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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 109, April 2009

 

Saluto per il Convegno Nazionale DELL’Apostolato del Mare IN ITALIA*

 

 

Arcivescovo Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

Desidero rivolgere d’inizio a tutti voi, oltre al mio, il saluto deferente e cordiale di Sua Eccellenza Mons. Antonio Maria Vegliò, nuovo Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, assicurando il continuo sostegno e incoraggiamento del nostro Dicastero per tutte le attività di assistenza a marittimi, pescatori e loro famiglie. È un settore, con altri otto, della pastorale specifica della mobilità umana …

Il “Rapporto di ricerca universitaria su 60 porti Italiani”,  unica nel suo genere, in cui sono analizzati i dati di circa 5 milioni di marittimi che annualmente “toccano” le coste italiane, è il risultato della cooperazione tra Apostolato del Mare nazionale, Università e Autorità Portuali. La presentazione di questo sondaggio avviene all’interno del Convegno Nazionale dell’Apostolato del Mare d’Italia che si sta svolgendo in questi giorni qui a Genova e ha come tema: “…testimoni della Fede nel mondo marittimo...” .

Esso è un invito anche ad ampliare il nostro concetto e la concreta realizzazione della vita cristiana e della Chiesa. L’Apostolato del Mare non può, cioè, limitarsi a provvedere ai bisogni essenziali dei marittimi quali sono le carte telefoniche, il trasporto, la celebrazione della Santa Messa a bordo o nei centri “Stella Maris”, l’ascolto dei problemi dei marittimi e la protezione dei loro diritti umani e come lavoratori, ma dovrebbe anche aiutarli a sentirsi veramente Chiesa, se cristiani. Anzi, essi sono Chiesa viva che si imbarca sulle navi – essa, che è pure navicella in procelloso mare – e come tali, hanno il compito di dare testimonianza “della Buona Notizia di Gesù Cristo, tenendo presente che ogni testimonianza deve essere altruistica e disinteressata” (cfr. Manuale per Cappellani e Operatori Pastorali dell’AM, Parte I, pubblicato in “People on the Move”, n. 106, Suppl.-II).

Anzi, recentemente, il Santo Padre attestava che bisogna riaccendere in tutti il senso di Dio: “Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”. (Benedetto XVI,  Ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 Vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre, 10 Marzo 2009).

La cooperazione tra cappellani e volontari delle Chiese locali in terra ferma  con i marittimi cristiani di ogni provenienza geografica a bordo delle navi è dunque indispensabile per realizzare una presenza sollecita e concreta della Chiesa nel mondo marittimo, e la collaborazione ecumenica è una sua componente ormai.

I 60 porti italiani analizzati nella presente ricerca ci hanno offerto uno spaccato – come si dice – di circa cinque milioni di marittimi, “uomini invisibili” quasi, che solcano i mari e gli oceani e navigano da un porto all’altro fermandosi solo il tempo necessario (molto poco, bisogna dirlo) per scaricare e caricare le merci. Essi contribuiscono in maniera preponderante – va ricordato – allo sviluppo economico e sociale nel mondo. Anche se si è espressa una certa soddisfazione riguardo ai porti italiani, non dobbiamo dimenticare che i marittimi hanno anche evidenziato la mancanza di trasporti all’interno dei porti e le difficoltà di lingua pure nell’acquistare cose essenziali (intendo, per esempio, le medicine). Si sono riferiti alle limitazioni imposte dalle nuove regole della “Security” che non lasciano scendere a terra, né autorizzano i cappellani e i volontari dei centri Stella Maris a salire a bordo. Hanno riferito altresì discriminazioni nel rilasciare i permessi di uscita dal porto, senza dimenticare, poi, i problemi gravi delle navi “abbandonate”.

Sui dati raccolti in occasione di questa ricerca è importante che l’Apostolato del Mare e tutti gli altri fattori che esprimono porto e società facciano una profonda riflessione per conoscere meglio i bisogni dei marittimi e rispondervi non solo creando strutture più “personalizzate” ma anche intensificando lo sforzo di formazione di volontari e ufficiali. Essi debbono essere linguisticamente, culturalmente e religiosamente preparati ad accogliere, con cuore aperto, i sempre più numerosi equipaggi internazionali. “Competenza professionale e buona organizzazione sono di primaria importanza, ma da soli non sono sufficienti. Nel nostro apostolato, ci occupiamo di persone umane, e le persone umane richiedono sempre qualcosa di più dell’attenzione tecnica. Hanno bisogno di umanità e compassione” (Vedi Manuale AM, Parte I).

Per il nostro Apostolato del Mare l’equipaggio di ogni nave che entra in porto rappresenta “un carico umano” importantissimo, che può essere anche di fratelli e sorelle nella fede, di cui dobbiamo prenderci cura guidati dal principio evangelico dell’Amore. Accogliendo lo straniero infatti, accogliamo Cristo stesso (Mt 25, 35).

Il presente lavoro di mappatura dei porti italiani, pur importante, rappresenta però solo una parziale visione di quanto avviene in altri porti mondiali. L’Apostolato del Mare, nella sua dimensione universale, con la sua rete di accoglienza messa in atto in centinaia di porti, si trova, in tale prospettiva, in posizione privilegiata per creare un “network” internazionale in cui i marittimi siano seguiti e accompagnati direi quasi in ogni momento del loro faticoso peregrinare, senza troppo essere abbandonati a se stessi. Nel sommario della ricerca condotta nel 2007 dal professor Erol Kahveci, e sponsorizzata dall’ITF: “Servizi Welfare per marittimi nei porti”, così leggiamo: “Il 72% dei marittimi ha riportato di non aver incontrato nessun “welfare worker” sulla nave per la durata del suo contratto. Solo il 6% ha detto di averlo trovato durante la settimana precedente; il 13% ne hanno incontrato uno durante il mese precedente e il 9% più di un mese prima”.

I 26 Centri Stella Maris in Italia hanno raggiunto il 5% circa dei 5 milioni  di marittimi interessati dalla ricerca qui presentata. Mentre questo risultato, da una parte, appare ammirevole, se consideriamo l’esiguo numero di cappellani e volontari, a cui va tutto il nostro plauso e la nostra gratitudine, dall’altra lancia una grande sfida anche alle parrocchie affinché estendano i confini della loro sollecitudine al di là del cancello del porto. L’accoglienza, infatti, non può cominciare solo sulla porta della chiesa. I marittimi cioè si devono sentire veramente a casa loro – questo è l’ideale – in qualunque porto d’Italia o del mondo essi si trovino.

La nostra gratitudine va finalmente a tutte le persone che hanno collaborato a questo studio ma soprattutto ai marittimi, principali oggetto-soggetto di questo ricerca, che, con i loro sacrifici, contribuiscono a rendere più facile la vita di tutti, senza che noi ne siamo coscienti.

Lo sforzo maggiore, naturalmente, non è necessariamente quello di raccogliere e interpretare i dati di un sondaggio, ma di incominciare a dare risposte appropriate alle richieste dei marittimi.

Buon lavoro, dunque, per il quale va altresì la nostra preghiera.


 

* Genova 1-4  aprile 2009. 

 

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