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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA SETTIMA SESSIONE ORDINARIA
DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO

INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI
SUL PROBLEMA DEL RAZZISMO

Ginevra
Martedì, 18 marzo 2008

 

Presidente,

1. La Delegazione della Santa Sede considera opportuno e necessario il coinvolgimento costante del Consiglio dei Diritti dell'Uomo nel problema del razzismo. Purtroppo la discriminazione basata sulla razza e sulle differenze percepite è ancora utilizzata per trattare le persone in modo indegno e anche per ridurle in schiavitù. Nessuna parte del mondo è esente da esperienze di discriminazione razziale, sebbene sia divenuta convinzione comune che il razzismo, la xenofobia e le relative forme di intolleranza vengano condannate dal diritto consuetudinario, dallo ius cogens, che tutti gli attori statali e non sono obbligati a rispettare. Il fenomeno della globalizzazione ha unito persone che prima vivevano lontane e le cui culture e credenze sono piuttosto diverse fra di loro. Al contempo, la conseguente pluralizzazione delle società ha aumentato il rischio di razzismo. Infatti, la mancanza di conoscenza e la presenza di tradizioni e costumi non familiari tendono a scatenare la paura dell'altro e il rischio di rifiuto. Tuttavia, questa paura deve essere superata.

2. Il cammino che ci attende non è un dialogo astratto fra civiltà, una difesa insistente del comunitarismo o un'idea dell'individuo tagliato fuori da qualsiasi relazione umana. Come osserva il rapporto su Razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relative forme di intolleranza, verifica e realizzazione della Dichiarazione e del Programma di Azione di Durban, nell'era della globalizzazione, lo Stato non può basarsi esclusivamente sull'idea dell'identità nazionale. La legge sui diritti umani internazionali riconosce chiaramente che la funzione principale dello Stato è il servizio alla persona umana, la sua vita in comunità e la promozione del bene comune. La questione del pluralismo nelle società contemporanee e la lotta contro il razzismo possono trovare una soluzione in un ambiente in cui le persone godano dei diritti umani, civili e politici così come di quelli sociali, culturali ed economici. Non è mediante l'assimilazione o la separazione radicali, ma mediante l'interazione e l'integrazione sulla base dei valori comuni espressi dai diritti umani che il dialogo autentico diviene possibile. La tolleranza da sola non è sufficiente. Ognuno dovrebbe riconoscere sia la differenza sia l'uguaglianza con l'altra persona per elaborare soluzioni ai problemi pratici della convivenza.

3. In primo luogo, un incontro fra le persone richiede la conoscenza e la volontà positiva di condividere ciò che è prezioso. Per ottenere questo, sono necessari requisiti quali "libertà di ricercare la verità, e, nei limiti dell'ordine morale e del bene comune, libertà di parola e di stampa... e anche il diritto di essere accuratamente informati sui pubblici eventi" (Cfr Giovanni XXIII, Pacem in terris, n. 12)

In secondo luogo, in un dialogo franco devono essere presenti senso di responsabilità e capacità di accettare critiche volte a incentivare la crescita personale nell'ambito dei diritti umani. Più che insistere su uno scontro di civiltà e sul linguaggio della fobia, che rischiano di polarizzare ulteriormente le posizioni, è meglio concentrarsi sulla difesa e sulla promozione dei diritti umani. Può sorgere il problema di come sia possibile un dialogo quando, per esempio, i migranti e coloro che cercano asilo vengono confinati a una esistenza degradata e quando minoranze e gruppi di cittadini vengono considerati di status inferiore anche istituzionalmente.

4. L'intolleranza religiosa è affiorata di nuovo come questione controversa che dovrebbe essere affrontata nel contesto della indivisibilità, dell'interdipendenza e dell'universalità dei diritti umani. Esistono gruppi che vengono identificati dalla loro etnicità e da una particolare religione mentre altri sono diversi solo per il loro credo. La complessità di situazioni richiede un approccio collaborativo e olistico da parte dei Rapporteur Speciali e di altri meccanismi internazionali per un impatto più efficace e per una convergenza più facile sulle soluzioni. Un approccio comune può essere quello di prestare un'attenzione speciale alle vittime di discriminazione razziale e/o religiosa, i cui diritti umani fondamentali vengono continuamente negati fino alla privazione violenta della vita. Per esempio, in alcuni Paesi è difficile per i cristiani professare pubblicamente la propria fede poiché viene imposta loro l'invisibilità. Questi dati effettivi, se inclusi, renderebbero il Rapporto più obiettivo e completo.

5. Il razzismo e l'intolleranza andrebbero combattuti mediante misure concrete concertate. L'educazione che favorisce la conoscenza reciproca e sostiene la realizzazione dei diritti umani, può servire come veicolo critico di un dialogo efficace. Altri modi concreti sono il miglioramento dei primi meccanismi di ammonizione delle Nazioni Unite legati a tale questione, la ratifica della Convenzione sull'Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale, la realizzazione della Dichiarazione e del Programma di Azione di Durban, e la redazione da parte del Comitato per i Diritti Umani di un commento generale sull'articolo 20 del Patto Internazionale sui Diritti politici e civili. Tuttavia, merita priorità un cambiamento di atteggiamento cosicché il cuore possa essere continuamente purificato e non più governato dalla paura o dallo spirito di dominio, ma dall'apertura agli altri, dalla solidarietà. Questo è un ruolo fondamentale delle religioni che hanno la responsabilità di offrire un insegnamento che sottolinei la dignità di ogni essere umano e l'unità della famiglia umana (cfr Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, La Chiesa e il razzismo. Verso una società più fraterna. Città del Vaticano, 2001, p.11).

Grazie, Presidente.  


*L’Osservatore Romano, 6.4.2008, p.2

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Archbishop Silvano TOMASI, C.S.,

Statement at the 7th Ordinary Session of the Human Rights Council, Tuesday

18 March 2008
 
 
 
Mr. President,
 
1. The Delegation of the Holy See considers the continued involvement of the Human Rights Council with the problem of racism as timely and necessary. Unfortunately discrimination based on race and perceived differences is still used to treat people in undignified ways and even to reduce them to enslavement.  No corner of the world is exempt from experiences of racial discrimination, even though it has become a common conviction that racism, xenophobia and related forms of intolerance  are condemned by customary law,  by ius cogens, that all state and non-state actors are obliged to respect. The phenomenon of globalization has brought together previously remote people whose cultures and beliefs are quite different. At the same time, the resulting pluralization of societies has increased the risk of racism. In fact the lack of knowledge and the presence of  unfamiliar traditions and customs tend to engender fear of the other person and the risk of rejection. But such fear must be overcome.
 
2. The way forward is not an abstract dialogue of civilizations, an insistent defence of communitarism, or an understanding of the individual cut off from any human relations. As the Report on Racism, racial discrimination, xenophobia and related forms of intolerance, follow-up and implementation of the Durban Declaration and Program of Action, observes, in the era of globalization, the State cannot be based exclusively on the idea of national identity.  International human rights law clearly recognizes that the main function of the State is service to the human person, its life in community, and the promotion of the common good. The question of pluralism in contemporary societies and the fight against racism can find a solution in an environment where the persons enjoy all human rights, civil and political as well as social, cultural and economic. It is not through radical assimilation or separation, but through interaction and integration on the base of the common values, as expressed by human rights, that genuine dialogue becomes possible. Tolerance alone does not suffice; everyone should acknowledge both the difference and the equality with the other person to find solutions to the practical problems of living together.
 
3.  As a first step, an encounter among persons calls for the knowledge and the positive will to share what is valuable. To achieve it, some requirements are necessary like “freedom in investigating the truth, and – within the limits of the moral order and the common good – freedom of speech and publication… [and] the right, also, to be accurately informed about public events.”[1]  Secondly, in a frank dialogue a sense of responsibility has to be present and the capacity to accept criticism directed at improving personal growth within the framework of human rights. More than insisting on a clash of civilizations and on the phobia language, that risk to further polarize positions, it is better to focus on the defence and promotion of human rights. A question can be raised of how a dialogue may be possible when, for example, migrants and asylum-seekers are confined to a degraded existence and when minorities and groups of citizens are considered of inferior status even institutionally.
 
4. Religious intolerance has surfaced again as a contentious issue that should be addressed in the context of the indivisibility, interdependence and universality of human rights. There are groups identified by their ethnicity and a particular religion while others are only different because of their belief. The complexity of situations demands a collaborative and holistic approach among the Special Rapporteurs and other International mechanisms for a more effective impact and for an easier convergence on solutions.  A common approach can be that of giving a special attention to the victims of racial and/or religious discrimination, whose basic human rights are continuously denied even to the point of violent deprivation of life. For example, in some countries it is difficult for Christians to publicly profess their faith, since they are constrained by an imposition of invisibility.  These factual data, if included, would make the Report more objective and complete.
 
5. Racism and intolerance should be combated through concerted practical measures. Education, that favours mutual knowledge, that builds confidence and sustains the implementation of human rights, can serve as a critical vehicle for effective dialogue. Other concrete ways are the improvement of the United Nations early warning mechanisms related to this issue, the ratification of the Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination, the implementation of the Durban Declaration and Program of Action, and the drafting by the Human Rights Committee of a general comment on article 20 of the International Covenant on Civil and Political Rights. Priority, however, should be given to a change of attitude so that the heart may be continually purified and no longer governed by fear or the spirit of domination, but by openness to others, by solidarity. This is a fundamental role of religions that have the responsibility to offer a teaching that stresses the dignity of every human being and the unity of the human family.[2]
 
Le 19 mars lors de la réunion sur le racisme, Mgr.Tomasi a rappelé que "la question du pluralisme des sociétés contemporaines et le rejet du racisme trouvent leur accomplissement dans un contexte où les individus jouissent de l'ensemble des droits humains, civils, politiques, sociaux, culturels et économiques... En soi la tolérance ne suffit pas, car chacun doit reconnaître le droit à la différence comme l'égalité qui sont nécessaires pour régler pratiquement toute cohabitation. L'Observateur du Saint-Siège a également rappelé que "le racisme et l'intolérance doivent être combattus de manière concrète... L'éducation, qui favorise la connaissance mutuelle, crée la confiance et soutient l'application des droits humains, est donc un moyen efficace de dialoguer, qui s'ajoute aux solutions déjà élaborées à ce propos par l'ONU".
 
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[1] Jon XXIII, Pacem in Terris, n. 12
[2] Cfr. Pontifical Council for Justice and Peace, The Church and Racism: Towards a more Fraternal Society. Vatican City, 2001, p. 11.

 

   

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