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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 111, December 2009

 

Documento Finale 

 

I.  L’evento 

1. Il VI Congresso Mondiale di Pastorale per i Migranti e Rifugiati si è svolto, dal 9 al 12 Novembre 2009, nell’Aula Magna del Vaticano in Via della Conciliazione, n. 5, Roma. Ne era tema “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione. A cinque anni dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi”.

2. Vi hanno partecipato 320 delegati provenienti da tutti i Continenti, tra cui Cardinali, un Patriarca della Chiesa Cattolica Orientale, Arcivescovi, Vescovi, sacerdoti, rappresentanti di congregazioni religiose maschili e femminili, operatori pastorali, rappresentanti di movimenti ecclesiali e associazioni laicali, delegati fraterni del Patriarcato Ecumenico, della Comunione Anglicana, della Federazione Luterana Mondiale e del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Erano presenti, inoltre, Ambasciatori e rappresentanti delle missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede, membri di organizzazioni internazionali e non governative, esperti in ambiti accademici e rappresentanti di organizzazioni direttamente o indirettamente impegnate con i migranti e i rifugiati.

3. Il Congresso si è aperto lunedì 9 Novembre 2009 con una Concelebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta da Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.

4. La Sessione inaugurale è iniziata con il canto del ‘Veni Creator’, seguito dal discorso di apertura dell’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (PCPMI), il quale ha affermato che la globalizzazione ha portato benefici ma ha anche aumentato la necessità, per molte persone, di emigrare. Ciò pone una sfida alla società contemporanea a causa dell’interconnessione dei molteplici fattori che caratterizzano la migrazione. Per il prossimo futuro, saranno necessari nuovi strumenti e strategie per far fronte ai bisogni e alle situazioni legati al fenomeno migratorio, che conosce un’evoluzione e una crescita continua.  

5. Sono seguite allocuzioni speciali da parte di autorità e ospiti d’onore: del Dott. Renato Giuseppe Schifani, Presidente del Senato della Repubblica Italiana, del Dott. William Lacy Swing, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), del Dott. Laurens Jolles, Rappresentante Regionale in Italia e Delegato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e del Rev. P. Pierre Martinot-Lagarde, SJ, Consigliere Speciale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro per gli Affari Socio-Religiosi e le Cooperazioni Speciali e Delegato del Direttore Generale dell’OIL. I loro interventi hanno messo in rilievo, tra le altre cose, l’importanza che la Chiesa collabori con gli Stati, come pure con le organizzazioni internazionali e nazionali, nello sforzo di proteggere i diritti di migranti, rifugiati, richiedenti asilo e sfollati, per gestire il fenomeno in maniera responsabile, al fine di mitigare i gravi effetti dell’attuale crisi economica sui lavoratori migranti.

6. Uno dei punti culminanti del Congresso è stata l’Udienza con il Santo Padre Benedetto XVI nel Palazzo Apostolico, a mezzogiorno. Il Pontefice ha richiamato l’immagine dell’antico popolo biblico che, fuggendo dalla schiavitù in Egitto con il sogno della terra promessa nel cuore, attraversò il Mar Rosso e, invece di raggiungere immediatamente la meta desiderata, dovette affrontare la durezza del deserto. La migrazione, egli ha detto, è un’opportunità per dare risalto all’unità della famiglia umana e per questo la Chiesa invita i fedeli ad aprire i cuori ai migranti e alle loro famiglie ben sapendo che essi non sono semplicemente un ‘problema’, ma rappresentano una ‘risorsa’ che deve essere giustamente apprezzata per un progresso e uno sviluppo autentici dell’umanità.

7. La sessione pomeridiana è stata aperta dalla prima presentazione culturale, offerta dal gruppo latinoamericano, che rappresentava i continenti americano ed europeo.

Quindi l’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del PCPMI, ha presentato la sua conferenza che porta il titolo del Congresso “Una risposta pastorale al fenomeno della migrazione nell’era della globalizzazione. A cinque anni dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi”. Egli ha osservato che l’Istruzione è stata “ricevuta”, teologicamente parlando, da Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica sociale Caritas in veritate. Nel corso del suo intervento, l’Arcivescovo Marchetto ha messo in risalto affermazioni contenute in questa enciclica in relazione ai temi riguardanti la globalizzazione e la migrazione.

8. “Globalizzazione e Migrazioni” era il titolo della seconda conferenza del primo giorno, tenuta dal Prof. Stefano Zamagni, del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna. Egli ha preso in considerazione le caratteristiche distintive della questione migratoria nell’era della globalizzazione, dando attenzione, in particolare, alle seguenti tre: la femminizzazione della migrazione che causa un inequivocabile care drain, in aggiunta al ben noto fenomeno del brain drain, la perdita di significato della tradizionale distinzione tra Paesi d’origine, transito e destino, al punto che oggi si parla di migrazioni circolari, e infine il paradosso dell’Africa. Egli ha anche criticato la proposta di basare le politiche migratorie sul “Principio di integrazione economica selettivamente differita” e ha sostenuto la possibilità di creare un’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, come suggerito implicitamente nella recente enciclica Caritas in veritate.

9. Una Tavola rotonda sul tema “Una risposta pastorale al fenomeno dell’urbanizzazione e delle migrazioni interne” ha sviluppato ulteriormente l’argomento attraverso presentazioni basate sulle esperienze di tre continenti. Per l’Africa, S.E. il Cardinale John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya), ha parlato del caso del Kenya ove i rifugiati continuano ad affluire nel Paese in seguito alla ‘escalation’ del conflitto in Somalia. Per l’Asia, S.E. il Cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, Arcivescovo di Thàn-Phô Hô Chí Minh, Hôchiminhville (Vietnam), ha descritto la situazione della migrazione nel suo Paese, che è cambiato a seguito di una nuova politica di ‘porte aperte’. S.E. il Cardinale Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile), ha parlato del continente latinoamericano che, in questi ultimi anni, ha conosciuto una rapida crescita dell’urbanizzazione.

10. La sessione mattutina di martedì 10 Novembre 2009 è stata presieduta da S.E. il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il quale ha introdotto i lavori della giornata con una breve riflessione sul modo in cui il fenomeno migratorio colpisce le Chiese Cattoliche Orientali.

11. Ha fatto seguito la terza conferenza dal titolo “Una pastorale specifica per i giovani e gli adolescenti migranti e rifugiati”, tenuta dal Rev. P. Gabriele Parolin, Superiore Regionale dei Missionari Scalabriniani per l’Europa e l’Africa. Egli ha affermato che i giovani migranti non sono diversi dagli altri giovani della loro età. Nel costruire il loro futuro, essi hanno bisogno di imparare ad accettare la diversità e a trovare un ruolo nella società. È necessario, perciò, ripensare la pastorale dei giovani, a livello diocesano e nazionale, affinché prenda in considerazione la diversità in una realtà multiculturale.

12. “La cooperazione tra Chiesa d’origine e Chiesa d’accoglienza nella cura pastorale dei migranti e dei rifugiati” è stato il tema scelto per la Tavola Rotonda seguita a questo intervento. La prima presentazione a questo riguardo è stata quella di S.E. Mons. Paul Ruzoka, Arcivescovo di Tabora (Tanzania), che ha affrontato il tema a partire dalla sua esperienza in Tanzania occidentale, ove ha esercitato il suo ministero pastorale per venti anni. S.E. Mons. Renato Ascencio León, Vescovo di Ciudad Juárez (Messico), ha parlato dello slancio impresso dall’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in America” (1999), che ha anche incoraggiato le Conferenze Episcopali e i Vescovi di frontiera di Stati Uniti e Messico a continuare il dialogo che è stato sempre presente nel loro ministero di accoglienza e servizio nei riguardi dei migranti. Infine, il Rev. Mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa (Strasburgo), già Segretario Generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ha affermato che, nel decennio trascorso, i Vescovi di Africa ed Europa hanno avuto un’esperienza di comunione e solidarietà mirata a questioni legate alla migrazione.

13. La seconda presentazione culturale, offerta da migranti africani, ha aperto la sessione pomeridiana.

È seguita, quindi, la quarta conferenza dal titolo “Approccio pastorale per una più stabile integrazione dei migranti e dei rifugiati nel contesto del dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale”, ad opera di S.E. Mons. Josef Voss, Presidente della Commissione Episcopale per i Migranti, Germania. Egli ha affermato che la Chiesa si considera promotrice di una politica d’integrazione che non serva unicamente gli interessi della società di accoglienza, ma anche i bisogni dei migranti e dei rifugiati. Per sua natura, la Chiesa è una comunità di credenti di tutte le lingue, razze e popoli, e pertanto è essa stessa luogo di integrazione. Lavorare nel contesto delle migrazioni e di movimento di persone vuol dire avere a che fare con persone di fede cristiana e con altre di religioni e culture diverse. La prospettiva ecumenica aiuta a tener conto seriamente di ogni cultura in cui sia espressa la vita di fede, affinché i migranti possano viverla nella propria cultura e tradizione.

14. La risposta cristiana è stata amplificata dagli interventi dei delegati fraterni. Il rappresentante del Patriarcato Ecumenico, Sua Eminenza il Metropolita Stephanos di Tallinn e di tutta l’Estonia, ha ricordato che la parabola del giudizio finale nel Vangelo di Matteo insiste sul fatto che il criterio per entrare nel Regno sarà l’atteggiamento che avremo avuto verso i poveri e gli stranieri. Le Chiese, pertanto, devono mobilitarsi tra di loro e adottare atteggiamenti e comportamenti che siano coerenti con i precetti del Vangelo.

15. A nome della Comunione Anglicana, il Canonico Rev. Nicholas Sagovsky ha affermato che è  in primo luogo la Chiesa locale ad accogliere i migranti e i rifugiati che arrivano nella comunità. Recentemente, quest’anno, è stata presa la decisione di immettere nuova vita nella rete anglicana per i rifugiati e i migranti, che sta preparando attualmente una consultazione internazionale ove saranno presenti rappresentanti di tutta la Comunione Anglicana, assieme ad invitati ecumenici e ad altri colleghi.

16. La Sig.ra Franca Di Lecce, Direttrice del Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che rappresentava la Federazione Luterana Mondiale, ha affermato che il tema delle migrazioni occupa attualmente il posto principale nelle riflessioni delle Chiese protestanti, con la dignità della persona umana e la centralità dei diritti umani al cuore del dibattito. Le attuali politiche migratorie non hanno fatto altro che aumentare l’irregolarità, il traffico di esseri umani, l’emarginazione, le tensioni sociali, la diffidenza e il razzismo.  

17. La Sig.ra Carla Khijoyan, responsabile del Programma Esecutivo Migrazioni e Giustizia Sociale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ha parlato della migrazione come una delle conseguenze inevitabili della globalizzazione, che ha un impatto considerevole sulla Chiesa e sul movimento ecumenico locale. Recentemente il Consiglio Ecumenico delle Chiese si è basato sul mandato biblico di ‘accogliere lo straniero’ per sfidare le Chiese a intraprendere una più vasta azione in favore dei migranti. L’istituzione, da parte di tale Consiglio, di una rete ecumenica globale sulle migrazioni ha riunito partner a livello mondiale.

18. La mattina di mercoledì 11 Novembre 2009 è iniziata con la quinta conferenza, tenuta dalla Signora Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio (Italia), dal titolo “Urgenza e sfide della cooperazione ecumenica e interreligiosa nell’attuale situazione dei migranti e dei rifugiati (l’esperienza dei movimenti ecclesiali)”. Ella ha affermato che il dialogo e la cooperazione tra le Chiese e le religioni sono diventati una necessità per milioni di persone che vivono e credono in maniera diversa, gli uni accanto agli altri. I movimenti ecclesiali hanno altresì contribuito allo sforzo di costruire un ambito cristiano in cui le relazioni siano aperte al dialogo e all’incontro degli altri.

19. “La cooperazione tra istituzioni ecclesiali e civili per una vita migliore dei migranti e dei rifugiati” è stato il tema della sesta conferenza, ad opera del Dott. John Klink, Presidente della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni (CICM). Il rapporto della Chiesa con la società civile e le sue istituzioni è stato recentemente caratterizzato da una condivisione di responsabilità. Per la Chiesa, uno dei mezzi più efficaci per proseguire e intensificare la sua cooperazione con le istituzioni civili a favore dei migranti e dei rifugiati è il sostegno della Santa Sede alla creazione e al rafforzamento di queste istituzioni civili, comprese le Nazioni Unite. Il contributo apportato negli ultimi anni dalla Santa Sede alle Nazioni Unite, e l’importante ruolo della CICM nella difesa della migrazione globale ben illustrano gli ambiti in cui la Chiesa può effettuare, ed effettua realmente, cambiamenti positivi in favore dei rifugiati e dei migranti.

20. La sessione pomeridiana è stata aperta dalla terza presentazione culturale, offerta questa volta da un gruppo di giovani filippini immigrati, che rappresentavano l’Asia e l’Oceania.

Ha fatto seguito una Tavola Rotonda il cui tema era “La pastorale dei migranti e dei rifugiati in carcere e nei campi di detenzione”. S.E. Mons. John Charles Wester, Vescovo di Salt Lake City (USA), ha parlato della detenzione degli immigrati privi di documenti negli Stati Uniti e delle sfide che la Chiesa affronta nel prestare assistenza pastorale ad una popolazione in crescita e inaccessibile. S.E. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, OFM, Vicario Apostolico di Tripoli (Libia), ha affermato che oggi in Libia la Chiesa è composta interamente di stranieri, tutti immigrati. Grazie al permesso delle autorità carcerarie, è possibile visitare i detenuti nelle prigioni situate in diverse zone di Tripoli e dintorni, come pure quelli di un centro a Misurata, ove sono tenuti in custodia circa 650 eritrei, soprattutto cristiani. Infine, per quanto riguarda l’Italia, il Rev. Mons. Giorgio Caniato, Ispettore Generale dei Cappellani del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e di quello della Giustizia Minorile, ha affrontato il tema dei migranti in stato di detenzione. Egli ha dichiarato che nelle carceri italiane ci sono immigrati perché hanno violato le leggi del Paese e ha parlato del ruolo attivo dell’Ispettorato e dei cappellani delle prigioni in Italia nella pastorale dei migranti imprigionati.

21. Il ‘Festival dei Popoli’ si è svolto alla fine della sessione della giornata. È stato organizzato dalla Migrantes, Fondazione della Conferenza Episcopale italiana.

22. Giovedì 12 novembre 2009, la sessione conclusiva è iniziata con un’assemblea generale e la presentazione del progetto di documento finale, con conclusioni e suggerimenti per il futuro. È seguita un’animata discussione guidata da Sua Eccellenza l’Arcivescovo Segretario Agostino Marchetto.

23. Le sessioni del Congresso sono state presiedute, rispettivamente, dall’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò (Presidente del Pontificio Consiglio), S.E. il Cardinale Gabriel Wako Zubier (Arcivescovo di Khartoum, Sudan), S.E. il Cardinale Leonardo Sandri (Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali), S.E. Cardinale Pedro Rubiano Sáenz (Arcivescovo di Bogotá, Colombia), S.E. il Cardinale André Vingt-Trois (Arcivescovo di Parigi) e da S.E. il Cardinale Ennio Antonelli (Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia). Le sessioni del mattino sono state moderate da S.E. Mons. Agostino Marchetto (Segretario del Pontificio Consiglio) e quelle pomeridiane da Mons. Novatus Rugambwa (Sotto-Segretario del Dicastero).

24. Ogni giorno si sono riuniti quindici gruppi di studio, formati in base alle lingue utilizzate nel Congresso, dando così ai partecipanti l’opportunità di condividere le loro esperienze, per offrire al piccolo gruppo ad hoc suggerimenti atti a preparare le conclusioni e le raccomandazioni per il Documento finale ed esprimere speranze e indicazioni per piani d’azione futuri.

25. Il Congresso si è chiuso con i ringraziamenti espressi dal Presidente del Pontificio Consiglio, accompagnati da una riflessione sulle giornate passate e, infine, con la preghiera dell’Angelus

II. Conclusioni

Migrazione, un fenomeno nell’era della globalizzazione, un segno dei tempi  

1. Viviamo in un’epoca di cambiamenti rapidi e senza precedenti. L’attuale livello elevato di interazione tra persone e nazioni, il rapido scambio di idee, denaro e commercio, fanno della nostra un’era completamente nuova che ha portato progressi ma anche regressi, utili ma anche perdite, nuove sfide e opportunità, come pure nuove sofferenze. Le strutture e le componenti tradizionali della società non sembrano offrire le stesse sicurezze di prima. Le guerre e la violenza hanno continuato a mietere vittime. I preoccupanti segni di cambiamento climatico, che hanno iniziato a muovere vasti gruppi di persone, aumenteranno e la crisi economica, una delle tante sfaccettature del nostro mondo globalizzato, ha intensificato l’incertezza e la consapevolezza di nuove vulnerabilità e dell’afflizione umana.

2. La migrazione è un segno dei tempi, che influenza profondamente le nostre società. La sua portata e le sue dimensioni sono aumentate in maniera drammatica e si prevede che continueranno a farlo in avvenire. Inoltre la sua interconnessione con i diversi fattori economici, sociali, politici, religiosi, culturali e di sicurezza, che definiscono il nostro mondo globalizzato, rafforza il senso di vulnerabilità e moltiplica le questioni riguardanti i modelli tradizionali di coesione sociale. Sembra che siamo alla ricerca di modelli migliori di accompagnamento per gli immigrati e, allo stesso tempo, di una redifinizione della società in cui essi si dovrebbero integrare. In un mondo contrassegnato da nuovi segnali di paura e di mancanza di ospitalità, la centralità della persona umana e la sua dignità, con i corrispondenti diritti e doveri, acquisisce un’importanza maggiore e crescente.

3. La migrazione, quindi, è anche un invito a immaginare un futuro differente, che miri allo sviluppo del genere umano nella sua totalità, includendo ogni essere umano con il proprio potenziale spirituale e culturale e il suo contributo ad un mondo più equo e solidale a livello globale e di pieno rispetto della vita e della dignità umana. Papa Benedetto XVI ha definito la migrazione “una grande risorsa per lo sviluppo dell’umanità” e, nell’allocuzione inaugurale di questo Congresso, ha sottolineato ancora una volta l’importanza del macrofenomeno della migrazione come appello a indicare e a mettere in rilievo l’unità della famiglia umana, nonché il valore cristiano di accogliere lo straniero.

4. Certo, la migrazione è un fenomeno di ogni tempo. Essa fa parte del nostro presente, come lo è del nostro passato e del nostro avvenire. È favorita da squilibri demografici ed economici, da una ‘governance’ inadeguata, da conflitti, mancanza di libertà, povertà e disastri ambientali, ma è anche contrassegnata da una vera speranza e dalla crescente consapevolezza della possibilità di nuove e migliori prospettive di vita. La migrazione è di sovente descritta come una realtà drammatica che, molto spesso, avrebbe potuto essere evitata. “Siamo tutti testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori”, ha scritto Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate (n. 62) ed è ovvio ora che le risposte della società sono spesso inadeguate in quanto il mondo è rimasto sordo al grido che chiedeva una soluzione ai differenti bisogni che sono alla radice della decisione di emigrare e delle sue inevitabili conseguenze.

5. La migrazione è una sfida pluridimensionale: essa indica che i temi della sicurezza e della paura sociale possono facilmente portare a un aumento della discriminazione, della xenofobia e del razzismo e persino alla criminalizzazione dei migranti, il che non fa altro che aggravare il problema senza fornire, però, risposte alle reali esigenze del genere umano, né offrire alternative valide al nostro mondo malato. Essa mette la società del 21° secolo di fronte al traffico di esseri umani, al loro contrabbando, ai sequestri di persona, al lavoro forzato, agli apolidi, ai falsi matrimoni, ai matrimoni “per corrispondenza” e a nuove forme di schiavitù che costringono in special modo donne e bambini alla prostituzione e al lavoro illegale.

6. La sofferenza umana diventa evidente in tante situazioni drammatiche, come ad esempio nel caso di persone che cercano di attraversare un deserto o di boat people che muoiono o vengono gettati in mare, o semplicemente viene loro negato il soccorso e l’accesso al territorio nazionale e sono respinti, oppure che, nella migliore delle ipotesi, arrivano in condizioni miserevoli. La detenzione arbitraria, a volte persino la tortura nei campi di accoglienza, o semplicemente il rinvio nei loro Paesi di origine, sono spesso il loro destino. Tuttavia, queste tragedie non riguardano unicamente gli stessi migranti, ma anche i Paesi di accoglienza che non hanno necessariamente la capacità di farsi carico di un numero crescente di arrivi. È chiaro, fondamentalmente, che un atteggiamento difensivo e politiche migratorie restrittive dividono e distruggono le famiglie, che la tensione sociale nella popolazione locale è generata anche dalla paura della disoccupazione a causa della presenza dei lavoratori migranti e che i disordini sociali tra i migranti sono causati pure dall’ingiustizia sociale. Non ci si è occupati finora a sufficienza delle questioni di benessere, dei sistemi di sicurezza sociale e dei modelli di integrazione, mentre il grado di integrazione nel mercato del lavoro del Paese d’accoglienza non corrisponde a quello sociale. In evidente contraddizione con gli atteggiamenti restrittivi, le economie mondiali hanno bisogno in genere di una maggiore mobilità umana e la promuovono.

7. Mentre oggi i media segnalano un certo miglioramento nelle nostre economie, i migranti devono sempre misurarsi con tutta la portata dei danni provocati dalla crisi attuale che, secondo la stima dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, ha provocato la perdita di circa 50 milioni di posti di lavoro. La disponibilità di manodopera e il diritto al lavoro sono pacificatori sociali e contribuiscono a ridare speranza e fiducia nella società, ma la crisi economica ha messo in evidenza quanto i migranti siano colpiti dai licenziamenti e come ciò si traduca in una diminuzione dei flussi delle rimesse. L’affievolimento del rispetto dei principi fondamentali della legislazione internazionale e dei diritti dei migranti in materia di lavoro hanno ulteriormente colpito l’integrazione e la coesione sociale. Inoltre, dal momento che molti migranti rimasti senza lavoro hanno scelto di restare nel Paese di accoglienza, in attesa di un miglioramento della situazione economica, è probabile che si assisterà ad un aumento dei soggiorni irregolari. Anche in questo caso, la mobilità umana pone questioni fondamentali riguardanti la fraternità e la solidarietà internazionali, lo sviluppo e l’interdipendenza globale: “La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (Caritas in veritate, 19).

8. Questi e numerosi altri aspetti dell’immagine caleidoscopica delle cause e delle conseguenze delle migrazioni indicano quanto queste superino i meccanismi nazionali di risposta. Vi è un profondo bisogno di una visione universale delle relazioni internazionali e di una rinnovata attenzione alla persona umana creata a immagine di Dio. Tenuto conto del gran numero di cambiamenti nella società e delle immense sfide generate dalla mobilità umana, la Chiesa non ha altra scelta se non quella di agire, rivolgendo i suoi sforzi direttamente alla proclamazione del Regno di Dio (cf. Erga migrantes caritas Christi, 96-97, 101-103).

9. Per la Chiesa il macrofenomeno delle migrazioni è una questione pastorale prioritaria. Anche se, in una maniera o nell’altra, sarà sempre necessaria un’analisi contestuale, la Chiesa può aiutare i migranti a mantenere la loro fede e la loro cultura e, al tempo stesso, far sì che il Paese ospitante si apra alla cultura del Paese d’origine dei migranti, riunendo comunità di migranti e comunità locali. La solidarietà è il primo passo verso una condivisione dei valori religiosi tra comunità locali e di migranti. Ciò potrebbe portare all’evangelizzazione e alla rinascita della fede di quanti di loro sono stati secolarizzati. La migrazione è anche un’importante opportunità ecumenica. 

10. L'Istruzione Erga migrantes caritas Christi è tappa importante e recente nella storia di oltre un secolo della pastorale specifica dei migranti, che dà nuovo slancio e nuova direzione all’elaborazione di risposte adeguate a questo fenomeno globale. Questo documento introduce un nuovo linguaggio teologico, e rappresenta una pietra miliare in particolare per quanto riguarda la ‘categorizzazione’ dei migranti; esso contribuisce alla costruzione di una nuova e maggiore  presa di coscienza della necessità di favorire la pastorale dei migranti a livello locale, nazionale, internazionale, continentale e universale. Motiva il dialogo e la corresponsabilità tra le Chiese di origine, di transito e di destinazione. Inoltre l’Istruzione contribuisce a rafforzare i meccanismi di coordinamento pastorale nazionali e diocesani e incoraggia la formazione di operatori pastorali che hanno il compito di elaborare e attuare servizi pastorali specifici a favore dei migranti. Cinque anni dopo la sua pubblicazione, si può dire che il documento è stato ben ‘accolto’, ma merita comunque una più ampia diffusione, per poter servire, anche a livello politico, e influenzare le politiche migratorie. I partecipanti hanno ritenuto che l’organizzazione di Congressi, come questo VI Congresso Mondiale e i due continentali sulla pastorale dei migranti e dei rifugiati, tenuti a Bangkok (6-8 novembre 2008) e Nairobi (2-5 giugno 2008), sia molto utile. Questi sforzi devono essere moltiplicati e continuati per diventare opportunità di scambio delle migliori pratiche.

11. Ci sono anche segni importanti di corresponsabilità e comunione tra Chiese di origine e Chiese di accoglienza. Rapporti costanti tra di esse hanno permesso non solo una migliore comprensione del fenomeno, ma hanno pure promosso misure molto concrete quali, ad esempio, l’invio di cappellani per i migranti al fine di realizzare l’aspetto fondamentale di questa pastorale specifica. Inoltre questa collaborazione si è rivelata utile nel conseguimento di un maggior peso politico nell’arena politica internazionale, che ha portato ad una efficacia maggiore e ad un’autorità potenziata. Si avverte, poi, che i numerosi sforzi bilaterali e multilaterali per collegare la Chiesa locale di origine alle Chiese di transito e di destinazione hanno grandemente contribuito a creare una nuova mentalità, a rafforzare il coordinamento, a stabilire forme concrete di cooperazione e a creare varie Commissioni ad hoc. È ovvio che l’impatto di questa collaborazione è differente nei casi in cui il migrante è presente solo per un periodo limitato di tempo, come nella migrazione temporanea o in quella circolare. Questo modello sembra essere preferito dai Paesi d’accoglienza, ma merita di essere messo in questione. Poiché queste forme di migrazione forgiano identità sociali duplici, una in patria e l’altra nel Paese ospitante, senza garantire una continuità tra le due o in una delle due, è ancor più necessaria la collaborazione tra le strutture diocesane in tutti i Paesi coinvolti.

12. Occorre segnalare, inoltre che, in molti casi, la Chiesa ha più volte assunto un ruolo di difesa dei diritti e della dignità dell’uomo. Essa ha rafforzato il proprio impegno a favore dei migranti vulnerabili, in particolare donne e minorenni. Ha svolto un ruolo di mediatore, nelle situazioni di conflitto, e di promotore di uno sviluppo autentico. Ha anche espresso la propria preoccupazione per la situazione di alcuni campi di detenzione in cui le condizioni di vita diventano una questione umanitaria e il rispetto dei diritti umani fondamentali dei detenuti deve essere riaffermato.

13. Attraverso le sue numerose strutture di solidarietà specializzate e le sue organizzazioni caritative, la Chiesa ha sviluppato azioni operative concrete per rispondere alle molteplici esigenze, ferite e vulnerabilità di coloro che hanno lasciato la loro famiglia alle spalle e/o sono arrivati in situazioni precarie. Sono stati aperti centri di assistenza per i migranti più vulnerabili, soprattutto donne e bambini, vittime della tratta e minorenni non accompagnati. Sono stati forniti assistenza familiare e psicologica (guarigione della memoria) e sono stati sviluppati programmi di protezione dell’infanzia. Nell’attesa di trovare soluzioni durature, è stata assicurata, poi, assistenza a richiedenti asilo, a rifugiati e sfollati interni. Sono state anche organizzate manifestazioni transnazionali, sono stati creati centri per promuovere la sensibilizzazione delle comunità per i nuovi arrivati e istituiti contatti interregionali. Gli sforzi della Chiesa hanno ampiamente contribuito a promuovere misure di integrazione (che non è assimilazione) e hanno fornito un corretto orientamento nel quadro dei programmi riguardanti la cittadinanza/naturalizzazione. Anche le piccole comunità ecclesiali hanno dimostrato la loro utilità nel processo di integrazione. Infine devono essere sottolineati il ruolo e l’impegno di numerose congregazioni religiose, nonché di vari movimenti ecclesiali, gruppi e associazioni laicali, nell’assistenza e nel lavoro con e per i migranti e i rifugiati.

14. Gli immigrati non sono solo oggetto di preoccupazione, ma devono avere la possibilità di diventare protagonisti del loro futuro (cf. EMCC, 100). Essi devono essere gradualmente integrati nella Chiesa locale di arrivo che, in questo modo, potrebbe acquisire nuova forza, attraverso l’assunzione in essa di responsabilità specifiche da parte dei migranti. I migranti possono effettivamente essere sacerdoti, o assumere la funzione di lettori laici, catechisti o ministri straordinari dell’Eucaristia. Quando essi sono dispersi nei Paesi di arrivo, è difficile mettersi in contatto con loro, ma nei luoghi in cui la loro densità è elevata, l’azione cristiana integra i nuovi arrivati ampliando in questo modo il “tessuto sociale” esistente. Poiché i migranti sono incoraggiati a prendere parte alle missioni sociali, la loro Chiesa d’accoglienza dovrebbe dare prova di apertura alle altre culture e tradizioni. La loro graduale integrazione deve essere facilitata da sacerdoti provenienti dai Paesi di origine per provvedere ai loro bisogni. Ove ciò non fosse possibile per mancanza di sacerdoti, l’EMCC prevede la presenza di operatori pastorali che parlino la lingua degli immigrati e/o ne conoscano la cultura. I vecchi missionari nei Paesi d’origine dei migranti, nati nel Paese di accoglienza e rientrati nel loro Paese, potrebbero essere risorse preziose in questo senso.

15. Una particolare attenzione è riservata ai giovani migranti e rifugiati, le cui domande esistenziali sono spesso molto profonde, in quanto essi formulano le loro identità in termini di questioni legate al senso della vita, alla giustizia sociale, alla salvaguardia del creato e al rapporto con Dio. Non è raro trovare persone giovani che sono seriamente alla ricerca di un senso religioso della loro vita. Ciò sottolinea il ruolo cruciale della Chiesa per accompagnarli nella loro ricerca di significato e nella formazione dei valori. La loro presenza costituisce anche un’occasione privilegiata per creare scambi culturali che potrebbero aprire la prospettiva di un’azione volta alla tolleranza e alla convivenza pacifica nella società di domani. Essi vivono spesso una situazione che presenta il rischio concreto di una duplice emarginazione, poiché sperimentano, simultaneamente, una crescente distanza dalla cultura dei loro genitori e un divario non sufficientemente colmato tra essi e la società di accoglienza. Le organizzazioni cattoliche per la gioventù danno ai giovani migranti un senso di appartenenza ed offrono loro una formazione che li aiuta a restare fedeli al proprio patrimonio religioso. In vari Paesi sono stati avviati programmi specifici per avvicinare le comunità cattoliche ai giovani migranti, allo scopo di modificare la loro percezione della Chiesa come troppo distante, chiusa nelle sue posizioni e non attenta alle diversità culturali. Tali programmi offrono loro, se necessario, un ambiente sicuro che consente di stare lontani dalle attività delinquenziali, dal traffico di esseri umani, dalla droga, dalla violenza armata, o dalle sette, che molto spesso offrono false risposte ai bisogni esistenziali.

16. I bambini rimasti nel Paese d'origine pagano un prezzo molto elevato per le condizioni materiali leggermente migliorate offerte dai genitori che lavorano all’estero. La loro visione della società di domani potrebbe essere già forgiata dal concetto materialistico di emigrare per guadagnare di più. Pertanto, le famiglie separate e transnazionali, la cui unità è molto spesso più virtuale che reale, potrebbero mettere in pericolo l’educazione dei figli e la società di domani. L’assenza dei genitori nel processo educativo del bambino è una forma di “care drain” di cui bisogna occuparsi attentamente e pienamente.

17. I migranti appartenenti alle Chiese Orientali Cattoliche possono trovare la loro strada verso le diocesi di arrivo, ma hanno bisogno di mantenere i legami con la Chiesa del proprio rito. Alcune diocesi hanno stabilito una stretta collaborazione con queste Chiese. In questo senso, sono stati compiuti sforzi per assicurare il contatto con le eparchie di origine per salvaguardare la loro spiritualità, i valori religiosi e la liturgia propria. In alcuni casi si organizzano pellegrinaggi verso i Paesi di origine per permettere agli immigrati di riunirsi alle loro tradizioni, al patrimonio antico e alla loro eredità. 

III. Raccomandazioni

A.  Favorire la cura pastorale dei migranti e dei rifugiati nella Chiesa Cattolica  

1. Le strutture ecclesiali devono essere rafforzate e sviluppate attraverso una maggiore collaborazione e la creazione di una rete di collegamento tra i Vescovi dei Paesi di accoglienza, di transito e di origine, organizzando, ad esempio, incontri diocesani incentrati sui migranti. È importante valorizzare il significativo contributo e l’esperienza che offrono istituti di vita consacrata, società di vita apostolica, movimenti ecclesiali, gruppi legati alla Chiesa, associazioni e agenzie che operano in questo settore, e far sì che il loro impegno porti abbondanti frutti.

2. Nella formazione di sacerdoti, religiosi e religiose, membri dei movimenti ecclesiali, associazioni e gruppi laicali, devono essere inclusi corsi specifici che offrano una migliore conoscenza e comprensione del macrofenomeno della migrazione e delle sue implicazioni pastorali. Tali corsi dovrebbero includere lo studio della Istruzione Erga migrantes caritas Christi e della Dottrina Sociale della Chiesa. Deve essere sviluppata, poi, una migliore articolazione della teologia della migrazione, che evidenzi l’universalità della Chiesa e la sua caratteristica di pellegrina e migrante. È importante, altresì, offrire una formazione specifica ai sacerdoti e agli operatori pastorali che si occupano delle esigenze dei migranti in circostanze particolari.

3. Per meglio sostenere le comunità dei migranti e aiutarle a preservare la loro cultura e i loro valori religiosi in vista della loro integrazione, gli operatori pastorali e i mediatori culturali devono ricevere una formazione adeguata e le cappellanie dovranno essere rivitalizzate.

4. Bisogna riservare un’attenzione particolare ai migranti e ai rifugiati appartenenti alle Chiese Cattoliche orientali che, pur tenendo conto dei diritti e dei doveri della diocesi di accoglienza, desiderano e hanno il diritto di conservare i loro legami con la Chiesa del proprio rito.

5. Devono essere costantemente sviluppate strategie a lungo termine, che vadano al di là delle reazioni immediate di accoglienza e solidarietà, così da inserire il prezioso potenziale della cattolicità in modelli concreti.

6. Si auspica la creazione di Commissioni Episcopali nazionali per la pastorale dei migranti e dei rifugiati o, almeno, la nomina di un Promotore Episcopale.   

B.  In relazione ai giovani migranti

7. La Chiesa deve aprire le braccia a tutti i migranti, qualunque sia la loro età, il loro credo o la convinzione. Trasformando la Chiesa in un punto d’incontro, soprattutto per i giovani migranti, si può neutralizzare l’effetto negativo della secolarizzazione, contribuendo così a trasformare la migrazione in opportunità per l’evangelizzazione, nel pieno rispetto della scelta di ciascuno. Ciò esige una visione chiara, orientamenti pastorali specifici, dedizione e amore fraterno per raggiungere i giovani migranti.

8. La Chiesa dovrebbe istituire nuove strutture che rispondano alle esigenze specifiche e considerino i punti di interesse dei giovani migranti e rifugiati, e in particolare dei minori non accompagnati che meritano un’attenzione speciale. Ciò può essere fatto, ad esempio, promuovendo e sviluppando movimenti sociali d’ispirazione religiosa per l’integrazione dei giovani migranti e favorendo azioni pastorali e sociali che includano iniziative educative.

9. Le Chiese locali devono essere incoraggiate a inserire nei loro programmi pastorali la fede e la formazione ai valori dei bambini che hanno almeno un genitore straniero, mentre le Chiese d’origine saranno invitate a sviluppare programmi che rispondano alle esigenze delle famiglie o dei figli dei migranti che sono rimasti in patria. 

C.  In relazione alla vita comunitaria e a varie forme di collaborazione

10. Le diocesi devono cercare di intraprendere azioni concrete al fine di ridurre la crescente sfiducia reciproca tra migranti e rifugiati e le comunità d’accoglienza. La Chiesa può incoraggiarli a vivere tutti insieme pacificamente e a sviluppare una cultura della reciprocità nel mondo. In questo contesto, le associazioni cattoliche di migranti e rifugiati non devono essere viste solo in termini di identità e di livelli di protezione, ma ancor più come promotrici di una partecipazione attiva dei migranti e dei rifugiati nella vita della società, in unione con i membri delle comunità locali.

11. Le Chiese locali promuoveranno la collaborazione tra le associazioni cattoliche di migranti e rifugiati e i differenti attori della società locale, sia religiosi che civili, per agevolare l’integrazione attraverso la creazione di spazi d’incontro, di campagne per l’abolizione della discriminazione, della xenofobia e del razzismo, e di servizi concreti di integrazione socio-culturale. Le congregazioni religiose, i movimenti ecclesiali, le associazioni e gruppi laicali costituiscono eccellenti risorse da tenere in considerazione per questo scopo.

12. Occorre sviluppare la collaborazione tra la pastorale specifica dei migranti e la cura pastorale per quanti, tra loro, sono stati privati della libertà (in prigione o nei campi di accoglienza). A questo scopo non bisogna trascurare i contatti, ove opportuno, con le Ambasciate dei Paesi di origine dei detenuti. I cappellani delle prigioni e dei campi di accoglienza potrebbero creare una rete con il personale che si occupa dell’ ‘advocacy’ e con i missionari che hanno fatto ritorno nel Paese, per avere una maggiore possibilità di rispondere ai bisogni spirituali e giuridici di coloro che sono in prigione, nonché alle richieste di contatto con la famiglia. I cappellani potrebbero anche servire da ponte con le famiglie rimaste nel Paese attraverso i servizi della Commissione Episcopale per i Migranti e Rifugiati del Paese d’origine. 

D.  In relazione alle altre Chiese e comunità ecclesiali

13. Tutti i migranti cattolici e cristiani rappresentano una forza missionaria importante per la Chiesa. Essi, pertanto, sono chiamati ad essere saldi nella loro fede e a mantenere il legame con la Chiesa locale, ovunque si trovino, per poter svolgere efficacemente un ruolo missionario nei Paesi di accoglienza. In realtà, la fede cristiana è stata “seminata” nel mondo, e in ogni tempo, soprattutto grazie ai migranti. 

14. Va promossa una rete ecumenica nell’ambito migratorio in quanto può costituire un contributo importante alla pace e alla riconciliazione, quando la diversità non è considerata un motivo di esclusione, ma un’opportunità di arricchimento e crescita. A lungo termine, l’ecumenismo può rappresentare un contesto appropriato per la cooperazione tra cattolici e rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali nelle attività di ‘advocacy’, che devono essere portate avanti e incoraggiate in tutti i Paesi e in tutte le comunità.

E.  In relazione a Governi, società civile e autorità locali

15. La Chiesa dovrebbe sviluppare e aumentare la cooperazione con i Governi, la società civile e le autorità locali per soddisfare le esigenze dei migranti e difenderne dignità e diritti. Si ritiene che la Chiesa locale debba lavorare a più stretto contatto con quanti, nel governo locale e nazionale, sono responsabili delle politiche riguardanti i migranti e i rifugiati, sia che appartengano a tradizioni cristiane differenti o ad altre religioni. La Chiesa, tuttavia, ha bisogno di mantenere la propria autonomia nel suo impegno pastorale e ogni accordo con le istituzioni civili non deve pregiudicare gli obblighi attinenti alla sua natura. 

16. Nell’accompagnamento dei migranti, dei rifugiati e degli sfollati, la Chiesa deve assumere un ruolo di mediazione e di ‘advocacy’ tra queste persone e le autorità locali, anche sostenendole dal punto di vista giuridico, medico e di altro tipo, lottando contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento, proteggendo i più vulnerabili, insistendo su un approccio basato sul rispetto dei diritti e promuovendo attivamente il ricongiungimento familiare. I Vescovi devono inoltre intensificare il loro impegno condannando le violazioni dei diritti umani dei migranti e sostenendo un atteggiamento positivo nei loro confronti nelle rispettive diocesi, anche suggerendo che edifici non utilizzati siano messi a disposizione per soddisfare i loro bisogni temporanei di alloggio. Poiché dispone di una struttura estremamente capillare, la Chiesa può creare reti di comunicazione per raccogliere informazioni, per meglio proteggere e operare con grande beneficio per le comunità locali e quelle dei migranti.

17. Gli sforzi della Chiesa dovrebbero includere anche il dialogo internazionale allo scopo di discutere e rivedere le politiche di controllo delle frontiere, la detenzione arbitraria e circa la cittadinanza. Essa, inoltre, dovrebbe mettere a punto strategie appropriate e contribuire a una riforma del sistema internazionale e globale dell’immigrazione che dovrebbe essere applicata equamente. La Chiesa dovrebbe ugualmente promuovere e difendere il concetto di uno statuto specifico dei migranti, che implichi diritti e doveri, sia che abbia carattere temporaneo o finalizzato ad una integrazione a lungo termine. Infine, essa dovrebbe utilizzare al meglio le proprie strutture e Commissioni internazionali che interagiscono già con Organismi intergovernativi.

18. Bisognerebbe, poi, rivolgere l’attenzione ad una migrazione di ritorno volontario e sicuro. Inoltre coloro che ritornano dovrebbero essere reintegrati nel proprio Paese d’origine, facendo attenzione a che le competenze acquisite siano riconosciute e non sprecate, ma rese fruttuose nei processi di sviluppo locale.

19. È stato anche ricordato che, nel 2010,  si celebrerà il 20° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Questo potrebbe essere un momento ideale per le Conferenze Episcopali per incoraggiarne la ratifica da parte di quei Paesi che non lo hanno ancora fatto. Lo statuto di richiedenti asilo dovrebbe anche costituire una preoccupazione costante della Chiesa e delle sue agenzie.

20. Bisognerebbe poi ulteriormente promuovere, a livello globale, il concetto di un’“Autorità politica mondiale”  che si dovrà occupare delle questioni relative all’immigrazione e quindi contribuire concretamente ai processi in corso a questo riguardo (cfr. Caritas in veritate, 67). 

F.  Promuovere l’azione ecclesiale nel campo delle migrazioni

21. La visibilità dell’azione della Chiesa in materia di migrazione deve essere aumentata:

- utilizzando al meglio i mass-media e i moderni mezzi di comunicazione;

- controbilanciando la copertura mediatica negativa con programmi d’educazione volti a sottolineare il contributo positivo dei migranti alla società, parlando anche della ricchezza che essi producono come manodopera qualificata, tanto nel Paese d’accoglienza quanto in quello d’origine, al loro ritorno;

- promuovendo la Giornata cattolica Mondiale del Migrante e del Rifugiato, come chiesto dal Santo Padre, e farne una celebrazione e un avvenimento globale unico, manifestando la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, i rifugiati e gli sfollati;

- mettendo in atto l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi attraverso:

  • la promozione di campagne internazionali per combattere pubblicamente la discriminazione, la xenofobia e il razzismo;
  • la promozione di incontri interculturali e di progetti per neutralizzare le paure razziali e culturali, come pure il sospetto e la diffidenza;
  • il sostegno ai migranti affinché diventino sostenitori della propria identità culturale e dei propri diritti, manifestando segni concreti di rispetto per le leggi, la cultura e la tradizione del Paese che li accoglie.

 

 

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