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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 82, April 2000

Un'etica per il Turismo

S. E. Mons.Francesco Gioia
Segretario del Pontificio Consiglio

Un concetto d'espressione, finora popolar-giornalistica, va definendosi e diventando ossatura dell'uomo del Duemila. È il concetto contenuto in termini come globalizzazione o come Pianeta Terra diventato un villaggio globale. Il cammino dell'uomo che conosciamo dal racconto storico è giunto a una svolta inedita - ma che forse esisteva nelle fasi precedenti a quella narrata dalla storia, cioè in ere preistoriche e arcaiche, rintracciabili appena nei reperti geologi.

1. Da società "stanziale " al nomadismo

Nel racconto biblico della torre di Babele, fatto dalla Volgata, una parola è stata... corretta. Gli uomini avevano fondato una grande civiltà "nel paese del Sennaar", e si dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre (...) per non disperderci sulla terra" (Gen 11,4). "Per non disperderci”, nel latino attuale, recita: "ne dividamur”; mentre, prima, traduceva dal greco: "priusquam dividamur", cioè "prima disperdiamoci sulla terra". La prima lettura ("ne dividamur") che è quella esatta, contiene uno stato d'animo di paura dei piccoli gruppi di umani davanti alla vastità del pianeta sconosciuto.

Quello stato d'animo è il pathos che ha messo in moto le dinamiche demografiche nel periodo di presenza umana descritto dalla storia. Un pathos di paure che ha creato nell'altro lo straniero, quanto meno potenzialmente minaccioso, il nemico. Le dinamiche demografiche di cui parla la storia sono dominate da una costante di gruppi umani che perseguono un'identità collettiva, che diventano regni, imperi, stati, unità di potere, coese attorno a una persona, a una dinastia, a una classe egemone, cui fanno da supporto una religione, una tradizione, una lingua o elementi del genere. Fino ai nostri giorni la condizione sociale ideale di un gruppo umano è stata una condizione di tipo "stanziale": a ogni popolo un'area compatta, una lingua, una religione, una struttura politica, detta Patria, considerata una cosa sacra. I nomadi sono stati ritenuti non ancora abbastanza civili da essere in grado di costruirsi una Patria se non, addirittura, dei superstiti a un genocidio.

L'ideale delle popolazioni umane di cui parla la storia, è stato quello delle genti "del paese del Sannaar" di cui dice il citato racconto biblico: "Essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua", perché hanno saputo costruirsi "una città e una torre (...) e un nome" (Gen 11,6). per non disperdersi su tutta la terra.

Una situazione del genere, di natura "stanziale", costituisce in realtà solo una pausa nella lunga permanenza dell'uomo sulla terra. I reperti antropologici arcaici testimoniano di spostamenti della razza umana da un continente a un altro secondo le condizioni climatiche e ambientali che rendevano facile o difficile la sopravvivenza nelle aree geografiche. Le dinamiche demografiche sono state incalzate o limitate dalla paura degli uomini di venire sopraffatti dalle forze della Natura.

Gli uomini hanno molto più temuto che amato la natura, anche se nelle loro religioni sono giunti a volte al culto della Madre Terra, cioè d'una natura sentita buona come lo è una madre. Davanti a una natura sentita come forza molto spesso soverchiante, bisognava stare e procedere uniti, quasi in assetto di guerra. Significativamente lo scrittore sacro, mette in bocca a Dio le parole "soggiogare e dominare" (Gen 1, 28) quando egli assegna all'uomo il compito che lo aspetta sul pianeta Terra. 

Oggi l'uomo sembra giunto a una svolta: la terra è diventata lo stupendo giardino in cui Dio lo ha posto perché ne porti a termine l'"ornato", secondo la significativa terminologia degli studiosi biblici. La storia - o se si vuole, la cultura - è il complemento della creazione e in questa prospettiva l'umanità è giunta a una riconciliazione con la natura, che non è più una forza pericolosa - o peggio ancora malvagia - da cui difendersi. È l'Eden, come Dio lo ha creato appunto, da riscoprire e da "restaurare" nella nostra storia, che è alla luce di questa riscoperta storia sacra.

È interessante (ma soprattutto, è vero!) vedere la globalizzazione in quest'ottica. È affermare l'esistenza di un disegno unitario dell'universo quale "fenomeno", cioè manifestazione del Dio che partecipa se stesso, il suo essere, la sua gloria, come cantano i salmi (cf Sal 19,2; 102,26).

2. Il turismo come rivisitazione dell'opera creatrice di Dio

Il processo di globalizzazione attenua e in certa misura rende superflui i confini che delimitavano le aree di sicurezza in cui vivevano gruppi umani che li chiamavano "i sacri confini della Patria". L‘identità, sì, è ritenuta un valore anche sul piano sociale, ma lo spazio geografico lo è sempre di meno. Identità culturale - nazionale, come più spesso si dice - può esistere e prosperare anche senza spazi o confini sacri: per esempio, gli Ebrei da duemila anni hanno rappresentato, fino a poco più di cinquant'anni fa, una di tali identità, senza uno spazio geografico specifico.

Il turista che si sposta di paese in paese, di continente in continente, prende contatto con realtà culturali vive ed estinte, fiorite in ambienti diversissimi e in epoche remote, sotto forme originali che tra loro presentano magari delle somiglianze, ma che non sono mai identica riproduzione l'una dell'altra. In questo cammino, che è il turismo, l'uomo procede senza armi per difendersi, con un grande carico di aspettative e di stima per ciò che altri popoli hanno creato nella loro vita.

Sappiamo bene come il peccato, che l'uomo si porta dietro come un pesante fardello, abbia contaminato anche questa cosa meravigliosa che è il turismo. Basti pensare al turismo sessuale! Ma anche senza arrivare a questo punto, il turismo si può macchiare di altri peccati: può essere il peccato d'orgoglio dei ricchi turisti nei confronti degli abitanti appartenenti ad altre culture, può essere il disprezzo di turisti dei paesi progrediti verso gli abitanti di paesi in via di sviluppo, può essere l'ostilità verso uomini di religione diversa. 

Il pathos dell'uomo moderno non è più, comunque, la paura: oggi non si fabbricano città con torri e grattacieli per difendersi, come gli uomini del Sennaar. E anche da sentimenti ostili o d'orgoglio siamo in grado di liberarci per aprirci invece alla stima reciproca e alla presa di coscienza dei problemi del mondo di cui non possiamo non sentirci, a un certo punto, corresponsabili.

Il 1° ottobre 1999 l'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) ha pubblicato il Codice mondiale dell'Etica del turismo, che era in preparazione da ben 19 anni, cioè dalla Dichiarazione di Manila del l980. Nel corso di questa lunga fase preparatoria è apparsa l'espressione "Rivoluzione turistica", nel testo di una Dichiarazione stilata nella Conferenza dell'Aia. Perché rivoluzione? La risposta si trova affiancando il turismo ad altri fenomeni collaterali, che inducono a presagire una condizione dell'uomo del futuro inserito in forme di vita sempre meno stanziali e sempre più nomadi, in un mondo che è un grande villaggio distribuito in quartieri e non chiuso in riserve.

La globalizzazione ha questo significato e nella globalizzazione il turismo ha una funzione pionieristica. In una situazione del genere, in cui l'unica connotazione reale d'un individuo è quella che lo qualifica come cittadino del mondo, anche l'etica della vita individuale e sociale ha bisogno d'un profondo ripensamento.

Il Documento dell'OMT ne presenta le tematiche di fondo: “i principi”, come dice il testo, che riguardano alcuni temi essenziali dell’etica del turismo.

3. Il diritto al turismo

La rivoluzione giovanile del ‘68 è stata, tutto sommato, una chiassosa celebrazione del tramonto dell'era marxista. K. Marx aveva preconizzato l'era del lavoro come mezzo di riscatto dell'uomo da schiavitù arcaiche e come mezzo di dominio dell'uomo sulla natura. Infatti, attraverso il lavoro l'uomo si impadronisce delle forze della natura e le mette a servizio del progresso. Marcuse, profeta dei giovani del ‘68, gli rispose che il lavoro, nella accezione marxiana, è destinato a ridursi e terminalmente a poco meno che scomparire se non vuole riversare sullÂ’umanità una sovrapproduzione che la soffoca. Noi vediamo come una società progredita corra soprattutto un rischio del genere. Per questo è necessario lavorare meno. EÂ’ nato così il tempo libero, proclamato allora dai figli della borghesia come spazio riservato alla creatività –“la fantasia al potere!” - che doveva riempirlo per impedire che diventasse un vuoto.

L'accresciuto “tempo libero” – dice il Documento dellÂ’OMT – rende possibile il turismo: le ferie ne favoriscono l'accesso anche all'operaio, le vacanze lo consigliano agli studenti, i mezzi di comunicazione, comodi e rapidi, lo rendono possibile alle famiglie, perfino ai bambini, agli anziani, agli handicappati (Art. 7, 4). Insomma tutta l'umanità può diventare più nomade.

Il turismo è una maniera di spendere il tempo e di adempiere al dovere di istruirsi, di divertirsi, di accedere direttamente e personalmente alla scoperta del pianeta in cui viviamo e delle culture degli uomini che lo popolano.

4. I diritti dei turisti

Le persone che si spostano fino a raggiungere ogni angolo della Terra, nei paesi in cui arrivano devono godere gli stessi diritti dei cittadini che li abitano. Certamente, un controllo alle frontiere è necessario, secondo modalità stabilite internazionalmente, secondo determinate formalità sanitarie o d'altro genere, per la tutela dellÂ’ordine pubblico. Tuttavia, si tratta di misure destinate a rendere più sicuro e agevole l'incontro del turista con il paese di cui è ospite, cioè con i suoi abitanti, con il patrimonio culturale e con i suoi tesori di storia e di bellezza ambientale, non a controllarlo!

Il turista ha diritto di utilizzare tutti i mezzi a disposizione dei cittadini senza restrizioni, tutti i servizi, anche sanitari, del paese e di disporre di possibilità d'acquisto, di convertibilità monetaria, di alloggi secondo le leggi e i prezzi correnti nel luogo.

La circolazione e l'accesso a siti turistici e culturali deve rispettare certamente modalità di orari e di altro genere, secondo le tradizioni e le destinazioni d'uso di tali siti. Per esempio, l'accesso a una moschea, a un tempio, a una chiesa sarà regolato, come lo è del resto anche per le persone del paese, secondo modalità di rispetto alle funzioni religiose o altre norme in vigore per tutti.

I turisti sono persone che vanno a visitare altre persone, per conoscerle meglio, per avere un contatto vivo con i loro valori. Ogni visita è un atto di cortesia, di amicizia, a volte anche di intimità, di ammirazione.

Accanto ai diritti, naturalmente, esistono anche i doveri non solo verso le persone, ma anche verso le cose, i siti, l'ambiente. La mancata coscienza di questi doveri ha avuto come conseguenza la “profanazione”, attraverso i rifiuto lasciati dai turisti, persino dell'Everest. Si sa come sia vivo il problema in luoghi “sacri” alla fede e all'arte, come Assisi, Venezia, Firenze. Ogni paese ha i suoi luoghi sacri. Il rispetto diventa un atteggiamento altamente educativo per l'intera umanità.

5. Etica dei "professionisti " del turismo

L'espressione “professionisti” è usata dal Documento dell'OMT (Art 6,1.2). In primo luogo vengono indicati con questa espressione gli addetti ai mezzi dÂ’informazione: giornalisti, tour operators, agenzie di viaggio. L'informazione sui siti e il loro valore dev'essere obiettiva. Sono facili, ad esempio, false informazioni stampa relative a situazioni presentate come insicure dal punto di vista sociale o della salute, allo scopo di depistare i turisti da un'area a un'altra.

Delicato, dal punto di vista etico, è pure il fatto della correttezza dei contratti di spesa a proposito dei trasporti e degli alloggi, le prestazioni e i sistemi di sicurezza ed eventuali risarcimenti in caso di difficoltà impreviste.

L'autorità ha il diritto e il dovere, in caso di crisi, d'informare e di soccorrere il turista, estraneo al paese, oltre che di metterlo in guardia per quanto riguarda insicurezza in determinati luoghi (per es. in caso dÂ’eruzione di un vulcano) e tradizioni da rispettare.

Anche alle esigenze religiose dei turisti, il documento si fa attento e raccomanda ai “professionisti” di “contribuire affinché la sensibilità culturale e spirituale dei turisti sia soddisfatta e sia permesso lÂ’esercizio del loro culto religioso” (Art. 6, 3). 

Anche le popolazioni locali, più o meno direttamente, sono associate all'azione dei “professionisti” nell'animazione turistica. Di solito tali popolazioni beneficiano dei risultati del turismo. Infatti i luoghi turistici ricevono benefici economici - ma non solo economici! - dalla presenza dei turisti: le località vengono dotate di servizi di ogni genere, dalla viabilità, alla cura del paesaggio, alle comodità di comunicazione. È necessario, tuttavia, vigilare che tali vantaggi non vengano pagati con la distruzione di molte bellezze naturali, se non si riesce a contemperare i servizi e lo sfruttamento delle risorse con il rispetto della natura.

6. Lavoratori e imprenditori del turismo

L'ultimo articolo del Documento tocca il tema degli addetti all'industria turistica negli aspetti concreti del lavoro e della fatica che esso comporta.

Anzitutto gli addetti a questo tipo di lavoro, vi devono essere preparati perché la loro presenza costituisce un elemento essenziale nel rapporto turistico. Dal punto di vista personale, le persone impiegate in questo genere di attività corrono rischi particolari per il fatto che a volte sono alle dipendenze di organizzazioni straniere, inoltre vengono assunte secondo ritmi stagionali, sono soggette a legislazioni d'altre nazioni verso le quali devono anche spostarsi, alle volte, imparando lingue diverse, stabilendo contratti di lavoro disomogenei.

Le casistiche cui vanno incontro i lavoratori del settore turistico sono cariche di contenuti eticamente problematici da definire e facilmente soggetti al gioco della soggettività e della stessa ingiustizia. Per questo è necessaria la presenza di organismi eticamente solidi e duttili, ma attenti alle situazioni del delicato dialogo umano che è il turismo.

7. Il turismo vettore di crescita umana

È questo uno dei concetti fondamentali del Codice di Etica del Turismo, proclamato dall'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), il giorno l° ottobre 1999 a Santiago del Cile: "Il turismo, attività il più delle volte associata al riposo, alla distensione, allo sport, alla cultura e alla natura, deve essere concepito e praticato come un mezzo privilegiato di crescita individuale e collettiva; praticato con la necessaria apertura di spirito, costituisce un fattore insostituibile di autoeducazione personale, di mutua tolleranza e di accostamento alle legittime differenze tra popoli e culture, e alle loro diversità" (Art. 2, 1).

L'accostamento alle diverse realtà e alle specificità culturali viene fatto non attraverso letture di libri e riviste o visione di film, ma direttamente, inserendosi nella realtà viva delle città, delle genti, degli stili di vita, degli usi e costumi.

Certo, è necessario "introdurre nei programmi di educazione anche l'insegnamento sul valore degli scambi turistici, sulla loro utilità economica, sociale, culturale, oltre che sui rischi connessi" in caso un'educazione all'approccio culturale venga a mancare nel turista (Art. 2, 5).

Le culture sono altrettanti patrimoni di valori e il turismo diventa una scuola al loro apprendimento. Cosa che si verifica anche nel caso che il turista si trovi davanti allo spettacolo di una miseria che non conosceva nel proprio paese.

Il turismo, nelle dimensioni che va ormai assumendo di incontro di masse, non può non richiamare alla memoria un altro fenomeno di spostamento di popoli che chiamiamo colonialismo. Ma questo era intimamente immorale, perché fondato sul dominio dell'uomo su altri uomini. Invece il turismo, nella sua essenza, è pregnante di valori etici, perché è incontro di uomini e, quando non sia una forma degenerata di turismo, costituisce un momento forte della fratellanza umana universale.

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