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SANTA MESSA NELLA BASILICA DI SANTA MARIA NOVA A ROMA

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO

II Domenica di Quaresima, 5 marzo 2006

 

Cari Concelebranti,
Fratelli e sorelle nel Signore!

La festa di santa Francesca Romana cade in Quaresima e la liturgia di questo tempo ci richiama alla necessità della purificazione interiore, attraverso la preghiera, il digiuno e le opere di misericordia. Ma questo può senz'altro essere anche il messaggio che ci viene dalla nostra Santa, tutta dedita ad una vita di orazione e di carità, che suscitava ammirazione fra i romani del suo tempo.

1. Una donna eccezionale

Cinque secoli e mezzo ci separano da quel lontano 9 marzo del 1440, giorno in cui Francesca spirava nella sua casa di Tor de' Specchi, all'età di appena 56 anni. Però, la sua fame di santità perdura intatta fino ai giorni nostri.

Leggendo la sua vita, sembra di imbatterci in una di quelle donne forti, di cui sono pieni i Libri Sacri e le pagine della storia della Chiesa. Esempio di donna forte, prima nella vita familiare, poi in quella monastica. Esempio di donna generosa, votata interamente alle opere di carità, in una Roma che all'inizio del 1400, era provata da carestie e pestilenze.

Devota frequentatrice di questa nostra chiesa di S. Maria Nova, quante volte la nostra Santa avrà qui sentito risuonare le parole di Gesù che oggi l'Evangelo ci ha riproposto: 

"Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1, 15). Sotto la guida sapiente dei Padri Olivetani che da più di un secolo erano già presenti in questa chiesa, Francesca si formò nella via della perfezione evangelica. Rimasta vedova, si consacrò ad una più intensa vita religiosa nella famiglia delle Oblate Benedettine. Era la festa dell'Assunta, il 15 agosto del 1425, allorquando, all'età di 41 anni, in questa stessa chiesa essa pronunciava la sua solenne formula di offerta al Signore nelle mani del Delegato dell'Abate di Monte Oliveto Maggiore, impegnandosi a servire ancor più generosamente il Signore ed i fratelli, in una vita intensa di carità.

2. La fiamma dell'amore

Roma, alla fine del 1300 ed all'inizio del 1400, era veramente in uno stato pietoso. La città entro le Mura Aureliane era ridotta a circa 25.000 abitanti, secondo alcuni storici, decimata com'era stata da guerre, carestie e pestilenze.

Pur appartenendo all'antica famiglia aristocratica dei Ponziani, la nobildonna Francesca non disdegnò di chinarsi al servizio dei più umili nei quartieri di Trastevere, di Campo Marzio, del Rione Parione o del Palatino. Francesca poteva così realizzare quell'apostolato sociale, che rimane anche oggi insostituibile, in ogni tipo di società. Il fuoco interiore che l'animava era il monito di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13, 35). E la carità fraterna divenne la regola ispiratrice della sua vita.

3. Il suo mondo interiore

Donna d'azione, Francesca però attingeva da una intensa vita di preghiera la forza necessaria per il suo apostolato sociale. Il Signore le concesse anche delle grazie straordinarie, così come aveva fatto a due altre grandi mistiche del tempo, s. Caterina da Siena e s. Brigida di Svezia.

Tipica rimane anche la sua familiarità con l'Angelo Custode, di cui era devotissima. Egli le appariva sul suo cammino, difendendola dai pericoli e rischiarandole la strada durante la notte. E fu appunto per questo che il Papa Pio XI nel 1925 volle proclamare s. Francesca Romana Patrona degli automobilisti, perché dal cielo, insieme agli Angeli Custodi, ottenesse protezione per chi percorre le strade delle nostre città.

E questa è la ragione per la quale ogni anno, nella festa di s. Francesca, l'Automobile Club di Roma invita i suoi soci ad affidarsi alla protezione della Santa. Ed anch'io, dopo questa Santa Messa, mi recherò sugli spalti di Via dei Fori Imperiali per invocare l'intercessione della nostra Santa sugli automobilisti di Roma.

4. Il suo amore per i poveri

Miei fratelli, prima di terminare questa rievocazione di s. Francesca Romana, vorrei ancora invitarvi ad accogliere il suo messaggio di amore per i poveri. È un messaggio che ci rivolgono i Santi di tutti i tempi, da s. Lorenzo, il diacono di Roma che morì servendo i sofferenti del suo tempo, fino a Madre Teresa di Calcutta, celebre in tutto il mondo per le sue opere di carità. Io stesso ebbi la grazia di rappresentare il compianto Santo Padre Giovanni Paolo II ai suoi funerali il 13 settembre 1997 a Calcutta.

In quell'occasione ammirai un'immensa folla di diseredati che l'acclamava come la Santa della carità. In un immenso stadio di quella città celebrai la Santa Messa e, nell'omelia, ricordai il suo programma di vita, che non era altro che il programma di vita insegnatoci da Gesù: "Qualsiasi cosa farete al più piccolo dei miei fratelli, l'avrete fatto a me" (Mt 25, 40). Citai poi nella stessa omelia una frase tipica di quella grande Santa: "Mentre voi continuate a discutere sulle cause ed i motivi della povertà, io mi inginocchierò vicino ai più poveri fra i poveri e mi preoccuperò dei loro bisogni".

A quest'impegno di carità ci ha pure recentemente richiamato il Papa Benedetto XVI con la sua Enciclica Deus caritas est, commentando appunto le parole ispirate di s. Giovanni nella sua prima lettera:  "Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1 Gv 4, 16).

A questo programma di vita, si ispirò s. Francesca in una Roma sconvolta da profonde calamità. L'Urbe era davvero quella città "dagli atri muscosi e dai fori cadenti" descrittaci dal Manzoni. Le mura e gli archi erano davvero "senza gloria e senza lauro" come annotava Leopardi. Ma il programma di questa donna eccezionale, quale fu s. Francesca Romana, fu quello di tutti i giganti della santità: "Non lamento, ma azione". È questo messaggio che la nostra Santa lascia in eredità anche a noi, a distanza di sei secoli dalla sua dipartita per la Casa del Padre.

La carità fraterna divenga anche per noi una regola di vita!

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