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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN ONORE DI SAN PONZIANO,
PRIMO MARTIRE E PATRONO DI SPOLETO
ED IN OCCASIONE DEL X ANNIVERSARIO DI EPISCOPATO
DELL'ARCIVESCOVO RICCARDO FONTANA

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO

Duomo di Spoleto
Sabato, 14 gennaio 2006

 

"Mia forza è il Signore, è Lui la mia salvezza", abbiamo cantato nel Salmo responsoriale, riandando con il pensiero alla storia gloriosa di questa bimillenaria comunità cristiana.

Anch'io ho voluto venire da Roma per unirmi al vostro inno di ringraziamento al Signore, glorificando Dio per tutti i doni di grazia che ha riversato nel corso dei secoli sulla chiesa particolare di Spoleto.

A tutti voi, come fratelli e sorelle nel Signore, porgo il saluto più cordiale, estendendolo, con un deferente ossequio, a tutte le vostre autorità. Intorno all'altare voi vedete riuniti numerosi vescovi e sacerdoti concelebranti: è la dimostrazione della comunione che ci lega a questa cara chiesa spoletina ed al suo venerato Pastore. Oggi, l'Arcivescovo Riccardo Fontana ringrazia il Signore per i doni che gli ha concesso in questi dieci anni di episcopato in mezzo a voi, in questa terra di martiri e di santi, in questa diocesi che vuole proseguire nel solco fecondo della sua storia, trasmettendo alle nuove generazioni tutta la bellezza del messaggio cristiano.

Al Pastore ed ai fedeli porto poi la Benedizione del Santo Padre Benedetto XVI, particolarmente vicino a questa terra umbra, che tanti giganti di santità ha donato alla Chiesa nel corso dei secoli.

E come dimenticare che proprio dalla vicina Norcia si è diffusa nel mondo quell'esperienza religiosa, uscita dalla mente e dal cuore di san Benedetto?

In profonda comunione con il Papa, e con il vostro venerato Pastore, noi oggi ci stringiamo attorno all'altare del Signore, adorandolo e ringraziandolo per la sua continua presenza in mezzo a noi.

Fratelli e sorelle nel Signore, oggi è la festa del grande santo di questa terra, il martire san Ponziano.

Un giorno come oggi, il 14 gennaio di più di diciotto secoli fa, questo giovane cristiano di Spoleto rendeva la sua anima a Dio, alle porte della città, subendo un duro martirio per non tradire la sua fede. Erano gli anni delle persecuzioni romane e la furia anticristiana si era diffusa anche contro la comunità di Spoleto. Qui, si era formato il giovane Ponziano e così anche verso di lui si riversava l'onda devastatrice. La tradizione ci parla di particolari atroci del suo martirio e, soprattutto, ci ha tramandato quelle parole che il giovane disse di fronte al giudice Fabiano, che gli chiedeva le proprie generalità: "Ponziano è il nome datomi dai miei genitori, ma più di ogni altra cosa al mondo desidero essere chiamato cristiano"!

Sono parole che ci rivelano tutta la grandezza d'animo di questo figlio della vostra terra, come tutta la fierezza della sua fede cristiana.

È questa una caratteristica che troviamo in molti uomini e donne d'ogni condizione sociale, come ci rivelano gli scritti di molti Padri della Chiesa. Basterebbe citare quelle parole di sant'Agostino ai cristiani del suo tempo: "Siate fieri della verità, pur senza superbia", "Sine superbia, de veritate praesumite" (Contra litteras Petiliani, 1, 29, 31: PL 43, 259).

A tale proposito, mi sovviene pure il testo di una lode, che da ragazzo imparai alle lezioni di catechismo:

"Io son cristiano, dal sacro fonte
un'onda pura scese su di me...
Io son cristiano, questa è la gloria
che fa ridenti tutti i miei dì!
Io son cristiano, morrò così"!

Il meccanismo interno, che spinge il discepolo di Cristo ad essere fiero della propria fede ed a lasciare tutto per seguire il suo Signore, lo spiegava già l'Apostolo Paolo ai Filippesi, quando scriveva loro di essere stato "afferrato da Cristo" ("comprehensus a Christo"), e, per questo, di essere quindi spinto ad aggrapparsi a sua volta a Lui, per tutta la vita. A tale proposito, diceva letteralmente san Paolo, folgorato da Gesù sul cammino di Damasco: "Ormai io reputo tutto come un perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte le cose e le reputo ormai come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo... Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per afferrarlo perché anch'io sono stato afferrato da Gesù Cristo" (cfr Fil 3, 7-12).

Il Vangelo proclamato oggi ci ha ricordato l'invito del Signore a seguirlo, rinunciando a tutto per essere suoi discepoli. In realtà, è Lui che ci chiama, è Lui che ci attira; non rimane che rispondere a questa voce misteriosa, la voce di chi ci invita a seguirlo.

I teologi hanno scritto molto sull'essenza del Cristianesimo: Chi non ricorda, ad esempio, il libro di Romano Guardini L'essenza del Cristianesimo (Morcelliana, Brescia 1949)?

Ebbene, la conclusione, a cui anche questo noto studioso perveniva, era che il nucleo centrale del Cristianesimo è costituito appunto da Gesù di Nazaret, che ci chiama a seguirlo e ad amarlo. Certo, per chi non crede, è uno scandalo che uno riconosca un'altra persona come legge suprema di tutta la propria esistenza, che uno accetti la richiesta di Gesù di "rinunciare anche alla propria anima" (cfr Mt 10, 39) per seguirlo.

Ma questa è l'essenza del Cristianesimo: è Cristo stesso a cui aderiamo. Non direttamente la sua dottrina, non solo il suo esempio, neppure la sua potenza divina, ma è Egli stesso, la sua persona. La persona di chi si è manifestato a noi come la "Via, la Verità e la Vita" (Gv 14, 6).

Egli non ci ha detto, infatti, "io vi mostro la via", ma "io sono la Via". Non ha detto "io vi insegno la verità", ma "io sono la Verità". Non ha detto "io vi apporto la vita", ma "io sono la Vita".

I nostri Martiri ed i nostri Santi hanno ben compreso e vissuto tale realtà: Cristo è divenuto realmente il centro della loro vita! Essi si sono così immedesimati nel Signore, da poter ripetere quella frase sintetica di san Paolo: "Per me vivere è Cristo"! O, se volete nel bel testo latino: "Mihi vivere Christus est"! (Fil 1, 21).

Fratelli e sorelle nel Signore!

Questa fede dei vostri Martiri e dei vostri Santi sia un esempio per tutti noi. Tale fede non mancherà, poi, di essere anche una potente spinta per affrontare i vostri impegni familiari e sociali.

Sovente, si dice che il Cristianesimo è la religione dell'amore, e ciò è vero. Ma chi ispira quest'amore è Cristo stesso. Anzi, è Cristo medesimo che si è identificato con il prossimo, sì da dirci che ciò che faremo al più piccolo dei suoi fratelli, lo avremo fatto a Lui (cfr. Mt 25, 40).

La fede cristiana, quindi, non ci farà evadere dal mondo, ma ci spingerà ad operare in esso, vedendo in tutti, soprattutto nei più poveri e sofferenti, il volto del Redentore. L'etica del Cristianesimo è, quindi, un'etica religiosa, cioè uno stile di vita che si fonda su una realtà religiosa, e non solo sulla ragione umana, pur quanto nobile che essa sia.

Con quest'impegno di vita cristiana, celebriamo oggi la festa del grande martire Ponziano. Con tale visione di fede ci stringiamo intorno al Pastore della diocesi, con il proposito di lavorare congiuntamente per annunciare agli uomini d'oggi il messaggio di Cristo nostro Salvatore.

Amen.

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