The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 110 (Suppl.), August 2009

 

 

 

S.E. Mons. Domenico Sigalini

Assistente Ecclesiastico Generale

dell'Azione Cattolica Italiana

 

Come tutto il mondo giovanile, a maggior ragione quello degli zingari, non lo si può pensare come una unica realtà omogenea e dai tratti generalizzabili, sia per le diverse componenti che caratterizzano il popolo zingaro, sia per le situazioni diversificate della stessa vita dei giovani.

Qui vogliamo solo aprire una finestra su questo mondo interessante cogliendo alcune costanti e cercando di affinare la nostra conoscenza nei loro confronti per farci provocare a una amicizia e un interesse evangelico.

Vorrei partire descrivendo con immagini forse banali, ma sufficientemente chiare i giovani gagi e vedere convergenze e differenze.

  • Essere giovani è avere unÂ’età che ti permette di essere al massimo della salute, al massimo della voglia di vivere, al massimo dei sogni.
  • Essere giovani è sentirsi liberi da ricordi, è alzarti una mattina deciso a conquistare il mondo e il giorno dopo stare a letto fino a quando vuoi, perché tanto cÂ’è qualcuno che farà per te.
  • Essere giovani è sapere di stare a cuore a qualcuno, magari anche solo papà e mamma, che ti rimproverano continuamente, ma che alla fine ti lasciano fare quel che vuoi e di fronte agli altri ti difendono sempre.
  • Essere giovani è sballare e sapere di avere energie per uscirne sempre, anche se un poÂ’ acciaccati.
  • Essere giovani è sbagliare e far pagare agli altri.
  • Essere giovani è trovare pronti i calzini, le camicie ben stirate e i jeans lavati e profumati.
  • Essere giovani è parlare con i vestiti, perchè ti mancano parole per dire chi sei.
  • Essere giovani è passare per fuori di testa e accorgerti che gli adulti spesso sono più fuori di te.
  • Essere giovani è portare i pantaloni bassi e vedere tua madre che ti imita e fa pietà.
  • Essere giovani è sognare che oggi ci divertiremo al massimo, anche se qualche volta quando torni e chiudi la porta dietro le spalle ti sale una noia insopportabile.
  • Essere giovani è trovare sempre in piazza qualcuno con cui stare a tirare sera sparando idiozie, senza problemi.
  • Essere giovani è sgommare e sorpassare sperando che ti vada sempre bene.
  • Essere giovani è avere il cuore a mille perché ti ha guardato negli occhi e ti senti desiderata.
  • Essere giovani è avere un bel corpo, anche se qualche volta non hai il coraggio di guardarti allo specchio e stai con il fiato sospeso a sentire come ti dipingono gli altri.
  • Essere giovani è il desiderio di vita piena che il giovane ricco ha espresso a Gesù e la sua debolezza nel non riuscire a distaccarsi da sé.
  • Essere giovani è sentirsi fatti per cose grandi e trovarsi a fare una vita da polli.
  • Essere giovani è sentirsi precari: oggi qui, domani là, un poÂ’ soddisfatto e subito dopo scaricato.
  • Essere giovani è aprire la mente, incuriosirsi delle cose belle del mondo, della scienza, della poesia, della bellezza.
  • Essere giovani è affrontare la vita giocando, sicuri che cÂ’è sempre una qualche rete di protezione.
  • Essere giovani è sentirsi addosso un corpo di cui si vuol fare quel che si vuole, perchè è tuo e nessuno deve dirti niente.
  • Essere giovani è sentirsi  dalla parte fortunata della vita, e avere un papà che tutte le volte che ti vede, gli ricordi che lui non è mai stato così spensierato, si commuove e stacca un assegno, allora non cÂ’è più bisogno di niente e di nessuno.
  • Essere giovani è sentire che nel pieno dello star bene ti assale una voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo.
  • Essere giovani è sentirsi  dentro un desiderio di altro a cui non riesci a dare un volto, anche il ragazzo più bello che sognavi, ti comincia a deludere e la ragazza del cuore ti accorgi che ti sta usando.
  • Essere giovani è alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro, cÂ’è qualcuno che lassù  mi ama? Che futuro ho davanti?
  • Essere giovani è capire che divertirmi oggi per raccontare domani agli amici non mi basta più. È avere una sete che non ti passa con la birra;  aver rotto tutti i tabù di ogni tipo di spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

La consapevolezza di essere privilegiati nella vita è evidente. Rasenta quasi uno stato di superiorità nei confronti delle generazioni più adulte, anche giovanili. È una sorta di diritto acquisito e non messo mai in discussione. Nessuno mi deve dire niente. La vita è mia.

I giovani hanno consapevolezza di essere serviti e sono soddisfatti di godere di questo stato di gratuità, senza tante domande, verso la convinzione di avere una sorta di diritto.

La vita è bella e non è vero che sei solo, qualcuno ti protegge sempre. I genitori basta toccarli sul loro orgoglio e sul confronto con gli altri che te li conquisti a tutte le tue cause o paranoie.

Nel mondo degli zingari questo è ancora più vero per la grande cura e attenzione che i genitori hanno verso i loro figli, spesso visti come principi della loro casa. È da sottolineare però la grande sofferenza e le ferite che i ragazzi e i giovani zingari si portano dentro quando vedono i loro genitori maltrattati, disprezzati, evitati, fatti oggetto di campagne denigratorie, funzionali, ideologiche.

La consapevolezza che da questo modo di vivere si deve ogni tanto uscire, sballare, perché così come è la vita non è soddisfacente, è esperienza normale. Ma lo sballo ti porta una serie di conseguenze negative: le lagne dei genitori, restare intronati per molto tempo, perdere qualità espressive, ritorno deludente alla normalità Â… ma ne valeva la pena! Sacrifico la tranquillità a un buco da cui vedere un altro orizzonte, anche se è falso.

Nel mondo degli zingari il trascinamento nelle irregolarità, nello sballo è ancora più forte, perché molti giovani zingari lavorano nei luna park e  incontrano giovani gagi solo negli spazi notturni e nella notte non ci sono sempre i gagi più castigati. Anzi sappiamo che gli operatori pastorali che curano gli zingari riescono a intercettare meglio i giovani più lontani dalle comunità parrocchiali, o da proposte educative in genere, proprio anche per questo.

Alta è la necessità di stare in compagnia, che ancora non è amicizia, ma è dire, parlare, sparare idiozie, sentirsi, vedersi, oltre ogni  momento virtuale che pure aiuta in questa direzione. Contenti di stare gratis a viversi. Con tutti gli strumenti che condiscono lo stare assieme, la sigaretta, lo spinello, il cellulare con qualche foto non troppo castigata, le sonerie e la raccolta di mpeg o lÂ’ipod.

Per gli zingari lÂ’appartenenza al clan dei genitori, parenti, cugini è molto forte. Il sentirsi minoranza li cementa ancora di più tra di loro in una solidarietà che non ammette defezioni. Ne risulterebbe disprezzo, esclusione. Hanno un forte spirito di corpo e lÂ’emancipazione dal clan, perché si riesce a prendere una laurea o un mestiere dipendente fisso, spesso è letta come una fuga dal proprio mondo.

Del resto il sospetto nei confronti della realtà è molto più alto perché dal loro punto di vista devono sempre stare in guardia e vivere di opportunità e mai di progetti. Questo aguzza lÂ’intelligenza e permette una lettura della storia più saggia, meno impulsiva e ideologica, dÂ’altra parte però si rischia solo lo sfruttamento delle occasioni e mai di un lavoro culturale più profondo. Anche gli zingari devono approfondire le loro radici culturali perché in esse troveranno sostegno alla vita dura che pagano per vivere i loro ideali di libertà, di nomadismo, di rapporto con la natura, di indipendenzaÂ…

Le domande di senso hanno sempre un sopravvento indiscusso. Non cÂ’è un ragazzo che non se le senta addosso e che faccia fatica ad ammettere di essere sempre al punto di partenza. Hanno domande a cui nessuno aiuta a rispondere.

La religiosità dei sinti e dei rom è molto legata alla vita della famiglia, si nutre di tradizioni orali, di atteggiamenti che vengono dal modo di guardare allÂ’esistenza dei nonni, del clan. La presenza dei preti o degli operatori pastorali tra loro è apprezzata anche perché hanno un comportamento nei loro confronti che non cambia con i governi, ma è fedele e in continuità con un  vangelo, che non cambia a ogni spirar di vento.

Occorre riempire la vita: questo lo fa la scuola, come riempitivo; e qui però rischi di essere frustrato e umiliato; lo fa lo sport; per molti, lo fa lo spaccetto di droga per garantirsene il fabbisogno senza dipendere da nessuno, ma creando dipendenti sicuri e piccole disponibilità per muoversi.

Dove non cÂ’è né scuola né lavoro, come nella maggioranza dei casi del popolo rom o sinti, il modo di riempire il tempo è sempre piuttosto illegale, né più né meno dei giovani gagi.

È in atto un forte anticipo dei tempi di indipendenza o, meglio, di solitudine nellÂ’affrontare la vita; già nellÂ’età della preadolescenza sei lasciato solo con un bagaglio di informazioni che non vengono interiorizzate e valutate sotto un aspetto etico, cÂ’è consumo di esperienze senza guida. Ognuno si deve fare un giudizio da solo, senza riferimenti e senza poter inquadrare le informazioni in una sequenza vitale di rapporti e di confronti.

Oggi i giovani hanno molta disponibilità ad ascoltare la verità, un rifiuto assoluto di qualsiasi imposizione ideologica, sono sempre in attesa di qualche novità, godono di grande libertà di movimento, che spesso usano come fuga dalla realtàÂ… 

Anche tra gli zingari non sono solo più i genitori o il clan che fornisce informazioni, ma i mass media più facili e quindi non cÂ’è più quella dipendenza assoluta dai genitori

La preadolescenza forse non cÂ’è, lÂ’adolescenza si contrae, perché devono assumersi responsabilità e hanno affidate dai genitori delle responsabilità molto presto. Si devono trovare da vivere molto prima che i gagi. 

Le difficoltà di un ascolto tra adulti e giovani

Anche tra gli zingari si va allargando lo stacco tra le generazioni con i soliti luoghi comuni

La convinzione che:  ai miei tempi Â…

Esiste un modo di parlare dei giovani da parte degli adulti che affossa ogni capacità di dialogo e di mutua considerazione positiva. La famosa frase “ai miei tempi” nasconde un modello di approccio alla realtà giovanile che affonda le sue ragioni nel vissuto umano e nellÂ’adattamento alla sfiducia. Infatti ecco alcune testimonianze del passato:

  • Nemmeno i tempi sono più quelli di una volta. I figli non seguono più i genitori! (da un papiro egizio di 5000 anni fa)
  • Questa gioventù è guasta fino al midollo; è cattiva, irreligiosa e pigra. Non sarà mai come la gioventù di una volta. Non riuscirà a conservare la nostra cultura. (da un frammento di argilla babilonese di 3000 anni fa)
  • Non nutro più alcuna speranza per il futuro del nostro popolo, se deve dipendere dalla gioventù superficiale di oggi, perché questa gioventù è senza dubbio insopportabile, irriguardosa e saputa. Quando ero ancora giovane mi sono state insegnate le buone maniere e il rispetto per i genitori: la gioventù dÂ’oggi invece vuole sempre dire la sua ed è sfacciata. (Esiodo, 700 avanti Cristo)
  • Il mondo sta attraversando un periodo tormentato. La gioventù di oggi non pensa più a niente, pensa solo a se stessa, non ha più rispetto per i genitori e per i vecchi; i giovani sono intolleranti di ogni freno, parlano come se sapessero tutto. Le ragazze poi sono vuote, stupide e sciocche, immodeste e senza dignità nel parlare, nel vestire e nel vivere. (Pierre LÂ’Eremite, predicando la prima crociata nel 1095)

Un altro capitolo importante è il fidanzamento e il matrimonio che in molti casi è ancora legato al rito della fuga. Comunque i sinti e i rom si sposano mediamente prima dei gagi. 

La comunità cristiana accoglie i giovani zingari costruendo ponti

Le domande che ci facciamo per tutti i giovani sono spesso le seguenti.

Come si fa oggi a educare i giovani alla fede se lÂ’unica proposta che una comunità cristiana fa è la messa festiva, magari in orari antelucani, sapendo che i giovani amano la notte e rincasano la mattina? Come si fa a educare i giovani alla fede se lÂ’unica proposta che si fa è quella della catechesi, di un cammino di fede strutturato per persone che credono, mentre i giovani dopo la Cresima ribaltano tutto e fuggono dalla parrocchia e spesso dalla vita di fede? Come si fa a pensare che i giovani di oggi abbiano bisogno solo di trasmissione e non anche di accoglienza, ascolto, condivisione della loro vita, delle loro domande, della loro voglia di amare e della paura di essere abbandonati? Come si fa a pensare che i giovani riescano a sentire la liturgia come dono grande di Dio allÂ’umanità se non vi si immergono con tutta la loro vita, le loro ansie e paure, i loro slanci vitali e la loro creatività? Come si fa a pensare che i giovani non abbiano niente da donare a questa nostra umanità e alla chiesa? Come facciamo a vivere senza di loro?

Potremmo continuare a farci domande e a vedere che lÂ’allontanamento dei giovani dalla vita cristiana è anche causato dallÂ’inerzia delle comunità cristiane, da incapacità di leggere la loro profonda sete di Dio e dalla noncuranza nei loro confronti del mondo adulto. Senza accorgerci ci stiamo abituando a vivere senza di loro, senza i doni assolutamente necessari per la nostra vita cristiana che Dio ha messo nella loro vita per tutti. Occorre una scelta decisa dal punto di vista educativo. Occorre un ponte tra la strada e la chiesa, occorre un luogo, un tessuto di relazioni, uno spazio in cui si supera la povertà della strada, la solitudine dellÂ’essere abbandonati a se stessi e a tutti i predoni che si fumano la vita dei giovani e che nello stesso tempo si distacca dallÂ’essere un prolungamento della sacrestia, un dare per scontato ogni domanda di vita, o  ritenere i giovani bocche da imbuto, oggetti di folklore o di indottrinamento.

Tutto questo assume urgenze ancora più vere se si pensa ai giovani zingari dove il ponte è tra una minoranza non gradita e la comunità cristiana che sta sempre in difesa, tra una cultura che tende a chiudersi e unÂ’altra che tende a fagocitare, tra una scuola globalmente in crisi e una necessità assoluta di dare voce a una cultura di minoranza, tra una illegalità giovanile di tutti e lÂ’esasperazione dellÂ’illegalità di qualcuno.

I giovani hanno diritto e bisogno di avere alcuni ponti che li aiutano a dare risposte piene alle loro domande e canali praticabili per le loro risorse. Le nostre comunità parrocchiali, unità pastorali, pastorali specializzate possono essere questi ponti.

 

 

top