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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 112 (Suppl.), June 2010

 

 

I diritti delle persone e dei popoli e la loro dignità, base per la cooperazione con gli Stati e gli Organismi Internazionali,  anche in prospettiva di pastorale della mobilità umana

 

Prof. Vincenzo Buonomo

Professore Ordinario di Diritto Internazionale nelle Facoltà Giuridiche

della Pontificia Università Lateranense

 

È sempre più evidente nel diritto internazionale contemporaneo unÂ’attenzione alla persona umana, ai diversi momenti della sua esistenza ed alla manifestazione della sua dimensione sociale, come pure verso i suoi diritti fondamentali. Analoga attenzione è rivolta ai popoli e ai gruppi umani la cui identità molto spesso è oggetto di limitazione, restrizione o addirittura eliminazione. A tutto questo concorre una pratica quotidiana in cui confluiscono attività interne agli Stati (legislazioni, giurisprudenza, piani dÂ’azione) come pure lÂ’azione internazionale mediante convenzioni o atti posti in essere da Organizzazioni internazionali, ma anche lÂ’apporto della società civile nelle sue forme di organizzazione e, con un ruolo ormai ben determinato, la dimensione religiosa e la attività pastorale conseguente.

Si può ben dire che questo concorso di apporti – evidentemente diversificato quanto alle motivazioni ed ai gesti concreti – ha fatto del tema dei diritti umani uno dei principali aspetti della vita internazionale e non solo relativamente al riconoscimento dei diritti stessi, ma soprattutto alla loro tutela che significa nei fatti protezione per la persona e per i popoli, garanzie di esistenza e condizioni che possono permettere un integrale sviluppo individuale e comunitario. Un obiettivo che resta oggettivamente primario per le relazioni degli Stati e altresì per la funzione di Organismi internazionali e sovranazionali che sempre più considerano i diritti umani come strumento di verifica della loro legittimità e quindi della loro competenza. E questo con le evidenti differenziazioni sul piano della tutela effettiva dei diritti, spesso determinata dal loro parziale o totale disconoscimento, fino alle forme più dirette di negazione o di tutela condizionata in cui non mancano immagini contraddittorie che mostrano la mancata protezione di diritti essenziali mentre rivendicazioni parziali e, spesso, strumentali trovano tutela.

 Un quadro certamente diversificato quanto ai contenuti, ai principi ispiratori, agli strumenti giuridici in cui si inserisce come soggetto tutelato o, al contrario, limitato nei suoi diritti, anche la persona umana nella sua dimensione di migrante (questa lÂ’accezione del termine migrante usata nel prosieguo della trattazione). Ed è un inserimento che ha in primo luogo modificato la tradizionale considerazione fatta dal diritto internazionale circa lo straniero, generalmente limitata al profilo dellÂ’ammissione o dellÂ’allontanamento dal territorio di uno Stato diverso da quello di origine o di partenza. Quella del migrante, infatti, è una situazione che riguarda certamente la condizione giuridica dello straniero che dimora sul territorio di uno Stato, ma specificamente tocca gli impedimenti, le leggi, le politiche e in generale gli atteggiamenti dei governi che possono limitare o impedire tale dimora. Situazioni, comunque, nelle quali la tematica dei diritti umani appare in tutte le sue dimensioni e profili: da quella strutturale dei diritti civili e politici a quella più articolata e problematica collegata ai diritti economici sociali e culturali[1].

Certo in un mondo globalizzato, come ormai è dÂ’uso dire a fronte di problemi di difficile soluzione interna, mentre sempre più si registra unÂ’apertura degli spazi sovrani alla dimensione economica (capitali, commercio, servizi finanziari di altro tipo), appaiono ancora insormontabili le chiusure poste nei confronti della persona umana. Ma è evidente che questo atteggiamento non aiuta i processi di sviluppo, la crescita economica e strutturale o una dimensione umana tutelata. Non concorre, cioè, a quelle che sono poi le cause del fenomeno della mobilità umana nel suo profilo migratorio con gruppi vulnerabili costretti a lasciare le proprie terre in ragione di negative condizioni di vita, di libertà, di sicurezza o di bisogni socio-economici, in ragione cioè di una instabilità umanitaria.

Il diritto internazionale nel contesto dei migranti risente molto di quanto elaborato allÂ’interno dei singoli Paesi in termini legislativi e di indirizzo, ma specialmente attraverso la funzione giurisdizionale chiamata ad affrontare le situazioni patologiche della condizione del migrante (ad esempio lÂ’espulsione). Un ambito in genere rigido, mitigato solo dal tentativo di rispondere allÂ’interrogativo: fino a che punto (e se è possibile) il migrante può essere oggetto di trattamento analogo a quello del cittadino?

Una prima risposta è data dalla dimensione dei diritti umani che sembrano prevalere o affermarsi rispetto ai limiti ordinariamente posti dalla sovranità statale. La generale maturazione della tutela dei diritti umani, infatti, ha portato ormai a riconoscere come esistente un catalogo di diritti imprescrittibili (core rights) che lo Stato è obbligato a riconoscere ad ogni persona, indipendentemente dai vincoli di cittadinanza, pur potendo mantenere un differenziato livello di tutela tra cittadino o non cittadino. Sono esempio evidente di una situazione in cui prevale il criterio di appartenenza o la più ampia affermazione della sovranità quei diritti che si muovono nella sfera del diritto penale, mentre di diverso tipo sono i diritti ancorati al principio della non discriminazione e al fondamentale rispetto dei criteri di “umanità”. Tra questi possono annoverarsi quei diritti essenziali che non permettono possibilità di negazione o revoca poiché creano obblighi in assoluto nella condotta degli Stati: questo significa, a prescindere anche dal mancato rispetto delle norme di ingresso in un Paese, il diritto alla vita, alla salute, a non essere ridotto in schiavitù, a non essere detenuto arbitrariamente a non essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti.

NellÂ’ultimo decennio al necessario sostegno a questo orientamento del diritto internazionale ha concorso lÂ’ordinamento interno con la sua pratica, anche giurisprudenziale, ma in particolare lÂ’aumento del numero di migranti – in cui spesso le statistiche inseriscono anche rifugiati e sfollati – determinato da cause comuni alle diverse aree continentali o geopolitiche: dalle catastrofi naturali ai conflitti, alla povertà fino alla più ampia violazione dei diritti fondamentali. A limitare un tale orientamento, invece, rimangono le differenti tendenze o considerazioni espresse riguardo alla figura del migrante. Queste, infatti, sono differenziate tra quelle che lo considerano una risorsa e unÂ’opportunità collegata allÂ’impiego, al lavoro o alla risposta ad indici demografici limitati o negativi, e quelle che si richiamano alla preservazione di identità, culture o sovranità in senso assoluto o almeno esclusivo....Continues


 

[1] È sufficiente qui ricordare che se i diritti civili e politici impongono allo Stato obblighi di condotta e obblighi di risultato, quelli economici, sociali e culturali richiedono solo obblighi di condotta in ragione degli impegni economici che lo Stato deve assumersi per realizzare tali categorie di diritti.

 

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