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49ª SESSIONE DELLA COMMISSIONE PER LO SVILUPPO SOCIALE
DEL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE
[NEW YORK, 9 AL 18 FEBBRAIO 2011]

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE*

New York
Venerdì, 11 febbraio 2011

 

Signor Presidente,

per prima cosa la mia delegazione porge a lei e al Bureau i migliori auguri per una sessione produttiva e spera in un dibattito fecondo sull’importante tema dello sradicamento della povertà. Il tema è della massima importanza per la Santa Sede. Mossa dall’«opzione preferenziale per i poveri», attualmente la Santa Sede sta operando in ogni regione del mondo per raggiungere lo sradicamento della povertà per tutti.

Negli ultimi due decenni si è assistito a continui progressi nell’affrontare e ridurre la povertà globale. Tuttavia, essi restano incostanti, con molte regioni del mondo che ancora non riescono a vedere progressi concreti e oltre un miliardo di persone che ancora sperimentano la povertà e la fame estreme. Per esempio, oltre un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all’elettricità e oltre un miliardo non ha ancora accesso all’acqua potabile. Dopo il Vertice mondiale per lo sviluppo sociale tenutosi a Copenaghen il 12 marzo 1995 la comunità globale vede segni di speranza e di ottimismo nel campo dello sviluppo sociale. Ciononostante, sullo sfondo della recente crisi economica e finanziaria mondiale, milioni di nostri fratelli e sorelle ogni giorno soffrono la fame e lottano in mezzo a una crescente povertà.

La comunità internazionale deve trovare urgentemente proposte per una soluzione sostenibile e duratura a questo problema. Al vertice di Copenaghen la Santa Sede ha promosso una visione dello sviluppo sociale «politica, economica, etica e spirituale (...) nel pieno rispetto dei valori religiosi ed etici e del patrimonio culturale delle persone». La mia delegazione continua a ritenere che questa visione euristica dello sviluppo umano sia necessaria; lo sviluppo non può essere misurato solo in termini di crescita economica e lo sradicamento della povertà non può essere basato solo su un risultato economico misurabile. Lo sviluppo autentico esige piuttosto la promozione dello sviluppo di ogni essere umano e di tutto l’essere umano.

Senza la concomitante dimensione etica e spirituale, lo sviluppo sociale è privo delle fondamenta necessarie sulle quali dovrebbe essere costruito e che lo dovrebbero sostenere. Al centro dello sviluppo vi sono il riconoscimento della dignità della persona umana e la garanzia del pieno rispetto della dignità innata dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Queste fondamenta etiche devono legare gli individui, le famiglie, le generazioni e i popoli, a prescindere dal ceto e dalle distinzioni basate sulla politica, sulla posizione economica o sullo stato sociale. Ciò esige forme rinnovate di cooperazione e un impegno più deciso da parte di tutti. In tal senso, il primo capitale da salvaguardare e da curare è la persona umana nella sua integrità: «L’essere umano è la fonte, il centro e l’obiettivo di tutta la vita economica e sociale».

Mentre ci prepariamo al ventesimo anniversario dell’Anno internazionale della famiglia, nel preparare un programma per lo sviluppo sociale occorre dare il dovuto riconoscimento all’istituzione sociale più basilare, la famiglia umana, fondata sul matrimonio. L’istituzione della famiglia, che è un sine qua non per preparare la generazione futura, viene sfidata da numerosi fattori nel mondo moderno e deve essere difesa e tutelata. I bambini non devono essere visti come un fardello, bensì riconosciuti come doni insostituibili. Dobbiamo anche ammettere pubblicamente che essi sono i costruttori delle generazioni future. Spesso viene trascurata la missione procreativa ed educativa dei genitori e l’impegno intergenerazionale vissuto nel modo migliore nelle famiglie. Quando una società viene privata della sua unità di base, la famiglia, e dei rapporti sociali che ne derivano, possono nascere grandi sofferenze psicologiche e spirituali anche nel benessere economico e sociale.

Come ha affermato Papa Benedetto XVI: «Diventa così una necessità sociale, e perfino economica, proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza del matrimonio e della famiglia, e il fatto che queste istituzioni rispondano alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona. In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale».

Mentre i legislatori spesso affermano che la crescita della popolazione è dannosa per il progresso, la verità è che laddove si è verificata una crescita economica, spesso è accompagnata da un aumento della popolazione. Nelle regioni sviluppate si osservano popolazioni in calo e sempre più vecchie e molte nazioni stanno faticando a mantenere i servizi sociali e la crescita economica mentre il rapporto tra lavoratori e non lavoratori diminuisce. Nelle regioni in via di sviluppo si osserva una diminuzione senza precedenti nel rapporto tra fertilità e nascita, diminuzione spesso promossa come strumento migliore per raggiungere lo sviluppo. Tuttavia, molte nazioni del mondo in via di sviluppo ora rischiano di «invecchiare prima di diventare ricche».

Le generazioni future di bambini e di giovani sono di fatto lo strumento migliore e unico per superare i problemi economici e sociali. La povertà non è causata da troppi bambini, ma da un investimento e da un sostegno troppo scarsi per il loro sviluppo. La storia umana ci insegna che se si investe a sufficienza sui bambini, essi crescono per restituire molto di più di quello che hanno consumato, innalzando, in tal modo, lo stile di vita di tutti. Saranno le loro mani forti e le loro abili menti a nutrire gli affamati, a guarire i malati, a costruire abitazioni per i senzatetto. Le società e l’umanità stessa hanno bisogno di sostegno e di sostrato interni per sopravvivere. Tuttavia, se questo sostegno naturale viene minacciato, la cultura appassirà. In breve, promuovere una cultura che sia aperta alla vita e basata sulla famiglia è fondamentale per comprendere il pieno potenziale e lo sviluppo autentico della società sia per il presente sia per il futuro.

Inoltre, le politiche di integrazione sociale devono essere motivate dal bene comune, che va oltre quello dell’individuo e deve includere tutti gli elementi della società: individui, famiglie e gruppi intermedi che, tutti insieme, costituiscono la società. Quindi, nello sradicamento della povertà, anche a livello internazionale, dobbiamo ricordare il ruolo essenziale dei gruppi sociali più piccoli, a cominciare dalla famiglia. Gli sforzi internazionali dovrebbero promuovere e accrescere, non certo sostituire, la funzione legittima dei gruppi intermedi a livello locale. Il bene comune appartiene all’intera comunità sociale e a tutta la famiglia umana.

Nello sforzo particolare di promuovere l’integrazione sociale per tutta la famiglia umana, la globalizzazione ha offerto nuove vie per la cooperazione economica e civile. Tuttavia, «la società divenendo sempre più globalizzata, fa di noi dei vicini, ma non dei fratelli e delle sorelle». Uno sviluppo sociale autentico e duraturo si può ottenere soltanto attraverso misure e incentivi sociali autentici che derivano dalla solidarietà e dalla carità fraterne.

Alcune delle sfide più grandi dell’integrazione e della coesione sociali sono, in primo luogo, l’ineguaglianza nella ricchezza e nei redditi nonché nel capitale umano e nell’educazione, e, in secondo luogo, la mancanza di accesso a tutti i settori della società, in particolare da parte dei poveri e di altri gruppi trascurati, come le donne e i bambini. Disparità sempre più grandi nei redditi e nell’accesso alla crescita economica hanno limitato l’efficacia dello sviluppo economico nella riduzione della povertà. Sebbene i meccanismi informali di tutela sociale abbiano svolto un ruolo vitale nel promuovere un sistema civile ed economico più giusto, gli sforzi per estendere programmi sociali ai campi dell’educazione, della sanità per gli anziani e per i disabili, e ad altri settori bisognosi della società devono essere compiuti in modo da promuovere il diritto essenziale alla vita e rispettare la libertà di coscienza degli operatori che si occupano dei bisognosi. Inoltre, i programmi di protezione sociale devono evitare di creare dipendenza. Piuttosto, dovrebbero cercare di offrire l’assistenza e gli strumenti necessari a promuovere un rinnovamento e un auto-sostegno individuali e comunitari. Nei meccanismi familiari e in altri meccanismi di protezione sociale informali, le ong e le organizzazioni religiose locali possono svolgere un ruolo importante.

In conclusione, Presidente, la mia delegazione desidera richiamare l’attenzione sul dramma dei migranti. In questi tempi difficili, sono necessari sforzi ulteriori per difendere i loro diritti umani e per rispettare la loro inalienabile dignità umana. I programmi di integrazione sociale e di sradicamento della povertà devono tenere in considerazione i milioni di fratelli e di sorelle che sono destinati a vivere al di fuori del proprio Paese e ai margini delle società. Il pieno rispetto per i loro diritti fondamentali, inclusi i diritti in quanto lavoratori, devono essere doverosamente garantiti dai Paesi di passaggio e di destinazione. La giustizia sociale esige condizioni lavorative favorevoli per queste persone, garantendo la loro stabilità psicologica, evitando nuove forme di emarginazione economica e assicurando la loro libertà e la loro creatività individuali.

Infine, oggi è necessario un sostegno strategico allo sradicamento della povertà, basato sulla giustizia sociale autentica per contribuire a ridurre la sofferenza di milioni di nostri fratelli e di nostre sorelle. Autentiche politiche di sviluppo sociale devono affrontare non solo esigenze economiche e politiche, ma anche la dimensione spirituale ed etica di ogni persona umana. In questo modo, ogni individuo nella società può essere libero da tutte le forme di povertà, sia materiale sia spirituale.

 


* L'Osservatore Romano Edizione quotidiana (16 febbraio 2011) [038q]

 

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