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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA 12ª SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO
SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE*

Ginevra
Mercoledì, 30 settembre 2009

 

Da qualche tempo ormai, la comunità internazionale ricerca un approccio normativo equilibrato ai diritti umani fondamentali di libertà di religione e di credo, di libertà di espressione e di rispetto per tutte le persone che nutrono convinzioni religiose o d'altro tipo. Risoluzioni e dichiarazioni stanno promuovendo disposizioni efficaci per la tutela e la riaffermazione internazionali dell'importanza del dialogo. Questi sforzi si compiono per evitare conflitti sociali, lo svilimento e l'emarginazione di individui e gruppi di credenti e azioni violente contro di loro.

Tuttavia, questa prospettiva negativa rischia anche di far perdere di vista l'importanza decisiva degli aspetti positivi della libertà di religione. Quest'ultima implica la tutela del diritto di ognuno a scegliere, professare e diffondere, individualmente o collettivamente, un credo secondo la propria coscienza, come affermato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dagli altri strumenti per i diritti umani, con il dovere corrispondente degli Stati di tutelare questo diritto umano fondamentale per mezzo di un corretto sistema legale. La Delegazione della Santa Sede ritiene che l'ultimo resoconto del Rapporteur Speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza abbia assunto un approccio più positivo alla questione e che in esso i problemi della discriminazione di natura religiosa e dell'incitamento all'odio religioso nonché il concetto sociologico di "diffamazione delle religioni", questioni affrontate nell'ultimo Rapporto, siano contestualizzati meglio. Il Rapporteur raccomanda di ancorare il dibattito all'attuale quadro giuridico internazionale, aggiungendo che, in materia di diritto di credo, la persona umana non dovrebbe essere separata dai propri rapporti sociali. "I diritti collegati con la religione sono quanto mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati in conflitto con l'ideologia secolare prevalente o con posizioni di una maggioranza religiosa di natura esclusiva. Non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve essere tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell'ordine sociale" (Discorso di Papa Benedetto XVI all'Assemblea Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, New York, 18 aprile 2008).

La Delegazione della Santa Sede concorda con il Rapporteur Speciale sul fatto che la risposta per combattere il fenomeno vecchio e nuovo della discriminazione basata su convinzioni e pratiche religiose può essere l'approccio integrato basato sul pieno rispetto del diritto di libertà di religione. Ben sapendo che manifestazioni di intolleranza sempre più frequenti minano i diritti delle persone di ogni religione e credo, e che praticamente tutte le minoranze religiose vengono discriminate nel mondo, la mia delegazione è convinta della necessità di una soluzione concertata. Il consenso raggiunto nella conferenza di revisione di Durban, per esempio, è un buon equilibrio fra il riaffermare l'importanza della libertà di espressione e la necessità di frenare i discorsi inneggianti all'odio. In particolare in questa dimensione relativa a emozioni profonde e un senso d'identità personale e collettivo, le leggi non sono sufficienti. È necessaria una nuova mentalità che tenga conto del crescente pluralismo nella maggior parte delle società e dell'interconnessione di un mondo globalizzato. La tecnologia moderna (in particolare attraverso i mezzi di comunicazione sociale) può essere una fonte efficace e può contribuire a una consapevolezza maggiore della dignità e dei diritti umani della persona.

Quindi la convergenza di libertà di espressione e mezzi di comunicazione sociale è fondamentalmente positiva. È solo una questione di scelta. I mezzi di comunicazione possono essere utilizzati sia per edificare e sostenere la comunità umana in tutti i suoi aspetti economici, politici, culturali, educativi e religiosi, contribuendo così al benessere e alla religiosità dell'individuo, sia per danneggiare il bene integrale della persona, incitare all'odio, emarginare e alienare le persone e stereotiparle sulla base della razza e dell'etnia, del sesso, dell'età e anche della religione.

Infatti nel rapporto fra mezzi di comunicazione sociale e religione esistono tentazioni da entrambe le parti. Spesso i mezzi di comunicazione ignorano ed emarginano la dottrina religiosa. Le idee, le pratiche, le esperienze e i sentimenti delle persone religiose vengono sminuiti e la religione viene giudicata secondo criteri secolari. Questa prospettiva può portare a un trattamento ostile di legittimi gruppi religiosi. Da parte sua la religione può giudicare negativamente i mezzi di comunicazione e incoraggiare l'esclusivismo religioso che fomenta il disprezzo e l'ostilità verso altri.

La libertà di espressione non è solo un diritto, ma anche un dovere che va rafforzato. Bisognerebbe sempre favorire la possibilità di scambiare idee e formulare opinioni. Tutelare la libertà di espressione, comunque, non è un obbligo assoluto. Normalmente dovrebbe essere esercitato per il bene della società e anche per poter godere della libertà religiosa e di credo. Tuttavia qualsiasi forma di incitamento all'odio che colpisca la persona umana e i suoi diritti è inaccettabile. Nell'esercizio del diritto e del dovere sociali di informare le persone devono tener conto di principi di etica sociale quali verità, solidarietà, tolleranza, correttezza, principi che costituiscono la pietra d'angolo della giustizia, dell'equità, del rispetto per la riservatezza, della sussidiarietà. Anche i mezzi di comunicazione sociale dovrebbero rimanere al servizio della persona. In questo contesto può essere d'utilità sottolineare che lo sviluppo integrale e il bene delle persone non è realizzabile indipendentemente dal bene comune delle collettività a cui appartengono. Il bene comune, di cui i diritti umani sono la grammatica, dovrebbe essere inteso come inclusivo dell'intera gamma dei beni fisici, intellettuali, emotivi e spirituali. Quindi, l'innata natura sociale della persona e i suoi sentimenti religiosi meritano di avere l'opportunità di crescere e di essere tutelati da ogni abuso. Se le nuove tecnologie devono essere al servizio del bene di individui e società, tutti gli utenti devono evitare la condivisione di parole e immagini che denigrano gli esseri umani, fomentano odio e intolleranza e sfruttano i deboli.

In questo frangente, quindi, è meglio evitare un approccio negativo e limitante e insistere piuttosto sugli aspetti positivi del diritto fondamentale alla libertà di religione. Un uso saggio dei mezzi di comunicazione sociale, dei metodi pedagogici e dei libri di testo può insegnare il rispetto e l'apprezzamento reciproci. Inoltre, le iniziative di dialogo e gli sforzi come quello dell'Alto Commissario per i Diritti dell'Uomo per ottenere una migliore comprensione degli articoli 19 e 20 dell'ICCPR (Patto internazionale sui diritti civili e politici) nel sistema del diritto internazionale, possono fare molto per promuovere la comprensione reciproca, sostenere la libertà di religione, di credo e di coscienza, prevenire il loro mancato rispetto. Le autorità civili dovrebbero contribuire a garantire il diritto di criticare l'attività dei mezzi di comunicazione sociale e facilitare la partecipazione di tutti, in particolare dei gruppi etnici e delle minoranze religiose, al processo decisionale delle politiche di comunicazione.

In conclusione, signor Presidente, il percorso che si aspetta indica una direzione orientata verso l'attuazione completa delle esistenti norme di tutela della libertà di religione e di credo, verso un utilizzo saggio della libertà di espressione, verso una maggiore sensibilità per il diritto di esprimere le convinzioni religiose e, di conseguenza, di dimostrare la propria identità religiosa sia come individui sia come gruppi, in privato e in pubblico, nella ricerca comune di verità e di coesistenza pacifica. In questa prospettiva le persone sono prioritarie perché i diritti umani appartengono a loro e alle loro comunità piuttosto che a idee astratte, istituzioni o territori fisici. Parimenti, l'uguaglianza di trattamento viene tutelata proteggendo le minoranze religiose da legislazioni e pratiche discriminatorie. Nella nuova arena digitale si può ottenere molto incontrando e conoscendo le tradizioni e i valori di ognuno, creando una nuova mentalità di comprensione e rispetto e cercando insieme verità, bontà, bellezza.


*L’Osservatore Romano, 10.10.2009 p.2.

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