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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 82, April 2000

Le Migrazione: 
una via per l'adempimento della missione[1]

S. E. Mons.Stephen Fumio HAMAO
Presidente del Pontificio Consiglio

           Con il Motu proprio Apostolicae Caritatis del 19 marzo 1970 Paolo VI istituiva la Pontificia Commissione per le migrazioni ed il turismo alle dipendenze della Congregazione per i Vescovi.

           Quella dipendenza veniva meno con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 28 giugno 1988 che elevava la Commissione al grado di Consiglio che, con maggiore aderenza all’originale titolo latino (Pontificia Commissio di spirituali migratorum atque Itinerantium Cura) veniva denominato Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Chi ripercorre l'iter storico che ha portato alla creazione di questo dicastero si imbatte da subito con la figura del Beato Giovanni Battista Scalabrini, il cui apporto di riflessione e di impegno al riguardo è stato decisivo.

           Nel decreto sulla eroicità delle virtù leggiamo questa affermazione: "Il servo di Dio Giovanni Battista Scalabrini è universalmente noto per la sua opera in favore degli emigrati…. Egli sostenne vigorosamente la necessità di una pastorale specifica, atta a salvaguardare il patrimonio spirituale degli emigrati e suggerì con forza a S. Pio X l'istituzione di un apposito organismo ecclesiale centrale, sollecitando la Chiesa universale a prendere coscienza di un problema che in proporzioni sempre più vaste coinvolgeva l’intera umanità e l’avvenire stesso della Chiesa” (AAS LXXIX, PP. 1002-1006).

           L’apposito organismo, cui qui si allude, ha avuto la sua realizzazione nell’attuale Pontificio Consiglio della pastorale nella cui configurazione si ritrovano tutti i lineamenti tracciati nelle proposte contenute nella intensa corrispondenza che lo Scalabrini, su questo argomento, aveva avviato con il Cardinale Segretario di Stato, Merry del Val. Purtroppo la sua prematura morte avvenuta a Piacenza, sua diocesi, il primo giugno del 1905 troncava il promettente dialogo tra lo Scalabrini e il Cardinale Merry del Val; dialogo dotato di tutte le premesse per portare ai risultati sperati. 

           Tuttavia l’eco del suo grido di allarme sulla situazione religiosa e morale dei migranti non si spense con la sua morte né rimase inascoltato il suo appello. In effetti, a partire dal Pontificato di S. Pio X e fino ai nostri giorni, furono moltissime le iniziative della Santa Sede a favore della cura pastorale, in tutto il mondo, dei migranti cattolici di ogni origine etnica. Fino alla creazione del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, che è, in ordine di tempo, l’ultima istituzione creata dalla Chiesa per i migranti, ma che, in ordine di progettazione e di importanza, è senza dubbio la prima.

           Nel vasto campo della mobilità umana l’attenzione della Chiesa però non si era limitata alla sola migrazione; era andata estendendosi ad altre componenti per le quali erano stati costituti degli appositi uffici presso la Congregazione per i vescovi e presso quella per il Clero. Presso la prima, oltre che il Supremo Consiglio delle migrazioni erano stati istituiti il Segretariato Generale dell’opera dell'Apostolatus Maris (1952), il Segretariato dell'Opera dell’Apostalatus Coeli vel äeris (1956), il Segretariato Internazionale per la Direzione dell’Opera Apostolatus Nomadum (1965); presso la seconda era stato istituito l’Ufficio pastorale per le persone che rientrano nel complesso fenomeno che va comunemente sotto il nome di turismo (1967). 

           Nell’intento di rimediare alla dispersione degli interventi con cui si provvedeva alla assistenza spirituale delle componenti la mobilità umana, Paolo VI giudicò opportuno che quelle diverse “iniziative fossero tra di loro collegate in forma stabile, feconda e efficace e fossero sottoposte ad un un'unica direzione", il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, appunto. 

           Le categorie che rientrano nel vasto e complesso fenomeno della mobilità presentano elementi che convergono sotto un unico denominatore comune; ma anche aspetti specifici che esigono risposte appropriate. E’ per questo che le funzioni del Consiglio nei confronti delle diverse categorie sono diversificate, come si può facilmente rilevare dalla varietà dei termini usati dalla Pastor Bonus per esprimerne l’azione nei loro confronti. La sua stessa denominazione, determinata dalla convergenza dei due termini, Migranti ed Itineranti, sta ad indicare la pluralità di funzioni. 

           L'attività pastorale della Pontificio Consiglio nei confronti delle diverse componenti della mobilità umana si svolge entro un ampio quadro di affrancamento dell’uomo dagli aspetti negativi che lo condizionano. Cerca in particolare di creare le condizioni adatte per sfruttare le opportunità e le potenzialità che lo stesso fenomeno offre, a vantaggio dei singoli come della società intera, Chiesa compresa. 

           Non essendo possibile soffermarsi su tutte le componenti della mobilità umana, prendo ad esempio i migranti. E’ facile rilevare come oggi questo campo è attraversato oggi da grandi movimenti di popoli provocati da fattori espulsivi quali il sottosviluppo, la repressione, le guerre e le catastrofi. Questo esodo, di cui la gran parte giunge nell’occidente industrializzato, provocando la sindrome dell’invasione, non è che la punta di un iceberg, la cui massa si arresta nei paesi limitrofi, spesso poveri ed inquieti e non meno di quelli che hanno lasciato. Più che per la crescita delle proporzioni, il fenomeno delle migrazioni acquista oggi una rilevanza maggiore per le mutate forme con cui esso si presenta. Il cambiamento delle correnti e delle provenienze portano persone di cultura e religione diverse ad incontrarsi tra di loro, prospettando la formazione di società composite che attendono di trovare, attraverso l’opera attenta e paziente della integrazione, forme valide, permanenti e feconde di convivenza. 

           Il fenomeno delle migrazioni, come ogni altro, consente diversi livelli di lettura e di interpretazione. La Chiesa, senza ignorare la dimensione umana, spesso drammatica che lo connota, cerca di vedere nel fenomeno delle migrazioni anche la valenza teologica, quale risulta dal grande quadro della storia e del disegno di salvezza. 

           Viste in tale prospettiva le migrazioni allargano orizzonti e dettano comportamenti pratici sia a livello di comunità ecclesiale che di singole persone. La Chiesa si va interrogando quale è il suo ruolo in questa nuova fase delle migrazioni. 

           In tale ricerca, suo punto di riferimento non possono essere che la parola di Dio e la sua tradizione. Vengono alle labbra le parole di Isaia: le nazioni cammineranno verso la tua luce e i re verso lo splendore della tua aurora, Guardati attorno e osserva tutti si raduneranno verso di te. 

           Nell’esercizio della sua missione evangelizzatrice la Chiesa ha maturato una sua esperienza, che il continuo incontro con i popoli tiene sempre aperta: quella di doversi fare tutta a tutti per fare delle migrazioni una via dell'adempimento della sua missione.

           Nel messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato del 1992 il Santo Padre ricordava che la Pentecoste, oltre che legittimare il principio della pluralità nella diversità, in quanto qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell’uomo, e, quindi, un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana, “introduce un elemento specificatamente cristiano: l’unità dei popoli attorno alla fede nell’unico Cristo, venuto a raccogliere ad unità i figli dispersi di Dio (Gv. 11,52). Nella prospettiva della salvezza, Cristo non è semplicemente una via fra le altre, ma un passaggio obbligato. Io sono la via…nessuno va al padre se non per me (Gv 14, 6)”.

Nota:
[1]Articolo apparso su L'Osservatore Romano, il 19 Marzo 2000.
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