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ESEQUIE DELL'ARCIVESCOVO ROMEO PANCIROLI

OMELIA DEL CARD. ANGELO SODANO*

Basilica Vaticana
Sabato, 18 marzo 2006

 

Cari Concelebranti,
benemeriti Padri Comboniani,
parenti ed amici del compianto Arcivescovo,
fratelli e sorelle nel Signore!

È giunta l'ora di dare l'addio al nostro caro fratello, il compianto Arcivescovo Romeo Panciroli. Egli ha camminato insieme a noi seguendo il comune Maestro ed ora ci ha preceduto nella casa del Padre. È la certezza della risurrezione che ci illumina in questi momenti di tristezza e ci colma il cuore di speranza. Affidando alla terra le spoglie mortali del compianto Mons. Romeo, noi affermiamo la fede nella vita che ci attende dopo il pellegrinaggio terreno: "iustorum animae in manu Dei sunt - ci ha detto il Libro della Sapienza - le anime dei giusti sono nelle mani di Dio" (3, 1).

E pertanto, mentre con questa Celebrazione Eucaristica chiediamo per lui il riposo promesso ai servitori del Vangelo, ci lasciamo illuminare dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato e che ha guidato i passi del nostro defunto.

1. La luce del Vangelo

"Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur - Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5, 9). Questa è una delle otto Beatitudini proclamate un giorno da Gesù nel ben noto Discorso della Montagna, e che ora sono state ricordate nel Vangelo di questa Santa Messa.

"Beati!". Il credente, che si lascia trasformare dalla grazia divina si fa umile discepolo del Principe della pace e ricerca in Lui la consolazione tra le tribolazioni del mondo; ubbidisce alla voce dello Spirito facendosi mite strumento di incontro e di dialogo con tutti gli uomini; ricerca con purezza di cuore la verità e la giustizia promuovendo la comprensione e la solidarietà tra quanti avvicina. Così, seguendo il Maestro sul cammino delle Beatitudini, il cristiano scopre il segreto dell'Amore divino e ne diventa coraggioso testimone in ogni circostanza.

Meditando su questa straordinaria pagina evangelica, non possiamo non pensare alla vita del caro Mons. Panciroli, che in molti modi ha rivissuto nella sua esistenza il Discorso della Montagna. Nelle varie mansioni ricoperte ha sempre operato come testimone della speranza cristiana, ben sapendo che è Dio a guidare le sorti dell'umanità e non perdendo mai la fiducia nella vittoria finale del bene. Riguardando oggi alla vita dell'Arcivescovo Romeo Panciroli, possiamo dire che egli ha mantenuto sempre come bussola di orientamento la Parola di Cristo, nella quale ha posto la sua fiducia. Di lì ha tratto luce e orientamento nel servizio generoso ed intelligente reso alla Santa Sede, agendo sempre in un contesto di semplicità e di mitezza personale che era segnale non equivocabile di una profonda spiritualità interiore.

2. Al servizio della Chiesa

Già pochi mesi dopo l'ordinazione sacerdotale, venne chiamato a Roma a svolgere il compito di Segretario della Presidenza Centrale del Comitato per l'Anno Santo del 1950. Dieci anni dopo fu inviato quale Addetto nella Delegazione Apostolica in Nigeria e, nel 1964, iniziò a lavorare nella Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, divenendone dapprima Sottosegretario e poi, nel 1973, Segretario. Fu Paolo VI a nominarlo, nel maggio del 1976, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, mansione che svolse con intelligenza e passione, sino a quando, nel 1984, Papa Giovanni Paolo II lo nominò Pro-Nunzio Apostolico in Liberia, Gambia e Delegato Apostolico in Sierra Leone e Guinea. In Africa lui, che si era formato nella benemerita Congregazione Religiosa dei Comboniani, ebbe modo di segnalarsi per uno spiccato spirito missionario e per le delicate premure verso quelle care popolazioni. Il 18 marzo 1992 fu trasferito come Pro-Nunzio Apostolico in Iran, incarico che svolse per sette anni, sino al 1999, anno in cui terminò il proprio servizio, rimanendo a disposizione della Segreteria di Stato per l'espletamento di incarichi particolari. Giovedì scorso, il Signore ha bussato alla sua porta ed è venuto a chiamarlo alla patria del cielo.

3. Una testimonianza preziosa

La morte di questo nostro caro Confratello certo ci rattrista, ma è anche incoraggiamento per tutti noi a proseguire con umiltà e semplicità nel fedele servizio al Vangelo, stando sempre preparati alla chiamata del Signore. Pur addolorati per la perdita di un amico che abbiamo ben conosciuto e con il quale abbiamo percorso un non breve tratto di strada, ringraziamo Iddio per averci donato in lui un esempio di docile e operoso servizio nella sua vigna. Il nostro Confratello si è addormentato quasi subitaneamente nel Signore, dopo una vita spesa interamente per la Chiesa, ovunque testimoniando l'amore di Cristo per ogni persona umana, con la mitezza e la serenità dei Santi.

Fratelli e sorelle nel Signore, se un senso di ben comprensibile mestizia accompagna il dolore per la scomparsa del nostro caro Arcivescovo, la fede ci conforta con il suo sicuro messaggio:  noi non l'abbiamo perduto; egli è entrato nella vera vita! Noi eleviamo ora la nostra preghiera, perché il Signore lo accolga accanto a sé. Alla Madre del Redentore e a tutti gli Angeli e Santi del cielo chiediamo di volerlo accompagnare all'incontro definitivo con il Signore.


*L'Osservatore Romano 19.3.2006 p.6.

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