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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 83, September 2000

Gli emigrati italiani[*]

Simonetta ANTONELLI

Oltre 1.500 persone sono convenute, giovedì 1° giugno, nella Basilica di san Giovanni in Laterano per partecipare insieme al Giubileo degli Italiani nel Mondo. Erano presenti, infatti, molti connazionali in Germania, in Belgio, in Olanda, in Lussemburgo, in Svizzera, in Francia, in Gran Bretagna, in Canada e negli Stati Uniti.

«Essere a Roma, soprattutto durante la celebrazione di questo Anno Santo afferma Suor Francesca Bianco, che da diciassette anni presta il suo servizio nella comunità di Nottingham, nel centro dell'Inghilterrra rafforza quel senso di unità, che gli italiani avvertono e mantengono, pur vivendo così lontano. Io stessa ho scelto di essere una missionaria tra gli emigranti, perché provengo da una famiglia, che per lavoro ha lasciato il suo paese d'origine. Conosco sin da bambina le problematiche di inserimento per chi si è trasferito all'estero. Essere nella Capitale, nel centro propulsore del Cristianesimo, è per noi tutti un modo concreto, per sentirci vicini alla nostra terra natia, per tornare, davvero, alle origini, perché percepiamo il bisogno di una forte spiritualità. Prima di arrivare nella Capitale, abbiamo voluto visitare altri luoghi, infusi da tanta sacralità e da tanto misticismo, che richiamano alla preghiera, come Assisi e Montecassino. In questi ultimi tre anni anche noi abbiamo svolto una preparazione accurata in tema giubilare ed oggi la riscontriamo tra quanti sono accorsi fiduciosi nella Basilica Lateranense. I primi italiani, che si sono trasferiti in Inghilterra, hanno sofferto molto, ma oggi sono finalmente inseriti nel contesto sociale e culturale. Noi, come missionarie, operiamo in dodici centri dislocati un po' ovunque. Nelle nostre attività giornaliere, in stretto e parallelo cammino con le diverse famiglie, riusciamo anche a coinvolgere i giovani, nonostante oggi abbiano richiami sempre nuovi. Tornando nella nostra città, riporteremo il ricordo indelebile dei volti dei pellegrini, svariati, ma ognuno contrassegnato dalla gioia di aver incontrato Cristo. Una toccante esperienza, impressa nel profondo del nostro cuore!».

«Per cogliere l'intensità del Giubileo è fondamentale venire a Roma», afferma il signor Giuseppe Pirreca, giunto da Wolfsburg, in Germania. «Siamo più di 500 persone, desiderose di vivere in comunione con gli altri questo particolare momento. Continuare a credere è necessario per la vita di ogni uomo. Ogni famiglia dovrebbe perseguire i valori autentici, che sono alla base di un rapporto duraturo e la spiritualità di ogni suo componente deriva, appunto, da quella educazione, da quella formazione, impartita, ricevuta ed accolta durante la crescita individuale e sociale dell'individuo. Siamo contenti di ritrovarci nel nostro paese d'origine, anche se siamo venuti come dei veri pellegrini, che affrontano in prima persona tutti i disagi per gli spostamenti, che la città vive al momento».

Intorno alle 15, i gruppi si sono radunati lungo l'altare Papale, distribuendosi omogeneamente tra i banchi e riempiendoli lentamente uno ad uno. Un forte momento spirituale, suddiviso in tre fasi: all'inizio si è svolta una catechesi, durante la quale sono stati proclamati alcuni passi del Vangelo poi la celebrazione della Riconciliazione, durante la quale ha prevalso un approfondito esame di coscienza, proposto dai Delegati nazionali ed in ultimo il passaggio della Porta Santa.

«Carissimi ha ricordato il Vescovo di Caltanissetta, Alfredo Maria Garsia, Presidente della CEMi e della Fondazione Migrantes, che con il Vescovo di Frascati Giuseppe Matarrese, Membro della CEMi, ha presieduto alla celebrazione, durante la quale sono intervenuti anche Padre Loreto De Paolis, Officiale del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli itineranti e Don Elia Ferro, Direttore Ufficio Migrantes all'inizio del nostro pellegrinaggio giubilare richiamiamo alla mente con quale spirito abbiamo maturato questo proposito. I luoghi apostolici verso cui ci incamminiamo chiamano ciascuno di noi al rinnovamento della vita cristiana, perché i nostri cuori siano il luogo santo in cui Dio trova dimora. Incontreremo fratelli e sorelle con i quali condividere la grazia di credere in Gesù Cristo: ad essi porteremo in dono la testimonianza della nostra fede, speranza e carità, e da essi riceveremo in contraccambio la loro testimonianza, al fine di arricchirci nella mutua edificazione, a gloria e lode della Trinità Santissima».

Durante l'omelia il Presule ha richiamato l'attenzione su tre parole «chiavi» del Giubileo: riconciliazione, conversione, gioia. «La riconciliazione è il dono di Dio, che per primo è andato verso l'uomo peccatore, per offrirgli la salvezza. Questo dono segna anche il nostro modo di pensare, attua in ognuno di noi la conversione. L'uomo accetta il perdono, riconosce le sue colpe e si rimette alla volontà divina. Innumerevoli sono gli esempi di coloro che si erano allontanati da Dio e che poi si sono riconciliati con Lui: il povero peccatore Zaccheo, la donna adultera, il ladrone pentito, il figlio prodigo. Dio, dunque, si fa incontro all'uomo, per salvarlo, per offrirgli, attraverso il sacramento della Riconciliazione la gioia».

Al termine della funzione, sulle note intonate dalla corale di Stoccarda e dal Coro delle cento voci per il Giubileo, la folla si è condotta così verso il sagrato, per meditare sull'incontro del giorno successivo in Piazza San Pietro, dove accorreranno circa 50 mila persone.

Nota:
[*]Cfr. L'osservatore Romano, 2-3 giugno 2000
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