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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE IN OCCASIONE
DEL DIBATTITO GENERALE DELLA CONFERENZA DI REVISIONE
DELLO STATUTO DI ROMA
DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

INTERVENTO DI S.E. MONS. ALAIN PAUL LEBEAUPIN,
NUNZIO APOSTOLICO
E CAPO DELLA DELEGAZIONE DELLA SANTA SEDE

Kampala
Martedì
, 1° giugno 2010

 

Presidente,

la mia delegazione desidera unirsi a quanti ringraziano il Governo dell'Uganda per la sua ospitalità e la sua disponibilità ad accogliere questo importante incontro di revisione dello Statuto di Roma.

Dodici anni fa, i delegati si riunirono a Roma per creare una nuova struttura legale internazionale che tentasse di garantire che le gravi violazioni dei diritti umani non fossero più tollerate dalla comunità internazionale e che i responsabili del perpetuarsi di tali violazioni dovessero rispondere delle loro azioni.

Ora siamo a Kampala per valutare l'efficacia di quegli sforzi e per continuare a migliorare i sistemi giudiziali per garantire a tutti, ovunque nel mondo, la giustizia autentica.

Al centro di questo esercizio c'è il bisogno di comprendere pienamente che cosa intendiamo quando diciamo "giustizia". La giustizia è la virtù che riconosce la necessità delle persone di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto e che esige che ognuno rispetti i diritti dell'altro e stabilisca nelle relazioni umane l'armonia che promuove l'equità nei confronti delle persone e del bene comune (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1807). Questa giustizia non si basa soltanto su determinazioni legali o strumenti giuridici, ma piuttosto sulla legge morale, che riconosce la dignità intrinseca della persona umana.

Questa giustizia riconosce molte forme: la giustizia commutativa, che regola gli scambi fra persone e fra istituzioni nel pieno rispetto dei loro diritti; la giustizia distributiva, che determina quello che la comunità deve ai suoi cittadini in proporzione ai loro bisogni e alle loro prestazioni, la giustizia legale che stabilisce ciò che un cittadino deve alla comunità e la giustizia sociale che prende in considerazione gli interessi sociali, politici ed economici nonché le corrispondenti dimensioni strutturali all'interno della società (Ibidem, n. 2411). Riconoscendo che l'opera per la giustizia richiede azioni in molte aree, riconosciamo che la giustizia non può essere limitata all'ambito della responsabilità legale, ma richiede anche alla società di operare positivamente per la creazione di una società più giusta in tutti gli aspetti dell'ordine sociale.

Questa giustizia, tradotta in sistemi legali penali e civili nazionali e internazionali, esige che gli organismi legali e giuridici stabiliscano norme e istituzioni che cerchino di realizzare questi principi in modo da rispettare la verità morale oggettiva e porre la persona umana al centro del processo decisionale. A questo proposito, lo Statuto di Roma ha reso un importante contributo al rispetto della persona umana, riconoscendo che i diritti umani non sono limitati da confini nazionali, da una posizione politica, da un contesto religioso o da un patrimonio culturale, ma sono piuttosto intrinseci a ogni persona umana.

Presidente,
La promessa dello Statuto di Roma consiste in definitiva nella sua abilità di perfezionare ulteriormente il diritto delle nazioni (ius gentium), in cui norme universalmente riconosciute siano superiori alle leggi degli Stati e che richieda responsabilità verso tutta la comunità globale. Tuttavia, affinché questa promessa rechi frutto, gli Stati devono continuare a operare per creare fiducia fra gli uni e gli altri e fra loro stessi. Il fallimento nella creazione di questa fiducia in definitiva darà origine a una giustizia o punizione selettive. Per creare questa fiducia gli Stati devono rispettare la norma secondo la quale gli accordi devono essere rispettati (pacta sunt servanda) perché il fallimento nell'onorare gli impegni porta a una maggiore sfiducia fra gli Stati, scatenando biasimo e frizione e, in definitiva, mina la pace e la sicurezza mondiali.

Inoltre, il rispetto del principio di sussidiarietà permette agli Stati e alle comunità di agire in modo responsabile e alle vittime e alle comunità colpite di partecipare al processo giudiziale nell'interesse di affrontare i danni cagionati da gravi violazioni dei diritti umani, che promuove la ripresa e una pace più ampia e a lungo termine. In questo forum, questa nozione è affrontata ricorrendo al concetto di complementarità, che riconosce che i sistemi locali nazionali devono essere la fonte primaria per far sì che gli individui rispondano delle proprie azioni. Così facendo, riconosciamo che la sussidiarietà contribuisce a ristabilire le comunità locali e promuove anche la fiducia fra gli Stati perché i governi nazionali hanno la responsabilità di far sì che i rei rispondano delle proprie azioni.

Durante questa Conferenza di revisione, gli Stati Parte si adoperano per adottare un emendamento che riconosca il Crimine di Aggressione e delinei una giurisdizione della Corte su tali crimini. Questo emendamento cerca di istituzionalizzare, negli strumenti giuridici internazionali, un principio che rifiuti la guerra quale mezzo di risoluzione delle dispute e cerchi di sostituire la legge della forza con la forza della legge. Nell'attingere alla migliore tradizione dei popoli e delle nazioni impegnati in dibattiti pacifici e nel raggiungimento di accordi, questo emendamento si basa sulle tragiche lezioni apprese in tutto il mondo sul fatto che il ricorso alla forza, o anche la minaccia dell'uso della forza, ha minato la sicurezza globale e personale di individui e di nazioni. A questo fine, la Santa Sede si esprime da molto tempo contro le guerre di aggressione e rifiuta la logica errata della violenza e della distruzione come fattori di progresso o di avanzamento politico.

Nel discutere questo emendamento è imperativo compiere sforzi per bilanciare la prevenzione delle guerre di aggressione con il diritto delle nazioni alla legittima autodifesa. Questo equilibrio si può raggiungere soltanto se il risultato di questi dibattiti sarà un emendamento che rifletta veramente le preoccupazioni e i pensieri di tutta la comunità internazionale e promuova la ricerca della giustizia invece che della pena.

Gli sforzi volti a creare meccanismi di giurisdizione che siano governati dal voto politico delle maggioranze sostituirebbero il potere militare con quello politico e finirebbero, in definitiva, per danneggiare la fiducia fra le nazioni e a minare la pace a lungo periodo e la "viabilità" a lungo termine degli organismi legali multilaterali. Quindi, questi dibattiti devono ponderare queste preoccupazioni urgenti e garantire che queste discussioni non siano motivate dal desiderio di ricercare maggiore influenza politica o militare, ma piuttosto da un desiderio autentico di promuovere una giustizia che tuteli i diritti umani e promuova una maggiore fiducia fra le nazioni.

Presidente,
in questo incontro sebbene siano importanti gli sforzi per adottare e completare gli emendamenti allo Statuto di Roma, è anche importante la necessità di valutare attentamente l'opera svolta a partire dalla sua adozione, in particolare nella promozione della pace e della giustizia.

La Santa Sede ha affermato con coerenza che la pace non solo è possibile, ma che la pace è un dovere che deve fondarsi sui pilastri della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà. La legge favorisce la pace e, quindi, entrambe sono intrinsecamente connesse. Perciò, pace e giustizia non sono in contraddizione una con l'altra, ma piuttosto la giustizia è il fondamento della pace e leggi giuste assicurano i mezzi per promuovere una giustizia maggiore. In questo contesto, la giustizia non deve limitarsi solamente all'ambito della "giustizia legale", ma deve anche affrontare la necessità di una giustizia commutativa, distributiva e sociale.

Da parte sua, la Santa Sede continua a fare appello a tutti gli individui nella società perché siano fautori di pace e lavorino per la giustizia.

Questi sforzi si concentrano sulla verità che ogni persona umana ha una dignità intrinseca che deve essere rispettata indipendentemente da distinzioni di natura razziale, etnica, religiosa, politica o sociale. La Santa Sede considera che, attraverso l'insegnamento della pace e della giustizia, le istituzioni educative possono svolgere un ruolo importante nella promozione di una situazione sociale che consideri il nostro prossimo non come un estraneo da oltraggiare e nel quale non avere fiducia, ma come un fratello e una sorella da rispettare e da amare.

Presidente,
la Santa Sede accoglie con favore questa conferenza e spera che, alla fine, serva a promuovere il rispetto per la giustizia internazionale, operi un miglior riconoscimento dei diritti umani e favorisca una maggiore fiducia fra popoli e Stati.

 

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