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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 82, April 2000

Verso i luoghi della bellezza e del sacro.
Il turismo religioso nel Giubileo dell’Anno 2000
[1]

Rev. Prof. Carlo Chenis, SDB
Segretario della Pontificia Commissione
per i Beni Culturali della Chiesa

[French summary, German summary]

La Chiesa, proclamandosi “esperta in umanità”, non può non interessarsi di tutti quegli aspetti che giovano alla promozione umana e possono favorire l’opera di evangelizzazione. In tal senso il turismo può diventare un’occasione di formazione e di catechesi, sia considerato in se stesso, sia in ordine alle mete.

Considerato in se stesso il movimento turistico rientra nella logica dell'homo viator. L’uomo, viandante nel tempo, è chiamato ad accogliere il divenire, a stupirsi di fronte allo spettacolo del mondo, a confrontarsi con le varie esperienze culturali, a condividere conoscenze ed emozioni, a peregrinare verso il divino. “La mobilità è una rilevante chiave interpretativa dell'esistenza umana. Essa manifesta, al di là del puro movimento fisico, la presenza di un'istanza profonda, primordiale e ultima, che induce a considerare la vita come un cammino, tale da coinvolgere l'uomo nelle componenti fondamentali del suo essere”.[2]Tale movimento, che ha contrassegnato l'intera vicenda umana, assolve finalità complesse di carattere ambientale, sociale, commerciale, economico, culturale, religioso. Quest’ultima assume la forma del pellegrinaggio connotandosi di valore spirituale. Infatti “all’interno di questa generale tensione alla mobilità si colloca quella legata propriamente a motivi religiosi, che dà espressione all'anelito interiore ad uscire da sé per un contatto con il trascendente”.[3]

Considerato nelle mete “il turismo, in effetti, potenzia in modo diretto l'appartenenza di un Paese o di una regione alla comunità internazionale, tanto nell'aspetto economico e politico, quanto nell'ambito culturale”.[4]Tale valenza formativa si specifica nei molteplici luoghi appartenenti a diverse epoche e ordinati a vari usi istituzionali, così che quanto è legato al cristianesimo narra storicamente, artisticamente, attualmente il comporsi della tradizione ecclesiale divenendo uno strumento di prima e di nuova evangelizzazione.

Il turismo può essere dunque un mezzo per favorire l'incontro con la religione cristiana attraverso l'arte che questa ha prodotto in due millenni. In tale significazione esso è evento liberale, è otium creativo, è segno dell’homo ludens, è mezzo di perfezionamento della persona. Matura la conoscenza reciproca tra gruppi di culture diverse ed è fattore di incontro fra i popoli.[5]Rappresenta per sé un momento di propedeutica pastorale, “riduce le distanze tra le classi sociali e le razze umane, vince l’isolamento dei popoli favorendo il superamento di nefasti pregiudizi mediante l'incontro di civiltà e di culture; [ ... ] promuove il processo di unificazione al quale il popolo di Dio è ordinato”.[6]Apre perciò alla solidarietà dell'uomo con l’universo e può essere considerato fattore di rinnovamento della persona umana.[7]

Per questo la Chiesa, oltre a curare la pastorale del turismo, è meta privilegiata di turismo grazie all'abbondanza di manufatti ordinati alla catechesi, al culto, alla cultura e alla carità, che ha creato e raccolto lungo i secoli. Ne consegue che essa può utilizzare il turismo - che di per sé è già un valore - per presentare e diffondere efficacemente il suo messaggio. L'arte religiosa diventa quindi un momento di informazione e di accesso al sacro. Occorre però che il turista sia adeguatamente preparato in quanto l'arte cristiana richiede particolare attenzione. Infatti la visita ai luoghi della preghiera e della carità, non può essere mossa da semplice curiosità esterna.[8]

In questo modo il turismo religioso è una forma pastorale aperta a tutti specialmente in occasione del prossimo Giubileo. Esso “può così divenire non solo strumento di pace e di affratellamento dei popoli, ma altresì facilitare contatti concreti e validi tra i credenti, divenendo strumento di incontro ecumenico e di dialogo, in spirito di carità e di speranza”.[9]

La testimonianza sociale, artistica e culturale dell'arte in quanto segno documentario della religiosità degli uomini dice apertura universale ai popoli del mondo e diventa messaggio di liberazione fino agli estremi confini della terra. Ognuno può dunque accedere al sacro anche attraverso un atteggiamento non formalmente religioso, ma pur sempre liberale, poiché “Ecclesiae catholicae nemo extraneus, nemo exclusus, nemo longinquus est”.[10]

Probabilmente il Giubileo del 2000 provocherà un intenso movimento di persone verso i luoghi santi del cristianesimo. Da parte della Chiesa tali masse dovranno essere accolte logisticamente, culturalmente, religiosamente per essere ascoltate e per offrire loro un efficace sostegno spirituale. Il patrimonio storico-artistico può indicare l’accoglienza dignitosa e nel contempo può elevare l'animo verso l'Assoluto. Esso diventa segno dell’umanità pellegrina verso Dio. “Irealmente tutta l’umanità ad essere toccata, in un modo o nell'altro, dal turismo.Iun’umanità pellegrina, nel senso proprio e cristiano del termine, perché nonostante tutti i suoi peccati e le sue colpe, si muove alla ricerca dell'Assoluto, di Dio”.[11]

1. Il turismo come valore

Occorre distinguere tra turismo in genere, turismo religioso e pellegrinaggio.[12]Il turismo in genere è un movimento di persone, sempre più esteso, verso luoghi diversi dal proprio per soddisfare la curiosità di incontrare altre espressioni culturali e altre situazioni ambientali. Si tratta “di un fenomeno di massa relativamente nuovo e certamente rappresenta uno dei principali elementi del tempo libero che, particolarmente nel mondo occidentale, è in continua crescita. La Chiesa, da parte sua, ha sempre cercato di sottolineare il valore spirituale e culturale di un sano godimento del turismo”.[13]Questo infatti produce una cultura della tolleranza, giova all’igiene della mente, genera emulazione.

Diverso è il turismo religioso, poiché per l'individuo la meta non riveste solamente un interesse culturale, ma anche religioso, in quanto attraverso le vestigia esteriori si vuole raggiungere la spiritualità di cui esse sono espressione. Si riconosce dunque nel patrimonio storico-artistico di una religione, e nella fattispecie del cristianesimo, un valore condiviso e uno stimolo per la propria ricerca di Dio. Specie durante l’Anno Santo il turismo religioso potrà essere di propedeutica e parallelo al pellegrinaggio giubilare diventando uno strumento di avvicinamento alla spiritualità cristiana e di rinnovamento religioso in persone già sensibili nell'accogliere o nel rinvigorire la fede.

Diverso è ancora il pellegrinaggio dove si smorzano le curiosità culturali e le fruizioni estetiche al fine di percorrere un cammino in cui l’aspetto visibile è segno del travaglio di un’anima che desidera incontrare Dio per esporgli gratitudine e sofferenze. Nel pellegrinaggio l'interesse della meta diventa spirituale e il cammino è una penitenza e un segno del grande pellegrinaggio verso l’Assoluto condiviso con tutti i credenti. “Vissuto come celebrazione della propria fede, per il cristiano il pellegrinaggio è una manifestazione culturale da compiere con fedeltà alla tradizione, con sentimento religioso intenso e come attuazione di una esigenza pasquale. La dinamica propria del pellegrinaggio rivela con chiarezza alcune tappe che il pellegrino raggiunge e che diventano un paradigma di tutta la sua vita di fede”.[14]

Turismo religioso e pellegrinaggiosono realtà che non si oppongono, ma sono complementari. Il turismo religioso, rispondendo alla curiosità di conoscere e di fruire propria dell'uomo, si ordina allo stupore intellettuale e quindi porta all’incontro con il fenomeno religioso. Il pellegrinaggio rispondendo ad un’esigenza ascetica, invece, è ordinato al vissuto spirituale del fedele e quindi manifesta un atteggiamento di fede. L’integrazione e la complementarità sono tuttavia necessarie dal momento che la fede si incultura così che i beni culturali ecclesiastici possono essere ordinati tanto alla fruizione estetica, quanto all'elevazione spirituale. Infatti la religione cristiana si incarna nel vissuto dei popoli per cui non è estraniata dal territorio e dalla cultura di ogni collettività. In proposito il cristianesimo ha sempre avviato processi di inculturazione e acculturazione al fine di comunicare con le tradizioni dei diversi popoli fino ad assumerne gli elementi usufruibili e ad inibirne altri ritenuti - con una certa fluttuazione di giudizio - discordi con il mandato evangelico.

Il valore del turismo religioso sta nel condurre verso la memoria, verso il presente, verso la spiritualità, verso il territorio, verso la complessità del vissuto. In tal senso il turismo apre lo sguardo verso la storia e l’attualità delle culture di ispirazione cristiana sollecitando ad un approfondimento, poiché il tesoro storico-artistico ecclesiastico rappresenta forse il più abbondante e prezioso deposito culturale dell'intera umanità. Quindi il turismo esorta a stupirsi per tanta bellezza e sospinge a rintracciare nelle vestigia monumentali le motivazioni che hanno incentivato i popoli ad esprimere culto, catechesi, cultura e carità con siffatto splendore di opere. Muove cioè a chiedersi le ragioni della persistente presenza dell’arte fin dagli inizi del cristianesimo e in tutte le aree in cui esso si è diffuso fino a trovarle nell'importanza data da ogni generazione alla religione, quale veicolo di incontro con la trascendenza e di perdono divino.

Il tesoro di opere d'arte è un bene da usare per crescere in umanità, per approfondire l’informazione religiosa, per riacquistare il “paramento interiore”, per affrontare le esigenze della vita spirituale. In quanto bene deve essere fatto conoscere e reso disponibile a tutti così che il turismo religioso diventa un’occasione per mettere a disposizione delle masse il patrimonio storico-artistico della Chiesa per indicare con esso le vie della tolleranza e della spiritualità. L’attuale scorcio di fine millennio potrebbe pertanto avviare “un’era del confronto e della collaborazione”, in quanto “gli uomini di buona volontà” sentono l’urgenza che i popoli si riavvicinino gli uni agli altri. Di conseguenza il turismo religioso può costituire una fonte di formazione alla cultura della mondialità.

L’impegno ecclesiale in ordine ai beni culturali è quello di trasformarli in un mezzo di promozione e di evangelizzazione, nobilitando le culture e con esse i popoli. In tal senso la Chiesa si sta impegnando attraverso le sue istituzioni centrali e capillari su questo fronte. Occorre infatti favorire una cultura di ispirazione cristiana capace di servire e di emancipare la persona, aiutandola a percorrere la via della santità attraverso la testimonianza della carità e il fascino della bellezza impresse nelle insigni opere d’arte che i grandi artisti hanno saputo donare all'umanità e offrire a Dio. È opportuno sollecitare l’urgenza di una valorizzazione pastorale dei beni culturali come espressione tipica dell'inculturazione della fede, come manifestazione peculiare della logica dell’incarnazione, come promozione delle tradizioni locali. Bisogna comprendere la necessità di far conoscere tale patrimonio dell’intera cristianità nel suo valore religioso, onde aiutare a percepire il senso dell'universalità della Chiesa, dove le diversità arricchiscono l’unità.Id’uopo focalizzare l'attenzione sulla preparazione immediata dell’anno giubilare, quale occasione per rinvigorire la presenza e l’efficacia della Chiesa attraverso la rivitalizzazione di quei beni che essa ha prodotto lungo i secoli, e attraverso l’incentivo di nuove creazioni capaci di arricchire culturalmente e spiritualmente i credenti e l’intera umanità. Non si può non considerare attentamente il rapporto tra i beni culturali e le nuove povertà, poiché il patrimonio storico-artistico della Chiesa non dev’essere offensivo dell’altrui indigenza e deve essere offerto alla fruizione dell’intera comunità, soprattutto dei più poveri, al fine di stimolare una cultura dell’equa distribuzione dei beni, compresi quelli culturali.[15]In questo senso il turismo religioso non è concepibile come momento di disimpegno, bensì di impegno formativo che sollecita le masse ad un’esperienza approfondita della cultura cristiana e non solo all’incontro con monumenti avulsi dal contesto e dal vissuto. Infatti “le innumerevoli iniziative, che si stanno progettando in vista dell’Anno Santo, hanno come obiettivo di sottolineare, grazie al contributo di ogni esperto dell’arte e della cultura, l’annuncio fondamentale: Cristo ieri, oggi e sempre”.[16]

2. L'accoglienza personale

Il turismo religioso in contesto giubilare è un movimento di masse verso i luoghi del sacro. Esso sviluppa un’azione umanizzante che implica il rispetto della persona, prodigando ad essa un servizio di accoglienza logistica, di informazione culturale, di formazione cristiana. Tale rispetto porta alla reciprocità e al confronto innescando un rapporto coeducativo specie in riferimento al Giubileo. Non si possono infatti intendere i turisti che s’accostano al patrimonio culturale della Chiesa come passivi consumatori di beni che detengono solamente valore economico. Tale componente di mercato deve essere assorbita nella dimensione primaria della promozione culturale e della evangelizzazione.[17]

Il cristianesimo ha sviluppato lungo i secoli una cultura dell’accoglienza fondata sul mandato evangelico e sul senso della diaspora per cui i cristiani devono sentirsi cittadini del mondo aperti e disponibili al confronto con tutti. Tale cultura dell’accoglienza si fonda primariamente sull’andare incontro e sul riceve in casa. Il Giubileo deve rendere quindi recepibile la dimensione dell’accoglienza delle persone mediante opere, strutture, organizzazione, animatori. Responsabile dell’accoglienza è la comunità dei fedeli distinta nei diversi ruoli, il luogo è l’ambiente ecclesiale in tutte le sue componenti; il segno dell'accoglienza è lo splendore delle opere di cui sono stati rivestiti il culto, la cultura, la catechesi, la carità.

L'accoglienza è un segno di civiltà poiché concretizza l’uguaglianza tra i popoli e le singole persone superando le differenze di cultura, religione, ideologia, censo al fine di promuovere la dignità personale e il mutuo accrescimento. Se vi sono dei privilegi da erogare è verso gli ultimi e i lontani, che sono coloro che più hanno bisogno di fare esperienza di quanto va predicando il cristianesimo. In tal senso da parte della Chiesa non può essere motivo di allarme, ma di evangelica esultanza, l’ipotesi, da taluni esposta con rammarico, che il prossimo Anno Santo vedrà un “Giubileo di poveri”.

Se così avverrà non è che l’attualizzazione contemporanea della parabola di Gesù sul “banchetto delle nozze regali” al quale non vollero recarsi gli invitati ufficiali, perché pretestuosamente occupati in altre faccende. Il re allora mandò a raccogliere i derelitti con l'unica condizione di indossare l'abito nuziale, ovvero la buona disposizione del cuore. E costoro vennero ed iniziò la festa. Nella logica evangelica la povertà porta alla beatitudine se supera la soglia dell'indigenza e diventa bisogno di Dio. L’arte cristiana deve continuare ad insegnare questo attraverso opere artistiche che illustrino l’umiltà e la carità di tanti testimoni della fede e che evidenzino la sublimità della religione.

L’accoglienza durante il Giubileo, da fattore ineluttabile e fonte di reddito, deve diventare motivo di interscambio culturale e religioso, quale segno emancipato della cultura della globalizzazione di cui il turismo è l’industria che più ne ha avvantaggiato.[18]Nei suoi aspetti positivi l'aumento del turismo favorisce l'educazione delle persone, stimola le politiche culturali, incrementa il mercato. Il Giubileo ovviamente intensifica queste dimensioni pur nella distinzione e nella compresenza tanto del turismo religioso (ordinato ad un’esperienza culturale), quanto nel pellegrinaggio (ordinato ad un’esperienza di fede). Molti turisti visiteranno i complessi ecclesiastici per ristoro fisico e spirituale, per curiosità e convinzioni di fede, passando dalla conoscenza del patrimonio storico-artistico all’assimilazione dei suoi contenuti e alla contemplazione del suo splendore. Per questo occorre attivare la cultura dell’accoglienza come segno di civiltà e di vitalità ecclesiale per non frapporre un diaframma deleterio. Specie in Italia il Giubileo è occasione per un’accoglienza del tutto speciale, poiché per fortunata circostanza storica il nostro Paese si trova ad essere il crocevia di varie culture e la sede primaziale del cristianesimo.

L’accoglienza rispettosa delle persone in vista del Giubileo esige una congrua politica che tuteli non solo gli aspetti materiali, ma anche il fine che ha mosso le folle verso l’Italia. Per non disattendere tale impegno occorrono strategie integrate affinché l’accoglienza risulti un “atto organico” dove il sopperimento dei bisogni logistici è ordinato a favorire le istanze religiose. Inoltre per realizzare questi intenti è necessario superare tentazioni insidianti il fenomeno Giubileo: l’abbordaggio da parte di agenzie, operatori, mercanti e profittatori senza scrupoli che vorrebbero trasformare l’Anno Santo in affare privato più o meno lecito; la mistificazione da parte di individui di avversa ideologia che vorrebbero subdolamente impedire il realizzarsi della dimensione religiosa; la disorganizzazione da parte delle varie forze istituzionali in modo che diventi impossibile fruire dell'evento. Incorrendo in ciascuno di questi errori l'accoglienza delle masse verrebbe fortemente compromessa da un turismo che risulterebbe privo di ogni connotazione religiosa e lesivo della dignità personale. Nell'essenziale rapporto socio-commerciale di domanda e di offerta, che imposta anche l’impresa giubilare, si può considerare un atto depredativo il rispondere ottemperando solamente alle richieste materiali, poiché chi si muove in occasione dell'Anno Santo chiede implicitamente di essere aiutato a vivere l’evento religioso. Per la specificità dell’evento il flusso turistico connesso al Giubileo è infatti essenzialmente religioso così che accogliere significa soddisfare questa richiesta. Il piano giubilare deve perciò ordinarsi nelle sue strutture e nella sua organizzazione in modo che il turismo religioso si interfacci con il pellegrinaggio.

Per ottemperare ai criteri suesposti occorre allora sensibilizzare gli ospitanti. Se la prima responsabile dell'accoglienza è la comunità ecclesiale, questa deve attivarsi in tutte le sue forze così che ogni credente, qualsiasi posto esso occupi nella società, deve sentire il dovere pastorale di accogliere al meglio chi arriva nel luoghi sacri. Compito questo che esige un progetto preparatorio e un iter di formazione di cui devono farsi carico le istituzioni ecclesiali in auspicabile collaborazione con quelle civili. Questo deve mettere ogni credente e ogni cittadino nelle condizioni di attivarsi personalmente, sia usando il proprio ruolo istituzionale, sia sollecitando altre persone. Solo un lavoro capillare e un impegno personale dimensionano l’accoglienza sul “vangelo della carità”.

Il turismo religioso in contesto giubilare si qualifica e si specifica nel rapporto interpersonale e nell'esperienza spirituale. Le vestigia monumentali cristiane diventano un bene se riuniscono una comunità capace di integrare persone di più culture quale segno dell’universalità della Chiesa. Se invece i monumenti dello spirito si riducono a reperti storici o ad oggetti di pura fruizione estetica. rappresentano una distrazione alle sollecitazioni spirituali e sono di disturbo ai pellegrini sorretti da buone intenzioni.

3. Le strategie dell'accoglienza

L’accoglienza non si può improvvisare, specie se riguarda numeri consistenti di persone, come si prevedono per l’Anno Santo, ed eventi straordinari, come questo primo Giubileo millenario della storia. In contesto di turismo religioso deve essere presente l’urgenza pastorale, la promozione culturale, la sollecitudine per i più poveri. “Tutto, infatti, dovrà mirare all'obiettivo prioritario del Giubileo che è il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani. È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio di forte conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso”.[19]I beni culturali della Chiesa sono un esempio e un mezzo mirabile per raggiungere questo “obiettivo prioritario”. Infatti le motivazioni profonde che hanno spinto i cristiani in due millenni a creare un patrimonio storico-artistico così consistente, sono fondate nella loro fede, nella loro speranza e nella loro carità. In quest’ora di fine millennio e di trapasso epocale “la Chiesa, maestra di vita, non può non assumersi anche il ministero di aiutare l’uomo contemporaneo a ritrovare lo stupore religioso davanti al fascino della bellezza e della sapienza che si sprigiona da quanto ci ha consegnato la storia. Tale compito esige un lavoro diuturno e assiduo di orientamento, di incoraggiamento e di interscambio”.[20]

I beni culturali sono dunque quanto mai significativi per identificare e qualificare il turismo religioso giubilare. Al riguardo sono da ribadire alcuni aspetti su cui concentrare la sensibilizzazione anche attraverso l’operato dei mass media che in questo “Giubileo telematico” assumeranno un ruolo del tutto particolare e forse problematico. I suddetti aspetti si possono raggruppare in una tipologia che evidenzi lo specifico pastorale, catalizzi l'interesse al settore, esponga il valore sociale dei beni culturali. Occorre perciò evidenziare lo specifico pastorale dei beni culturali della Chiesa, con rinnovata professionalità, profonda umiltà, dialogo attento, apertura disponibile e percezione delle tradizioni locali. È utile accogliere l'attuale interesse verso questo settore per ripensare il lavoro svolto dalla Chiesa in questi due millenni, con proposte concrete per il futuro. È strategico utilizzare tali beni per ridare all'umanità il senso della storia intrisa di quotidianità e di grandi gesta, onde evidenziare l’influsso del cristianesimo lungo i secoli nei diversi contesti socio-culturali, oltreché ricordare le catastrofi naturali o gli eventi conflittuali che hanno portato, in taluni casi, alla distruzione di insigni capolavori.Iimportante sottolineare l’aspetto della comune fruibilità di tali beni che rappresentano un’occasione privilegiata al fine di non discriminare fra ricchi e poveri, fra diverse culture ed etnie, fra varie confessioni religiose e molteplici religioni.

Per usufruire in tal modo dei beni culturali della Chiesa è necessaria un’opera di animazione del turismo religioso e del pellegrinaggio capace di evidenziare la dimensione ecclesiale del patrimonio storico-artistico. Occorre pertanto promuovere manifestazioni a più livelli intese alla valorizzazione dei beni culturali; programmare specifici incontri per credenti e non credenti, fedeli e pastori, fruitori e artisti; sensibilizzare le famiglie come luogo di educazione all'arte cristiana e alla comprensione dei valori da essa trasmessi; interessare i giovani alla “cultura della memoria” e alla storia del cristianesimo incrementando in essi il senso di appartenenza al territorio; evidenziare il genius loci di ogni popolo sottolineando le caratteristiche tipiche che ne hanno contrassegnato le molteplici manifestazioni storico-artistiche, in modo da far percepire la ricchezza delle culture nella loro diversità di espressione; organizzare a livello parrocchiale, diocesano, nazionale iniziative intese a rivalutare pastoralmente il patrimonio storico-artistico della Chiesa.

In quest’epoca in cui si vanno riscoprendo le tradizioni locali onde recuperare il senso di appartenenza al proprio territorio, non si può pensare solamente ad un turismo-fuori bensì si deve attivare anche un turismo-dentro. Lo stesso Giubileo non può essere pensato solo come un movimento verso Roma e la Terra Santa, ma anche verso ogni Diocesi, così che in tutti i monumenti dello spirito si deve pensare all’accoglienza. Per questo le iniziative ecclesiali, secondo il programma indicato dalla II Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa,[21]è opportuno si dispieghino al livello sia delle Conferenze Episcopali di ogni nazione, sia delle singole diocesi, sia di ogni comunità parrocchiale.

Sul piano di tutte le Conferenze Episcopali si possono suggerire le seguenti iniziative: rendere evidente l'inculturazione della fede a livello artistico-culturale, religioso e sociale nella nazione evidenziando l’influsso del cristianesimo; riproporre i valori della tradizione dell’arte cristiana nei vari campi dell’architettura, della pittura, scultura, arredo, suppellettile, musica, canto, teatro, ecc., incentivando processi di maturazione culturale e religiosa; presentare, in modo adeguato e critico, le grandi personalità del mondo cattolico che hanno contrassegnato la storia del paese o della Chiesa, riproponendo l’eroicità delle virtù cristiane, favorendo organismi di collaborazione tra Chiesa e Stato per la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico nazionale; promuovere leggi e istituzioni per la protezione e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, curare la formazione dei pastori, degli artisti e degli operatori nel campo dei beni culturali realizzando una tutela competente ed effettiva, educare al senso della memoria le comunità appartenenti alle nuove chiese dando continuità alla tradizione di ogni popolo.

Sul piano delle singole Chiese particolari si possono suggerire le seguenti iniziative: coinvolgere le autorità civili per coordinare con esse gli eventuali programmi di manifestazioni; promuovere la formazione dei laici per essere guide preparate, anche spiritualmente, a comunicare ai fedeli i valori religiosi espressi dal patrimonio storico-artistico della Chiesa; organizzare periodiche riunioni del clero e giornate di studio offerte a tutti per far emergere la ricchezza culturale di un determinato territorio; sensibilizzare i fedeli al valore non solo storico-artistico, ma religioso-pastorale dei beni culturali della Chiesa onde favorirne una corretta utilizzazione; istituire dei premi per stimolare nuove creazioni in tutti i molteplici settori dei beni culturali (musica, teatro, pittura, scultura, architettura, arredo, vestiario, suppellettile, ecc.); programmare pellegrinaggi ai santuari, chiese, eventuali siti archeologici cristiani e altri luoghi della Diocesi particolarmente significativi nella storia e nella vita ecclesiale per una autentica riappropriazione; valorizzare gli archivi e le biblioteche ecclesiastiche per connotare la storia del territorio; costituire musei integrati con l'intero patrimonio storico-artistico ecclesiale per dare rilevanza e unità a quanto esiste nella Diocesi; fare in modo che le manifestazioni non si risolvano in forme puramente culturali per ordinarle all’evangelizzazione; riscoprire le forme più sane di pietà popolare insite nella tradizione locale per ripresentarne i contenuti spirituali, la valenza catechetica, la dignità culturale, la dimensione spettacolare; rivalorizzare il ruolo delle confraternite e delle associazioni laicali per farne scoprire l’importanza sociale e culturale nel costruire chiese, ospedali, ostelli, scuole, ecc., oltreché nel raccogliere importanti archivi e biblioteche.

Sul piano delle singole Comunità parrocchiali si possono suggerire le seguenti iniziative: visitare la propria chiesa parrocchiale soffermandosi su ciò che l’edificio contiene quale testimonianza della fede delle precedenti generazioni per incentivare uno sguardo più approfondito; aprire ai fedeli il proprio archivio parrocchiale per portarli a conoscenza della storia familiare e della vita ecclesiastica; pubblicare brevi dépliant, videocassette per promuovere ricerche sul territorio, così che la comunità sia stimolata a conoscere maggiormente il patrimonio religioso, culturale, artistico della parrocchia; coinvolgere in questo lavoro di animazione specialmente i giovani per invogliarli a nutrire interessi proficui a livello religioso, sociale, culturale.

Le strategie dell’accoglienza da parte della Chiesa sono dunque ampie, ma tutte concentrate nel favorire l’autentico turismo religioso e soprattutto il pellegrinaggio. Questo è “la tenda dell'incontro con la carità [ ... ] La carità deve essere messa in atto già durante il cammino del pellegrino, col soccorre i più bisognosi, col dividere il cibo, il tempo e le speranze, nella consapevolezza che in tal modo si creano nuovi compagni di strada”.[22]Non si tratta pertanto di accogliere istituzionalmente, ma esistenzialmente ed ecclesiasticamente, poiché “il pellegrinaggio conduce anche alla tenda dell’incontro con l’umanità” così che i luoghi santi del cristianesimo possano diventare segno dell'incontro pacificato tra i popoli e le religioni.[23]Su questi ideali di accoglienza non può non risplendere la bellezza dell’arte che mette le genti in relazione con l’Assoluto.

4. I luoghi dell'accoglienza

Tutti i “luoghi” del cristianesimo sono destinati all'accoglienza dei christifideles così che le molteplici istituzioni ecclesiali sono sorte per soddisfare le opere di misericordia corporale e spirituale. Culto, cultura, catechesi, carità determinano i “luoghi dell’accoglienza” in cui si attua “il vangelo della carità”. La Chiesa si è servita dei segni sensibili per esprimere e per annunciare la propria fede. Perciò accanto alla Parola, ai Sacramenti, alla testimonianza, la Chiesa ha praticamente da sempre utilizzato simboli, figure e immagini per la catechesi ad intra e per la comunicazione del vangelo ad extra. I beni culturali sono dunque per la loro natura offerti alla fruizione tanto della comunità quanto dei lontani, poiché entrambi possono beneficiarne nel loro cammino di fede. Pertanto il turismo religioso non viola “luoghi”, per sé pubblici, anche se richiede rispetto e attenzione alle specifiche loro finalità nell'auspicio di farle proprie.

Tali “luoghi” cristiani hanno sempre assunto il significato di proposta e quindi si sono resi visibili e visitabili. Nella Chiesa si può assistere ad una certa enfatizzazione del sensibile e dell’immagine quale primo approccio all’annuncio della fede. Il linguaggio delle immagini, le narrazioni in parabole, i grandi complessi religiosi sono documento di questa strategia della visibilità e quindi del valore turistico dei beni ecclesiastici. Se già Gregorio Magno raccomandava le immagini sacre per l’istruzione religiosa degli illetterati e dei pagani,[24]oggi i pastori, dovendo fare i conti con la secolarizzazione religiosa e con la cultura delle immagini, non possono non ricorrere a questi stessi mezzi. In tal senso le antiche vestigia comunicano il fascino della tradizione e i nuovi areopaghi confermano l’attualità del cristianesimo, se si creano le condizioni di fruibilità sacrale attraverso una preparazione previa e il raccoglimento nell'approccio.

Il turismo religioso deve condurre le persone all’incontro con la ferialità ecclesiale e deve far vedere come questa si è rivestita lungo i secoli di insigni opere d'arte e si è commisurata con l’ambiente naturale. Le dinamiche sottese muovono i fruitori verso la memoria e verso l’attualità onde introdursi nel vissuto ecclesiale attraverso un qualificato cammino artistico. In questo senso i manufatti non sono solo dei riscontri materiali, ma sono beni creati da una comunità che organizza nel tempo il proprio habitat. Il tutto è all’insegna della continuità in quanto non bisogna dare l’impressione che i beni religiosi costituiscano un museo, in quanto sono segni di un vivaio per l'attimo presente. Specie nell’Anno Santo occorre far incontrare i pellegrini con l’ininterrotta tradizione della Chiesa, diversa nelle forme e analoga nel contenuti, che dimostra l’impegno delle passate generazioni e stimola quelle attuali.[25]

Il turismo religioso apre quindi alla memoria, al presente, al religioso, al territorio, alla complessità. Apre alla memoria facendo incontrare le persone con i siti archeologici e con i complessi delle varie epoche. Nelle catacombe si incontra la Chiesa primitiva. Queste vestigia “mentre presentano il volto eloquente della vita cristiana dei primi secoli, costituiscono una perenne scuola di fede, di speranza, di carità. [ ... ] Le catacombe parlano della solidarietà che univa i fratelli nella fede” così che in tal silenzio “il pellegrino del Duemila può ritrovare o ravvisare la propria identità religiosa in una sorta di itinerario spirituale che, muovendo dalle prime testimonianze di fede, lo porta sino alle ragioni e alle esigenze della nuova evangelizzazione”.[26]Dalle catacombe si esce verso i grandi complessi cultuali. Laddove è arrivato il cristianesimo, secolo per secolo, svettano i monumenti dello spirito. Dalle basiliche paleocristiane si passa alle cattedrali medievali e a quelle della grande espansione geografica dell'era moderna fino ad arrivare alle nuove chiese al fine di documentare la storia della comunità cristiana nelle varie epoche e nei diversi territori. L’esempio delle cattedrali medievali è sufficiente per richiamare alla memoria lo sforzo titanico di ogni singola comunità cristiana. Nella prima parte di questo millennio infatti l'intera Europa divenne un enorme cantiere di cattedrali la cui costruzione impegnò una moltitudine di persone e durò secoli. Nel ripercorrere la storia attraverso l'arte non si possono poi dimenticare le varie spiritualità portate avanti dai grandi ordini religiosi quali i benedettini, i domenicani, i francescani, i gesuiti, ecc., che hanno dato vita a stupendi laboratori della cultura e dell'arte ordinati sempre al culto di Dio e alla salvaguardia della creatività umana. La memoria pertanto apre il turista sulla storia della Chiesa e dei popoli, sull’investimento della committenza cristiana in arte e in cultura, sulla libertà espressiva e varietà stilistica, sulla passione religiosa e talvolta encomiastica. Il patrimonio storico-artistico funge da macchina del tempo che trasporta i turisti nel passato onde riaccompagnarli nella quotidianità arricchiti di un tesoro di bellezza e di spiritualità.

Il turismo religioso conduce quindi anche nel presente. Profonde “tracce di sacro” hanno solcato la nostra epoca troppo superficialmente ritenuta priva di attenzione al divino e al bello per cui è bene rivisitarla con attenzione. L’arte religiosa contemporanea rimane il diario dell'individuo che scopre la presenza di Dio tentando di suggerire tale ineffabile esperienza ai posteri. Essa può ancora insegnare all’uomo a guardare al mistero e a vivere nella speranza.

Infatti “questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.[27]L’arte sacra nella sua intima dimensione iconografica sa offrire a coloro che l’accostano la presenza del divino affinché ciascuno ritrovi il volto di Dio nel fratelli. Infatti “1a riscoperta dell’icona cristiana aiuterà a prendere coscienza dell’urgente bisogno di reagire contro gli effetti spersonalizzanti e spesso degradanti delle molteplici immagini che condizionano la nostra vita, nella pubblicità e nei media”.[28]Non si può dire che la stagione dell’arte sacra si è conclusa definitivamente poiché “esiste ancora, esiste anche in questo nostro arido mondo secolarizzato, e talvolta perfino guasto di profanazioni oscene e blasfeme, una capacità prodigiosa di esprimere, oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano”.[29]Questo momento storico va dunque rivisitato attraverso una riflessione critica sulla bellezza e sulla spiritualità per raccogliere il tesoro dell’arte contemporanea dove è espresso il disagio delle generazioni di questo secolo ed è evidenziato il dramma dell'uomo dell'era inopinatamente postcristiana. Anche le chiese moderne dovrebbero perciò suscitare interessi turistici ed essere in grado di comunicare il messaggio di arte e di fede firmato con lo stile del nostro tempo.

Il turismo religioso inoltra nei recinti dello spirito. La via dell'arte permette di incarnare fugacemente il divino. “Infatti l’uomo sa oltrepassare infinitamente se stesso, come ne danno prova, in modo evidente, gli sforzi che tanti geni creatori compiono per incarnare durevolmente nelle opere d’arte e di pensiero valori trascendentali di bellezza e di verità, più o meno fuggevolmente intuiti come espressione dell’assoluto”.[30]I grandi monumenti dello spirito, gli edifici di culto, le iconografie catechetiche, i laboratori della cultura, le opere di assistenza sono incarnazione della fede. L’arte di cui sono rivestiti tali insigni vestigia non fa che rendere più trasparente l’immagine dell’amore di Dio e l’umana corrispondenza. Illuminata dallo Spirito l’arte diventa icona del divino, cosicché può esprimere speranze escatologiche senza tacere le brutture crocifiggenti, dense tenebre e scandalo, che fanno più desiderabile la rifulgente bellezza di Dio. Liturgia e arte sono perciò intimamente complementari così che “il culto cattolico e l’arte sacra devono accordarsi: quello per dare all’espressione artistica un contenuto quale non altrimenti essa potrebbe avere e pretendere, e quale tutta la riempie di commozione e di sforzo verso la sincera, la suprema bellezza; e questa, l’arte sacra, per offrire al culto il suo dono più puro e più pieno, il dono del linguaggio ineffabile, che rende in qualche modo sensibili le cose spirituali”.[31]In tal senso il momento di massima fruizione dell’arte cristiana è nella celebrazione liturgica dove si realizza come in un teatro globale del vissuto, l’“estasi e il tormento” dell'umanità.

Il turismo religioso dà il senso del territorio. Esso rende evidente l'opera di disseminazione del cristianesimo in tutti i luoghi dove si vanno insediando le collettività. Non si può pertanto concentrare il turismo religioso nelle città d’arte, ma esso deve essere orientato alle diverse tipologie territoriali al fine di comprendere l’influsso del cristianesimo nei luoghi urbani e rurali, recepirne gli interessi diversi così da comprendere lo sviluppo di cattedrali, parrocchiali, oratori, chiese confraternitali, monasteri, conventi, sacelli, edicole, madonnelle, ecc. L’arte cristiana è mirabilmente dispersa su tutto il territorio in modo quasi connaturale tanto da conferire un assetto ormai irrinunciabile all'ambiente. Essa esprime infatti l'individualità di una determinata popolazione, i caratteri del territorio, il genio degli artisti, il desiderio dei committenti in una girandola storica che favorisce un continuo ruotare di stili pur lasciando inalterato il valore religioso. La Chiesa infatti non ha stili particolari, poiché è in diaspora nel mondo così che si incultura e accultura accogliendo o elaborando il linguaggio artistico del luogo al fine di infondere sacralità cristiana alle sue opere.[32]Quindi l'arte cristiana in tutte le sue componenti essenziali è a misura della comunità locale che vive la propria fede ordinando a Dio non solo le azioni, ma anche le espressioni. In tal senso luoghi di culto, monasteri, scuole, ospedali, ostelli, ecc., diventano il simbolo e il richiamo dell’intera comunità affinché continui ad impegnarsi nella preghiera e nella carità. Pertanto il turismo religioso deve mettere a contatto il fruitore con l'organizzazione ecclesiale sul territorio per far comprendere le ragioni che hanno prodotto tali e tanti beni culturali.

Il turismo religioso evidenzia infine la complessità e specificità dell’arte cultuale. I luoghi dell’accoglienza devono dunque essere rispettati nella loro destinazione d'uso e nella loro complessità. In quanto destinazione d'uso bisogna far in modo che la visita turistica non violenti la sacralità del luogo poiché ne verrebbe compromesso, sia il turismo religioso, sia l’usufrutto della comunità locale. In quanto complessità occorre far capire che il luogo sacro è uno spazio scenografico coerente con l’azione celebrativa. Dovendo soddisfare tali criteri la tipologia dell’accoglienza va dimensionata ai singoli ambienti, alle diverse situazioni, al numero dei turisti-pellegrini. Non si può trattare il problema ovunque nello stesso modo. Anche se i luoghi accolgono per se stessi, il turista deve incontrarsi con persone preparate e idealmente è invitato a vivere un’esperienza ecclesiale. Per molte chiese e altri complessi ecclesiastici si pone il problema della loro sicurezza, della guardiania sui visitatori, delle informazioni turistiche e della guida alle opere, tanto da richiedere la presenza continua di persone. Se per le piccole e medie chiese è auspicabile un’accoglienza capillare, fatta ad esempio da volontari della comunità parrocchiale preparati all’uopo, per i grandi complessi monumentali è necessario mettere in opera strumenti didattici e guide professionali. Le difficoltà in merito non mancano per cui si deve elaborare un piano economico di contribuzioni per non pesare sulla comunità ecclesiale e per offrire un servizio dignitoso.[33]È questa un’ottima occasione di collaborazione con le Istituzioni civili (Enti locali, Soprintendenze, Centri di studio, ecc.) ed Enti privati. Le soluzioni sperimentate sono varie, ma bisogna sempre distinguere fra chi entra in chiesa per pregare e chi per visitare.

I luoghi dell’accoglienza devono dunque essere comprensibili nella loro sacralità e vitalità per cui occorre una campagna di informazione e di formazione rivolta tanto ai turisti, quanto ai responsabili dell’accoglienza. Aumentando il tempo libero, i mass media dovrebbero non solo creare l’interesse alla scoperta di nuovi posti da visitare, ma anche attivare il desiderio di una preparazione previa in modo che il turista abbia già i rudimenti linguistici per comprendere il messaggio dell’arte sacra.[34]Il monumento stesso deve poter dimostrare la sua vitalità sottolineando gli elementi tipici della liturgia cristiana onde suscitare il desiderio della partecipazione al sacri riti.[35]Se, da una parte, è infatti necessario impedire l'afflusso turistico nelle chiese durante i momenti celebrativi, dall’altra, la proposta di liturgie ben curate può essere coinvolgente anche per i turisti. Ovviamente alla base c’è il problema della formazione degli operatori, sia a livello generale, sia locale, che assume rilevanza specialmente in riferimento all’evento giubilare. Per questo la Chiesa sollecita la formazione di guide idonee alle sue finalità ed ha avviato, almeno in Italia, corsi propri di preparazione.[36]

L'ideale è dotare ogni monumento cristiano di persone in grado di farlo parlare al fine di comunicare l’intrinseco valore spirituale e di predisporre accompagnatori che sappiano condurre i turisti ad un’esperienza di cultura, di spiritualità, di fraternità e di svago.[37]

Conclusione

Il turismo religioso ha dunque un’intrinseca specificità che non può essere disattesa al fine di favorire la fruizione integrale dei beni culturali della Chiesa. L’evento giubilare è un’occasione privilegiata di promozione umana e di evangelizzazione riproponendo in modo adeguato il patrimonio storico-artistico cristiano. Occorre quindi un solerte impegno istituzionale onde evitare la mercificazione dei prodotti dello spirito. Tale fatto increscioso costituirebbe un oltraggio tanto al cristianesimo, che deve usare dei mezzi dell’annuncio in modo disinteressato, quanto ai visitatori, che hanno il diritto di un’esperienza spirituale attraverso l’arte, essendo questa la via dell'Assoluto. In questo contesto l’Italia si trova in una condizione di favore per la diffusione in tutto il territorio nazionale di opere d’arte cristiana e per la collocazione geografica di crocevia di culture, di popoli, di religioni. Il Giubileo diventa allora motivo di riscoperta del proprio tesoro di spiritualità espresso nell’arte, di accoglienza dei visitatori di ogni parte del mondo, di confronto interculturale e interreligioso, di apostolato attraverso l’incontro interpersonale e la presentazione dei monumenti dello spirito. Questo evento simbolico che scandisce il passaggio di millennio deve muovere all’istanza di un nuovo umanesimo e della nuova evangelizzazione. Si tratta di illustrare il passato con correttezza, per evidenziare quanto di positivo e di meno positivo hanno prodotto le comunità cristiane nei secoli. Si tratta, inoltre, di presentare la Chiesa dell’oggi in continuità e in sviluppo rispetto a quanto narrano gli archivi della storia e della bellezza.

Ora la Chiesa presentando in pubblico i propri beni artistici contribuisce alla crescita dell'uomo, al recupero dei valori dello spirito. “La bellezza infatti nobilita l’animo che la contempla. Ogni espressione artistica può scavare nel più profondo della natura umana, manifestare, attraverso la mediazione del gesto esteriore, la realtà spirituale interiore e procurare all’uomo una migliore conoscenza di se stesso, che sia benefica non solo sul piano letterario e artistico, ma anche nel campo morale e religioso”.[38]L’arte pertanto diventa strumento per aiutare gli altri ad essere più uomini e più credenti. Il linguaggio del bello è il più universale dei linguaggi. L’arte è infatti l’umana realtà maggiormente vicina alla religione poiché annuncia, al di là del discorrere della religione, le vie dello spirito.[39]

Quanto suesposto lascia intravedere possibilità e difficoltà che obbligano ad una concentrazione organica degli intenti in modo che l’impresa turistica entri a far parte di politiche culturali dove vengono anzitutto rispettati i valori spirituali che determinano e contraddistinguono i beni culturali ecclesiastici.[40]Occorre pertanto maturare nella consapevolezza dei rischi specie in contesto giubilare. Infatti “le folle di turisti che entrano nelle chiese, attratte dallo splendore delle loro opere d’arte, rappresentano un fatto significativo: questo fenomeno, osservato dal versante religioso pastorale, si può definire una forma di alienazione intellettuale, rispetto al contenuto specifico dell’arte sacra, cioè un processo di conoscenza in cui esistono i meccanismi di coinvolgimento spontaneo L’esito finale non è un'esperienza del sacro, ma un godimento culturale. Quindi un processo ambiguo”.[41]Tale ambiguità va risolta nel rendere complementari la fruizione estetica e l’esperienza del sacro attraverso un progetto formativo che rende recepibile tale connessione essenziale nell’ambito dell’arte cristiana. L’ambiente culturale deve quindi vitalizzarsi per rendere fruibile la componente sacrale che lo informa.[42]Questo non è facile, data l’odierna difficoltà di accesso al sacro cristiano, ma è possibile attraverso mediazioni propedeutiche. La Chiesa da parte sua deve gestire l’ambiente culturale in modo che sia sacro anche fuori del tempo celebrativo e nei luoghi non più abitualmente aperti al culto e deve evitare, per quanto possibile, una museificazione indiscriminata.[43]

Il turismo rappresenta dunque un momento di riqualificazione dell'uomo non solo nel suo tempo libero, ma nella sua stessa identità. L’Anno Santo deve impegnare la comunità cristiana al fine di suscitare interesse alla testimonianza della fede onde offrire ai visitatori la possibilità di trasformarsi da turisti in pellegrini confidando nel fatto che l’uomo è “Pellegrino dell'Assoluto”. Tutta la vita della Chiesa è infatti attraversata da questa continua itinerante ricerca di Dio e della sua grazia così che il pellegrinaggio “è occasione di rinascita interiore, di rinnovata consapevolezza cristiana e di più generoso impegno nella storia”.[44] 

Notes:

[1]Il presente studio elabora sistematicamente la relazione tenuta al Convegno Turismo d’arte: analisi e proposte organizzato dall’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pisani (San Miniato al Tedesco – Pisa, 19 e 20 giugno 1998). Cf Turismo d’arte analisi e proposte (= Atti del XII Convegno Nazionale), Firenze 1999, p. 52-67.
[2]Commissione Ecclesiale per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della Conferenza Episcopale Italiana(= PTLTS.CEI), Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio. “Venite saliamo sul monte del Signore” (29 giugno 1998) 4.
[3]PTLTS.CEI, Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio 5.
[4]Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti(= PCPMI), Messaggio per la XIX Giornata Mondiale del Turismo (1998), La collaborazione settore pubblico - settore privato: un’asse essenziale dello sviluppo e della promozione del turismo.
[5]“Se è giusto infatti che l’homo faber abbia la possibilità di divenire - in determinati momenti - homo ludens, non va dimenticato che l'uno e l'altro si completano nell’homo sapiens. Solo mediante una valida formazione personale che metta in guardia da manipolazioni deteriori, il turismo si tradurrà in un otium veramente creativo e non conoscerà il pericolo di dissipare il tempo, né di tradurre lo svago in intemperanza, il desiderio culturale in curiosità malsana, i bisogni di socialità in incontri privi di idealità; il tutto in un’assenza squallida, talora ostentata, di preoccupazione religiosa e morale”: Giovanni Paolo ii, Agli operatori del settore turistico (27 settembre 1982), in: Insegnamenti V/3 (1982), p. 610.
[6]S. Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la pastorale del turismo (30 aprile 1969), in: Enchiridion Vaticanum (= EV) 3, 1023.
[7] Ibid., in: EV 3, 1025.
[8]Parlando ad un gruppo di turisti Paolo VI si augura che “1a visita a San Pietro non sia una semplice escursione turistica, rischiarata da qualche reminiscenza storica e da qualche sentimento di curiosità e di ammirazione per le dimensioni e per le singolarità dell’insigne monumento, ma sia un vero atto di culto, dal quale ognuno possa riportare la genuina impressione spirituale di un tempio cattolico, impressione che qui appunto per le dimensioni dell’edificio, per la sua storia, per la sua peculiare funzione, può diventare vivissima e caratteristica”: Paolo vi, Per la festa della dedicazione del Maggior Tempio (17 novembre 1965), in: Insegnamenti III (1965), p. 1102. Ad altri visitatori aggiunge: “Noi speriamo che le vostre visite non avranno solo un valore culturale, ma che costituiranno pure una forza ascensionale per elevare le vostre menti e i vostri cuori a Dio, verità e bellezza infinita”: Paolo vi, Agli Studenti della Gran Bretagna (9 novembre 1968), in: Insegnamenti V/3 (1982), p. 1016.
[9]S. Congr. Clero, Direttorio generale per la pastorale del turismo, in: EV 3, 1023.
[10]Paolo vi, Omelia in conclusione del Concilio (8 dicembre 1965), in: AAS 58 (1966), p. 6.
[11]Cheli Card. Giovanni, Discorso di apertura, in: PCPMI, I cammini dell’umanità pellegrina alle soglie del 2000, Città del Vaticano 1998, p. 24.
[12]PTLTS.CEI, Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio 14.
[13]Spillane J.J., Globalizzazione e turismo, in: La Civiltà Cattolica q. 3552 (1998), p. 556.
[14]PCPMI, Il pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000 (25 aprile 1998) 32.
[15]Tali temi sono stati oggetto di discussione e di riflessione nella II Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, celebratasi il 24-25 settembre 1997 e conclusasi con una Lettera circolare (20 novembre 1997) indirizzata a tutti i Presidenti delle Conferenze episcopali del mondo.
[16]Giovanni Paolo ii, Messaggio I beni possono aiutare l’anima nella ricerca delle cose divine e costituire pagine interessanti di catechesi e di ascesi (25 settembre 1997), in: L'Osservatore Romano (28 settembre 1997), p. 7. Tale discorso è stato pronunciato in occasione della II Assemblea della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.
[17]La consulta pastorale della Peregrinatio ad Petri Sedem ha impostato i criteri di accoglienza dei pellegrini per l'Anno Santo prospettando, per quanto possibile, la “giornata-tipo” e la “settimana-tipo” in modo da dare il senso del pellegrinaggio specialmente alle masse che confluiranno a Roma.
[18]Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo (= OMT) si è registrato un totale di circa 595 milioni di turisti all’estero nel 1996 e 613 milioni nel 1997 con un incremento del 77% rispetto a dieci anni prima, così che si prevede - salvo consistenti squilibri economici e politici mondiali - un aumento progressivo di movimenti con un'impennata nel 2000 e una salita costante negli altri anni fino a raggiungere i 937 milioni di viaggi nel 2010: cfr. Roberts M., Dream Factories: A survey of Travel and Tourism, in: The Economist (10 gennaio 1998), p. 3.
[19]Giovanni Paolo ii, Lettera apostolica Tertio millennio adveniente (10 novembre 1996) 42.
[20]Giovanni Paolo ii, Messaggio (25 settembre 1997).
[21]Cfr. Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali sulla II Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa (20 novembre 1997).
[22]PCPMI, Il pellegrinaggio 38.
[23]Cfr. PCPMI, Il pellegrinaggio 39.
[24]“Altra cosa è adorare la pittura, altra cosa è imparare per mezzo della pittura storica ciò che si deve adorare. La pittura insegna agli illetterati ciò che la scrittura insegna ai letterati: infatti gli ignoranti vedono nella pittura ciò che devono operare, in essa leggono coloro che non conoscono la lettura; quindi la pittura supplisce per i pagani la lettura. Ciò doveva stare bene a cuore a te, che abiti in mezzo ai pagani”: Gregomo Magno, Ep. Ad Serenum Ep.Massilien, in: MGH, Epp. II, X. Berlin 1957, p. 269-272.
[25]La Conferenza Episcopale Italiana (Ufficio Nazionale per i Beni Culturali - Ufficio per la Pastorale del Turismo - Ufficio Liturgico) ha affrontato il tema in due recenti convegni: I turisti nelle chiese. L'accoglienza dei visitatori negli edifici aperti al culto (Cervia - Milano Marittima [RA], 21-22 aprile 1995), Specificità dei Beni Culturali Ecclesiastici: l'accoglienza dei visitatori nelle chiese aperte al culto (Roma, Palazzo della Cancelleria, 12 dicembre 1996).
[26]Giovanni Paolo ii, Allocuzione Nel silenzio delle catacombe il pellegrino del Duemila può ritrovare o ravvivare la propria identità religiosa (16 gennaio 1998), in: L'Osservatore Romano (17 gennaio 1998), p. 5. Tale discorso è stato pronunciato in occasione dell'Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione di Archeologia sacra.
[27]Concilio Ecumenico Vaticano ii, Messaggio agli artisti 8 dicembre 1965, in: EV 1, 494*-498*.
[28]Giovanni Paolo ii, Duodecimum saeculum (4 dicembre 1987) 11, in: EV 10, 2389.
[29]Paolo vi, Allocuzione Inaugurata la Collezione d'arte religiosa moderna nei Musei Vaticani (23 giugno 1973), in: Insegnamenti XI (1973), p. 645-650.
[30]Giovanni Paolo ii, Lettera al Segretario di Stato, Cardinale Agostino Casaroli (20 maggio 1982), in: Insegnamenti V/2 (1982), p. 1775-l781.
[31]Paolo vi, Allocuzione Armonia tra l’arte sacra e l’attività liturgica (4 gennaio 1967), in: Insegnamenti V (1967), p. 3-8.
[32]Cf Concilio Ecumenico Vaticano ii, Sacrosanctum Concilium (4 dicembre 1963) 123 in: EV 1, 227.
[33]Da parte della Chiesa ci sono orientamenti al fine di “disporre che i luoghi di culto restino aperti durante l'intera giornata per favorire la pietà dei fedeli [turisti] e consentire la visita alle eventuali opere d’arte in esse conservate”: S. Congr. Clero, Direttorio generale per la pastorale del turismo (30 aprile 1969), in: EV 3,1038. Inoltre “è fatto obbligo al Direttore del Museo ecclesiastico di comunicare alle Sovrintendenze competenti e agli Enti turistici locali l’orario di apertura al pubblico delle raccolte, il prezzo dei biglietti d'ingresso e ogni altra utile informazione riguardante la vita del Museo”: Pontificia Commissione Centrale per l'Arte sacra in Italia, Immagine del Museo diocesano, Molfetta 1982, p. 254. Più dettagliatamente “i musei e le sale di esposizione non siano un deposito di sculture, quadri, documenti, ma, oltre alla funzione di raccolta, abbiano aggiunta anche quella della conoscenza, della valorizzazione e della divulgazione della storia della pietà ed ecclesiastica, spesso dell'intera regione”: CEI, Tutela del patrimonio storico artistico della Chiesa in Italia (14 giugno 1974) 11, in: E.CEI, 2, 1334. Dal momento poi che “gli edifici sacri anche dotati di valore artistico, sono luoghi di culto, non è permesso ai turisti di disturbare le funzioni sacre che vi si celebrano”: S. Congr. Clero, Lettera circolare (11 aprile 1971), in: EV 4, 662-664. Cf Strazzullo F., I musei diocesani, Milano 1964; Id., Musei parrocchiali, in: Arte Cristiana 661 (1979), p. 217-218; Serracino-Inglott P., Il museo e il sacro, in: Arte Cristiana 669 (1980), p. 167-178; AccardoS., I musei diocesani e gli ordinamenti regionali, in: Arte Cristiana 677 (1981), p. 127-131; Della Rocca F., Aspetti giuridici dell’arte sacra, Città del Vaticano 1988, p. 105-110.

Si possono ricordare alcune esperienze italiane intese ad offrire un servizio qualificato ai turisti e nel contempo a tutelare i beni culturali. A Ravenna si è istituita l'Opera di Religione della Diocesi di Ravenna (Ente ecclesiastico) che ha affidato a due cooperative laiche la gestione dei monumenti ecclesiastici ravennati non abitualmente officiati, risolvendo in modo dignitoso i problemi della custodia (apertura tutti i giorni dell'anno), manutenzione ordinaria (abituali interventi manutentivi), assistenza turistica (ca. 600.000 visitatori all'anno), così da valorizzare un patrimonio monumentale di prim’ordine, creando nel contempo alcuni posti di lavoro (30 giovani preparati da un corso di formazione con aggiornamento annuale). L’accesso a tali luoghi è mediante il pagamento di un biglietto e sono previsti biglietti cumulativi per percorsi cittadini totali o parziali.

L'esperienza di Verona è analoga a quella di Ravenna e ad essa si è ispirata. La differenza consiste nel fatto che qui si tratta di chiese aperte al pubblico e di parrocchiali, così che è stato un problema pastorale presentare l'iniziativa ai parrocchiani. Attualmente, al di fuori dei momenti di culto, per entrare in alcune chiese di grande importanza storico-artistica si deve pagare il biglietto, mentre per le funzioni l'ingresso è ovviamente gratuito, ma non sono ammessi visitatori. Da un iniziale disagio per le limitazioni, i parrocchiani (sempre esclusi dal pagamento del biglietto) sono passati al riscontro di taluni vantaggi quali l'orario di apertura prolungato, il maggiore ordine, la tutela delle opere d'arte e il rispetto delle celebrazioni liturgiche. Anche se non sempre con esiti soddisfacenti soluzioni analoghe sono state tentate in altre città d'arte, tra cui Pisa.

A Firenze, Arcivescovo e Capitolo del Duomo hanno deciso di permettere le visite anche durante le funzioni. Per i fedeli è stato ricavato un ampio spazio delimitato da transenne all'interno della navata centrale, mentre i turisti hanno accesso alle navate laterali e al complesso del coro. Curano l’accoglienza e l’accompagnamento dei turisti un gruppo di studenti universitari volontari. Dietro pagamento di un biglietto, oltre la visita è rilasciato un pieghevole esplicativo attento anche ai non-cristiani. Una novità interessante è poi la creazione dell'Ufficio diocesano per la catechesi attraverso l’arte distinto da quello per i beni culturali. Esso è rivolto soprattutto al Fiorentini per educarli alla comprensione dell’arte della propria città con varie iniziative.

A Venezia con un accordo fra Curia e Soprintendenza si tengono aperte per alcune ore chiese altrimenti chiuse, non si fa pagare biglietto, ma si predispongono pubblicazioni (curate dalle Edizioni Marsilio, Padova) di varie dimensioni e prezzo (che dovrebbero servire ad ammortizzare le spese di guardiania). Queste opere, realizzate in collaborazione tra Diocesi e Soprintendenza, affiancano alla trattazione storico-artistica-stilistica, una trattazione iconografico-catechetica.

A Brescia si sono avviate iniziative di sensibilizzazione al patrimonio storico artistico soprattutto nelle famiglie. Per alcune parrocchie è stata realizzata una videocassetta in cui viene presentata la propria chiesa e il contesto territoriale. Inoltre si è organizzato il museo diocesano per tipologie di persone con percorsi didattici idonei a trasmettere il valore religioso oltreché quello storico e artistico dell'arte sacra. In molti altri posti si sta sperimentando un approccio diverso ai beni culturali specie in vista dell'Anno Santo.

Andando all’estero si può menzionare un esempio francese risalente al 1992-1993 allorquando il Comitté national pour la Pastorale du Tourisme et des Loisirs (Commission des Hauts lieux spirituels) presso la Conferenza Episcopale e la Délégation aux investissements et aux produits touristiques del Ministero per il Turismo hanno pubblicato in collaborazione un “documento tecnico” Pour des églises ouvertes et accueillantes. È una specie di vademecum dal tono colloquiale rivolto ai parroci con informazioni e consigli molto utili su come mettere a disposizione dei visitatori le chiese affidate alla loro custodia. Esso si articola in varie parti: 1) dati sociologici sul turismo religioso; 2) quadro giuridico nazionale: proprietà, competenze; 3) inventario cartaceo e fotografico; 4) lettura della chiesa: storia, elementi tecnici architettonici, la luce, l’iconografia religiosa; 5) decalogo per tenere aperta una chiesa (consigli pratici) pieghevole esplicativo; 7) pannelli illustrativi; 8) luogo riservato per la preghiera; 9) musica di sottofondo; 10) accoglienza personale.

[34]Sono auspicabili documentari, siti Internet, riviste, CD-Rom, guide ai monumenti, studi monografici, dépliant turistici che informino l’opinione pubblica attraverso mass media, enti del turismo, canali commerciali sul valore artistico-religioso del patrimonio ecclesiastico. Si tratta di aprire lo sguardo delle masse ai valori che manifesta l’arte in modo appetibile tanto da suscitare il desiderio della visita, dell’approfondimento, della ricerca spirituale. Si può citare, tra gli altri, l’esempio della rivista Luoghi dell’infinito, Mensile di Avvenire, che presenta le vestigia cristiane inserendole nel connettivo spirituale.
[35]A Venezia, ad esempio in alcune chiese del centro storico, durante il tempo di Avvento e di Natale, si è pensato di valorizzare e di approfondire la lettura di alcune opere raffiguranti la natività riproponendo la spiegazione degli elementi simbolici della tradizione iconografica.
[36]A Roma è stato organizzato presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Ecclesia Mater (Università Lateranense) in collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi e la Peregrinato ad Petri Sedem il corso per Operatori pastorali nell’ambito dei pellegrinaggi e degli itinerari religioso-culturali con diploma triennale in scienze religiose (titolo della CEI), oppure diploma biennale di specializzazione post-master, oppure attestato di esami sostenuti.
[37]Le fonti normative ecclesiastiche intendono difendere l’ambiente cultuale nella sua materialità e anche nella sua formalità. Occorre “valorizzare le opere d’arte cristiana esistenti nelle diocesi, assicurando una intelligente presentazione del loro significato religioso; si raccomanda perciò la formazione spirituale e culturale delle guide e l’accurata preparazione dei mezzi tecnici destinati alla illustrazione di tali opere”: S. Congr. Clero, Direttorio generale per la pastorale del turismo (30 aprile 1969), in: EV 3, 1040. “Gli ordinari del luogo, vagliate le norme del Direttorio Peregrinans in terra circa il ministero pastorale per i turisti, curino affinché i luoghi e gli oggetti sacri, notevoli per l’arte, siano a tutti resi visibili, come testimonianza della vita e della storia della Chiesa”: S. Congr. Clero, Lettera circolare (11 aprile 1971), in: EV 4, 662-664.
[38]Paolo vi,Communio et progressio (23 maggio 1971) 54, in: EV 4, 834.
[39]Cf Paolo vi, L’arte mezzo di effettiva rinascita (16 aprile 1971), in: Insegnamenti IX (1971), p. 303; Paolo vi, L'arte deve sempre avvicinarsi a Dio (10 maggio 1969), in: Insegnamenti VII (1969) p. 302; S. Congr. Clero, Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze episcopali sulla cura del patrimonio storico-artistico della Chiesa (11 aprile 1971), in: EV 4, 655-664.
[40]In un Convegno tenuto nel 1990 a Ravenna sul turismo religioso in occasione dell'Anno Europeo del Turismo 1990 il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e l'Ufficio Nazionale CEI per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport hanno elaborato una Dichiarazione sul turismo proposta alle Conferenze Episcopali Europee, agli Ambasciatori dei Paesi europei accreditati presso la Santa Sede e al Parlamento Europeo. Vi si affronta il problema sotto il profilo sociale esortando comunità cristiane, operatori pastorali e turistici ad evitare di fare del turismo un’occasione di sfruttamento dell’uomo. Tale orientamento trova riferimento nell’art. 24 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, New York 10 dicembre 1948, che sancisce “il diritto al riposo, al tempo libero, ad una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e a vacanze periodiche retribuite”. Nel suddetto documento ecclesiastico si affronta inoltre il problema sotto il profilo religioso ed ecclesiale: “Consapevoli della missione della Chiesa di annunciare la buona notizia a tutti gli uomini, si dichiara il turismo come un ambito nuovo dell'annuncio e della testimonianza” (4); “I movimenti turistici moderni permettono di incontrare i grandi monumenti che sono le pietre della memoria dell’Europa e [... di riscoprire ... ] le comuni radici spirituali dei nostri popoli e delle nostre nazioni” (6). “La Chiesa riconosce che nel turismo si realizza il desiderio insito nell'uomo di godere la vita come possibilità di maggiore umanizzazione e di cammino verso i valori trascendenti” (7).
[41]GusminiP., Prospettive pastorali nell'accesso ai beni culturali: esperienze e proposte, in: Arte Cristiana 648 (19 18), p. 123. Il testo riporta una comunicazione al seminario di studio dal tema: Stato e Chiesa per una politica dei beni culturali a dimensione regionale (Milano, 28 gennaio 1978); TerruzziA., Il territorio di una ricerca sul sacro nell'arte, in: Città e società 14/1 (1983), p. 122-124.
[42]Il principio ispiratore è, pur sempre quello incarnazionista, dove culto e beni culturali sono aspetti inscindibili di un’unica realtà. “Mentre le varie correnti del pensiero umano, nel passato e nel presente, sono state e continuano ad essere propense a dividere e perfino contrapporre il teocentrismo e l’antropocentrismo, la Chiesa invece, seguendo il Cristo, cerca di congiungere nella storia dell’uomo in maniera organica e profonda. E questo è anche uno dei principi fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio”: Giovanni Paolo ii, Dives in misericordia (30 novembre 1980) 1, in: EV 7, 860.
[43]“Le opere d'arte devono restare, possibilmente, nei luoghi di culto per conservare alle chiese, agli oratori, ai monasteri e conventi l’aspetto significativo della fisionomia originaria di luoghi destinati agli esercizi di pietà”: CEI, Tutela del patrimonio storico artistico della Chiesa in Italia (14 giugno 1974) 10, in: E.CEI 2, 1333.
[44]PTLTS.CEI, Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio 36. Cf PCPMI, Il Pellegrinaggio 12-17. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti diffonde quattro volte all'anno il Bollettino Pastorale du tourisme, pelerinages & sanctuaires. Il Bollettino fornisce informazioni in breve sull'attività del Pontificio Consiglio, di varie organizzazioni nazionali e internazionali, religiose e laiche; tratta di argomenti legati non solo al turismo culturale religioso; presenta documenti di varia provenienza; cura una rassegnabibliografica.

Vers les lieux de la beauté et du sacré.
Le tourisme religieux dans le Jubilé de l'An 2000.

Résumé

Par nature, l'homme est porté à la découverte du monde où il vit. Dans la société contemporaine, cette attitude peut revêtir un aspect ludique, qui trouve son expression dans le phénomène touristique. Le tourisme est un moyen qui peut favoriser les échanges culturels et religieux entre les peuples. Face à l'exigence d'un nouvel humanisme et à l'engagement chrétien de la nouvelle évangélisation, l'aspect formateur du tourisme doit être pris en considération. Selon les buts poursuivis, celui-ci peut être culturel ou religieux et dans ce cas, il peut prendre la forme d'un pèlerinage. Plus particulièrement dans le contexte de l'année jubilaire, le tourisme religieux peut tendre à un développement des valeurs humaines, ce qui impliquera le respect de la personne à l'intention de laquelle seront prévus un service d'accueil logistique, une information d'ordre culturel et une catéchèse.

A ce besoin de tourisme religieux doit correspondre une préparation culturelle basée sur l’accueil car le tourisme ne doit pas se réduire à une simple consommation du patrimoine historique et artistique de l'Eglise. C'est la communauté des fidèles qui est en premier lieu responsable de l'accueil des touristes, dans une ambiance ecclésiale dont témoigne la splendeur des oeuvres d'art qui ont toujours été utilisées comme expression du culte, de la culture, de la catéchèse et des institutions caritatives. Une jouissante esthétique jointe à une hospitalité accueillante suscite chez le visiteur le désir d'approfondir le contenu du message représenté par les monuments contemplés, et fait en sorte qu'il le rattache volontiers à ceux qui sont précisément les dépositaires de ce riche patrimoine. En somme, le tourisme religieux concerne aussi bien celui qui reçoit que celui qui est reçu au sein de l'habitat ainsi édifié dans le temps par la communauté chrétienne. Il est donc important de préparer la rencontre avec l'autre, aussi bien par le biais de l'hospitalité que de la visite en elle-même. D’où, également, l'importance des animateurs, qui seront appelés à sensibiliser autant les touristes que la communauté d'accueil à partager une expérience religieuse commune sur des sites qui sont en fait le reflet de la foi chrétienne.

En vue d'une jouissance la meilleure possible du bien culturel ecclésiastique, au point d'en faire un instrument privilégié de la proclamation du message évangélique, il faut que soient prises des mesures adéquates à l'organisation du tourisme en provenance de l'extérieur et il convient en outre d'encourager un tourisme interne d'origine locale. Ces mesures doivent être prises à divers échelons, en suivant une dynamique qui procède du général au particulier, de façon à ce que soient concernées les différentes institutions ecclésiales telles que le Saint-Siège, les Conférences épiscopales, les Eglises particulières, les communautés paroissiales ou les Instituts religieux. Il faudra également penser à un target différencié afin de répondre aux exigences des divers intérêts culturels et appétits spirituels.

Les mesures prises en vue de donner un sens religieux au tourisme serviront à en mieux cerner et déterminer les lieux. En soi, tous les lieux historiques du christianisme sont destinés à l'accueil des christifideles et à la rencontre de ceux en qui sont éloignés, de sorte que le tourisme doit prédisposer à une approche de la vie quotidienne ecclésiale, telle qu’elle s'actualise dans les célébrations liturgiques, dans l'instruction religieuse, dans les activités culturelles et les oeuvres de miséricorde. En somme, le tourisme permet l’accès à la mémoire de la tradition chrétienne, à tout ce qui est vécu par la communauté locale, sa vitalité religieuse, et à son appartenance territoriale. Il fait voir la complexité et l'interdépendance des nombreux aspects qui conditionnent la religion de l'incarnation dans l'histoire, au point de susciter le désir de passer de la satisfaction d'ordre culturel au recueillement spirituel.

C'est ainsi que, pour l'Eglise, le tourisme représente un moment de recyclage humain, non seulement au plan des loisirs mais aussi de l'identité personnelle. Au cours de l'Année Sainte, les communautés chrétiennes, surtout celles qui disposent d'un patrimoine historique et artistique important, devraient s'engager à offrir aux touristes la possibilité de faire connaissance, de façon concrète, avec les "lieux de l'Absolu", au point d'inciter ceux-ci à devenir de véritables pèlerins de l'Absolu.


Hin zu den Orten des Schönen und des Sakralen
Der religiöse Tourismus im Jubiläumjahr 2000

Zusammenfassung

Der Mensch ist von Natur so veranlagt, die Welt, in der er lebt, zu entdecken. In der heutigen Gesellschaft kann dies in unterhaltsamer Weise geschehen, nämlich im Tourismus. Der Tourismus ist eine Mittel, welches den kulturellen und religiösen Austausch unter den Menschen und Völkern erleichtern kann. Nötig ist ein neuer Humanismus und ein christlicher Einsatz in der neuen Evangelisierung und hier sollte der Tourismus wegen seiner bildenden Dimension berücksichtigt werden. Das Ziel kann kultureller oder religiöser Natur sein; letzteres kann sich in Wallfahrten ausdrücken. Ganz besonders im Zusammenhang mit dem Jubiläum sollte der religiöse Tourismus die Achtung der Person hervorheben und sich bemühen, dies auszudrücken in dem Angebot von Diensten, wie Unterbringung, kulturelle Information und religiöse Einführung und Vermittlung.

Der Nachfrage nach religiösem Tourismus muß eine qualifizierte Kultur der Aufnahme antworten, denn man darf die Touristen nicht als passive Verbraucher des geschichtlich-künstlerischen Erbes der Kirche betrachten. Verantwortlich für die Aufnahme ist in erster Linie die Gemeinde der Gläubigen, der kirchliche Raum ist der Ort, die Pracht der Kunstwerke das Zeichen, sie haben schon immer dem Kult, der Kultur, der Katechese, der Caritas Ausdruck verliehen. Die Bewegung, die aus dem ästhetischen Genuß und der freundlichen Begegnung entsteht, läßt im Besucher die Neugierde aufkommen, die in den monumentalen Darstellungen ausgedrückten Inhalte zu ergründen, und sie mit dem Entgegenkommen der Hüter des geschichtlich-künstlerischen Erbes in Verbindung zu bringen. So zieht der religiöse Tourismus ganz wesentlich Gäste und Gastgeber in das Habitat ein, welches von der christlichen Gemeinde, die in der Zeit lebt, geschaffen wurde. Deshalb ist es wichtig, daß Gastgeber und Besucher auf die Begegnung vorbereitet werden. Besondere Bedeutung haben hier auch die Animatoren. Sie müssen die Touristen und auch die Gemeinde sensibilisieren, damit sie eine Erfahrung an den Orten des Glaubens teilen.

Um eine optimale Nutzung der kirchlichen Kulturgüter zu erreichen und sie wirklich als Werkzeuge der Verkündigung zu betrachten, sind geeignete Vorgehensweisen nötig, um den Tourismus von außerhalb vorzubereiten und dem örtlichen Tourismus neuen Antrieb zu geben. Das müßte auf unterschiedlichem Niveau geschehen, gemäß einerer Dynamik, die vom Allgemeinen ins Besondere geht, um so die vielen kirchlichen Institutionen miteinzubeziehen: Heiliger Stuhl, Bischofs-Konferenzen, Teilkirchen, einzelne Pfarrgemeinden oder religiöse Institute. Dann muß an unterschiedliche Ziele gedacht werden, um so die verschiedenen kulturellen und geistlichen Interessen befriedigen zu können.

Die eingeführten Strategien legen die Orte fest, wo der religiöse Tourismus sich ausdrücken kann, und geben ihm somit einen Sinn. Eigentlich sind alle Orte des Christentums zur Aufnahme der christifideles und zur Begegnung mit den Entfernten bestimmt, so muß sich der Tourismus dem Alltag der Kirche nähern, dder Ausdruck findet in in den liturgischen Feiern, in der religiösen Unterrichtung, in der kulturellen Aktivität und in den Werken der Nächtenliebe. Der Tourismus ist somit offen für die Erinnerung an die christliche Tradition, für das Leben der Ortsgemeinde, das religiöse Verlangen, die territorialen Zugehörigkeit. So läßt er das komplexe Ineinanderwirken der vielen Aspekte hervortreten, durch welches die Religion der Menschwerdung wahr wird, und der Wunsch aufkommt, vom kulturellen Erlebnis zur geistlichen Sammlung zu gelangen. 

Für die Kirche bedeutet der Tourismus also einen Moment der Neubetrachtung des Menschen, nicht nur in der Freizeit, sondern in seiner vollen Identität. Besonders während des Heiligen Jahres sollten die christlichen Gemeinden, die ein beachtliches Geschichts- und Kunstgut besitzen, bemüht sein, den Touristen die Möglichkeit zu geben, tatsächlich die "Orte des Absoluten" zu erleben, damit sie so angeregt werden, wirklich "Pilger des Absoluten" zu werden.

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