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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 109, April 2009

 

porre fine all’emigrazione cristiana dal medio oriente* 

 

Un Articolo sull’Intervento di Mons. Vegliò all’incontro organizzato dalla Comunità di S. Egidio a Roma

L’emigrazione cristiana dal Medio Oriente è «la questione assolutamente più urgente da affrontare», mentre le iniziative di dialogo e di reciproca co­noscenza con i musulmani sono la via maestra per prevenire ogni tipo di vio­lenza e garantire una convivenza paci­fica che sia ampia e radicata. È quanto ha affermato l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò intervenendo, nei giorni scorsi, ad un colloquio promosso a Ro­ma sulla presenza cristiana nel mondo arabo-musulmano.

«Favorire la comunione tra popoli diversi, specie in un mondo che a volte sembra orientarsi verso un duro con­fronto ideologico e culturale» è oggi un obiettivo fondamentale, ha rilevato l’arcivescovo segretario della Congrega­zione per le Chiese Orientali. Infatti «la rapidità e l’alta tecnologia dei mez­zi di comunicazione e lo sviluppo della mobilità agevolano la diffusione delle idee e movimento delle persone, ma parimenti possono amplificare e mani­polare i malintesi e gli scontri».

II futuro della presenza delle Chiese orientali nelle rispettive patrie, ha detto l’arcivescovo Vegliò «deve essere motivo di preoccupazione per quanti, cristiani e musulmani dentro e fuori quei territori, avvertono l’inevitabilità di un incontro rispettoso con tutti, se vogliamo assicurare all’umanità un av­venire di pace e di solidarietà. Solo sul confronto interreligioso e interculturale, perseguito pacatamente, è possibile fondare la prospettiva dell’avvicina­mento tra i popoli per evitare ulteriori e forse più gravi sofferenze e guerre». Un futuro sereno per l’umanità può dunque venire solo se prevale «una si­cura visione multietnica, multireligiosa e multiculturale, ben cosciente di non dover cedere al relativismo che annulla i valori irrinunciabili di ciascuna etnia, religione e cultura, ma rispettosa delle peculiarità di ognuno e in spirito di ri­cercata convivenza». Per aprire la via a un incontro fecondo tra oriente e oc­cidente bisogna, dunque, far si che «la presenza delle diverse religioni e la sal­vaguardia della reale libertà religiosa per ciascuna, senza discriminazione di sorta», contribuiscano «allo sviluppo religioso, sociale, culturale e politico di tutti indistintamente».

L’arcivescovo Vegliò ha quindi fatto riferimento alla propria esperienza di nunzio apostolico in Libano, dove ha «direttamente sperimentato il valore e la forza spirituale delle Chiese a beneficio di tutti». La società libanese, in­fatti, si distingue dai Paesi mediorientali confinanti per la sua specificità soprattutto religiosa, tanto che Giovanni Paolo II riteneva che il Libano costi­tuisse «un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’oriente come per l’occidente». Monsignor Vegliò ha spiegato come «la singolare realtà religiosa libanese ha spinto anche l’at­tuale presidente della Repubblica all’ambizione di rendere la nazione un luogo privilegiato di dialogo tra le culture e le civilizzazioni a livello mondia­le, come ha dichiarato all’assemblea generale delle Nazioni Unite nel no­vembre scorso».

Oggi il valore della presenza cristia­na nei Paesi a prevalenza musulmana si manifesta - secondo l’arcivescovo - non solo nella dimensione religiosa, ma anche in quella sociale, culturale e politica: «La vita dei cristiani costituisce ovunque una testimonianza dei principi evangelici che si sono rivelati capaci di dare solidità alle società, av­viandole sulla strada sicura della salvaguardia dei diritti e della dignità dell’uomo». L’efficacia e la fecondità cul­turale delle scuole cristiane, come an­che delle innumerevoli istituzioni edu­cative ad ogni livello, «continuano ad affermarsi e a mostrarsi come un bene innegabile e indispensabile a tutto il Medio Oriente. L’educazione rimane, infatti, anche oggi il laboratorio decisivo per l’avvenire del Medio Oriente».

Per monsignor Vegliò «la presenza delle comunità cristiane, come elemen­to attivo nella vita della società, non può che influire sul sistema democratico e sul concetto del bene comune, contribuendo all'elaborazione di valori fondamentali, comunemente riconosciuti, sui quali possano trovare .fondamento le carte costituzionali. Le Chiese, grazie a una esperienza storica bi­millenaria, nonché per l’acquisizione di alcune componenti tipiche della cultura occidentale, mai disgiunte dal radi­camento nella più autentica mentalità orientale, non esclusa quella araba e musulmana, favoriscono. un intimo in­treccio fra il patrimonio occidentale cristiano e quello orientale, ma anche un incontro proficuo col patrimonio musulmano. Questo, intreccio non cancella le identità in una indistinta uniformità, ma valorizza ed esalta l’originalità propria di ciascuna tradizione, anche se incontra, purtroppo, ostacoli numerosi e di portata non indifferente».

Tra questi ostacoli monsignor Vegliò ha indicato «la limitazione per non dire l’esclusione delle libertà fondamenta­li in alcuni Paesi»; il fenomeno e l’incremento della nascita di movimenti fondamentalisti, contrassegnati dal fa­natismo radicale: anche se non esprimono l'opinione comune della massa dei musulmani, le loro posizioni, spesso di stampo criminale, finiscono per mettere in forse ogni possibilità di convivenza pacifica. E poi c'è la questione dell’esclusione, della riduzione o dell’emarginazione dei diritti politici delle minoranze cristiane. «Questi allarman­ti fenomeni – ha denunciato l’arcive­scovo tengono aperta la grande piaga dell'emigrazione cristiana dal Medio Oriente. Servono una urgente e sommamente incisiva riflessione e azio­ne internazionale delle Chiese e delle istituzioni civili di ogni tipo perchè l’umanità non sia privata di una pre Casella di testo: senza che risale alle origini del cristia­nesimo».

 


* L’Osservatore Romano, 1° marzo 2009.

 

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