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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 108, December 2008

 

 

NUOVE SCHIAVITÙ E SFRUTTAMENTO IN ARGENTINA* 

 

Cardinale Jorge María Bergoglio, S.I.

Arcivescovo di Buenos Aires

 

«Buenos Aires appare come una città fiorente. Qui vi è di tutto. Ma quanti sono i bambini sottomessi? Le donne sottomesse? Quanti i lavoratori clandestini? Quanti i postriboli? Quante cose odorano di schiavitù…». È questo un passo della vibrante omelia pronunciata dall’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge María Bergoglio, nella parrocchia Nuestra Señora Madre degli Immigrati, in occasione dell’anniversario della convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie.
La situazione descritta dal porporato circa le condizioni di grave sofferenza dei lavoratori, delle donne e dei piccoli apre prospettive inquietanti contrarie alla democrazia, alla civiltà, ma, al contempo, richiama a una reazione corale tutte le componenti politiche e sociali, in particolare la comunità cristiana, per ripristinare i criteri di giustizia e di equità.

«Dio ci dice:  “Guarda l’umiliazione del mio popolo”. Noi ci copriamo il volto dinanzi a Dio ma egli - sono parole del cardinale Bergoglio - chiede di aprire gli occhi di fronte a questa realtà. Perché Gesù ci dice che il giorno del giudizio ci giudicherà per quello che avremo fatto a quei piccoli, per quello che avremo fatto a un migrante sottoposto alla tratta del lavoro, alla tratta del cartone, alla tratta della prostituzione, a qualsiasi tipo di tratta umana. Se non avremo il coraggio di guardare Gesù, di vederlo in questi nostri fratelli schiavi, non entreremo nel Regno dei Cieli».

«Qui a Buenos Aires, in questa grande città ogni giorno più progredita, - ha sottolineato il porporato con riferimenti analogici alla storia di Mosè che guidò gli ebrei perseguitati dalla Mesopotamia all’Egitto - vi sono dei nostri fratelli migranti che lavorano venti o diciotto ore al giorno e che vengono pagati una miseria. A questi egiziani moderni - non ho nulla contro gli egiziani moderni, ma contro quelli che fanno la parte degli egiziani di allora - non importa che i bambini muoiano; pensiamo a quelli che sono morti a Caballito nel laboratorio clandestino in fiamme. Nessuno ha parlato, il fatto è stato dimenticato perché quei signori potenti sanno come ungere gli ingranaggi».
«Tuttavia, come è possibile che succedano ancora fatti simili?», si è chiesto il porporato. «Come Dio invita Mosè a guardare come maltrattano il suo popolo, così noi ci siamo riuniti qui per guardare. Ma non per farlo da un punto di vista puramente sociale, puramente politico, il che è lecito, ma per guardare dal punto di vista di Dio, della nostra preghiera e della nostra compassione cristiana. E per piangere con Dio, per piangere per quanti non hanno più lacrime».

Il Vangelo ci narra, ha proseguito il cardinale di Buenos Aires, la storia di quegli uomini che volevano portare un paralitico davanti a Gesù ma c’era troppa gente e non ci riuscivano. Allora levarono le tegole del tetto e lo fecero scendere da lì perché Gesù lo vedesse. Fecero tutto il possibile perché quell’uomo venisse guarito: «Oggi siamo qui perché molti di voi hanno sollevato il tetto e hanno posto qui alla presenza di Dio, alla presenza della comunità, tanti fratelli che non sono qui, che sono nei postriboli, che stanno trainando il carretto con i cartoni. Oggi ci viene chiesto di aprire il tetto della nostra società, il tetto della nostra coscienza, ci viene chiesto di deciderci a scendere da lì e mettere davanti a Cristo tutti i nostri fratelli».

«Forse - ha detto ancora il cardinale Bergoglio - il problema non si risolverà, né quest’anno né il prossimo, né fra dieci anni. Ma bisogna seminare per il futuro la libertà degli schiavi. Quella libertà che non abbiamo, che ci hanno fatto credere che avevamo dal 1813».

Quindi ha concluso l’omelia con una preghiera:  «Il Paese ospita commercianti di schiavi:  uomini e donne che vendono e comprano persone violando ogni loro dignità… Chiediamo a Dio di toccare il cuore di quegli uomini e donne che schiavizzano perché anche loro sono schiavi. Schiavi della cupidigia, della superbia, della presunzione, della malvagità. Ti prego anche per loro ma ti prego soprattutto per i nostri fratelli sottoposti a questa schiavitù. Guardando il rovo ardente che è Dio ci poniamo alla sua presenza e ascoltiamo quello che ha detto a Mosè:  “Ho visto l’umiliazione del mio popolo e ho ascoltato le sue grida quando lo maltrattavano”».


 

* cf. paolo brocato, L’Osservatore Romano 5 luglio 2008, p. 6.

 

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