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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 111, December 2009

 

 

 

S.E. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, OFM, Vicario Apostolico di Tripoli - Libia

 

La Chiesa in Libia:

Premessa: la Libia nella sua identità storico-sociale

Lungo i secoli, la Libia ha subito denominazioni diverse ma ha sempre preservato una unità fondamentale, fisica e umana.

Dal punto di vista geografico non si confonde né con il Mashrek né con il Maghreb. Dal punto di vista umano il paese trae la sua omogeneità da una popolazione beduina, nomade, agro-pastorale in un solido quadro tribale. E proprio l’elemento tribale nomade giustifica la debole penetrazione di influenze straniere.

Dopo il 1950, grazie al petrolio, la Libia ha avuto un impulso economico che l’ha proiettata al di fuori delle sue austere abitudini agro-pastorali.

Una lettura superficiale ci porta a considerare la Libia come un paese fanatico, estremista e qualche volta tiranno. In realtà è un paese aperto al dialogo e alla convivialità delle culture e delle religioni. Lo documenta la stessa archeologia; nella città vecchia di Tripoli (la medina) troviamo infatti l’antica sinagoga, la chiesa cattolica (del 1680) che ora è aperta al culto per gli anglicani, la chiesa ortodossa e la moschea, senza contare alcuni consolati stranieri.

Alcuni cenni storici possono giustificare questa vocazione alla convivialità tra culture e religioni.

A – Il Cristianesimo in Libia nei primi secoli

La diffusione del Cristianesimo in Nord Africa cominciò assai presto, certamente prima del 70. Fra gli Ebrei che ascoltarono il primo discorso di San Pietro a Gerusalemme, il giorno della Pentecoste, ce n’erano anche “delle parti della Libia intorno a Cirene” (Atti 2,10). È probabile che alcuni tra loro si siano convertiti e abbiano riportato in patria il germe della nuova fede.

Il Cristianesimo africano era importante in seno alla chiesa di quel tempo: basti pensare che nel 186 fu eletto papa San Vittore, di Leptis Magna, città non lontana da Tripoli, contemporaneo e conterraneo dell’imperatore Settimio Severo.

E nel 5° secolo il Cristianesimo aveva conquistato tutta l’Africa romana: alla Conferenza inaugurata il 1° giugno 411 parteciparono almeno 565 vescovi, titolari di 430 vescovadi. 

B – La conquista araba

La conquista della Libia da parte degli arabi fu facile e rapida essendo la regione assai decaduta economicamente e poco popolata. La Cirenaica venne conquistata nel 642 e tutta la Libia nel 670. 

C – La Libia e la Chiesa lungo i secoli

Lungo i secoli, ci sono sempre stati dei Cristiani in Africa del Nord, ma a partire dal XII-XIII sec. questi non sono più indigeni ma stranieri (marinai, mercanti, schiavi ...).

Come sappiamo, San Francesco andò in Egitto dal Sultano nel 1269, i suoi figli andarono in Marocco nel 1224-25 e là furono martirizzati; occasionalmente i Francescani furono presenti in Tunisia, e in Libia stabilmente a partire dal 1628.

Nel 1645 fu fondata la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, nella medina di Tripoli, e nel 1858, con il permesso del Sultano di Costantinopoli, quella dell’Immacolata a Bengasi.

La prima Prefettura Apostolica a Tripoli venne costituita nel 1641 e i Prefetti Apostolici si sono succeduti fino al 1911, quando venne costituito il Vicariato apostolico di Tripoli; quello di Bengasi poi fu costituito nel 1927. 

D – La Libia e la Chiesa a partire dal 1969

Con la Rivoluzione del 1969 e la “cacciata” degli Italiani (1970), la Chiesa di Libia viene “purificata” dalla sua identità italiana. Lo sviluppo rapido del paese poi ha visto arrivare una grande diversità di operai, tecnici, ingegneri, insegnanti e personale medico, provenienti da tanti paesi; molti tra loro sono i nuovi cristiani della nostra chiesa che oggi ha un volto veramente cattolico, internazionale. Qui vogliamo soprattutto rilevare che la nostra chiesa è constituita interamente da stranieri: siamo tutti immigrati!

In seguito alla Rivoluzione del Leader Gheddafi, sono da segnalare due fatti importanti per quanto riguarda i rapporti della Libia con la Chiesa e l’impulso al dialogo con i Cristiani:

- Il Congresso per il dialogo islamo-cristiano tenutosi a Tripoli dal 2 al 5 febbraio 1976: con tale iniziativa gli organizzatori volevano testimoniare al mondo che la chiusura delle chiese in occasione della “cacciata” degli Italiani non era stata un gesto contro la Chiesa ma contro il colonialismo fascista italiano, al quale in qualche modo la Chiesa era stata assimilata.

- Le relazioni diplomatiche della Libia con la Santa Sede, il 10 marzo 1997. È stato un gesto molto apprezzato dalla Libia perchè avveniva durante l’embargo imposto dall’America per la questione di Lockerby. Questa volta era la Santa Sede che con queste relazioni voleva dire al mondo che i conflitti vanno risolti con il dialogo e non con l’embargo.

I dialoghi e gli incontri si sono poi moltiplicati e continuano fino ad oggi, in modo speciale tra la Chiesa Cattolica (Santa Sede) con le altre denominazioni cristiane presenti in Libia, e i responsabili di “Jamiyat Dawat Islamiyat”. 

Quale volto della Chiesa in Libia oggi?

I Vescovi della CERNA, nel 1999, hanno pubblicato un documento molto significativo: “Le Chiese del Magreb nell’anno 2000”. Questo documento ci presenta le caratteristiche della nostra Chiesa, “una Chiesa sulle strade della Galilea”, in cammino con la gente, una Chiesa che approfitta degli incontri quotidiani della vita, degli incontri di vicinato o di servizio nei luoghi di lavoro, per rendere presente ed efficace il segno dell’amore che supera ogni divisione e ostacolo. È una “Chiesa Sacramento” che trasmette vita e speranza in modo speciale ai bisognosi....

Molte sono le forme che quotidianamente possono diventare segno sacro per le persone che incontriamo sul nostro cammino: una “Chiesa Famiglia” che sa accogliere non solo i cristiani ma anche i fratelli musulmani che lo desiderano; naturalmente, tra questi, l'accoglienza è rispettosa della loro fede e della loro identità musulmana. Così la nostra Chiesa può definirsi una comunità di persone che si incontrano e che vivono l’amicizia per creare la famiglia dei figli di Dio.

Nella nostra esperienza possiamo davvero constatare che "le migrazioni attuali pongono ai cristiani nuovi impegni di evangelizzazione e di solidarietà, chiamandoli ad approfondire quei valori, pur condivisi da altri gruppi religiosi o laici, assolutamente indispensabili per assicurare una armonica convivenza. Il passaggio da società monoculturali a società multiculturali può rivelarsi così segno di viva presenza di Dio nella storia e nella comunità degli uomini, poiché offre un'opportunità provvidenziale per realizzare il piano di Dio di una comunione universale." (Erga migrantes caritas Christi n°9)

La nostra è una comunità che si diversifica sempre più, grazie ai nuovi arrivati che si succedono, che arrivano o partono, portati dai flussi di lavoratori o da quelli dei migranti-clandestini. Così possiamo dire che oggi il volto della nostra Chiesa è afro-asiatico con back ground europeo, chiesa inserita in mezzo ad una popolazione totalmente musulmana. 

La Libia e l’Africa oggi

Con l’apertura politica della Libia all’Africa molti sono gli africani presenti: secondo le loro competenze e capacità offrono servizi di ogni tipo, di prevalenza nel secondario. La maggioranza sono clandestini, senza documenti, senza diritti, senza statuto ufficiale, e vivono una situazione molto precaria, mentre sperano di “salpare” sull’altre riva! Qui cercano di racimolare il denaro necessario per pagare un viaggio pericoloso, purtroppo molte volte tragico.

Buona parte di questi africani sono cristiani e in genere danno una buona testimonianza della loro fede. Le nostre assemblee liturgiche sono piene di vita e folclore africano; diversi sono i loro gruppi di preghiera, alcuni si preparano ai sacramenti. La chiesa è per loro, veramente, uno spazio di libertà!

Nuclei importanti li troviamo dispersi nelle varie regioni del deserto, dove cerchiamo periodicamente di raggiungerli.

Tutti hanno bisogno di assistenza, i loro problemi sono grandi! È vero che sono clandestini, ma non sono criminali ...! Le relazioni con la popolazione non sono sempre facili, purtroppo, ma possono anche essere rispettati....

Erga Migrantes “sottolinea i forti disagi che generalmente l'emigrazione causa nei singoli individui, in particolare nelle donne e nei bambini, nonché nelle famiglie. Tale fenomeno solleva il problema etico della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, nella visione della comunità internazionale come famiglia di popoli, con applicazione del Diritto Internazionale.” (vedi Introduzione)

Come chiesa, noi non abbiamo grandi possibilità di intervento, essendo noi stessi stranieri e ospiti. Grazie all'impegno dei nostri sacerdoti, delle religiose e di laici, e grazie alla generosità di tanti amici, in questi ultimi anni abbiamo cercato di rispondere a varie situazioni attraverso tipi differenziati di assistenza:

Servizio di accoglienza:

L’organizzazione del nostro "Servizio Sociale" è modesta: per creare un’atmosfera di accoglienza, offriamo un servizio di ascolto delle storie personali, di sofferenze e difficoltà nel cammino di vita e di fede. L’aiuto immediato che diamo è di sostenere moralmente i bisognosi ed anche di offrire un minimo di assistenza materiale come indumenti, cibo, spese di trasporto, spese per l'alloggio, a seconda delle situazioni.

Servizio di educazione:

Nelle visite alle famiglie abbiamo riscontrato che uno dei grandi bisogni è l’educazione dei bambini. Abbiamo cercato di far fronte a questo problema con un programma di SCHOLARSHIP per i bambini di famiglie bisognose (cioè paghiamo la retta scolastica). Da notare che se i bambini vanno a scuola le famiglie si stabilizzano un poco..... Contemporaneamente si è organizzato un programma di educazione domestica per le mamme (lezioni di cucito,di cucina, di pulizia della casa, ecc.) per prepararle ad un possibile lavoro come collaboratrici domestiche dando così la possibilità di migliorare il reddito familiare. Alcune donne sanno ricamare o preparano cartoline di Natale, oggetti che si vendono per aiutarle a guadagnare qualcosa.

Servizio di assistenza medica

Il servizio vuol rispondere ai bisogni primari di assistenza medica dei parrocchiani ed anche in casi particolari per la gente locale.

Con l’aiuto dei nostri volontari filippini,medici e infermiere, abbiamo “fondato” una “clinica”, una specie di dispensario che funziona il venerdì (giorno settimanale di vacanza in Libia) e che accoglie chi non ha diritti nelle istituzioni pubbliche. Possiamo offrire pronto soccorso, medicine, assistenza a donne incinte o a malati colpiti da HIV o TBC. A volte riusciamo a far ricoverare qualche malato negli ospedali pubblici. In caso di morte, possiamo collaborare con le autorità locali e con quelle dei rispettivi paesi di origine, per tutto ciò che è necessario per seppellire il defunto.

Casa di accoglienza:

"Particolarmente colpita nella sofferenza è l’emigrazione dei nuclei familiari e quella femminile, diventata, quest'ultima, sempre più consistente….. Impiegate nel lavoro sommerso, le donne sono private spesso dei più elementari diritti umani … quando non cadono vittime addirittura del triste fenomeno noto come traffico umano…" (EMCC n°5)

Anche qui da noi, uno dei bisogni urgenti è quello di aiutare delle donne in particolari difficoltà: ragazze sole, donne abbandonate o incinte, donne che vogliono sfuggire alla prostituzione. Per rispondere a questa richiesta abbiamo allestito una casa di accoglienza in cui alcune di queste donne possono trovare alloggio e assistenza per qualche mese.

Servizio nelle prigioni

Grazie alla fiducia e generosità delle autorità carcerarie siamo in grado di visitare numerose prigioni dislocate in diverse zone di Tripoli e dintorni, come pure un centro di raccolta con circa 650 Eritrei a Misurata (200 km da Tripoli). Si tratta normalmente di persone cristiane....

In occasione di queste visite possiamo pregare con i carcerati, offrire assistenza umana e spirituale, procurare qualche oggetto religioso, oppure cibo, vestiario e materiale igienico. Qualche volta possiamo anche stabilire un contatto con le rispettive ambasciate.

Organismi ONG

Ce ne sono due che operano ufficialmente in Libia e coi quali collaboriamo regolarmente:

- le Nazioni Unite che aiutano alcuni di questi clandestini ad ottenere lo statuto di rifugiati, e ciò permette loro di circolare più liberamente.

- International Organisation of Migrants che offre il suo aiuto a quanti desiderano tornare al loro paese di origine.

A partire dalla nostra esperienza in Libia, e tenendo conto della situazione concreta del paese, ci sembra importante sottolineare che il problema dell'immigrazione (specialmente per quanto riguarda la massa dei clandestini) non può essere risolto ad un unico livello: "Nessun paese da solo può pensare, infatti, di risolvere oggi i problemi migratori. Ancor più inefficaci risulterebbero politiche puramente restrittive, le quali genererebbero, a loro volta, effetti ancora più negativi, rischiando di accrescere gli ingressi illegali e addirittura di favorire l'attività di organizzazioni criminali". (EMCC n°7)

Ci sembra quindi necessaria una presa di posizione internazionale, a largo raggio, perchè i paesi implicati, quelli di origine, quelli di transito e quelli di destinazione, tutti insieme possano cercare soluzioni adeguate e rispettose dei diritti umani e volte a risolvere il problema alla radice. 

I Cristiani in Libia

Potrebbero essere più di 50.000, di diverse nazionalità.

La varietà del numero dipende dai contratti regolari di lavoro e dall’affluenza incalcolabile degli immigrati irregolari provenienti soprattutto dall’Africa.

Nella chiesa di San Francesco a Tripoli, l’unico luogo di culto cattolico ufficiale nella città, celebriamo settimanalmente la santa messa in sei o più lingue.

Nella chiesa di Maria Immacolata a Bengasi il numero dei cristiani, specialmente africani, è minore, ma costituisce un gruppo importante che impegna il servizio pastorale del Vicario Apostolico, Mons. Silvester Magro e i suoi sacerdoti.

Da Tripoli i sette sacerdoti presenti servono circa 20 luoghi nel deserto dove operano i nostri cristiani di ogni nazionalità, in particolare asiatici e africani.

Da Sebha (700 km da Tripoli, nel sud), padre Vanni Bressan, sacerdote medico, serve 5 grandi centri nel deserto, a centinaia di km l’uno dall’altro, dove diversi gruppi di africani sono organizzati tra loro per sostenersi nella fede; questi si riuniscono mensilmente con il sacerdote per la preghiera (Ghat, Ubari, Morzuk, Brak).

Conflitto e coabitazione

Se il Mediterraneo, segnato dalla cultura e religione latino-cristiana, da quella greca e musulmana, è stato nella storia teatro di conflitti ma anche di convivialità, la Libia, carrefour tra l’Africa ed il Mediterraneo, è lo specchio di una convivialità tra diverse razze, culture e religioni, vissuto nella storia e proposto oggi dalla Libia con una identità che è fedeltà all’Islam e desiderio di apertura al dialogo con una fierezza che fa parte delle sue radici beduine.

In questo contesto sociale e politico non c’è posto ufficiale per il fondamentalismo religioso anche se resta forte il risentimento per un certo fondamentalismo politico dell’occidente nei confronti dei diritti dei palestinesi e del mondo arabo in generale. Chi viene dall’occidente laico, dall’Asia o dall’Africa in Libia, può essere colpito da come in questo contesto musulmano il ritmo della giornata sia scandito dall’appello alla preghiera proclamato dal minareto delle tante moschee del paese.

La nostra presenza in contesto musulmano è un impegno e una responsabilità. La precarietà della nostra comunità in buona parte africana fa che la nostra chiesa “è pellegrina e forestiera in questa terra” ma forte e coraggiosa nel testimoniare la fede di Cristo con la vita ovunque, anche nelle prigioni. E proprio perchè è fondata sulla precarietà, la nostra testimonianza diventa più ricca ed eloquente: i poveri aiutano i poveri con grande spirito di solidarietà!

Cristiani di origini diverse, cristiani non in piena comunione con la Chiesa cattolica, inseriti in una società musulmana, abbiamo la possibilità di vivere un ecumenismo concreto con la vita. E possiamo "trasformare sempre più l'esperienza migratoria in veicolo di dialogo e di annuncio del messaggio cristiano". (EMCC n°3)

Ci sembra proprio vero che Dio sceglie sempre le cose che non contano per confondere quelle che contano. È la logica e la sapienza del Vangelo e della missione ancora oggi e ovunque. Il nostro impegno e responsabilità è di avere una chiara identità e una testimonianza che non è una bandiera da opporre ad un’altra ma desiderio di coglierne la positività per stabilire ponti per la civiltà del dialogo e dell’amore.

"Pure i migranti possono essere i costruttori, nascosti e provvidenziali, di una fraternità universale, insieme a molti altri fratelli e sorelle. Essi offrono alla Chiesa l'opportunità di realizzare più concretamente la sua identità comunionale e la sua vocazione missionaria, come attesta il Vicario di Cristo: 'Le migrazioni offrono alle singole Chiese locali l'occasione di verificare la loro cattolicità, che consiste non solo nell'accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel realizzare la comunione di tali etnie. Il pluralismo etnico e culturale nella Chiesa non costituisce una situazione da tollerarsi in quanto transitoria ma una sua dimensione strutturale. L'unità della Chiesa non è data dall'origine e lingua comuni, ma dallo Spirito di Pentecoste che, raccogliendo in un solo popolo genti di lingue e nazioni diverse, conferisce a tutte la fede nello stesso Signore e le chiama alla stessa speranza.'" (EMCC. n°103)

 

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