funzionale alle congiunture economiche locali. Senza dimenticare che la pressione migratoria e il sistema di reclutamento di lavoratori, affidato ad agenzie private (recruitement agencies), producono una massa di lavoratori irregolari, nonostante le legislazioni restrittive messe in atto e periodiche deportazioni adottate da alcuni Paesi. UnÂÂaltra piaga assai diffusa è infine quella della tratta e del traffico di esseri umani, in particolare donne e bambini. LÂÂAsia è dunque il continente, dopo lÂÂEuropa, che conta il maggior numero di migranti internazionali (48.230.000). Più della metà di essi vive nellÂÂAsia Occidentale, cioè in Arabia Saudita (5.235.000), Iran (2.321.000), Israele (2.256.000), Giordania (1.945.000), Emirati Arabi (1.922.000), Palestina (1.655.000) e Kuwait (1.108.000). Vi sono Paesi con un consistente numero di migranti anche in altre aree sub-continentali, cioè in quella indiana ÂÂ India (6.271.000), Pakistan (4.243.000), Kazakystan (3.028.000), Uzbekistan (1.367.000) ÂÂ, e dellÂÂEstremo Oriente ÂÂ Taiwan (2.701.000), Giappone (1.620.000), Malesia (1.392.000) e Singapore (1.352.000) ÂÂ. Nel lontano Oriente, alcuni Paesi (Giappone, Malesia, Taiwan e Singapore) ÂÂimportanoÂÂ manodopera straniera, mentre altri ne sono ÂÂesportatoriÂÂ (Bangladesh, Cambogia, Cina, Indonesia, Pakistan, Vietnam, Filippine). Alcuni Paesi ancora sono contemporaneamente luoghi di emigrazione e di immigrazione. È il caso di Tailandia e Corea del Sud. La Cina e lÂÂIndia costituiscono comunque, oggi, i due più grandi ÂÂserbatoiÂÂ umani, dove sono in atto trasformazioni sociali importanti e forti migrazioni interne. Paesi già tradizionali di emigrazione, nei secoli passati, essi sono allÂÂinizio di una nuova fase migratoria che è destinata a conoscere sviluppi consistenti. Basti pensare che si calcola siano circa 20 milioni i cittadini indiani emigrati allÂÂestero, per motivi di lavoro, e altrettanti lo siano internamente. 2. Problemi sociali dei migranti È certo che la fuga dalla miseria delle campagne ha dato allÂÂAsia un nuovo profilo urbano. Per i contadini dellÂÂIndia, per gli agricoltori filippini o per i pescatori del Vietnam ÂÂ solo per citare alcuni esempi ÂÂ le città esercitano un magnetismo irresistibile. Del resto lÂÂurbanizzazione è fenomeno universale. Attratti dal miraggio della vita cittadina, presentato specialmente dalla televisione, i migranti molto spesso non immaginano gli stenti e le privazioni che li attendono. E così lÂÂesodo continua: dal Cairo a Shanghai, da Istanbul a Jakarta, da Bombay a Manila questa migrazione di massa, cui contribuisce lÂÂalto tasso di natalità, ha dato vita a megalopoli estesissime. Già oggi la maggioranza delle più grandi città del mondo si trova in Asia. Nei Rapporti si mettono in evidenza, tra le varie problematiche dei migranti, particolarmente le situazioni di irregolarità e le difficoltà a ottenere il permesso di soggiorno nel Paese dÂÂaccoglienza, la carenza di alloggi e di sostentamento, le insufficienti strutture assistenziali e socio-sanitarie, la difficoltà di accedere a programmi di scolarizzazione e di formazione professionale, la corruzione, la tratta e il traffico di donne e bambini, oltre al loro sfruttamento nellÂÂambito lavorativo e nella cosiddetta ÂÂindustria del sessoÂÂ. 3. Necessità pastorali Dai Rapporti emergono problemi ed esigenze pastorali comuni ad altre Regioni e Continenti, come lÂÂurgenza di approntare adeguate misure per lÂÂintegrazione dei lavoratori migranti, per il ricongiungimento familiare, per il sostegno alla famiglia e per garantire lÂÂaccesso ai programmi di scolarizzazione e di formazione professionale. Si sottolinea altresì lÂÂimportanza della formazione specifica di sacerdoti e laici al ministero pastorale con i migranti e ancora la creazione di una mentalità più aperta e veramente cattolica dei vari gruppi di migranti e delle comunità locali, nonché di una cultura di solidarietà e di comunione in relazione agli immigrati. Alcuni Rapporti esprimono, poi, preoccupazione per il crescente numero di migranti detenuti nelle carceri, anche per la difficoltà di reperire personale preparato e disponibile ad offrire loro assistenza pastorale. 4. Le risposte (dal questionario) 4.1 Dalla società civile e dagli organismi statali Molte iniziative sono in atto nel continente. Le grandi organizzazioni internazionali (UNICEF, ILO-IPEC, IOM, UNESCAP) si sforzano di trovarvi opportune soluzioni ai problemi migratori, soprattutto nella lotta al traffico di minori, alla tratta degli esseri umani e al commercio di organi, focalizzandosi in particolar modo sulla prevenzione e sulla preparazione del personale coinvolto nei servizi di protezione, sulla formazione di comitati e di gruppi di intervento e sulle riforme legislative in materia. In tale contesto, molte ONG hanno avviato programmi di prevenzione ed alcune si sono dedicate a salvare, recuperare e rimpatriare bambini trafficati. Ci sono anche programmi per contrastare o sventare lÂÂingaggio di bambini da parte dei reclutatori di manodopera. Non mancano anche buone esperienze di fruttuosa collaborazione, che vedono impegnate le Chiese particolari assieme a vari organismi civili e statali, non necessariamente dediti allÂÂazione esclusiva in favore dei migranti, ma in sinergia per affrontare specifiche realtà migratorie. Possiamo citare, ad esempio, lÂÂattiva cooperazione tra la Commissione episcopale delle Filippine per la pastorale dei migranti e degli itineranti e Visayan Forum, nel campo della tutela dei lavoratori migranti interni e della lotta al traffico di esseri umani, oppure UNAIDS, per quanto concerne la battaglia di prevenzione e cura pure di migranti affetti da HIV-AIDS. 4.2. Risposte dalla Chiesa La Chiesa in Asia e Oceania risponde in diversi modi ai problemi migratori, sempre più numerosi e assillanti. Molte Conferenze episcopali, ad esempio, hanno costituito Commissioni ad hoc per la pastorale della mobilità umana. È il caso della Episcopal Commission for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People ÂÂ ECMI delle Filippine, sorta già nel 1982; dellÂÂÂÂAustralian Catholic Migrant and Refugee OfficeÂÂ; dellÂÂÂÂEpiscopal Commission for Migrants and ItinerantsÂÂ in Corea; della ÂÂNational Catholic Commission on MigrationÂÂ in Tailandia. Altrove, come in India, le problematiche migratorie sono demandate alla rispettiva ÂÂCommission for LabourÂÂ, attiva a favore di migranti e rifugiati dal 1972. Spesso è la Caritas che si occupa anche dei migranti e dei rifugiati, a nome delle Conferenze episcopali locali. Tra le iniziative promosse, sono sempre più frequenti i simposi, i seminari e le giornate di studio dedicate, a livello nazionale e internazionale, alla formazione degli Operatori della pastorale della mobilità umana, come il programma internazionale ÂÂExodusÂÂ, tenutosi a Manila nel 2006 e nel 2007. Nello Sri Lanka, la Commissione episcopale per le migrazioni ha avviato nel 2004 uno specifico programma psico-sociale per la formazione dei figli degli emigrati, chiamato ÂÂPersonality Building of MigrantsÂÂ ChildrenÂÂ. Collegate con le Commissioni episcopali per le migrazioni delle rispettive Conferenze episcopali, poi, diverse congregazioni religiose sono oggi efficacemente coinvolte nellÂÂapostolato dei migranti e delle loro famiglie. Possiamo citare, ad esempio, le Suore Pastorelle, le Religiose del Buon Pastore, i Fratelli de La Salle, la Compagnia di Gesù, le Missionarie e i Missionari Scalabriniani, le Figlie della Carità, le Suore Francescane Missionarie di Maria, le Suore Francescane dellÂÂImmacolata Concezione e le Religiose della Vergine Maria. Esistono, inoltre, associazioni laicali dedite allÂÂassistenza specifica, come la ÂÂLegione di MariaÂÂ, ÂÂCouples for ChristÂÂ, ÂÂSingles for ChristÂÂ, ÂÂDomestic, Christian and Young Workers MovementÂÂ . Oltre allÂÂazione pastorale diretta a favore dei migranti, le Commissioni episcopali, assieme ad alcune ONG dÂÂispirazione cattolica, sono spesso in prima linea nel lavoro di advocacy, sia a livello politico che individuale (assistenza a casi particolari). In tale contesto, i problemi riguardanti lÂÂemigrazione irregolare ed il traffico di esseri umani occupano un posto centrale nei programmi delle Commissioni, che sempre più di frequente propongono allÂÂattenzione nazionale ed internazionale i casi più urgenti. Possiamo almeno menzionare la dichiarazione del 31 gennaio 2008, firmata da S.E. Mons. Angel Lagdameo, Presidente della Conferenza Episcopale Filippina, e da 120 Presuli del Paese, emessa per condannare il traffico di organi, che vede vittime soprattutto i migranti e, tra essi, in gran parte bambini. Non si deve inoltre dimenticare la preziosa azione di chiarificazione e mediazione delle Commissioni per i migranti di Giappone e Filippine nel caso delle ÂÂOverseas Performist ArtistsÂÂ in Giappone, ossia ballerine e cantanti, soprattutto filippine, contrattate in massa da locali notturni giapponesi e indirizzate successivamente alla prostituzione. In Nuova Zelanda, poi, la Conferenza Episcopale locale ha incluso la pastorale migratoria tra le priorità del suo piano pastorale 2007-2013. In Australia, infine, come risultato della Conferenza Nazionale 2005 sul tema ÂÂOne in Christ Jesus: Pastoral Care in a Culturally Diverse AustraliaÂÂ, la Conferenza episcopale del Paese ha recentemente approvato il documento ÂÂGraced by MigrationÂÂ, che costituisce il primo piano pastorale della Chiesa in Australia in prospettiva migratoria. 5. Sfide pastorali Nonostante il buon numero di Cappellani ed Operatori pastorali impegnati nellÂÂaccompagnamento e nellÂÂassistenza dei migranti, nei Rapporti ci si lamenta che non sempre risulta facile il loro coinvolgimento in unÂÂazione coordinata ed efficace che risponda alle sfide ÂÂtransnazionaliÂÂ poste in particolar modo dallÂÂimmigrazione irregolare e dal traffico di esseri umani. In alcuni Rapporti si indica dunque come opportuna lÂÂistituzione di moduli formativi specifici, a livello accademico, nei curricula dei Seminaristi e negli Istituti di Scienze Religiose, per una migliore preparazione dei futuri Operatori pastorali nel campo della pastorale della mobilità umana. 6. Annotazioni Emerge anche la difficoltà di celebrare la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato nella data stabilita per tutta la Chiesa e talvolta pure a diffondere i Messaggi del Santo Padre, in ambiente di massima diaspora. Nei Paesi del Medio Oriente e nella Penisola Arabica non di rado costituisce preoccupazione, per la Chiesa locale latina, la presenza di immigrati appartenenti a vari riti (maronita, melchita, copto, assiro, siro-malabarese, siro-malankarese). La liturgia è celebrata ÂÂ con frequenze che variano da luogo a luogo e secondo le possibilità ÂÂ in ciascuno di tali Riti. Si lamenta, tuttavia, la carenza di presbiteri e di Operatori pastorali appositamente preparati. Periodicamente, però, specie nei tempi forti di Avvento e Quaresima, gli Ordinari locali invitano dallÂÂestero sacerdoti appartenenti agli anzidetti Riti, per particolari celebrazioni liturgiche con le loro comunità dÂÂorigine. Conclusione Gli estensori dei Rapporti esaminati sono unanimi nellÂÂaffermare che i migranti dovrebbero essere universalmente considerati come agenti positivi di sviluppo. Di fatto, la situazione attuale presenta un panorama abbastanza diversificato a seconda dei flussi migratori, del loro regolare inserimento nel mercato del lavoro e della loro integrazione nella società. Perché i migranti possano diventare protagonisti dello sviluppo, però, bisogna affrontare alcuni nodi importanti, tra i quali elenchiamo almeno i seguenti: rinnovare i dispositivi di ingresso e di regolarizzazione nei Paesi dÂÂaccoglienza, combattere la disoccupazione e lÂÂemarginazione, dove trovano fertile terreno dÂÂazione le organizzazioni criminali, istituire la correlazione tra gestione dei flussi e politiche di cooperazione allo sviluppo ed evitare la segregazione nei cosiddetti ÂÂlavori da immigratiÂÂ. Per quanto concerne i Paesi di partenza, poi, si lamenta che le migrazioni costituiscono spesso un impoverimento di quelli di provenienza, privati delle persone più valide. In tal modo, tenendo presente le attuali tendenze dei Paesi di immigrazione di puntare su lavoratori qualificati, si sta verificando una preoccupante ÂÂfuga di cervelliÂÂ (brain drain), che attenta allo sviluppo di quelli più poveri, mentre non sempre tali potenzialità vengono messe a frutto nei Paesi dÂÂaccoglienza: basti pensare, ad esempio, che gli immigrati in Italia risultano per oltre il 50% qualificati o laureati, ma sono occupati in impieghi che non corrispondono alla loro preparazione. Si constata, poi, che i migranti si auto-organizzano, sia nei Paesi di accoglienza che in quelli di partenza, cercando di accedere al sostegno per iniziative di sviluppo comunitario e per i propri ÂÂsogniÂÂ di ritorno imprenditoriale, manifestando cioè il protagonismo dei migranti stessi. Pertanto, le Autorità locali, sia di arrivo che di partenza, hanno importante e diretta responsabilità nel promuovere le trasformazioni delle strutture economiche, sociali e culturali per favorire lÂÂintegrazione dei migranti, per promuovere lÂÂaccesso alla cittadinanza, alla mobilità sociale e alla partecipazione politica. In tutto questo terribile e straordinario affresco, la sollecitudine pastorale della Chiesa universale si sta caratterizzando per alcuni elementi, cercando di uscire dalle strettoie riduttive della prima accoglienza di aiuto, ossia: 1) una maggiore attenzione ai bisogni primari delle persone migranti, compresa la tutela della dignità umana e dei diritti di tutti i migranti, anche se in situazione irregolare; 2) la ricerca del dialogo inter-religioso, reso urgente soprattutto dallÂÂafflusso di popolazioni di religioni diverse in zone di antica tradizione cristiana; 3) il recupero dellÂÂoriginaria dimensione missionaria della Chiesa, dove pure lÂÂattenzione ai migranti trova la sua giusta collocazione come missio ad migrantes e come missio migrantium, nel rispetto naturalmente della libertà; 4) la valorizzazione dellÂÂelemento ÂÂetnicoÂÂ nella e per la cattolicità, con insistenza sulla integrazione e rifiuto dellÂÂassimilazione; 5) il recupero del senso della Chiesa pellegrina nella storia con proiezione escatologica. È così brevemente tratteggiato il panorama mondiale del fenomeno migratorio, specialmente dal punto di vista pastorale, grazie ai Rapporti che ci sono giunti, riferiti fondamentalmente alle attività del 2006-2007. Essi sono pure la cartina di tornasole per verificare dove stiamo con la ricezione dellÂÂIstruzione ÂÂErga migrantes caritas ChristiÂÂ, che li prevede. Ringraziamo qui di cuore, pur avendolo già fatto singolarmente con gli estensori dei Rapporti, coloro che ce li hanno inviati, resoconto del loro lavoro apostolico circa la difficile, ma necessaria, pastorale specifica dei migranti, volontari o forzati. [1] I dati qui riportati sono desunti dalla ONU, World Population Monitoring. Focusing on International Migration and Development: Report of the Secretary-General (E/ CN.9/ 2006/ 3), New York 2006; International Organization for Migration, World Migration 2005. Costs and Benefits of International Migration, CD-Rom Documentation, Geneva 2005. [2] UNHCR, UNHCR Global Appeal 2008-2009, Geneva 2007. [3] Internal Displacement Monitoring Centre ÂÂ Norwegian Refugee Council, Internal Displacement, Global Overview of Trends and Development in 2007, Geneva April 2008.
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